TAQIYYA: SUO SIGNIFICATO ED ORIGINE
Seyyed Murtada Muhri
Alcuni autori accusano gli Sciiti di celare la veridicità della propria religione attraverso la pratica della Taqiyya (dissimulazione cautelativa del proprio vero credo, stanti condizioni di grave pericolo), che costituisce uno dei principi sciiti. Tali autori ritengono che quanto la Shia esprime non sia veritiero e che non si possa smentire la propria religione di appartenenza. Tale questione e tale dubbio furon posti al tempo di alcuni degli Imam (‘alayhim al-salam), e la pratica era comunque giustificabile allora, visto che la Shia era formato da una esigua comunità, soggetta alla costante persecuzione dei monarchi ommayadi e abbasidi. Oggi, tuttavia, allorché milioni di Sciiti vivono in tutto il mondo, ed esercitano la sovranità in ampi territori, come l’Iran, e considerato che numerosi libri, scritti da ulama sciiti nel corso della storia, sono disponibili e spiegano
chiaramente i principi e le credenze religiose, una simile questione non trova più una completa validità. Nondimeno, per venire ad illustrare tale punto è necessario fare chiarezza sulla nozione di Taqiyya, che gli Sciiti considerano obbligatoria in certe circostanze.
Taqiyya nel Santo Corano: l’obbligatorietà della Taqiyya ha due connotazioni, entrambe trovano fondamento e raccomandazione nel Santo Corano, e non possono essere circoscritte esclusivamente agli Sciiti. La ragione che portò ad ascrivere la dottrina alla Shia è che sotto il regno dei Banu Umayya e dei Banu Abbas, gli Sciiti furono costretti a praticare la Taqiyya, là dove altre sette e culti furono liberi e non ebbero motivo di praticarla. Prima ancora, il principio di mettere in pratica la Taqiyya come obbligatoria, è un decreto sia islamico che razionale. La Taqiyya ha due implicazioni, che trovano applicazione in due casi distinti: simbiotica e precauzionale.
Taqiyya simbiotica: è posta in essere quando si è certi di perdere la vita, la proprietà, o la dignità e l’onore e ci si trova forzati a parlare agli altri e trattarli sotto condizione e costrizione di dover compiacere il nemico o l’avversario e prevenire il danno e il male. Le regole si applicano anche al caso in cui la perdita di vita o di beni materiali sia inflitta nell’ambito di relazioni interpersonali. Inoltre è applicabile al fine di proteggere coloro le cui vite sono in pericolo. Vale a dire che se qualcuno comprende ed avverte che esprimendo una falsa testimonianza e praticando la Taqiyya la vita di un musulmano possa essere salvata, è necessario e persino obbligatorio farlo, per contribuirne alla salvezza. Se dicendo la verità, una vita viene messa in pericolo, chi deliberatamente la dice commette un crimine maggiore che farsi complice di un assassino. Questo è un fatto per cui non vi sia prova religiosa che possa essere richiesta per supportarlo! E’ piuttosto un argomento razionale basato sulla presa in esame delle regole inerenti le categorie di ahamm muhimm. Quando entrambe le opzioni sono sfavorevoli, diverrà normale agire al fine di scegliere la soluzione migliore. Sebbene dover dare una falsa testimonianza e favorire il nemico sia una pillola difficile da inghiottire, è più leggera che dover sopportare la perdita di vite umane, o la distruzione di beni materiali, e perciò è da preferirsi. Una tale prassi non è prerogativa solo della Shia, né dell’Islam; è stata anche raccomandata nel Santo Corano in quei casi in cui è permesso dare falsa testimonianza, casi in cui non solo è autorizzato, ma anche obbligatorio se un essere umano è sotto stato di minaccia:
<<Dì: ‘Sia che nascondiate quel che avete in cuore, o che lo rendiate manifesto, Iddio lo conosce, e conosce ciò che è nei cieli e ciò che è sulla terra, e Iddio è sovra ogni cosa Onnipotente’ >> (Al Imran, v. 29)
<<Chi rinnega Iddio dopo aver creduto, è perso; eccetto coloro che vi sono stati costretti a forza, ma il loro cuore è tranquillo nella fede; ma su coloro che avran spalancato il cuore all’empietà cadrà l’ira d’Iddio e avranno castigo cocente>> (al-Nahl, 106)
Stando ad alcune fonti, il versetto citato in precedenza fu rivelato riguardo la vicenda di Ammar ibn Yasir, che – insieme con i suoi genitori – fu sottoposto ad indicibili e incredibili tormenti e torture ad opera dei Quraysh politeisti, e durante queste torture i suoi genitori conobbero il martirio. Ammar, che ne fu testimone oculare, riferì con voce tremolante che i torturatori carnefici volevano che lui mostrasse ubbidienza ai loro idoli e pregasse in loro nome, solo allora lo avrebbero rilasciato.
Dopo il suo rilascio, Ammar spaventato e scioccato giunse al cospetto del Profeta (S), pensando che la sua adorazione degli idoli, sotto quelle circostanze, avrebbe attirato su di sé la collera di Dio e del Suo Messaggero. Tuttavia, il Santo Profeta (S), cancellò le lacrime dal volto di Ammar con le proprie mani benedette e disse:
<<Se tu fossi ancora costretto a viva forza a dire ciò che essi vogliono che tu dica, esprimiti come loro vogliono e non angustiarti.>>
Nel bel mezzo della consolazione che il Profeta (S) stava dando, fu rivelato il versetto.
In ogni caso, ciò che ha obbligato gli Sciiti, durante il regno dei califfi dei Banu Umayya e dei Banu Abbas, a mettere in pratica la Taqiyya è stata la necessità di proteggere le proprie vite, e quelle degli Imam. Coloro che in quel tempo detenevano il potere si avvalsero di ogni scusa possibile, al fine di assoggettare gli Imam sciiti e di poterli torturare, tormentare, insultare, imprigionare. Per questa ragione, gli Imam infallibili dichiararono la Taqiyya un principio irrinunciabile per la Shia dell’epoca, ordinando agli sciiti di celare la loro vera religione, nelle relazioni con i loro malintenzionati nemici assetati di sangue. Le guide ed i faqih delle altre religioni non ebbero a soffrire tali pressioni da parte dei loro oppressori e non furono sottoposti a persecuzioni di sorta (eccezion fatta per pochi casi, in cui alcuni califfi si mostrarono particolarmente sensibili ad alcuni punti di vista, ad esempio la dottrina del Corano creato). Gran parte di queste guide e faqih venne riconfermata nel suo ruolo, ricevendo vieppiù supporto finanziario e psicologico da parte dei califfi, che a loro volta necessitavano di avere nel proprio seguito guide e faqih. Per tale ragione i musulmani sunniti hanno solo quattro faqih ufficiali, per quanto non vi sia ragione o tradizione per sancire questo limite, mentre c’è una moltitudine di faqih generici. Infatti, il loro sistema concettuale di ubbidienza alla potestà governativa ha contribuito a questo tipo di monopolio (da parte del califfo). Naturale diventa quindi, per loro, evitare di parlare – a causa delle loro commistioni – di Taqiyya, visto e considerato che non hanno mai avuto bisogno di metterla in pratica.
Taqiyya Precauzionale: la seconda tipologia di Taqiyya è data per misure precauzionali, in cui si deve essere cauti nell’esprimere apertamente le proprie reali credenze e convinzioni, col fine di evitare di allarmare, e porre in condizione di pericolo. Un comportamento simile è, di norma, una prassi razionale che la maggio parte degli individui adopera nelle più disparate occasioni. La circospezione, intesa come principio basilare, e l’analisi del contesto sociale – sia nel parlare che nello scrivere – sono un esercizio razionale assai auspicabile. Se vogliamo dare appoggio al nostro discorso con esempi convincenti, il migliore risalto sarà dato dallo studio e dalla analisi della graduale discesa degli ahkam (precetti divini). Perchè Iddio non fece discendere le Sue leggi nella loro interezza e in una volta sola? Egli rese piuttosto obbligatorio per l’uomo mettere in pratica secondo un iter graduale. Naturalmente, non vi sarebbe ragione in questa rivelazione graduale, se non si fosse in stato di necessità della precauzione. In verità, l’umanità non è in grado di sopportare e farsi carico di elevate, e non leggere, responsabilità tutte in una volta sola. Se, dal principio, l’umanità – ancora totalmente priva delle prescrizioni e delle norme della Shari’a – fosse stata chiamata a mettere in pratica l’insieme totale delle leggi in una volta sola, ben pochi sarebbero stati in grado di farsi carico di una simile chiamata! Ed è per questo che la Shari’a fu fatta discendere gradualmente, nell’arco di 23 anni.
Gli infallibili Imam (alayhim al-salam) misero in pratica entrambe i tipi di Taqiyya. La Taqiyya simbiotica si dimostrò necessaria contro coloro che uccidevano gli innocenti, senza rifarsi ad alcun tipo di norma e di legge, né divina, né umana. La Taqiyya precauzionale si mostrò invece necessaria contro quegli ignoranti che erano stati tratti in inganno. Gli Imam (alayhim al-salam), tuttavia, si adoperarono in ogni modo per continuare ad insegnare la verità alle genti, e ristabilire la Prova (hujja). Ogni Imam (alayhi al-salam) interpretò le modalità per impartire la verità secondo le condizioni contingenti della sua epoca, e secondo la modalità che più riteneva opportuna, senza però arrivare mai al punto di attentare all’unità della Umma Islamica. Stando ad alcuni tradizionisti, gli infallibili Imam (alayhim al-salam) si avvalsero della Taqiyya anche relazionandosi con alcuni sciiti, quando non erano in grado di intendere apertamente e chiaramente la sincerità dell’interlocutore. E questo è cosa naturale. Rivelare certi argomenti alla gente comune non sempre porta risultati, ma può addirittura indurre alla miscredenza. Ad esempio, se alcune persone chiedono informazioni sui concetti di Qada e di Qadar (libero arbitrio e determinismo), gli Imam (alayhim al-salam), curavano di dare una risposta che fosse sufficientemente comprensibile per il questionante, intuendo che questi avrebbe anche potuto non comprendere certe sottigliezze o certi concetti che oltrepassavano le sue capacità, e allora il questionante avrebbe finito di cercare ‘in proprio’ e col fare confusione, correndo il rischio di diventare un miscredente. Gli Imam (alayhim al-salam) tuttavia diedero sempre risposte chiare, calzanti e complete allorché si intrattenevano con studiosi e tradizionisti, aiutandoci così a districarci nei nostri interrogativi e dubbi di oggigiorno. Gli stessi Ulama non sciiti hanno inoltre accettato la realtà che l’approccio dell’Imam su questioni delicate e difficili è stato corretto. In ogni caso, la Taqiyya precauzionale è necessaria per tutti, in modo particolare per guide religiose e della società, che anzi hanno l’obbligo di metterla in pratica. Non è, inoltre, prerogativa esclusiva dei musulmani, sciiti e non.
Fine ultimo della Taqiyya: Tuttavia, è da tenere presente, con riferimento ad entrambe i tipi di Taqiyya, che ambedue hanno i loro propri limiti. Per esempio, una Taqiyya che sia coercitiva. Là dove siano in ballo i fondamenti stessi dell’Islam, stante la sensazione che il mettere in pratica la Taqiyya potrebbe nuocere all’essenza della religione stessa, non si deve celare il vero o dire il falso col fine di salvare la propria vita, o i propri averi.
Muhammad ibn Abi Amir era uno dei Compagni dell’Imam Musa al-Kadhim (alayhi al-salam). Il Califfatto di Harun al-Rashid segnò un periodo veramente duro e pieno di difficoltà per gli sciiti, le cui Guide furono soggette alle persecuzioni del potere, a violenze e torture. Muhammad ibn Amir una volta fu malmenato e pestato dagli agenti del califfo, affinché rivelasse i nomi di quelle personalità che erano sciite nel cuore, pur senza esprimere apertamente la loro adesione. Tuttavia Ibn Amir rifiutò di rivelare siffatti nomi. Egli stesso raccontò che un giorno la sua resistenza si infranse contro i duri colpi del flagello tanto da costringerlo a dire: “Piantatela di frustarmi, e lasciatemi parlare.” I suoi compagni, anch’essi in catene, gridarono allora: ‘Ibn Amir, rammentati del Giorno in cui sarai chiamato a rendere conto delle tue azioni al cospetto di Dio’ Questo mi fece riguadagnare la mia capacità di resistenza e mi permise di continuare a tacere.”
Esempi di questo tipo sono esistiti, esistono, e continueranno ad esistere in tutte le ere, in tutte le rivoluzioni. Perciò, coloro che si sono compromessi con le demoniache e malefiche forze dei taghut e lo hanno chiaramente manifestato allorché fiorì finalmente la Rivoluzione Islamica, non hanno nessuna scusa davanti a Dio.
Tuttavia, la necessità di preservare l’unità dei Musulmani e la solidarietà della società islamica dovrebbe essere osservata, nell’ordine di non permettere che vengano offuscati i principi cardine della vera religione. In spirito di concordia con gli insegnamenti degli infallibili Imam (alayhim al-salam), gli sciiti partecipano alla preghiera congregazionale ed ai riti dell’Islam insieme con i musulmani delle altre scuole. Loro stessi, al tempo degli infallibili Imam (alayhim al-salam) officiavano la preghiera congregazionale, chiamavano alla preghiera con l’adhan, e praticavano tutti i riti. La Shia non ha mai permesso la maldicenza, la diffamazione, la maledizione, l’esecrazione di coloro che – a nostro giudizio – hanno tiranneggiato gli infallibili Imam (alayhim al-salam). Gli insulti e le calunnie non hanno mai aiutato a risolvere nessun problema, né mai potranno essere di guida a qualcuno.
Nondimeno i dubbi e le riserve non dovrebbero incoraggiare a celare la verità fondamentale di una religione di Verità. Nascondere il vero non è in alcuna maniera permesso, a meno che non ci si trovi in condizioni in cui manifestare la verità può causare un danno. Perciò l’asserzione che il concetto sciita di Taqiyya implica il negare la verità della fede è scorretta. Probabilmente questa presunzione ha tratto la sua origine dal concetto di Taqiyya introdotto da quei miscredenti che si autodefiniscono Ismailiti, e che furono considerati una branca della Shia. Un simile concetto potrebbe essere rimasto nelle menti di coloro che, poi, hanno finito col ricollegarlo agli Sciiti. Prova ne è che in un certo periodo gli Ismailiti si manifestarono come una potente fazione politica ed addestrarono molti individui a nascondere la realtà delle loro idee attraverso l’utilizzo della Taqiyya. Essi salirono agli onori della cronaca con incredibili attività politiche, militari e terroristiche nel tentativo di conquistare il controllo di molti paesi, come l’Iran, la Siria, l’Egitto ed altri ancora. In quell’epoca la società islamica, sia sunnita che sciita, vide negli Ismailiti né più né meno che dei miscredenti. I Musulmani ebbero modo di credere che gli Ismailiti negassero la veridicità dell’Islam e ingannassero giovani e creduloni. Gli Ismailiti del resto interpretarono i versetti del Corano secondo il loro giudizio arbitrario. Ad ogni modo, la Taqiyya praticata dagli Ismailiti significò nascondere la vera realtà delle loro idee nel tentativo di guadagnare alla loro causa l’appoggio del popolino, e tutto ciò in nome della religione, della Shia, e della venerazione per la Casa del Santo Profeta! E prima di tutto questo, non sembra che le loro guide fossero legate a una qualche religione.
Alcuni autori sunniti immaginano ancora oggi gli Sciiti come i veri Ismailiti, miscredenti che ancora nascondono la loro religione, là dove – nella letteratura sciita e nei testi di diritto sciita – gli Ismailiti sono considerati kafir (miscredenti).
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