Discorso di Nasrallah per il martirio di Soleimani e Abu Mahdi

Discorso di Sayyed Nasrallah per la commemorazione dei martiri Generale Qassem Soleimani e Comandante Abu Mahdi al-Muhandis

 

Consigliamo la lettura del presente discorso tenuto il 5 gennaio scorso dal Segretario Generale di Hezbollah del Libano, Sayyed Hassan Nasrallah, a tutti coloro che vogliono approfondire e comprendere meglio le vere ragioni che si celano dietro il vile e in qualche modo clamoroso attentato terroristico compiuto dagli Stati Uniti contro il Generale Soleimani, e soprattutto quali saranno le conseguenze di questo ignobile atto. Seppur lungo, il discorso di Seyyed Nasrallah enuncia con la sua solita chiarezza e solida logica – frutto della sua fede lungimirante e profonda – le cause che hanno spinto l’amministrazione Trump a ricorrere a un omicidio terroristico così feroce e plateale e alla sua pubblica e fiera rivendicazione, la barbare modalità in cui è avvenuto, le responsabilità dei mandanti e degli esecutori, e il dovere dei movimenti della Resistenza e dell’intera Ummah nei confronti del sangue del Martire del Generale Soleimani, del Comandante Abu Mahdi al-Muhandis e dei loro compagni martiri.

Ass. Islamica Imam Mahdi (aj)

Cerco rifugio in Dio da Satana il Maledetto. Col Nome d’Iddio Compassionevole e Misericordioso.

La lode appartiene esclusivamente a Dio, Signore dei Mondi, e le preghiere e la pace discendano sul nostro Maestro e Profeta, il Sigillo dei Profeti, Abi al-Qassim Muhammad ibn Abdullah, sulla sua pura Famiglia, sui suoi prescelti Compagni e su tutti i profeti e messaggeri.

Stimati sapienti, fratelli e sorelle, la pace, la misericordia e la benedizione di Dio discendano su tutti voi.

Iddio Onnipotente nel Suo glorioso Libro dice: Col Nome d’Iddio Compassionevole e Misericordioso. “Non considerare morti quelli che sono stati uccisi sul sentiero di Dio. Sono vivi invece e ben provvisti dal loro Signore, lieti di quello che Iddio, per Sua grazia, concede. E a quelli che sono rimasti dietro loro, danno la lieta novella: “Nessun timore, non ci sarà afflizione”. Annunciano la novella del beneficio di Dio e della grazia e che Iddio non lascia andar perduto il compenso dei credenti.” (III, 169-171)

Allah Onnipotente ha detto la verità.”

Oggi siamo qui riuniti per onorare e commemorare un grande condottiero dell’Islam e del Jihad, Hajj Qassem Soleimani, il comandante della Forza Quds dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, un grande generale. Rendiamo omaggio anche al combattente (Mujahid) Abu Mahdi al-Muhandis, il vice capo delle Forze di Mobilitazione Popolare (Hashd al-Shaabi) in Iraq, nonché ai loro compagni iraniani e iracheni, martirizzati anch’essi nel medesimo attacco criminale.

Il 2 gennaio 2020 è una data spartiacque. È l’inizio di una nuova era e di una nuova storia, non solo per l’Iran o per l’Iraq, ma per l’intera regione. Ne parlerò più tardi.

Adesso permettetemi di parlare brevemente di questo tragico evento, di questo atto barbaro e terroristico, a livello personale.

Giovedì sera 2 gennaio 2020, Hajj Qassem Soleimani, l’amato e caro fratello, ha realizzato le sue speranze e aspirazioni. Ha raggiunto il suo obiettivo. Non parliamo sempre di raggiungere obiettivi? O se una certa azione porterà al conseguimento dei nostri obiettivi o di quelli del nemico? Hajj Qassem Soleimani venerdì ha raggiunto la sua meta.

Quando ricordo i martiri, descrivo sempre il martirio dei mujahidin e dei comandanti come un progetto personale. Per l’Ummah essi non vogliono il martirio bensì una vita prospera e serena: lottano per la sua felicità in questa vita e per l’orgoglio e la dignità nell’Aldilà. Per l’Ummah vogliono forza e vita all’ombra della grazia di Dio. Tuttavia, a livello personale, il loro progetto è il martirio.

Questa era la sua intenzione sin quando da giovane si unì alla battaglia in prima linea in Iran. Questo desiderio, questo obiettivo e questa meta sono rimasti con lui. Esistono due tipi di persone che camminano su questa strada. C’è chi lo fa per un quarto o metà della strada, fin quando la fiamma di questo anelito si estingue. L’aspirazione appassisce. Il desiderio muore. Dall’altra parte ci sono persone la cui brama [per il martirio] si fa più intensa con il trascorrere del tempo. Il desiderio diventa più forte e onnipresente.

Hajj Qassem e Abu Mahdi al-Muhandis appartenevano a questo secondo tipo di persone, specialmente negli ultimi anni. Quando una persona invecchia e vede imbiancare i propri capelli e barba, teme di morire per malattia o nel letto. Hajj Qassem era sempre in prima linea, sotto i bombardamenti, e il suo corpo era pieno di schegge. Negli ultimi anni, venuto in Siria, i fratelli [della Resistenza Islamica libanese] erano responsabili della sua sicurezza e protezione. Rimanevano con lui notte e giorno, fin quando non si recava all’aeroporto di Damasco. Trascorreva molte notti a piangere. Quando venivano menzionati i martiri piangeva. In numerosi incontri mi diceva: “Sono stanco di questo mondo perché sono così ansioso di incontrare Dio e i martiri“.

La maggior parte dei suoi fratelli, amici e persone care con cui ha vissuto, combattuto e sofferto se ne sono andati. Era davvero impaziente di raggiungerli.

In ogni caso è stato esaudito. E questo consola tutti noi – suoi cari, suoi amici e fratelli.

Da qui, da Dahiyeh [il sobborgo meridionale di Beirut], dico alla famiglia di Hajj Qassem Soleimani, a tutti i suoi parenti e familiari, in particolare alla moglie virtuosa, ai suoi figli e alle sue figlie:

Ciò che dovrebbe consolarvi è che vostro padre abbia realizzato il suo più grande desiderio. So che sapete meglio di me che questo è sempre stato l’obiettivo, la speranza, l’aspirazione e il desiderio di Hajj Qassem Soleimani.

Lo stesso vale per Hajj Abu Mahdi. Due o tre mesi fa mi visitò qui a Dahiyeh, dove siamo rimasti seduti insieme per ore. Alla fine dell’incontro mi ha detto: “O Sayyed, la battaglia contro Daesh (ISIS) in Iraq sembra volgere al termine. Molti sono stati martirizzati e io sono ancora vivo. Sto invecchiando. I miei capelli e la mia barba stanno diventando grigi. Prega Dio che la mia fine sia attraverso il martirio.” Dico quindi anche alla moglie e alle figlie virtuose di Hajj Abu Mahdi: questo dovrebbe essere di consolazione per tutte voi. Lo stesso vale per tutti gli amati martiri assassinati insieme a Hajj Qassem e Hajj Abu Mahdi.

Questo a livello personale. Terminiamo questa parte e passiamo direttamente all’argomento in questione. Oggi, queste speranze sono divenute realtà. Nella nostra fede, il martirio è tra le due cose più importanti: o la vittoria o il martirio. Una delle meraviglie della nostra fede è come cambia le equazioni. Il massimo che il nostro nemico può fare è ucciderci. E il massimo a cui possiamo aspirare è di essere uccisi sulla Via d’Iddio Altissimo. L’equazione nella nostra fede converte la massima forza del nemico nella nostra massima forza. Quindi non possiamo essere sconfitti. Quando otteniamo la vittoria siamo vittoriosi. Quando diventiamo martiri siamo vittoriosi. Giovedì sera è stato un giorno di vittoria anche per la Resistenza, per l’Asse della Resistenza e per gli uomini della Resistenza. Rappresenterà un nuovo modello della vittoria del sangue contro la spada, a Dio piacendo.

Congratulazioni a Hajj Qassem, a Hajj Abu Mahdi e ai loro onorevoli compagni mujahidin iraniani e iracheni per aver raggiunto questo grande martirio, questa sublime meta e questo bellissimo destino. Nella scuola di al-Husayn e Zaynab (la pace discenda su di loro) noi desideriamo ardentemente il martirio e vediamo solo bellezza nelle cose.

Ora arriviamo al nocciolo della questione. Oggi parlerò chiaramente di questo evento importante e decisivo e di cosa è successo esattamente. Perché ciò è avvenuto? Perché Hajj Qassem Soleimani e Abu Mahdi sono stati presi di mira? Quali sono gli obiettivi? Qual è il futuro della regione? E infine, qual è la nostra posizione, qual è il nostro dovere, qual è la nostra responsabilità? Perché, come ho appena detto, siamo entrati in una fase completamente nuova.

Certo, il seguente non sarà l’argomento del mio discorso. Ma se volessi parlare della personalità di Hajj Qassem, delle sue qualità, dei suoi tratti, della sua pietà, del suo coraggio, delle sue attitudini, della sua conoscenza, del suo pensiero strategico, della sua umiltà e di tutte queste belle qualità che possedeva, se volessi parlare dei suoi successi, dei suoi sforzi, del suo jihad, dei suoi sacrifici – e lo stesso nel caso di Hajj Abu Mahdi – dovrei parlare per ore, giorni e settimane. Ma ne parleremo un’altra volta, a Dio piacendo. Ciò che devo affrontare è il nocciolo della questione, al fine di basare la nostra reazione sui fatti.

Innanzitutto, cosa è successo? Giovedì sera, 2 gennaio – mi prenderò due minuti per chiarire tutto questo in dettaglio, perché sarà la base dell’intero mio discorso – Hajj Qassem e i suoi compagni hanno lasciato pubblicamente l’aeroporto di Damasco per l’aeroporto di Baghdad. All’aeroporto di Baghdad Hajj Abu Mahdi al-Muhandis, accompagnato da alcuni fratelli delle Forze di Mobilitazione Popolare (Hashd al-Shaabi), è andato ad accoglierlo. Dopo essere saliti sulle macchine e aver guidato per una certa distanza, l’intero convoglio è stato colpito da sofisticati missili lanciati, a raffica, da aerei americani. Tutti avete visto le immagini. Hanno attaccato massicciamente onde assicurarsi che tutti i veicoli venissero distrutti senza lasciare superstiti. I nostri due cari comandanti con tutti quelli che li accompagnavano sono stati martirizzati. Sono stati ridotti a brandelli strappati e bruciati quasi impossibili da identificare.

Lasciatemi dire che Hajj Qassem, Hajj Abu Mahdi e i fratelli che li hanno accompagnati agognavano il martirio. So che Soleimani desiderava ardentemente il martirio. Ma forse quello che è accaduto ha superato le loro aspettative. Sono finiti senza testa come l’Imam Husayn, senza mani come Al-Abbas, il loro corpo è stato completamente fatto a pezzi come Ali al-Akbar. Non so se questo è ciò che potevano immaginare Hajj Qassem e Hajj Abu Mahdi. 

In ogni caso non sono rimasti che frammenti e parti bruciate molto difficili da identificare. Dopo alcune ore il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha rilasciato una dichiarazione in cui rivendicava la responsabilità dell’operazione, affermando che l’assassinio era stato eseguito per ordine del Presidente Trump. A ciò hanno fatto seguito i comunicati stampa e le conferenze nei quali si assumevano il merito dell’operazione il Segretario di Stato americano, il Segretario alla Difesa, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, fino a Trump stesso con i suoi vari tweet, in cui si è vantato di aver ordinato personalmente l’assassinio di Hajj Soleimani. Ha anche fornito le ragioni che lo hanno portato a ciò: solo un cumulo menzogne.

Siamo quindi di fronte a un flagrante crimine internazionale. E’ lo stesso mandante che ammette di averlo ordinato: Trump. Il colpevole dell’assassinio mette in chiaro la sua colpa. Sono il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, l’esercito americano e le forze americane che operano nella regione, se all’interno o all’esterno dell’Iraq è un mero dettaglio.

Di conseguenza, non abbiamo a che fare con una indefinita operazione omicida, un’autobomba, un attacco suicida o un’imboscata di autori ignoti, che richiederebbe una commissione d’inchiesta per identificare i colpevoli, con ipotesi, incertezze, ecc. Niente affatto. Siamo di fronte a un crimine estremamente chiaro e palese, per il quale gli Stati Uniti rivendicano la responsabilità. Questi sono i due fatti su cui dobbiamo fondare la nostra risposta: il Presidente degli Stati Uniti Trump ha ordinato alle forze armate statunitensi di commettere questo crimine e le forze armate statunitensi lo hanno eseguito nel modo che ho menzionato. Le cose sono quindi molto chiare.

In secondo luogo, perché questo crimine è stato commesso in modo così sfacciato e sotto gli occhi di tutti? Tutto è stato fatto apertamente. È stato rivendicato formalmente e pubblicamente. Trump se ne vanta di fronte al mondo intero, in modo da non lasciare dubbi. Ci sono due ragioni per questo.

Il primo è il fallimento di tutti i precedenti tentativi di omicidio “senza impronte digitali”, senza lasciare tracce o prove. Ne sono stati fatti diversi. Alcuni sono stati resi pubblici, altri rimangono segreti fino ad oggi. Ultimamente abbiamo visto come la mente satanica e infernale degli americani e degli israeliani si preparasse ad assassinarlo a Kerman. Il gruppo autore del tentativo è stato arrestato poco dopo aver portato lì gli esplosivi. Il piano era di acquistare una casa vicino a una Hussaynyah e da lì scavare un tunnel sino al seminterrato della stessa; a quel punto avrebbero collocato un’enorme quantità di esplosivo. Ogni anno Hajj Qassem si recava in quella Hussaynyah per celebrare le tradizionali cerimonie religiose di lutto [per l’anniversario del martirio dell’amata figlia del Profeta, Fatima Zahra, o dell’Imam Husayn, ndt]. Di solito a queste cerimonie partecipano tra le quattromila e le cinquemila persone. Erano disposti ad uccidere cinquemila persone pur di assicurarsi l’eliminazione di Hajj Qassem Soleimani. Guardate che mentalità criminale. Eppure Dio Onnipotente ha posticipato la sua ora, lo ha protetto e ha scelto per lui questo tipo di martirio, come ha detto Sua Eminenza la Guida Suprema [l’Imam Khamenei], Egli ha scelto per lui questo genere di martirio poiché era questo che meritava: un tale livello di martirio. Pertanto, il fallimento di tutti i precedenti tentativi li ha indotti a ricorrere all’azione pubblica ed eclatante.

Il secondo punto, che spiega il perché di questa azione in tale preciso momento e nella suddetta modalità, è dato dall’attuale situazione d’insieme nella nostra regione: i fallimenti e i successi, la presente fase della nostra lotta e i recenti sviluppi in Iraq. Inoltre, tutto ciò precede le elezioni presidenziali statunitensi. Questo è ciò di cui parlerò in dettaglio.

È presentando nel dettaglio l’intera situazione che possiamo comprenderla appieno e determinare quali siano le responsabilità di ognuno nel contrastare gli obiettivi dell’assassinio. 

Sono trascorsi tre anni da quando Trump ha assunto l’incarico e ha annunciato la sua politica estera nella nostra regione e nel mondo. Quando Trump e la sua Amministrazione guardano al risultato degli ultimi tre anni, cosa vedono? Fallimento dopo fallimento, incapacità e confusione. A livello di politica estera egli non ha nulla da offrire all’opinione pubblica americana, specialmente nella nostra regione, e intanto le elezioni presidenziali si fanno sempre più vicine.

Permettetemi di offrire alcuni esempi concreti. Il più grande è l’Iran. Sin dal primo giorno, Trump si era prefisso un obiettivo: rovesciare l’ordinamento islamico iraniano. Questo è ciò che John Bolton aveva promesso proprio un anno fa in occasione delle celebrazioni di Capodanno con gli “ipocriti” (munafiqin, titolo che designa i membri del gruppo terroristico “Mojahedin-e Khalq”, ndt) iraniani in Francia. Ha tenuto un discorso in cui prometteva loro che la celebrazione dell’anno successivo si sarebbe svolta a Teheran. 

John Bolton è scomparso e l’ordinamento islamico è ancora a Teheran. Questa non era la politica di John Bolton; si trattava del Consigliere per la Sicurezza Nazionale che esprimeva la strategia di Trump sull’Iran. Ad un livello più alto l’obiettivo era quindi quello di rovesciare l’ordinamento della Repubblica Islamica. Ad un livello più basso l’obiettivo era convincere l’Iran ad un cambio di atteggiamento. Si voleva sottomettere l’Iran, domarlo, controllare la sua politica e così via. Si voleva raggiungere un nuovo accordo sul nucleare, un accordo sui missili balistici e un accordo sulle questioni regionali.

L’Iran non si è piegato. Allora [Trump], ritiratosi unilateralmente dall’accordo nucleare, ha imposto all’Iran ed a chiunque nel modo vi avesse a che fare, delle sanzioni senza precedenti negli ultimi quarant’anni. Ha tentato di bloccare la nazione, di isolarla e intimidirla. Hanno puntato sul ridurre alla fame la popolazione, sulla crisi economica interna e sulle divisioni intestine (nel caso esistessero). C’è stata una spinta verso conflitti interni e uno sforzo per sfruttare tutti gli strumenti regionali disponibili. Tuttavia hanno fallito su tutta la linea.

Trump si sta dirigendo pertanto verso le elezioni. Non può dire al popolo americano che ha rovesciato l’ordinamento della Repubblica islamica. Non può dire che ha soggiogato la Repubblica Islamica. Non può dire che ha imposto un nuovo accordo nucleare all’Iran. Ancor peggio, Trump ha raggiunto il punto in cui sta chiedendo ad alcuni presidenti europei, nella sessione delle Nazioni Unite a New York, di mediare [tra gli Stati Uniti e l’Iran] in modo da poter incontrare il Presidente della Repubblica Islamica, Shaykh Rohani. Ma l’Iran si rifiuta di incontrare Trump!

Tutte le politiche di Trump hanno lo scopo di portare l’Iran al tavolo dei negoziati, indipendentemente dall’accordo [nucleare], sotto pressione e minacce. Ha detto che gli iraniani lo avrebbero chiamato e alla fine sarebbero andati da lui. Ora il suo mandato sta quasi volgendo al termine e l’Iran non si è recato da lui né qualcuno lo ha chiamato.

Cosa dirà al pubblico americano riguardo a questo obiettivo? Che ha fallito e l’Iran sta diventando più audace.

Parlerò dell’Iraq per ultimo a causa della sua relazione con quello che è successo a Hajj Qassem e Abu Mahdi.

Il secondo esempio concreto è quello della Siria. Vi è evidente fallimento e confusione in Siria. Il loro progetto in Siria è fallito. L’ultima goccia è stata il tradimento americano nei confronti degli alleati o amici – chiamateli come volete – le milizie Qasd, i gruppi combattenti curdi a est dell’Eufrate. Vi era molta confusione. Ad un certo punto egli (Trump) ha deciso di ritirare le truppe dalle sponde orientali dell’Eufrate. Poi ha deciso di lasciare alcune forze. Ha creato un problema infinito per quanto riguarda il ritiro delle truppe statunitensi. Alla fine ha lasciato una parte delle forze americane per proteggere chi? Non sono lì per proteggere i loro alleati curdi ma per proteggere i pozzi petroliferi siriani e i campi petroliferi – per saccheggiarli. Lo ha proclamato. Ha detto che avrebbe parlato con le compagnie che si occupano dell’estrazione ed esportazione petrolifera per mettere le mani sui pozzi e confiscarli. Ciò riflette la confusione americana in Siria. Ha lasciato una parte delle truppe ad est dell’Eufrate per il petrolio e una piccola parte ad al-Tanf. Ha dichiarato che su richiesta e raccomandazione di Israele ha lasciato una forza americana ad al-Tanf perché se Al-Tanf dovesse cadere nelle mani dell’esercito siriano si sarebbe aperto l’intero confine siriano-iracheno e in particolare il passaggio internazionale di Rutba.

Terzo, ha fallito anche in Libano. Tutte le pressioni, tutte le sanzioni, tutte le istigazioni e tutto il denaro speso in Libano per offuscare l’immagine della Resistenza, istigare l’ambiente della Resistenza contro di essa e istigare il resto del popolo libanese contro la Resistenza sono fallite. Ricordiamo a tutti la recente invasione del Libano da parte di Pompeo e la dichiarazione di guerra scritta che ha pronunciato al Ministero degli Affari Esteri libanese. Ricordiamo anche le varie visite di [David] Satterfield che non sono state riportate dai media. Ma oggi lo dirò nei media. L’ho detto durante una sessione chiusa ed è trapelato. Durante l’ultima visita di Satterfield costui ha minacciato i funzionari libanesi. Ha dato loro una scadenza di quindici giorni per rimuovere le installazioni appartenenti alla Resistenza nella [Valle della] Bekaa. ‘Se Hezbollah non le rimuove, Israele bombarderà e distruggerà queste installazioni. Imporremo sanzioni al Libano, ecc.” Ha minacciato e cercato di intimidire. Ovviamente, invano. Israele non ha osato attaccare quelle installazioni entro i quindici giorni perché gli abbiamo fatto sapere che se avesse bombardato queste strutture, avremmo lanciato una risposta pronta, appropriata e proporzionata. Se vi ricordate, alla vigilia del giorno di al-Quds (Gerusalemme), ho toccato questo argomento. Tutti i tentativi di frenare la Resistenza in Libano, di esercitare pressioni sulla Resistenza in Libano e di assumere il controllo assoluto dell’autonomia del Libano sono pertanto falliti.

In Yemen, a causa della fermezza del popolo yemenita, non è stato in grado di ottenere alcun risultato militare. La guerra nello Yemen è principalmente una guerra americana, una decisione americana, una volontà americana e un progetto americano. A parte i massacri e l’assedio commessi dai sauditi, non è solo una guerra saudita.

Il quinto è l’Afghanistan. Lì sta cercando una via d’uscita che gli permetta di salvare la faccia. Anche lì sono in uno stato di confusione. Ha inviato il suo ambasciatore Khalilzad a negoziare con i Talebani in Qatar. Raggiungono un accordo e i Talebani avrebbero dovuto incontrare Trump nella Casa Nera. Il giorno successivo Trump annulla l’incontro. Annulla inoltre l’accordo e afferma che i Talebani si sono ritirati dai negoziati. Pochi giorni dopo ha chiesto nuovamente di trattare con i Talebani perché vuole uscire dalla situazione afgana. Quindi, non ha ottenuto nulla in Afghanistan.

Il sesto punto è l’Accordo del Secolo. Voleva realizzare l’Accordo del Secolo durante il suo primo anno in carica e imporlo ai governi e ai popoli arabi e, in primo luogo, al popolo palestinese. Dov’è l’Accordo del Secolo? Chi parla dell’Accordo del Secolo oggi? Questo grazie alla fermezza del popolo e dei capi palestinesi. Nonostante la guerra a Gaza, l’assedio, le sanzioni, le sofferenze a cui la gente della Cisgiordania e i palestinesi sono soggetti dentro e fuori, comprese le difficoltà economiche e di sostentamento, le minacce contro l’UNRWA, le tribolazioni dei detenuti, egli [Trump] non ha potuto imporre l’Accordo del Secolo.

Il settimo esempio è quello dell’Iraq, che costituisce l’obiettivo desiderato. Quando arrivo alla mia ultima analisi, dico che è stato lui ad accelerare questa mossa, questo crimine. Qual è il vero progetto di Trump in Iraq? Non abbiamo bisogno di avere fonti segrete nella CIA e nel Pentagono per parlare di questo. No, è tutto molto chiaro. Trump è stato molto chiaro e molto trasparente perché è arrogante e prepotente e non tiene in considerazione nessuno: non riconosce nazioni, diritto internazionale, istituzioni internazionali, comunità internazionale o altro. Cosa diceva Trump durante la sua campagna elettorale? Ha detto che il petrolio iracheno è il nostro diritto – il diritto dell’America. Desidera alcuni modesti giacimenti petroliferi in Siria. Ci sono alcuni campi petroliferi modesti ad est dell’Eufrate. Le riserve petrolifere della Siria non sono paragonabili a quelle irachene. Durante la sua campagna elettorale e le interviste, ha affermato che il petrolio iracheno è un nostro diritto. Dobbiamo mettere le mani sul petrolio iracheno fin quando non avremo raccolto tutti i soldi che abbiamo speso durante tutti questi anni passati in Iraq e nella regione. Alla domanda “come raggiungerete questo obiettivo” e “c’è uno Stato in Iraq”? Spero che presterete attenzione a questa risposta, specialmente i nostri fratelli in Iraq se mi stanno ascoltando. Ha detto che non c’è uno Stato in Iraq. Non c’è Stato in Iraq. Non c’è niente chiamato Iraq. Andate a leggere ed ascoltare le trascrizioni e i suoi discorsi. “Come prenderai il controllo del giacimento petrolifero?” Dislocheremo le forze di stanza attorno ai giacimenti petroliferi iracheni e prenderemo ampie aree attorno ad essi. Poi stabiliremo delle cinture di sicurezza controllate. Così estraiamo il petrolio, lo esportiamo e lo vendiamo al mondo.

Quindi, qual è stato il vero progetto di Trump in Iraq negli ultimi tre anni? Prendere il controllo dei pozzi petroliferi iracheni e della ricchezza petrolifera. Non vuole uno Stato in Iraq che gli impedisca di farlo. O se esiste uno Stato, deve essere assoggettato alle decisioni statunitensi, all’ambasciatore americano e all’esercito americano. Deve sottomettersi agli americani politicamente, militarmente e in termini di sicurezza. Ma Daesh (l’ISIS) è il prodotto degli americani. Lo stesso Trump ha affermato che Barack Obama e Hillary Clinton sono coloro che hanno creato Daesh. Gli americani volevano che Daesh prosperasse e che la guerra contro di esso si trascinasse in modo da avere una scusa per rimanere in Iraq. Hanno detto che la guerra contro Daesh ha bisogno di dieci, venti o trenta anni. Con il pretesto della guerra contro Daesh, verranno ripristinate le basi statunitensi intorno alle regioni petrolifere. Poi gli Stati Uniti saccheggeranno le ricchezze dell’Iraq. Venderanno armi agli iracheni, interferiranno nelle loro decisioni autonome e indeboliranno lo Stato iracheno. Ecco perché hanno avuto un problema con Hajj Qassem Soleimani, Abu Mahdi al-Muhandis e i combattenti. Ne parlerò un po’.

Questo è il suo vero progetto per l’Iraq. Ma il suo progetto è fallito. Come è fallito? In primo luogo, con la sconfitta di Daesh da parte del popolo iracheno, della dirigenza irachena e sotto la guida della nobile autorità religiosa (marjayyah) della città santa di Najaf. La posizione irachena è stata decisiva nel porre fine alla battaglia con Daesh il prima possibile. Qassem Soleimani e Abu Mahdi al-Muhandis sono stati un fattore chiave in questa decisione. Le Forze di Mobilitazione Popolare (Hashd al-Shaabi), i gruppi della Resistenza irachena accanto all’esercito iracheno e alle varie forze di sicurezza, con il sostegno del popolo iracheno, nonché il sostegno e l’appoggio assoluto dell’autorità religiosa sono stati in grado di risolvere questa battaglia in pochi anni.

Gli americani non avevano più scuse per rimanere in Iraq. Dopo che Daesh è stato sconfitto e il coinvolgimento americano reso pubblico, le richieste alle forze statunitensi di lasciare l’Iraq sono state intensificate. “Hai detto che sei venuto per aiutarci a sconfiggere Daesh. Ora che Daesh è stato eliminato, andate via”. Ma non vogliono andarsene. Vogliono restare. Hanno usato Daesh come pretesto per il loro tornaconto militare e per raggiungere i loro obiettivi in ​​Iraq. Dopo la sconfitta di Deash, l’Iraq ha tenuto delle elezioni parlamentari. Chi ha vinto le elezioni? Non voglio parlare di un blocco o un partito specifico, ma piuttosto di una direzione politica. La direzione politica generale che ha vinto le elezioni irachene è quella che non si sottomette agli americani o si attiene ai loro ordini. Al contrario, pensa pienamente o in larga misura all’interesse nazionale del paese. Agli americani piace chiamarla “linea iraniana”. Si tratta di una espressione inadeguata.

Ma il modo preciso per descrivere la situazione è dire che la maggioranza parlamentare nel Consiglio dei Rappresentanti comprende blocchi, partiti e figure nazionali che si rifiutano di sottomettersi alla volontà e ai dettami americani. Alla luce di questa maggioranza, è stato formato un governo, governo che ha ‘disturbato’ gli americani. Non voglio entrare nei dettagli. Vorrei piuttosto presentare la relazione tra questo aspetto e gli americani. Questo governo guidato dal sig. Adel Abdul Mahdi ha infastidito le politiche statunitensi perché prima di tutto si è rifiutato di rendere l’Iraq parte della campagna contro l’Iran e applicare sanzioni contro di essa. Ciò significa che non si sono piegati di fronte all’America. In secondo luogo, il governo iracheno guidato da Adel Abdul-Mahdi ha rifiutato di sostenere l’Accordo del Secolo e contribuire alla liquidazione della causa palestinese. In terzo luogo, il governo di Adel Abdul-Mahdi è andato in Cina per firmare contratti del valore di centinaia di miliardi di dollari per la ricostruzione e la prosperità dell’Iraq senza pagare soldi in cambio di progetti. Gli Stati Uniti volevano progetti in Iraq per le loro compagnie in modo da poterne saccheggiare impunemente le risorse. Il governo di Adel Abdul-Mahdi si è inoltre rifiutato di mantenere chiusi i confini con la Siria. Ha insistito per l’apertura del valico di Abu Kamal. Questa linea politica ha fatto molto male agli americani. Una voce nel Consiglio dei rappresentanti chiedeva inoltre l’uscita delle forze americane. Oltre a ciò, vi erano alcune tensioni sul campo. In seguito a tutto questo gli americani hanno cominciato a percepire, come da loro stessi dichiarato, un’atmosfera come di sconfitta in Iraq!

Non hanno invaso l’Iraq per diffondere la democrazia, per le elezioni, per l’indipendenza e la prosperità del popolo iracheno. Hanno invaso l’Iraq e rovesciato il regime di Saddam Hussein per controllare l’Iraq e impadronirsi delle sue ricchezze. Quando hanno scoperto che il popolo iracheno voleva stabilità e libertà, hanno scatenato contro di loro tutti i suoi gruppi terroristici da loro stessi creati. Li hanno portati dall’Afghanistan, dal Pakistan, dall’Arabia Saudita, dallo Yemen e da tutti i paesi del mondo. Dal 2003 al 2011 il popolo iracheno ha affrontato un’ondata di operazioni suicide. Migliaia di attentatori suicidi si sono fatti esplodere in moschee, chiese, scuole, mercati e siti religiosi, uccidendo alcuni dei migliori capi e personalità della nazione. Gli ufficiali di occupazione americani sono stati quelli che hanno facilitato la mobilitazione di queste organizzazioni terroristiche.

Gli americani hanno recentemente tentato di seminare nel popolo il seme della sedizione. Hanno cercato di spingere gli iracheni alla guerra civile. Ma la posizione consapevole e saggia dell’autorità religiosa e della dirigenza irachene ha scongiurato tutto questo. La ferma e solida posizione delle tribù irachene e dei gruppi della Resistenza lo hanno impedito.

Attraverso i loro eserciti elettronici e i loro perfidi strumenti, gli americani hanno cercato di provocare discordia tra il popolo iracheno e il popolo iraniano. Perché? Perché l’Iran era il miglior sostenitore del popolo iracheno. Nelle ultime settimane gli americani sono stati presi dal panico. Sentivano che l’Iraq stava scivolando dalla loro presa. Trump ha quindi fallito anche in Iraq. Tutto ciò è avvenuto prima del 2 gennaio 2020, prima dell’uccisione di Hajj Qassem e Hajj Abu Mahdi. Quindi, dopo un fallimento di tale entità e la conseguente perdita di controllo sulla regione, cosa faranno Trump e l’Amministrazione statunitense di fronte alle elezioni presidenziali?

Sì, cerchiamo di essere realistici. Ci sono risultati di cui parla Trump. Seguo personalmente i suoi discorsi. Leggo le traduzioni arabe dei suoi discorsi. Si sta spostando da uno Stato all’altro e tiene discorsi. Che cosa ha realizzato in politica estera? Non dovrebbe presentare i risultati al popolo americano visto che è l’anno delle elezioni? Cosa sta dicendo loro riguardo ai suoi successi nella nostra regione e nel mondo?

In Venezuela, il progetto di rovesciare il presidente e il governo venezuelano è fallito. A Cuba non è stato in grado di fare nulla. Ha minacciato, terrorizzato e mandato portaerei in Corea del Nord quasi scatenando una guerra. Poi è andato a negoziare e ha ingannato il popolo americano dicendo che avrebbe disarmato la Corea del Nord. Ma non ha fatto nulla.

Quando si tratta di Cina, Russia e persino dei suoi alleati e amici, che cosa ha ottenuto? Insulta persino i suoi alleati e amici, li umilia quotidianamente, li sminuisce, li delude e li abbandona. Questa è la sua politica estera. Sì, per quanto riguarda la politica estera degli Stati Uniti, Trump parla di tre cose nei suoi discorsi. Sfortunatamente,  riguardano tutte la nostra regione. Cosa dice loro? Niente. Non ha una politica estera. In ogni discorso, racconta loro dei quattrocento miliardi che ha preso dal Regno dell’Arabia Saudita. Ne parla in un modo che ridicolizza e insulta l’Arabia Saudita. E tutti iniziano a ridere e ad applaudire. Questo è il primo risultato.

Il secondo risultato è la vendita di armi ai paesi arabi per decine di miliardi di dollari. Racconta al popolo americano dei quattrocento miliardi di dollari e decine di miliardi di dollari in affari di armi. Sostiene di aver creato centinaia di migliaia di posti di lavoro e lo applaudono.

Il terzo risultato è la decisione di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv ad al-Quds (Gerusalemme). Questi sono i suoi tre successi; il saccheggio del denaro arabo e musulmano e l’attacco alla città di al-Quds e ai luoghi santi degli arabi, dei musulmani e dei cristiani. Questi sono i suoi successi. Oltre a ciò, cos’altro ha ottenuto? Lascio ad altri l’arduo compito di mostrarmi ulteriori suoi risultati in politica estera.

Di fronte a tutti questi fallimenti, con l’Iraq che rappresenta una sfida diretta agli interessi statunitensi, Trump ha quindi deciso di perseguire una nuova politica. Non stiamo affrontando un assassinio isolato. Per Washington, questo non è solo un altro incidente di passaggio, dopo il quale seguirà un accordo con l’Iran – per niente. Non è così che lo vedono gli americani. Per loro, è solo l’inizio. È l’inizio di una nuova fase di aggressione americana nella regione. Non siamo noi quelli che li hanno aggrediti. Giovedì 2 gennaio hanno lanciato un nuovo tipo di guerra nella regione.

Questo è il motivo per cui l’attuale Amministrazione ha pensato a cosa dovrebbe fare per invertire le equazioni, indebolire e rompere l’Asse di Resistenza, minare l’Iran, ripristinare la fiducia nei suoi alleati e strumenti nella regione, riacquisire prestigio, guadagnare credito interno per le elezioni presidenziali, imporre le loro condizioni nella regione e ottenere un certo successo nella loro politica estera. Per questo hanno cercato di fare qualcosa per rimediare a tutto questo.

Non potrebbe essere una guerra perché è un’avventura pericolosa. Israele è già coinvolto nella questione della Striscia di Gaza, che non sa come risolvere. Una guerra contro il Libano non è un compito facile per Israele. Non sto dicendo che per loro sia impossibile lanciarla, ma sto dicendo che è un’opzione molto difficile e improbabile nel prossimo futuro. Chiunque abbia ascoltato il capo dello staff israeliano qualche giorno fa capisce cosa sto dicendo. Trump sa che una guerra con l’Iran sarebbe enorme, pericolosa ed estremamente avventurosa. Pertanto hanno studiato una strategia alternativa che mutasse lo scenario senza scatenare un conflitto. Cosa potrebbero fare gli Stati Uniti per portarci a una nuova fase, a nuove equazioni e circostanze diverse?

E’ qui che arriviamo a Qassem Soleimani. Hanno quindi avuto l’idea di colpire il cuore dell’Asse della Resistenza. Chi è l’elemento centrale? Hanno lavorato su questo e noi ce n’eravamo accorti. Alcune settimane fa, Hajj Qassem era con me e glielo dissi. E Gloria a Dio, mercoledì, il primo giorno del nuovo anno, il martire Soleimani mi ha fatto visita in Libano, senza un motivo particolare. È solo venuto a trovarmi e salutarmi.

Gli ho detto che è stato fantastico per me iniziare l’anno incontrandolo, in sua compagnia e avendo il piacere di contemplare il suo volto nobile. Ma poco prima gli avevo detto che i media e le pubblicazioni statunitensi si stavano concentrando su di lui. La sua foto era in prima pagina e negli Stati Uniti era stato presentato come “il Generale insostituibile”. “Questa è la preparazione politica e mediatica per il tuo assassinio.” Ovviamente Hajj Qassem si mise a ridere e rispose che lo sperava, chiedendomi di pregare per il suo martirio. Quando parlavamo di Kerman [del fallito tentativo di assassinio], gli dicevo: “Lode a Dio, ti ha salvato”. Mi rispose che aveva perso l’opportunità [di diventare martire]. Questo era il suo modo di vedere le cose. Gli americani, quindi, iniziarono a preparare il terreno per l’assassinio di Hajj Qassem. Si erano resi conto che, nell’Asse della Resistenza e ovunque andassero, c’era un nome ricorrente: Qassem Soleimani.

Quando hanno esaminato la Palestina, Gaza e i gruppi della Resistenza palestinese, il sostegno alla Resistenza palestinese con armi, formazione e capacità tecnologiche e il sostegno della causa palestinese attraverso i media, le conferenze e le relazioni, spingendo tutto ciò che abbiamo nella regione verso la Palestina, hanno trovato Qassem Salmani. In Libano c’è la Resistenza, la Liberazione nel 2000, la Guerra del 2006, la forza crescente delle capacità missilistiche della Resistenza, inclusi i missili di precisione, e hanno trovato Qassem Soleimani. Sono andati in Siria dove l’America e Israele si affidavano ai terroristi Takfiri. Hanno trovato Qassem Soleimani accanto all’esercito siriano, al popolo e alla dirigenza. Volevano controllare l’Iraq e “giocare” con gli iracheni attraverso Daesh per decenni. Ma hanno trovato Qassem Soleimani.

In Afghanistan hanno trovato Qassem Soleimani. In ogni dettaglio della Resistenza hanno trovato Qassem Soleimani. Per quanto riguarda l’Iran, vi è bisogno di dire cosa rappresenti Qassem Soleimani per l’Iran? Israele considera Qassem Soleimani l’uomo più pericoloso dalla sua creazione. Parlano di Qassem Soleimani come l’uomo che ha circondato l’entità sionista con i razzi in tutta la regione. Israele lo considera una minaccia esistenziale alla sua sopravvivenza. Non oserebbe ucciderlo. Avrebbe potuto ucciderlo in Siria, dove i suoi movimenti erano pubblici e la sua posizione in prima linea e ad Abu Kamal noti. Tuttavia, non ha osato ucciderlo e si è rivolto agli americani.

Pertanto, l’elemento centrale, che rappresenta il legame, l’attaccamento, la forza, l’unità del destino e degli obiettivi, che ha insufflato la stessa anima in tutte le nazioni, i popoli e i gruppi della Resistenza, è stato incarnato da Qassem Soleimani. Così hanno deciso di uccidere quest’uomo, pubblicamente, apertamente e sfacciatamente, perché quello era il loro obiettivo. Non era un atto gratuito o finalizzato al clamore mediatico. Era premeditato, con obiettivi psicologici, politici e militari. Questo palese assassinio e la sua conseguente immediata e diretta rivendicazione da parte degli Stati Uniti sono stati utili alla nuova strategia americana. Una prefigurazione di ciò che doveva accadere. Hanno commesso questo crimine sperando che indebolisse e scoraggiasse l’Iraq, fiaccasse la forza della Resistenza, frantumasse il forte legame che collega l’Asse della Resistenza alla Repubblica Islamica dell’Iran. Speravano che l’Iran avesse paura, tremasse e facesse concessioni, e speravano in molte altre cose.

Dobbiamo dichiarare gli obiettivi dell’assassinio perché quando parliamo di vendetta, rappresaglia e giusta punizione, si deve capire che non si tratta di due famiglie o clan che si combattono. Affatto. Ci sono piuttosto due progetti rivali e contrastanti: il progetto dell’egemonia americano-israeliano sulla nostra regione, senza che sia necessario entrare nei dettagli specifici di ciascun paese (Libano, Palestina, Siria, Yemen, Golfo, ecc.). C’è un progetto di egemonia americano-israeliano su tutta la nostra regione, i nostri luoghi santi, il petrolio e il gas, l’acqua, le nostre risorse naturali, ecc. O fratello, hanno persino ambizioni riguardo al petrolio siriano! Vogliono persino il petrolio libanese, che non è ancora stato estratto!

Questo è un progetto. L’altro progetto è quello della Resistenza, indipendenza, sovranità, liberazione e libertà. È un progetto in base al quale le ricchezze del popolo sono per il popolo e le santità della Ummah per la Ummah.

Ci sono persone che sostengono il primo progetto e altre che sostengono il secondo. E ci sono quelli che sono persi. Non sono con nessuno dei due fino a quando uno dei due progetti ha successo. Alcuni non sanno nemmeno dove si trovano e dove devono essere. Ma quelli che sanno cosa vogliono appartengono a uno di questi due progetti. Questa situazione è stata confermata dall’assassinio del 2 gennaio.

Affrontare il progetto e gli obiettivi:

Qual era l’obiettivo dell’assassinio? Qual è la nostra responsabilità? Questa sarà l’ultima parte del mio discorso. Il confronto con questo progetto è iniziato la notte stessa in cui il crimine è stato commesso. Iniziamo dall’Iran. Cosa sperava di ottenere Trump da questo assassinio? Cosa sta dicendo agli iraniani? Sta dicendo che ha ucciso pubblicamente uno dei loro migliori generali. “O iraniani, ho ucciso pubblicamente l’uomo che considerate il legame tra la vostra presenza, influenza e impegno nella regione.” Tra gli obiettivi c’era quello di intimidire e soggiogare l’Iran, costringere l’Iran ad arrendersi e andare al tavolo dei negoziati e che l’Iran non risponda a un crimine di tale portata.

La risposta è iniziata in Iran dal primo momento. La dichiarazione rilasciata dalla Nobile Guida l’Imam Seyyed Khamenei, nonché le dichiarazioni del Presidente iraniano, dei funzionari, dei capi delle forze armate e delle autorità religiose a Qom e in altre città dell’Iran sono state chiare. Il popolo iraniano è sceso spontaneamente in piazza in tutte le città del paese. Oggi si tiene il corteo funebre di Ahwaz e Mashhad e domani il mondo assisterà alla processione funebre a Teheran e Kerman. Pompeo ha scritto che scommetteva sulla posizione del popolo iraniano e su come avrebbero reagito al martirio di Qassem Soleimani.

Oggi dico a Pompeo “domani non ascoltare i tuoi consiglieri. Ti basterà sederti davanti alla televisione e vedere di persona il messaggio che il popolo iraniano di Teheran e Karaman invierà, come lo hai ricevuto oggi da Ahwaz e Mashhad.” 

Questo è l’Iran, che ha annunciato attraverso tutti i suoi funzionari, e oggi nel parlamento iraniano, che non si sottometterà, né arretrerà o si arrenderà. Al contrario prenderà provvedimenti offensivi, risponderà e vendicherà. Quindi, questo è il primo obiettivo che ha fallito. Ha fallito già nelle prime sei ore dall’assassinio. In ventiquattro ore la maggior parte degli obiettivi più importanti dell’operazione sono stati sventati dalla Guida della Rivoluzione, dai funzionari e dal caro e grande popolo iraniano. Questo è il primo punto.

Numero due, l’Iraq. Ha inoltre scommesso che questa operazione avrebbe causato l’indebolimento dell’Hashd al-Shaabi e del blocco della Resistenza nazionale che chiede l’indipendenza dell’Iraq. Quindi, se l’Iraq si trovasse in uno stato di tumulto interno, il popolo iracheno ne sarebbe intimidito. E questo è ciò che abbiamo visto nei media quando hanno riferito che questo e quello sono stati uccisi o parlato di incursioni, tutte cose prive di fondamento. Hanno alimentato un immenso stato di terrore tra capi e i funzionari iracheni. Ma la risposta irachena è iniziata con la processione funebre dei martiri. Evidenziamo quanto segue. Una tra le cose più vergognose di cui gli americani si sono resi protagonisti negli ultimi anni e mesi è stato l’aprire vecchie ferite, invocare rancori e inventare storie infondate tra iracheni e iraniani. Ciò includeva insulti diretti all’Iran, incendiando il consolato iraniano, bruciando bandiere iraniane e così via.

Gli iracheni si sono uniti e hanno preso parte alle processioni funebri dei martiri iraniani e iracheni a Baghdad, Kadhimiyah, Karbala e Najaf. Non è necessario fornire spiegazioni. Lo avete visto tutti. Ciò dimostra la lealtà del popolo iracheno, delle forze politiche, dell’autorità religiosa, dei sapienti religiosi, dei gruppi della Resistenza, dei funzionari statali, del governo, del Primo Ministro e del Consiglio dei rappresentanti. Vi sono state anche le posizioni e le dichiarazioni che condannavano questo crimine, nonché un aumento delle richieste alle forze statunitensi di evacuazione dall’Iraq.

Questo movimento popolare che abbiamo visto da giovedì a oggi in Iraq è la prova che questo obiettivo sta iniziando a fallire, a Dio piacendo. È controproducente. Oggi, tutti gli occhi sono rivolti al parlamento iracheno. Il Primo Ministro è pronto a presentare un promemoria per ritirarsi dall’accordo iracheno-americano. Ma ciò ha bisogno del sostegno del parlamento. La maggior parte dei blocchi oggi ha confermato che avrebbero votato. Hanno scritto un disegno di legge. Sicuramente per noi era naturale aspettarci che negli ultimi giorni e notti l’America mobilitasse tutti i suoi demoni in Iraq e in tutto il mondo per fare pressione sugli iracheni in modo che il parlamento iracheno non emetta una risoluzione di questo tipo. Speriamo venga approvata. Abbiamo grandi speranze e le riponiamo nei confronti dei nostri fratelli nel parlamento iracheno per raggiungere questo obiettivo e pubblicare una legge che richieda l’uscita delle forze americane dall’Iraq.

In ogni caso, anche qui il piano americano deve fallire. Se non fallisce in parlamento, vi dico e lo so – non sto dando un ordine o prendendo una decisione; non sono né una guida né un comandante nel campo iracheno – che gli iracheni e i gruppi della Resistenza irachena, nonché gli onorevoli combattenti della Resistenza seguaci di Husayn, i figli di Abi al-Fadl al-Abbas, non lasceranno neanche un soldato americano in Iraq.

O onorevole, generoso e caro popolo iracheno, la minima risposta all’assassinio di Hajj Qassem, Hajj Abu Mahdi e dei loro compagni è di espellere le forze americane dall’Iraq e liberarlo dalla nuova occupazione. Quindi, gli americani si renderanno conto che uccidendo Hajj Qassem hanno perso l’Iraq invece di tenerlo; uccidendo Abu Mahdi al-Muhandis, hanno perso l’Iraq invece di tenerlo. Venerdì ho letto ciò che alcuni importanti strateghi americani hanno affermato e cioè che: “oggi abbiamo perso l’Iraq”.

Ciò può essere ottenuto solo con la volontà del popolo iracheno, dei mujahidin in Iraq e dei nobili combattenti in Iraq. Hajj Qassem era alla base della Resistenza che ha liberato l’Iraq dall’occupazione tra il 2003 e il 2011. Hajj Qassem è stato un fattore decisivo nella liberazione dell’Iraq. Hajj Qassem, Abu Mahdi e i loro fratelli martirizzati o ancora vivi sono stati un fattore decisivo nella liberazione dell’Iraq dal terrorismo. Il suo sangue, il sangue di Abu Mahdi e il sangue dei martiri dovrebbero portare a una seconda liberazione dell’Iraq dall’occupazione americana. Questa è la minima risposta all’assassinio. Questo per ciò che riguarda l’Iraq.

In Siria, dobbiamo continuare a essere risoluti fino al perseguimento la vittoria finale. Nessuno dovrebbe essere scosso, preoccupato o spaventato per il martirio di questo grande generale. La morte dei grandi comandanti è una cosa naturale nella storia delle guerre, in particolare in guerre di questa portata. Coloro che sono rimasti continueranno fino al raggiungimento dell’obiettivo.

In Yemen, gli yemeniti devono avere lo stesso coraggio, fermezza, resistenza e sicurezza con cui stavano combattendo.

Per quanto riguarda noi nei movimenti di Resistenza, dobbiamo fare due cose:

Innanzitutto, quale era uno degli obiettivi di Trump? Era di spaventarci e terrorizzarci tutti. Ora, gli americani hanno iniziato a parlare delle persone successive [da uccidere] nella lista. Tentano di intimidire i movimenti di Resistenza e i loro capi in tutta la regione, in modo da farci arretrare sul campo e dalle nostre responsabilità.

La prima risposta dei movimenti di Resistenza è la seguente:

È già stato detto, ma lo ripeterò. I capi e i movimenti di Resistenza non perderanno di vista i loro obiettivi e la causa centrale. Non si ritireranno dalla loro lotta fondamentale. Non verranno indeboliti. Non temeranno niente né saranno confusi. La Resistenza ha rapidamente serrato i suoi ranghi.

A livello morale, il martirio di Hajj Qassem, di Hajj Abu Mahdi e degli altri fratelli porterà ulteriore motivazione all’intero Asse della Resistenza per raggiungere i suoi obiettivi. Riteniamo di essere sulla soglia di una grande vittoria strategica e storica nell’intera regione. Questo assassinio ci ha rivelato il livello di rabbia degli Stati Uniti, l’entità dei loro fallimenti, l’impotenza e la frustrazione che li hanno portati a compiere un atto così sciocco.

Quindi, siamo sul punto di una grande vittoria. Non dovremmo sentirci sconfitti a causa della morte di uno dei nostri grandi comandanti. Al contrario, dovremmo onorare il suo sangue, portare il suo stendardo, perseguire i suoi obiettivi e andare avanti con determinazione, forza di volontà e fede profondamente radicate, unite a un grande desiderio di incontrare Dio simile a quello di Qassem Soleimani.

A coloro che ci minacciano di morte nella speranza di indebolirci o addirittura arretrarci, noi ricordiamo la storia. E diciamo loro che siamo i discendenti dell’uomo [il quarto Imam dell’Islam Sciita, l’Imam Sajjad] che disse ai suoi nemici: “Mi stai minacciando di con la morte? Essere uccisi è per noi un’abitudine e il martirio un onore elargito da Dio”.

E la seconda responsabilità dei movimenti di Resistenza è di aiutarsi a vicenda, coordinare le loro azioni e continuare nei loro sforzi per rafforzarsi e sviluppare le proprie capacità, perché sembra che la regione stia andando verso una direzione e una situazione completamente diverse. A livello regionale, il martirio di Hajj Qassem Soleimani non deve in alcun modo portare all’indebolimento o scoraggiamento nel perseguimento delle misure e dei programmi da lui diretti. Allo stesso modo, il martirio di Abu Mahdi in Iraq non deve impedire il perseguimento di misure volte a sviluppare le forze a difesa dell’Iraq, della sua dignità, dei suoi luoghi santi e delle sue scelte, contro tutti gli occupanti e tutte le forme di terrorismo.

E infine, la risposta, che dovrebbe essere una giusta punizione. Cosa significa una giusta punizione? Significa che l’identità dei responsabili di questo crimine è chiara e devono essere debitamente puniti. Non parlerò secondo la logica della vendetta, ecc.

La questione di Hajj Soleimani è molta diversa. Se, ad esempio, gli Stati Uniti avessero colpito un certo obiettivo iraniano, un’installazione o un’istituzione iraniana, persino una figura iraniana diversa da Hajj Qassem Soleimani, vale a dire non responsabile del lavoro dell’Asse della Resistenza, potremmo tutti affermare che si tratti “solo” un’aggressione contro l’Iran e che è compito degli iraniani vendicarsi. Ma Qassem Soleimani non è solo un affare iraniano. Qassem Soleimani riguarda l’intero Asse della Resistenza. Qassem Soleimani, riguarda tutte le forze della Resistenza. Qassem Soleimani riguarda la Palestina, il Libano, la Siria, l’Iraq, lo Yemen, l’Afghanistan e qualsiasi paese in cui vi siano nobili resistenze, sostenitori della Resistenza e coloro che amano la Resistenza. Qassem Soleimani riguarda l’intera Ummah. Non è solo un affare iraniano. Spetta agli iraniani decidere dove, come e quando reagire. 

Sono affari loro e spetta a loro prendere la decisione che ritengono appropriata. Ma questo non assolve l’Asse della Resistenza dalla responsabilità. Ve lo dico oggi. Dico ai miei fratelli e sorelle, a tutti i nostri amici nelle diverse parti e movimenti e alle nazioni dell’Asse della Resistenza, l’Iran non vi chiederà nulla. L’Iran non vi chiederà di fare o non fare qualcosa.

Per quanto riguarda l’Iran, deciderà da sé cosa fare e la volontà del popolo, dei funzionari e dei comandanti iraniani è stata chiaramente espressa. Ma per quanto riguarda le forze nell’Asse della Resistenza, spetta a loro decidere come reagire e comportarsi di fronte a questo evento. E questo è il motivo per cui se qualcuno delle forze di Resistenza in tutta la regione decide di impartire la giusta punizione, sarà la propria decisione, la propria volontà e la propria scelta. Non sono strumenti o burattini iraniani. Ve lo dico francamente. L’Iran non chiederà nulla ai suoi amici, alleati e a coloro che ha sostenuto, difeso e assistito per quaranta anni. L’Iran non chiederà assolutamente nulla a nessuno.

L’Iran è in lutto oggi perché ha perso uno dei suoi più grandi uomini, uno dei suoi più grandi generali, uno dei suoi più grandi comandanti e uno dei suoi più grandi eroi e simboli. Ma l’Iran non chiederà nulla.

Quanto a noi, voi, le persone, gli amici, i nostri fratelli e i nostri cari, come risponderemo? Ci accontenteremo di condoglianze, comunicati stampa e cerimonie funebri? Non è un attacco all’Iran ma all’intero Asse della Resistenza. Si sta preparando una nuova fase in base alla quale gli americani e gli israeliani misureranno i loro risultati. Questa fase si rivolge a tutti e serve obiettivi statunitensi e israeliani.

Dobbiamo tutti, in tutta la nostra regione e nella nostra Ummah, operare per infliggere la giusta punizione. Pertanto, qual è la giusta punizione? Sarò trasparente perché abbiamo avuto un’esperienza simile, ma non voglio entrare nei dettagli.

Qualcuno potrebbe obiettare – lo si può vedere durante gli incontri, sui social media, nei giornali e nei media in Iran – che una giusta punizione sia colpire qualcuno che abbia la stessa importanza e valore di Qassem Soleimani. Chi esattamente? Il Capo di Stato maggiore dell’esercito americano? Il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti? Comandanti intermedi? In realtà, non esiste una figura il cui valore è paragonabile a quello di Qassem Soleimani o Abu Mahdi al-Muhandis. Non c’è nessuno! La scarpa di Qassem Soleimani vale più di Trump e di tutta la dirigenza americana. La scarpa di Qassem Soleimani!

Non c’è equivalente a Qassem Soleimani o Abu Mahdi al-Muhandis per decidere la precisa vendetta e punizione. No. Una giusta punizione, francamente e chiaramente, dovrebbe mirare a quanto segue: la presenza militare americana nella regione. [Terminare] la presenza militare americana nella nostra regione e [prendere di mira] le basi militari statunitensi, le navi militari statunitensi e tutti gli ufficiali e soldati americani che si trovano nella nostra regione, nelle nostre nazioni e nelle nostre terre. Sono le forze armate statunitensi che hanno ucciso questi martiri e ne pagheranno il prezzo. Questa è l’equazione.

Quando diciamo questo, non intendiamo il popolo americano. Spero sia molto chiaro. Non intendiamo il popolo americano. Non intendiamo i cittadini americani. Ci sono commercianti, giornalisti, ingegneri, dottori e aziende americani in tutta la nostra regione. Non sono quelli che devono essere colpiti. Non devono essere colpiti.

Inoltre, vi dico che attaccare civili e cittadini americani, ovunque, serve la politica di Trump. Ciò servirebbe la politica di Trump e renderà la battaglia una lotta contro il terrorismo.

Questo è quello che penso, e mi assumo la responsabilità personale delle mie parole. Alcuni potrebbero dire che sto esagerando, ma non è affatto così. Considero la situazione nelle sue giuste proporzioni. Queste sono le sue vere proporzioni. Se permettiamo agli assassini di Qassem Soleimani, Abu Mahdi e dei loro compagni di rimanere impuniti, allora vi assicuro che questo sarà solo l’inizio, un inizio pericoloso contro tutti i movimenti di Resistenza, i capi dei movimenti di Resistenza, tutti gli Stati ed entità della Resistenza, l’Asse della Resistenza, la causa palestinese e la causa di Al-Quds (Gerusalemme). La regione sarebbe conseguentemente soggetta a grandi violazioni americane e israeliane.

Quindi lo annuncio sin dall’inizio: “Attua pure quello che hai deciso. Le tue decisioni non riguardano che questa vita!” (Sacro Corano, XX: 72) Se lasciamo passare quest’aggressione senza risposta, qualunque cosa facciamo dopo, tutto ciò che ci è più caro in questo mondo andrà perso. Posso essere più chiaro di così? Possiamo accettare che il nostro sangue, la nostra dignità, le nostre nazioni, le nostre scelte e il nostro popolo siano versati e sperperati e che i nostri luoghi santi siano usurpati dai sionisti?! Non lo accetteremo mai. Se alcuni sono disposti ad accettarlo, questo è il loro problema.

Potreste dirmi che questo è un punto di disputa. Sì, è un punto di disaccordo, un punto di discussione, e lo è stato per molto tempo. Non è nuovo. È stato un punto controverso dal 1982, come minimo.

D’altra parte, se le forze della Resistenza e i popoli della regione andranno in questa direzione, vi assicuro che gli americani lasceranno la nostra regione. La lasceranno umiliati, sconfitti e terrorizzati come hanno fatto in passato. Come hanno fatto in passato. I generosi martiri volontari (istishhadi) che hanno espulso gli americani dalla nostra regione in passato sono ancora presenti e in un numero più alto che mai. I mujahidin e i combattenti della Resistenza che in passato avevano espulso le truppe statunitensi dalla nostra regione erano “pochi, oppressi sulla terra e timorosi che gli altri si impadronissero” di loro (Sacro Corano, VIII: 26). Ma oggi siamo popoli, forze, movimenti ed eserciti con enormi capacità.

Se i popoli della nostra regione lavorassero per raggiungere questo obiettivo, quale sarà la conseguenza di tutto ciò? Quando si parla con tale franchezza e chiarezza, non ha senso avere megafoni o pronunciare minacce nulle e insipide. 

Quando le bare dei soldati e degli ufficiali americani iniziano a essere trasportate e quando gli ufficiali e i soldati statunitensi entrati verticalmente tornano negli Stati Uniti orizzontalmente, quello è il momento in cui Trump e la sua amministrazione si renderanno conto di aver perso la regione e di perdere le elezioni.
La nostra volontà e il nostro obiettivo nell’Asse della Resistenza devono essere i seguenti: la risposta all’assassinio di Qassem Soleimani e Abu Mahdi è di espellere le forze americane da tutta la nostra regione!

Se raggiungiamo questo obiettivo, e a Dio piacendo sarà raggiunto, la liberazione di al-Quds e del popolo palestinese che si riapproprierà di tutti i luoghi santi della Palestina, saranno a un tiro di schioppo.

Quando gli Stati Uniti lasceranno la nostra regione, i sionisti faranno i bagagli e se ne andranno. Potremmo non dover nemmeno combattere una battaglia contro Israele.

Concluderò dicendo che l’ignorante Trump e gli sciocchi che lo circondano non sanno cosa hanno fatto. Quegli sciocchi e persone ignoranti non sanno cosa hanno fatto. I prossimi giorni lo riveleranno loro. Dichiaro loro, nelle parole del grande Sayyeda Zaynab, che la pace sia su di lei: “Non ti rendi conto del valore del nostro sangue che hai appena versato. Non ti rendi conto del valore del sangue che hai appena versato e dei corpi che hai appena strappato.” Non è un sangue qualsiasi. Non è un corpo qualsiasi. Si tratta di tutta un’altra storia.

Oggi questa è la giusta punizione per Qassem Soleimani, per Imad Moghniyeh, per Abbas al-Mousawi, per Ragheb Harb, per Mostafa Bardeddine, per Abu Mahdi al-Muhandis e per tutti i martiri di questa Ummah.

Al contrario, non fondiamo questa decisione su un impulso di rabbia o sull’entusiasmo del momento. Ho scritto di Hajj Qassem che, personalmente, ero felice per il suo martirio. Sono molto contento per lui. Ha trovato la pace. Era un uomo che ha trascorso tutta la sua vita nel Jihad e lavorando duramente. Dalla sua tenera giovinezza, ventenne, era in prima linea e sui campi di battaglia. Era tempo per lui di riposare. È ora che riposi. Grazie a Dio, l’Altissimo gli ha generosamente concesso questa lunga vita. Ha vissuto fino all’età di sessantuno anni. È una grande benedizione di Dio Altissimo. Non siamo in alcun modo arrabbiati o spaventati. Al contrario, affermiamo che questo sangue puro è un’opportunità per la Ummah di porre fine all’egemonia, all’occupazione e all’arroganza, anche se le conseguenze fossero serie, perché le vittorie saranno decisive e definitive, a Dio piacendo.

Con questo sangue, come con tutti i martiri tra i nostri grandi e amati martiri, noi e voi, o popolo della Resistenza, o sostenitori della Resistenza, o popolo paziente, sincero e saggio, o il più nobile, il più degno e il più generoso dei popoli, continueremo sul nostro cammino e il sangue dei martiri non sarà stato versato invano. E alla fine saremo vittoriosi.

Possano la pace di Dio, la Sua misericordia e le Sue benedizioni essere su di voi.

 

Traduzione a cura di Islamshia.org © È autorizzata la riproduzione citando la fonte

Writer : shervin | 0 Comments | Category : Attualità, politica e società , Novità

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