Imam Khamenei: “I martiri non difendono solo i confini geografici, ma quelli religiosi e spirituali”

Imam Khamenei: “I martiri non difendono solo i confini geografici, ma quelli religiosi e spirituali”

Presentiamo di seguito un estratto dal discorso che la Guida della Rivoluzione Islamica Imam Khamenei ha tenuto il 21 novembre scorso a Teheran con i responsabili delle cerimonie dedicate ai martiri della regione di Ilam, perché contiene punti importanti e chiarificatori sul rango del martirio e le motivazioni del combattimento.

Dovremmo intendere correttamente il concetto di martirio: martirio non significa semplicemente cadere in guerra. Molte sono le persone che combattono per il proprio Paese e rimangono uccise. Parecchi di loro muoiono in difesa dei propri confini nazionali e sono ricordati come patrioti ed eroi. Magari alcuni saranno anche mercenari, ma tanti verranno commemorati in questa guisa.

Questo però non vale per i nostri martiri. Quei nostri combattenti santificati dal martirio o rimasti invalidi, non sono scesi sul campo di battaglia solo per difendere dei meri confini geografici. Essi hanno lottato per difendere i confini della fede, dell’etica, della religione, della cultura e della spiritualità: un baluardo a protezione del limes più importante, quello dello spirito. Ovviamente, difendere il proprio Paese è di per sé un atto nobile e di valore; ma non certo così vitale quanto combattere per realtà tanto sublimi e celestiali. I nostri martiri sono così.

Volendo considerare il concetto di martirio da un punto di vista rivelativo, potremmo dire che i nostri martiri siano manifestazione vivente e concreto inverarsi del seguente versetto: “Allah ha comprato dai credenti le loro persone e i loro beni [dando] in cambio il Giardino, [poiché] combattono sul sentiero di Allah, uccidono e sono uccisi”. [Sacro Corano, 9: 111] In altre parole hanno barattato la loro vita con Dio. Questi sono i martiri. C’è un altro versetto sacro che dice: “Tra i credenti ci sono uomini che sono stati fedeli al patto che avevano stretto con Allah. Alcuni di loro hanno raggiunto il termine della vita, altri ancora attendono” [Sacro Corano, 33:23]. Sono stati fedeli e leali rispetto al patto stretto con Dio l’Altissimo. Un martire è così. Il martirio è un atto di impegno e di relazione con Dio.

Ecco perché, come potete ben constatare, coloro che combattono sulla Via di Dio sono diversi da tutti gli altri soldati. Quelli di voi personalmente presenti sul campo della Difesa Sacra [contro Saddam e l’Occidente, ndt], coloro che abbiano minimamente studiato l’argomento, sanno benissimo che i credenti impegnati in quella guerra, così come i combattenti Difensori dei Luoghi Santi [in Iraq e Siria, ndt] o di un qualunque altro contesto similare, si dimostrano più puri e sinceri sul campo di battaglia che nelle situazioni della vita ordinaria: in quel contesto la loro fiducia in Dio, la loro umiltà e il loro rispetto dei divini precetti si accrescono incommensurabilmente.

Nel mondo è cosa comune, per un esercito che entri vittorioso in una città, saccheggiare, depredare e abbandonarsi ad ogni genere di nefandezza, ma questo non è il caso dei combattenti sulla Via di Dio. I Mujahidin, anche laddove vittoriosi, non solo non rinunciano a nulla della propria sincerità, purità e osservanza dei limiti divini, ma addirittura perseverano in esse con più ferrea disciplina, quale segno di gratitudine per la vittoria ottenuta. Anche i nostri combattenti hanno fatto prigioniero il nemico. Un nemico che usava torturare i nostri, dal momento della cattura sino al campo di prigionia. E sappiamo benissimo cosa avvenisse poi in quei campi. Ma quando quegli stessi nemici cadevano nelle nostre mani, se erano feriti venivano curati e se avevano sete venivano dissetati. Li trattavamo come fossimo noi stessi. E questi sono esempi assolutamente paradigmatici.

Lo stile di vita islamico, così come esplicitato dalla condotta dei nostri combattenti e martiri, è troppo esemplare per poter essere ignorato. Le vite di costoro emanano un tale afflato ispiratore, che ogni nostro artista dovrebbe farne tesoro per poi trasfonderlo in capolavori tali da abbagliare il mondo intero. È fondamentale che l’intera umanità conosca il sacrificio dei nostri martiri. Ogni nostra forma d’arte dovrebbe illustrarne la magnificenza innanzi a chiunque ne sia ignaro.

Ebbene, la Cerimonia di Commemorazione che avete organizzato dovrebbe aprire le nostre orecchie al messaggio dei martiri. Essi ci dicono: “[I martiri sono] lieti di quello che Allah, per Sua grazia, concede. E a quelli che sono rimasti dietro di loro, danno la lieta novella: «Nessun timore, non ci sarà afflizione»”. [Sacro Corano, 3: 170] Questo sentiero è privo di timore, paura e afflizione: è il sentiero di Dio.

Lungo questo sentiero dobbiamo mantenerci saldi ed avanzare con energia. Lungo questo sentiero, di fronte alle insidie dei nemici, non dobbiamo vacillare. Dinanzi al nobile messaggio dei martiri, la nazione iraniana dovrebbe subito ricompattare la sua unità, solidarietà e motivazione, come fosse un sol uomo. Questo è la loro consegna per noi. Ricevendola, i funzionari della Repubblica Islamica dovrebbero sentirsi maggiormente responsabili nei confronti della società e garantirne la sicurezza così come essi hanno fatto. Tutti dovremmo sentirci responsabili. E tutti noi dovremmo ricordare che non esiste alcun futuro senza perseveranza nella lotta sulla via di Dio, a discapito di qualsivoglia difficoltà. Poiché resistere alle avversità, condurrà la nazione iraniana all’apice della sua missione, se Dio vuole.

 

Traduzione a cura di Islamshia.org © È autorizzata la riproduzione citando la fonte

Writer : shervin | 0 Comments | Category : Ayatullah Khamenei , Novità

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