Il metodo dell’Ijtihad (S.M.Rizvi)

Il metodo dell’Ijtihad

S.M. Rizvi

Qualche termine importante

Ijtihad significa letteralmente “sforzarsi, sottoporsi ad un duro lavoro”. Nella terminologia giuridica islamica indica il processo di deduzione delle norme della Shari’ah dalle loro fonti.

Il Mujtahid è colui che pratica l’Ijtihad, o un esperto in Legge Islamica.

Fiqh letteralmente significa “conoscenza” e nella terminologia islamica indica la scienza delle norme islamiche. Il Faqih è l’esperto di Fiqh. I termini Mujtahid e Faqih quindi si equivalgono.

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L’importanza dell’Ijtihad

L’Ijtihad è necessario?

Dato che l’Islam è una religione designata a perdurare fino alla fine dei tempi, sarà necessaria la presenza di qualcuno che guidi i Musulmani durante il cambiamento delle condizioni di tempo e luogo. Dopo il Profeta dell’Islam (S), le persone più idonee a guidare i Musulmani furono gli Imam dell’Ahl ul-Bayt (as). Ma l’Imam del nostro tempo, Muhammad al-Mahdi (aj), è in stato di Occultazione e si manifesterà quando Iddio vorrà. Quindi, cosa dobbiamo fare nel frattempo? Gli Sciiti dovrebbero sospendere la Shari’ah? No, ovviamente no! L’Islam è la religione per tutti i tempi e luoghi.

Gli Imam dell’Ahl ul-Bayt (as) avevano annunciato il periodo di Occultazione ed avevano preparato i loro seguaci al fine di affrontare ogni situazione in cui questi non sarebbero più stati in contatto diretto con il loro Imam (aj). Tale preparazione fu compiuta attraverso la formazione degli Sciiti nelle scienze delle norme islamiche, o in altre parole, tramite l’Ijtihad.

L’Ijtihad è un fenomeno essenziale per la sopravvivenza della Shari’ah islamica durante l’Occultazione dell’Imam (aj). Senza il metodo dell’Ijtihad, non saremmo capaci di applicare le norme islamiche durante lo scorrere delle vicende che rapidamente mutano nella società umana.

L’Ijtihad non solo è ammissibile ma essenziale dal punto di vista islamico. Nell’Islam, studiare ogni cosa necessaria allo sviluppo spirituale e al benessere materiale della comunità Musulmana è un dovere. Tal dovere, in ogni caso, rientra nella categoria wajib kifa’i (1). La società islamica, ad esempio, richiede esperti nelle scienze mediche, nella fisica, nella chimica, nell’ingegneria e nella pedagogia; non appena vi è una carenza di persone con competenza in questi campi, incombe su ogni membro della società acquisire la conoscenza in questi campi.

Questo significa che un gruppo di Musulmani dovrà dedicarsi ad una ricerca per il beneficio della comunità islamica. Similmente, una società islamica senza esperti nel campo della Shari’ah non potrà essere considerata pienamente islamica, e sarà doveroso per un gruppo di persone di questa società dedicarsi allo studio delle scienze religiose per fornire la giusta guida a tutti i Musulmani.

Questo dovere è così importante che Dio ha esentato coloro che ricercano la conoscenza religiosa dal dovere del Jihad. Egli dice:

“I credenti non vadano in missione {per il Jihad} tutti insieme. Perché mai un gruppo per ogni tribù, non va ad istruirsi nella religione, per informarne il loro popolo quando saranno rientrati, affinché stiano in guardia?” (Sacro Corano, Sura at-Tawba, 9: 122)

Dalle molte tradizioni giunteci, risulta chiaro che gli Imam dell’Ahl ul-Bayt (as) erano compiaciuti quando i loro compagni insegnavano la religione o emettevano decreti giuridici (Fatawa) agli altri. Ci sono molti casi documentati di Sciiti che vivevano lontano da Medina e che avevano chiesto all’Imam del loro tempo di indicare qualcuno nella loro zona per far fronte ai problemi religiosi che gli si presentavano: Zakariyyah Ibn Adam al-Qummi e Yunus Ibn ‘Abdul Rahman, per esempio, furono nominati dall’Imam ‘Ali ar-Ridha (as) per risolvere le questioni nelle loro zone. (2)

In un famoso ĥadīth, ‘Umar ibn Hanzalah chiese all’Imam Ja’far as-Sadiq (as) riguardo alla legalità per due Sciiti di fare riferimento ad un giudice illegittimo in una disputa riguardo ad un debito o affare. La risposta dell’Imam fu che era assolutamente proibito farlo. Allora Ibn Hanzalah chiese cosa quei due avrebbero dovuto fare, e l’Imam rispose: “Essi devono cercare uno tra voi che trasmetta le nostre tradizioni, che è versato in ciò che è permesso e in ciò che è proibito, che è ben informato sulle nostre norme e prescrizioni e lo accettino come giudice ed arbitro, perché lo nomino giudice tra di voi…” (3)+

Oltre questi Aĥādīth, abbiamo alcuni detti che ci dicono cosa fare quando troviamo due Aĥādīth che si contraddicono completamente o parzialmente tra loro. Risolvere le contraddizioni degli Aĥādīth è una delle funzioni dell’Ijtihad. Questi esempi di Aĥādīth sono noti come al-akhbar al-‘ilajiyyah, Aĥādīth che risolvono i problemi nel processo di Ijtihad.

Da quanto abbiamo detto, risulta quindi evidente la necessità dell’Ijtihad per la perpetuità del sistema giuridico islamico.

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L’Ijtihad era proibito secondo le prime fonti Sciite?

Esistono alcuni detti degli Imam Sciiti (as), e qualche scritto dei loro compagni e dei primi ‘Ulama’ che condannano severamente l’uso dell’Ijtihad. Questo ha creato un po’ di confusione tra i lettori non specialisti, i quali si domandavano se nell’Islam Sciita l’Ijtihad fosse permesso oppure no.

Tale confusione può facilmente svanire se studiamo i cambiamenti che ha avuto il significato della parola Ijtihad. La parola “Ijtihad” fu usata per la prima volta da una scuola di Fiqh Sunnita riferendosi alla parola Ra’iy. Ra’iy significa “un’opinione soggettiva, un’opinione basata su un giudizio personale in opposizione a quello del Sacro Corano e degli Aĥādīth”.

In questo senso, l’Ijtihad era in se stesso una fonte indipendente dalla Shari’ah, distante dal Sacro Corano e dalla Sunnah. Abu Hanifah, il fondatore della scuola di Fiqh Sunnita Hanafita, fu il principale promotore di questo sistema di Ijtihad. (4)

Il termine Ijtihad continuò ad essere usato esclusivamente con il significato di Ra’iy fino all’inizio del settimo secolo islamico.

Nel settimo secolo islamico, qualche ‘Alim Sciita iniziò ad usare il termine Ijtihad in una forma differente e nuova, volendo indicare “il processo di deduzione delle norme della Shari’ah dalla sue fonti”. Nel primo significato, l’Ijtihad si pone in contrasto con Sacro Corano e Sunnah, in quanto fonte indipendente delle norme della Shari’ah. Nel suo nuovo significato, invece, l’Ijtihad è il processo di dedurre le norme della Shari’ah dal Sacro Corano e dalla Sunnah.

Il primo sapiente Sciita ad usare il termine Ijtihad nel suo nuovo significato fu Muhaqqiq al-Hilli (morto nel 676 A.H.) nella sua opera Al-Ma’arij. Hilli dice: “Ijtihad significa sforzarsi per dedurre le norme della Shari’ah dalle loro fonti.” (5)

Il cambiamento del significato di Ijtihad creò un po’ di confusione riguardo alla stessa legittimità dell’Ijtihad: qualche detto degli Imam, ed alcuni scritti dei loro compagni e dei primi ‘Ulama’ Sciiti, condannano l’Ijtihad con il significato attribuito a questa parola prima del settimo secolo, ma non si oppongono all’Ijtihad nel senso assunto dopo il settimo secolo, il quale indica “il processo di deduzione delle norme della Shari’ah dalle loro fonti”.

L’Ijtihad condannato è una fonte delle norme della Shari’ah, mentre l’Ijtihad raccomandato è solo il processo di derivazione delle norme della Shari’ah dalle loro fonti. Quindi la liceità dell’Ijtihad nel senso assunto dopo il settimo secolo è indubitabile.

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Il processo dell’Ijtihad

Il processo di dedurre le norme della Shari’ah dalle loro fonti si basa su due branche delle scienze islamiche: l’Usul al-Fiqh e il Fiqh. L’Usul al-Fiqh è la scienza del metodo di deduzione delle norme della Shari’ah e la metodologia dell’Ijtihad. Il Fiqh è la pratica dell’Ijtihad, il processo di dedurre le norme della Shari’ah.

Nell’Usul al-Fiqh, il Mujtahid studia il metodo dell’Ijtihad; nel Fiqh egli usa tale metodo per dedurre le norme della Shari’ah. Quindi l’Usul al-Fiqh è la teoria dell’Ijtihad, mentre il Fiqh ne è la pratica.

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L’Usul al-Fiqh

La prima e principale questione che si affronta nell’Usul al-Fiqh riguarda “l’autorità vincolante della convinzione” (Hujjiyyatu-al-Qat’). La validità della convinzione è determinata dalla ragione intellettuale. Questo è il punto fondamentale nell’Ijtihad e consiste nel determinare una fonte della Shari’ah vedendo se è possibile raggiungere la convinzione circa le norme dedotte dalla fonte.

Se un Mujtahid trova una particolare fonte, per esempio il Sacro Corano, ed è in grado di raggiungere la convinzione sulle norme dedotte da esso, allora questa fonte verrà da lui considerata come valida e attendibile per l’Ijtihad. Tale processo divide le fonti potenziali della Shari’ah in due categorie: convincenti e non convincenti.

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Fonti convincenti (Qat’i) e non convincenti (Dhanni)

Esaminando le fonti potenziali della Shari’ah, un Mujtahid può riscontrare due tipi di fonti: quelle che inducono alla convinzione riguardo alle norme derivate da esse, e quelle che non inducono a una convinzione.

Il primo caso è conosciuto come Dalil Qat’i, cioè una prova convincente o persuasiva. Nel secondo caso la fonte viene chiamata Dalil Dhanni, una prova presunta, basata su congetture.

Il Mujtahid considererà la Dalil Qat’i una fonte valida per le norme della Shari’ah, ma non potrà farlo per la Dalil Dhanni, poiché essa non porta ad una convinzione bensì solo ad una semplice supposizione. Un Mujtahid non può fare affidamento su una fonte o una prova Dhanni per la deduzione delle norme, salvo che la Shari’ah stessa non approvi il suo uso per questo scopo. Di seguito, daremo due esempi di fonti Dhanni, una approvata dalla Shari’ah e una disapprovata.

Il primo esempio: tra le varie categorie di Aĥādīth, ve ne è una conosciuta come Khabar Wahid Thiqah, ovvero un ĥadīth riportato da una singola persona affidabile. La Khabar Wahid Thiqah è una fonte Dhanni.

Perché? Il motivo è che un ĥadīth riportato soltanto da una singola persona non convince dei suoi contenuti, anche se il narratore è affidabile. Infatti, vi è la possibilità di dimenticanze e incomprensioni da parte del narratore veritiero e affidabile.

Nonostante sia una fonte Dhanni, la Khabar Wahid Thiqah è comunque considerata dalla maggior parte dei Mujtahidun Sciiti una fonte valida al fine di dedurre le norme della Shari’ah.

Perché? Perché la Shari’ah stessa l’ha approvata. Il Versetto 6 della Sura 49 del Sacro Corano (6) ci dice che se una notizia ci giunge da un narratore inaffidabile, questa non deve essere accettata senza una verifica. Questo Versetto ci induce a comprendere che quando una singola notizia proviene da un narratore attendibile, la si può accettare senza bisogno di ulteriori verifiche. Quindi i Mujtahidun accettano il singolo ĥadīth narrato da un narratore affidabile come fonte per le norme della Shari’ah, poiché tale processo è stato implicitamente approvato dal Sacro Corano.

Il secondo esempio: una delle fonti Dhanni per le norme della Shari’ah è il Qiyas. Nelle norme islamiche, Qiyas significa “analogia”. Riguardo al Qiyas, dobbiamo osservare una legge della Shari’ah per una questione e poi applicarla ad un’altra questione data la somiglianza che esiste tra le due. Ad esempio il vino è ĥarām, e ciò è sancito dalla Shari’ah. Poi pensiamo alla birra e affermiamo che è come il vino, e quindi applichiamo la stessa norma del vino anche alla birra.

Qui la proibizione della birra è stata provata sulla base del Qiyas. Il Qiyas è una prova Dhanni, non porta ad una convinzione, poiché non si può sempre conoscere la reale ragione (’Illah in arabo, ratio legis in latino) delle norme della Shari’ah. E dato che le fonti della Shari’ah Qat’i non hanno approvato l’uso del Qiyas come metodo per dedurre le norme della Shari’ah, esso non è accettato dai nostri Mujtahidun come una valida fonte per tali norme (7).

Comunque, secondo la maggior parte dei Mujtahidun, se la Shari’ah ha esplicitamente chiarito la ratio legis (‘Illah) di una particolare legge, il Mujtahid può generalizzare tale legge per altre questioni simili tramite il Qiyas. E in tali casi, si chiama Qiyas mansusi al-‘Illah, ovvero un’analogia basata sulla ratio legis esplicitamente chiarita (dalla Shari’ah).

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Prove legali (Shar’i) e razionali (‘Aqli)

Le fonti della Shari’ah, Qat’i o Dhanni, possono essere di due tipi: Dalil Shar’i e Dalil ‘Aqli. “Dalil Shar’i” indica una fonte proveniente dai testi religiosi, e possiamo tradurla come “prova legale”. “Dalil ‘Aqli” indica una fonte proveniente da argomentazioni razionali.

Dalil Shar’i: si basa sul Sacro Corano e sulla Sunnah, le due principali fonti della Shari’ah. La Dalil Shar’i si divide in due parti: la prova orale, come il Sacro Corano e gli Aĥādīth, e la prova non-orale come la condotta dei Ma’sumin [gli Infallibili, cioè il Profeta, sua figlia Fatima e i dodici Imam, n.d.t.] e la loro “tacita approvazione” delle azioni fatte in loro presenza.

La tacita approvazione di un Ma’sum è nota come Taqrir. Comunque, anche la prova non-orale ci giunge tramite le narrazioni orali dei testimoni; quindi, per tutti gli scopi pratici, sia la prova orale che quella non orale sono allo stesso livello.

Al fine di utilizzare la prova legale nell’Ijtihad, il Mujtahid deve studiare le seguenti materie dell’Usul al-Fiqh:

a) I problemi linguistici:

Alcuni argomenti di studio di quest’area sono:

Si devono utilizzare tutte le parole riscontrate nelle Dalil Shar’i nel loro senso letterale?

Si possono utilizzare significati metaforici per l’uso delle Dalil Shar’i?

Quali sono le forme imperative delle parole e le loro implicazioni? Se viene ordinato di fare qualcosa è automaticamente proibito fare il contrario?

Quali sono le implicazioni dell’utilizzo incondizionato della parola? Possiamo generalizzare i suoi contenuti?

Quale è l’implicazione di una sentenza condizionale? Si deve restringere la sua applicazione?

Quali sono le implicazioni di un Nass? (“Nass” è una prova orale contenente una parola che ha un solo significato).

Quali sono le implicazioni di un Mujmal? (“Mujmal” è una prova orale contenente una parola che ha più di un significato e viene utilizzata per quei significati che si equivalgono).

Come possiamo far uso del contesto di una sentenza per capire una parola Mujmal? Ad esempio, la parola “Yad” è utilizzata nel Sacro Corano nel Versetto del wudhu (abluzione rituale minore), del tayammum e della punizione per il ladro. La parola “Yad” significa “palmo”, “avambraccio” e “mano”. Come dobbiamo quindi interpretare tale parola in questi Versetti? Bene, nel Versetto del wudhu è semplice, poiché abbiamo il contesto e il Versetto dice di “lavarsi le Yad fino ai gomiti”. Il contesto (fino ai gomiti) ci aiuta nella comprensione del significato di “Yad” nel Versetto del wudhu.

b) Il problema dell’autenticità:

Il Mujtahid deve inoltre studiare il metodo per determinare l’autenticità di una prova legale. Questo problema ha dato avvio allo sviluppo di due scienze conosciute come “’Ilm-al-Rijal” e “Dirayat-al-Ĥadīth”. “’Ilm-al-Rijal” significa letteralmente “conoscenza della persona”, e fornisce la biografia e il carattere dei narratori di Aĥādīth. Gli ‘Ulama’, in conformità a questa conoscenza, classificano i narratori in diverse categorie, e queste categorie aiutano a classificare gli Aĥādīth come autentici e accettabili o deboli, fabbricati, inaffidabili, ecc. Esistono trentotto classificazioni differenti di Aĥādīth.

“Dirayat-al-Ĥadīth” significa “scienza dell’ĥadīth” e fornisce principalmente la “catena di trasmissione” in maniera globale, anziché da un singolo narratore. Questa scienza aiuta il Mujtahid nella classificazione in gruppi di narratori certi e facilita il loro giudizio riguardo agli Aĥādīth narrati da queste particolari fonti.

Riporteremo di seguito alcuni esempi di come un Mujtahid giunge a conoscere una prova legale:

Tawatur: si tratta di una narrazione trasmessa da così tante persone che il loro numero è abbastanza alto da portare convinzione riguardo alla veridicità dei suoi contenuti. Un ĥadīth di un’azione di un Ma’sum narrato in tal modo viene detto “Mutawatir”.

Khabar wahid thiqah: si tratta di un ĥadīth narrato da un singolo narratore affidabile. Abbiamo già accennato al suo significato in precedenza.

Siratun Mutasharri’ah: si tratta del comportamento generale o della pratica dei compagni religiosi e fidati dei nostri Imam (as) riguardo ad una particolare questione che non è reperibile nella letteratura esistente degli Aĥādīth. Tale pratica e comportamento generale è nota come Siratun Mutasharri’ah. Questa Sirah indica una prova orale che deve esser esistita durante il loro periodo. Ad esempio, se un compagno fidato dell’Imam Ja’far as-Sadiq (as) non ha partecipato alla Preghiera del Venerdì condotta da una persona prescelta dai governanti, il suo comportamento prova che la Preghiera del Venerdì dietro ad una persona scelta da un governo illegittimo non è valida. Altrimenti l’Imam avrebbe obiettato riguardo all’azione del compagno.

Ijma’: si tratta del consenso. Nell’Usul al-Fiqh, si riferisce al consenso dei primi ‘Ulama’ Sciiti riguardo ad una questione non reperibile nella letteratura esistente degli Aĥādīth. L’Ijma’ deve indicare l’esistenza di una prova orale durante il periodo degli Imam (as), o sulla quale essi basavano la loro autorità. Nella giurisprudenza Sciita, l’Ijma’ di per sé non è una fonte della Shari’ah; piuttosto è un mezzo per provare l’esistenza di una prova orale di cui non si ha più traccia.

Dalil ‘Aqli: indica la ragione intellettuale e gli argomenti razionali. Nell’Usul al-Fiqh, la Dalil ‘Aqli indica le preposizioni razionali che possono essere usate come fonte di deduzione per le norme della Shari’ah. Ad ogni modo, lo scopo delle preposizioni razionali nella Shari’ah è limitato; non è come l’Ijtihad bi Ra’iy (l’applicazione di un’opinione soggettiva e indipendente). Le preposizioni razionali vengono usate solo per dedurre i dettagli delle norme della Shari’ah che esistono.

Ad esempio, una preposizione razionale dice: “Se un atto viene reso doveroso (wajib) dalla Shari’ah, ne segue automaticamente che i suoi atti preliminari essenziali siano anch’essi wajib”. Questa preposizione razionale è nota come “Muqaddimat-al-wajib wajibun”. Quindi se la Shari’ah afferma che realizzare l’Ĥajj (Pellegrinaggio) è wajib, il Mujtahid dovrà applicare la preposizione razionale appena citata e dedurre la seguente legge: “Il viaggio a Mecca è wajib, quindi la richiesta del passaporto necessario è wajib, poiché senza di esso il Ĥajj non sarebbe possibile”.

Le preposizioni razionali che vengono usate nell’Ijtihad sono dedotte dallo studio delle seguenti relazioni tra le norme della Shari’ah:

– La relazione tra ĥarām (proibito) e batil (invalido): se un atto è ĥarām, sarà anche batil?

– La relazione tra ĥarām (proibito) e saĥiĥ (valido): un atto può esser valido ma ĥarām allo stesso tempo?

– La relazione tra la legislazione di una legge (Ja’l) e la sua applicazione sulla persona (fi’liyyah).

– La relazione tra le norme e coloro ai quali esse vengono applicate.

– La relazione tra le norme e i loro atti preliminari essenziali, come spiegato nell’esempio dell’Ĥajj.

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Le regole procedurali (al-Usul al-‘Amaliyyah)

Dopo aver definito le fonti della Shari’ah, il Mujtahid deve avviare il meccanismo per risolvere i problemi che non sono stati menzionati nel Sacro Corano e nella Sunnah. Ad esempio, quando un Mujtahid guarda alle sue fonti per dedurre la regola riguardo al fumare, non troverà niente di specifico. Nell’Usul al-Fiqh il Mujtahid stabilisce delle “regole procedurali” o “principio pratico” che userà in tali casi. Queste regole o principi sono conosciuti come “al-Usul al-‘Amaliyyah”.

Gli Usul al-‘Amaliyyah sono quattro: Asalatu ‘l-Istishab, Asalatu’ l-Bara’ah, Asalatu ‘l-Ihtiyat e Asalatu ‘l-Takhyir.

Asalatu ‘l-istishab significa il principio o la regola della continuità. Questo principio viene utilizzato nel caso in cui una persona abbia “una certezza precedente” e un “dubbio presente” riguardo alla stessa cosa. Ad esempio, vi è un bicchiere d’acqua sulla tavola. Eravamo sicuri che fosse ritualmente puro (tahir) durante la mattina, ma adesso abbiamo dei dubbi sulla sua purità. Il principio dell’Istishab dice di agire in accordo alla certezza precedente ed ignorare il dubbio presente, poiché il dubbio non può sopraffare la certezza.

Questa regola procedurale viene adempiuta in base al seguente ĥadīth dell’Imam Ja’far as-Sadiq (as) che disse in risposta a Zurarah: “Il dubbio non può sopraffare la certezza, la quale può esser sopraffatta solo da un’altra certezza.”

Asalatu ‘l-Bara’ah significa il principio dell’esonero. Questa regola procedurale viene applicata in un caso di cui non sia stata fatta menzione, esplicitamente o implicitamente, nelle fonti della Shari’ah. L’Asalatu ‘l-Bara’ah afferma che, poiché nella Shari’ah non è riscontrata un’opinione su tale questione, i musulmani sono liberi di agire in base al loro volere. Ad esempio, se facciamo riferimento alla questione del fumare, il Mujtahid non trova alcuna opinione al riguardo nelle fonti della Shari’ah. In tal caso, egli applicherà il principio dell’esonero ed affermerà che “fumare non è ĥarām”.

Asalatu ‘l-Ihtiyat è il principio della precauzione. Tale principio è applicato nel caso in cui vi sia solo una conoscenza parziale riguardo ad una certa legge; come è nei casi di al-‘Ilm ul-Ijmali – dove si è a metà tra il dubbio e la certezza. In tal caso, la Shari’ah richiede di agire precauzionalmente. L’esempio più noto è quello della Preghiera del Venerdì durante l’Occultazione Maggiore dell’Imam del nostro tempo. Sappiamo che il Venerdì una delle due Preghiere, o quella del Venerdì o quella di Mezzogiorno, è sicuramente wajib, ma non sappiamo quale. In questo caso, l’applicazione dell’Asalatu ‘l-Ihtiyat significa che sarebbe meglio compiere precauzionalmente entrambe le Preghiere al fine di esser sicuri di aver adempiuto il nostro dovere.

Asalatu ‘l-Takhyir è il principio della scelta. Questo principio viene applicato in casi simili a quelli dell’Asalatu’ l-Ihtiyat, ovvero del semi-dubbio e della semi-certezza. Il principio della scelta è applicato comunque laddove non è possibile agire in entrambi i casi della questione.

Ad esempio, se torniamo a fare riferimento alla Preghiera del Venerdì, qualche Mujtahid potrebbe giungere ad una conclusione affermando che adempiere ad entrambe le Preghiere non è pratico mentre specificarne una senza una chiara evidenza non è corretto. Quindi verrà applicato il principio della scelta, dicendo che si può partecipare sia alla Preghiera del Venerdì che a quella di Mezzogiorno.

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Il problema delle contraddizioni

L’ultima questione concernente l’Usul al-Fiqh che affronteremo riguarda il problema delle contraddizioni nelle prove della Shari’ah. Il Mujtahid deve predisporre di un meccanismo che userà nel caso in cui incontrerà delle contraddizioni nelle sue fonti. I nostri Imam (as) hanno fornito alcune indicazioni al fine di risolvere tali problemi; come detto prima, gli Aĥādīth in cui sono riscontrati questi problemi sono conosciuti come “al-Akhbar-al-Ilajiyyah”.

Le contraddizioni nelle prove possono essere trovate sotto forme differenti e risolte in diversi modi:

  1. a) La contraddizione tra le prove orali può avvenire nei seguenti modi:

Tra un Nass e un ĥadīth con un significato “apparente”: il primo è preferibile al secondo. Ad esempio, un ĥadīth dice “Compi la Preghiera {Salli} della notte”. Un altro ĥadīth dice: “La Preghiera della notte è raccomandata {mustahab}”. Il primo esempio, consiste in un ĥadīth con un significato “apparente”: contiene la parola “Compi” nella sua forma imperativa che è usata sia per gli atti doverosi, sia per quelli raccomandati. Il secondo esempio consiste in un ĥadīth Nass: esso contiene la parola “raccomandato” che indica soltanto l’atto stesso raccomandato, e che questo non è wajib. In questo caso, il Nass sarà preferito ed usato per qualificare l’ĥadīth apparente.

Un ĥadīth è di natura generale, mentre l’altro è condizionale: la prova condizionale vince la generalizzazione sulla prima. Ad esempio se un ĥadīth dice “Se rompi il tuo patto, devi liberare uno schiavo”, mentre un altro ĥadīth dice “Se rompi il tuo patto, devi liberare uno schiavo Musulmano”. Il secondo ĥadīth sarà preferibile e usato per identificare l’implicazione generale del primo ĥadīth.

Un ĥadīth concerne la legislazione delle norme e l’altro restringe la sua applicazione a certi individui: qui il secondo è preferibile al primo. Ad esempio un ĥadīth dice “Rispetta gli ‘Ulama’”, mentre un altro ĥadīth dice “Non rispettare gli ‘Ulama’ malvagi (fasiq)”. Il secondo ĥadīth si limita all’applicazione del primo ĥadīth.

b) Se due Aĥādīth autentici si contraddicono l’uno con l’altro in un modo che non è possibile conciliarli insieme, in questo caso entrambi devono essere svalutati.

c) Nel caso in cui la contraddizione è tra una “prova orale convincente” e una prova non-orale e non convincente, la prima citazione è preferita.

d) Nel caso in cui la contraddizione è tra una prova convincente ed una prova Dhanni da un lato, e una regola procedurale dall’altro, la prima citazione viene accettata poiché la seconda si applica solo quando non vi sono assolutamente prove.

e) Nel caso in cui la contraddizione è tra principi di Bara’ah e Istishab, la seconda è preferibile.

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Fiqh

Nel Fiqh, il Mujtahid deduce le norme della Shari’ah dalle fonti dell’Usul al-Fiqh da lui determinate. Tutte le questioni che riguardano il Fiqh sono tradizionalmente classificate in quattro gruppi principali. Questa classificazione fu fatta da Muhaqqiq al-Hilli nella sua opera di giurisprudenza “Sharaya-al-Islam”. La seguente è una lista di argomenti discussi nel Fiqh in accordo alla classificazione tradizionale:

Primo gruppo: ‘Ibadat – gli atti di adorazione

La purità, la Preghiera, il digiuno, la tassa per aiutare i poveri, la tassa annuale, il Pellegrinaggio (Ĥajj), il Jihad, l’ingiunzione a fare il bene e l’interdizione a fare il male.

Secondo gruppo: ‘Uqud – i contratti reciproci

Le trattazioni sugli affari (Bay’); l’ipoteca (Rahn), il fallimento (Muflis), la limitazione della propria competenza legale (Hajr), la responsabilità (Ziman), il compromesso nelle dispute finanziarie (Sulh), la società (Shirkah), la società accomandante nel commercio (Mudarabah), la società accomandante nell’agricoltura (Muzara’ah, Musaqat), la fiducia (Wadi’ah), il prestito (‘Ariyah), il nonormeo (Ijarah), la rappresentanza da parte di terzi (Wikalah), la concessione (Waqf), la donazione (Hibah), il testamento (Wisayah), il matrimonio (Nikah).

Terzo gruppo: ‘Iyqa’at – sprone unilaterale

Il divorzio (Talaq), le dispute matrimoniali (Khul’, Mubarat, Dhihar, Ly’an, Iyla’), l’emancipazione degli schiavi (Itq), le confessioni in questioni legali (Iqrar), il compenso (Ja’alah), le promesse (Yamin).

Quarto gruppo: Ahkam – Regole varie

La caccia e la macellazione (Sayd e Dhibahah), il mangiare e bere (At’imah e Ashribah), l’appropriazione indebita (Ghasb), l’acquisto del vicinato (Shaf’ih), la rinascita di una terra vergine (Ihya al-Mawat), l’eredità (Irth), l’arbitrio (Qada), la testimonianza (Shahadah), la punizione (Hudud), la ritorsione (Qasas), il prezzo del sangue o l’indennità per un’ingiuria corporale (Diyah).

Questa era la vecchia classificazione che fu usata con lievi cambiamenti fino ai tempi nostri. Adesso presentiamo una classificazione moderna delle questioni di Fiqh esposta da Sayyid Muhammad Baqir as-Sadr nella sua opera “Fatawa al-Wadihah” (8).

L’Ayatullah Sayyid Muhammad Baqir as-Sadr di Najaf, in Iraq, fu una stella brillante tra le nuove generazioni di Mujtahidun. Sfortunatamente il mondo sciita fu privato della sua conoscenza e della sua guida quando fu torturato e ucciso dal regime di Saddam Hussein nel 1980.

Secondo la sua classificazione, che speriamo venga adottata dai Fuqaha del nostro tempo, tutte le norme della Shari’ah vengono divise in quattro gruppi:

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Primo gruppo: ‘Ibadat – gli atti di adorazione

La purità, la Preghiera, il digiuno, il Pellegrinaggio a Mecca.

Secondo gruppo: le norme finanziarie

a) Ad un livello sociale: la zakat, il khums, la tassa terriera (Khiraj), la tassa dei non Musulmani sotto la protezione di un governo Islamico (Jaziyyah) e il bottino di guerra (Anfal).

b) Ad un livello individuale:

– le norme riguardo agli strumenti per gli averi, la rinascita di una terra vergine, la caccia, la produzione dalla propria proprietà, l’eredità, il prestito, l’ipoteca, la donazione, ecc.

– le norme riguardo all’utilizzo degli averi: gli affari, le trattazioni, lo scambio di comodità basato sull’accordo, la società, la concessione, il lascito, ecc.

Terzo gruppo: le norme personali

Il matrimonio, il divorzio, gli affari matrimoniali, il mangiare, il bere, il vestire, le promesse, i patti, la caccia, la macellazione, l’ingiunzione a fare il bene e l’interdizione a fare il male, ecc.

Quarto gruppo: le norme sociali

Il governo, la magistratura, il codice penale, il Jihad, ecc.. Possiamo aggiungere alla lista alcune “norme sociali” del nuovo capitolo dell’Ayatullah al-Khu’i nella sua opera “Kitab-al-Mushtakirat” (9) (“Il libro della proprietà pubblica”) che fornisce le norme riguardo le strade pubbliche, le moschee, le scuole, i magazzini, i fiumi, i canali, i laghi, gli oceani e le miniere.

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Uno sguardo al futuro dell’Ijtihad

Le scienze dell’Usul al-Fiqh e del Fiqh, come ogni altra scienza, con il passare del tempo si sono evolute e diffuse. Ma durante gli ultimi secoli, in particolar modo da Shaykh Murtaza Ansari (1214-1281 A.H.) in poi, queste due scienze si sono diffuse enormemente e rapidamente. Alla luce di questo positivo sviluppo si è giunti, dopo la morte dell’Ayatullah Husayn Burujardi, a un’idea tra gli esperti di Fiqh riguardo la divisione in compartimenti dell’Ijtihad.

La prima persona che accennò a tale questione fu Shaykh ‘Abdul Karim Ha’iri Yazdi (1276-1355 A.H.), che ebbe il merito di rivitalizzare la Hawza ‘Ilmiyyah di Qom. Lo studente di Shaykh Ha’iri, Shahid Murtaza Motahhari, portò quest’idea in un dibattito pubblico per la prima volta, durante un discorso ad un seminario organizzato dopo la scomparsa dell’Ayatullah Burujardi nei primi anni ’60. Egli disse: “E’ meglio che il Fiqh venga diviso in differenti sezioni, e che ogni sezione, dopo aver raggiunto l’abilità generale nell’Ijtihad, si specializzi in una particolare area di Fiqh” (10).

Quest’idea era molto nobile, ma due recenti sviluppi nel mondo sciita hanno reso quest’idea una necessità. Primo, la Rivoluzione Islamica in Iran si è rivelata un’opportunità senza precedenti per i Mujtahidun sciiti per lavorare sul piano politico, economico, sociale e morale dei problemi che la comunità sciita dell’Iran doveva affrontare.

Secondo, l’emigrazione dei Musulmani in Occidente ha originato questioni e problemi religiosi che non si erano mai presentati prima. Aspettarsi che una singola persona possa completare e fornire una guida completa per tutti i problemi sarebbe chiedere troppo. Una soluzione per il futuro della Shari’ah potrebbe quindi essere la divisione in sezioni dell’Ijtihad.

Comunque, ciò non può nascere in una notte, bensì deve fare il suo percorso dovuto.

Nulla impedisce però che tra qualche generazione potremmo avere Mujtahidun specializzati in quattro differenti aree di Fiqh: gli atti di adorazione (‘ibadat), i problemi economici, le norme personali e le questioni sociali e politiche. E gli sciiti di quel periodo potrebbero fare Taqlid con quattro diversi Mujtahidun o con un consiglio dell’Ijtihad composto da Mujtahidun specializzati nei loro rispettivi campi.

In breve, lo spirito dinamico ereditato dagli ‘Ulama’ sciiti dai Puri Imam (as) farà brillare la luce dell’Ijtihad in una forma o nell’altra. Il futuro, al-hamduli-Llah, è splendente.

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NOTE

1) Si tratta di un dovere incombente su ogni membro della comunità finché adempiuto da qualcuno; non appena esso è adempiuto da una o più persone, non è più un dovere per gli altri membri della comunità.

2) Al-‘Amili, Shaykh Hurr, Wasa’ilu ‘sh-Shi’ah, vol. 18 (Beirut: Dar Ihyai ‘t-Turathi l’-Islami, 1391 AE) p. 106-107.

3) Al-Kulayni, al-Furu min al-Kafi, vol. 7, p. 412.

4)  Istihsan, Istislah o Maslahah, e Ta’awwul sono differenti forme di Ijtihad nel significato di Ra’iy. Tutti questi termini indicano l’applicazione di discrezione personale in una decisione giuridica.

5) Cfr. as-Sadr, S. Muhammad Baqir, Durus fi ‘Ilmi ‘l-‘Usul, vol. 1 (Beirut: Daru ‘l-Kitab, 1978) pp. 55-60; anche M. Mutahhari “Ijtihad dar Islam”, in Bahsi dar-barash-e Marji’iyyat wa Ruhaniyyat (Tehran: Shirkat-e Intishar, 2° edizione) pp. 37-42. Mutahhari menziona Allamah Hilli (m. 726 AE) come il primo ad aver usato il termine Ijtihad in questo nuovo significato, ma Sadr afferma che il primo ad usarlo fu lo zio, il Muhaqqiq al-Hilli.

6) Il Versetto n.6 della Sura n. 49, al-Hujurat, recita: “O credenti, se un malvagio vi reca una notizia, verificatela, affinché non portiate, per disinformazione, pregiudizio a qualcuno e abbiate poi a pentirvi di quel che avrete fatto” . (N.d.T.)

7) Per i detti degli Imam dell’Ahl ul-Bayt (as) in rifiuto del Qiyas come fonte delle norme della Shari’ah, vedere l’ultimo capitolo di Wasa’ilu ‘sh-Shi’ah, vol. 18.

8) Sadr, S.M. Baqir, Al-Fatawa al-Wadihah (Najaf, 1976) pp. 46-47.

9) Khu’i, S. Abu’l-Qasim, Minhaju ‘s-Salihiyn, vol. 2 (Najaf, 1394) pp. 1741-181.

10) M. Motahhari, “Ijtihad dar Islam”, p. 61.

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*Tratto da S.M.Rizvi “Introduzione alla Shariah Islamica”, stampato dall’Associazione Islamica Imam Mahdi (aj). E’ possibile ordinare il testo alla nostra Redazione scrivendo a: imam_mahdi59@yahoo.it

Writer : shervin | 0 Comments | Category : Giurisprudenza

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