Gli antenati del profeta Muhammad (S)
Gli antenati del nobile Profeta Muhammad sono noti come “Hashimiti”. Descriveremo qui, il più brevemente possibile, le loro origini e i loro antefatti affinché se ne possa fare un’idea.
Gli Hashimiti sono conosciuti come i veri Ismaeliti, in virtù della discendenza da Kinana che fu il 7° discendente in linea diretta di Adnan, il quale era un discendente di Ismaele, figlio del grande Profeta Abramo. Fihr, pronipote di Kinana venne chiamato “Quraysh”. La posterità di Quraysh formò una ventina di famiglie o clan i cui membri si facevano tutti chiamare “Quraysh”. Per facilitare la distinzione di una famiglia o di un clan dagli altri, ciascun clan portava il nome del suo proprio capo, benché essi fossero tutti, individualmente e collettivamente dei Quraysh. Così, i discendenti di Hashim (un puro Quraish), vennero conosciuti come “Banu Hashim” (figli di Hashim), e quelli di Ummayya (figlio di un fratello gemello di Hashim) presero il nome di “Banu Ummayya”.
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Gli antefatti
Qusay, nonno di Hashim e sesto discendente in linea diretta di Fihr, divenne il capo della Mecca e capo del territorio circostante. Qusay ebbe i cinque privilegi propri ai guardiani della santa Ka’aba, e cioè:
L’Hijaba, ovvero il possesso delle chiavi ed il controllo del Santuario;
La Siqaya e la Rifada, ovvero il diritto di fornire acqua e cibo ai pellegrini;
La Qiyada, ovvero il comando delle truppe in tempo di guerra;
La Liwa’, ovvero il diritto di appendere la bandiera all’asta e di presentarla al portabandiera;
Il Dar-an-Nadwa, ovvero la presidenza del Consiglio Generale dei vari clan.
I suoi ordini erano sovrani. In seguito, queste funzioni furono ereditate dai nipoti di Qusay, e cioè Hashim (nato nel 442 d.C.), Al-Muttalib, Nawfal e ‘Abd-e-Shams.
Ad Hashim fu dato il diritto di fornire acqua e cibo ai pellegrini. Egli era ricco ed era in grado di far fronte al suo impegno con principesca munificenza, intrattenendo sontuosamente i pellegrini. La sua principesca ospitalità lo fece splendere, agli occhi di tutta l’Arabia, di un particolare alone di gloria. La sua carità a favore del bene pubblico durante la carestia che imperversò alla Mecca per tre anni, accrebbe ancor più la sua popolarità. Hashim organizzò le spedizioni commerciali del suo popolo in modo che ogni inverno una carovana partiva per lo Yemen e l’Etiopia, mentre un’altra, in estate, prendeva la via di Gaza, di Ankara e di altri centri commerciali della Siria.
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L’invidia di Ummayya
La fama ed il successo di cui godeva Hashim in tutte le sue occupazioni, suscitarono l’invidia del suo fratello gemello, ‘Abdul-Shams e del figlio di quest’ultimo, Ummayya. In realtà, anch’essi erano ricchi, ma anziché impiegare il loro denaro in imprese utili, si sforzavano d’apparire fin troppo generosi davanti alla loro parentela, finendo per rendersi ridicoli agli occhi dei Quraysh che disprezzavano i loro inutili sforzi. Ummayya, a lungo andare, accumulò tanta rabbia che sfidò apertamente Hashim in una gara di superiorità. Hashim voleva evitare di misurarsi con qualcuno a lui così inferiore, sia in età che in dignità; ma i Quraysh, che amavano tali sfide, non gli consentirono di tirarsi indietro. Così egli accettò la sfida, ma a condizione che il perdente offrisse cinquanta cammelli dagli occhi neri e si esiliasse da Mecca per dieci anni. Un indovino fu designato a fare da arbitro. Egli, ascoltate le argomentazioni delle due parti, dichiarò Hashim vincitore. Questi prese i cinquanta cammelli, li abbatté e nutrì con la loro carne tutti i presenti. Ummayya partì dunque per la Siria ove si esiliò per i dieci anni convenuti. Questa è dunque l’origine della rivalità e del conflitto tra gli Ummayyadi e gli Hashimiti che, diverse generazioni dopo, provocò devastazioni tra gli Hashemiti, soprattutto fra i discendenti stessi del Profeta e tra i loro discepoli.
Come Shaiba al-Hamd fu chiamato ‘Abdul-Muttalib
All’epoca della morte di Hashim (510 d.C. circa), suo figlio era un giovincello e si trovava lontano, a Medina, insieme a sua madre Salma bint ‘Amr, una donna nobile dei Banu Najjar, un clan della tribù di Khazrah. Hashim affidò le sue prerogative a suo fratello al-Muttalib (da non confondere con ‘Abdul-Muttalib), lasciandogli istruzioni precise perché le trasmettesse a suo figlio. Al-Muttalib seppe gestire l’ospitalità ai pellegrini in maniera così splendida da meritare l’attributo di al-Faydh (il munificente). Intanto, il suo giovane nipote, Shaiba-el-Hamd (così chiamato perché da bambino aveva la testa coperta da capelli bianchi), cresceva sotto le cure di sua madre vedova a Medina. I Meccani, avendo notato il bel giovane con lui, pensarono si trattasse del suo schiavo e dissero ad al-Muttalib: “Che bell’affare hai fatto!”. Ma al-Muttalib li informò che il giovane era suo nipote Shaiba, il figlio di Hashim. Essi, allora, studiando con attenzione i suoi tratti convennero che quegli era davvero il ritratto fedele di Hashim. Tuttavia l’equivoco fu all’origine del nome ‘Abdul-Muttalib (lo schiavo di Muttalib) e da allora il figlio di Hashim prese definitivamente quel nome.
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L’usurpazione dei diritti di ‘Abdul-Muttalib
I fatti che seguono offrono un altro esempio dei cattivi sentimenti degli Ummayyadi verso gli Hashimiti.
Al-Muttalib trasferì le prerogative del defunto Hashim a suo figlio, conformemente alla sua volontà, continuando comunque ad amministrare personalmente gli affari. Ma al-Muttalib presto morì. Il giovane ‘Abdul-Muttalib aveva due zii, ‘Abdul-Shams e Nawfal. La cattiva disposizione del primo a suo riguardo era evidente. I quattro figli di ‘Abdul-Manaf, infatti, si erano divisi in due fazioni opposte. Hashim ed al-Muttalib da una parte e ‘Abd-e-Shams e Nawfal dall’altra. Nawfal, approfittando della debolezza del giovane ed istigato da ‘Abdul-Shams (il padre di Ummayya), lo privò dei suoi diritti usurpandoli a suo favore, ma fu costretto a tornare sui suoi passi dopo l’intervento dei parenti materni di ‘Abdul-Muttalib, che li aveva fatti venire da Medina in suo aiuto.
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Il pozzo di Zam-Zam
Così, insediatosi nella sua prerogativa di dar ospitalità ai pellegrini, ‘Abdul-Muttalib portò avanti il suo compito per diversi anni. Ma egli era debole e poco influente e, non avendo figli che lo aiutassero, ebbe difficoltà a tenere a bada la fazione avversaria dei Quraysh. Egli soffriva profondamente il suo stato di debolezza ed inferiorità nei confronti delle famiglie potenti e numerose dei suoi oppositori. Nel frattempo egli ebbe in visione l’ordine divino di scavare il pozzo di Zamzam, insabbiato da secoli e di cui non si ricordava più nemmeno l’esatta ubicazione. Fece accurate ricerche del pozzo in prossimità della Ka’aba e finì per ritrovarne le tracce. Aiutato da suo figlio Harith, il solo già adulto, ‘Abdul-Muttalib scavò sempre più a fondo, malgrado l’opposizione dei Quraysh, fino a quando non trovò le spade e le armature colà sepolte, tre secoli avanti, dal re ‘Amr ibn Harith. Fu così che fu scoperto il pozzo di Zamzam.
Il fiotto d’acqua fresca e abbondante che sgorgò dal pozzo fu un trionfo per ‘Abdul-Muttalib. Fino ad allora ci si procurava l’acqua da pozzi sparsi un po’ dappertutto attorno alla Mecca, e la si immagazzinava in cisterne presso la Ka’aba, per poter essere messa a disposizione dei pellegrini. Ma ora tutti gli altri pozzi furono abbandonati e fu utilizzato quel solo pozzo a motivo del gusto e della purezza delle sue acque. L’origine di Zamzam resta avvolta nel mistero. Secondo la tradizione l’acqua prese a fluire da sola per la prima volta sotto i piedi di Ismaele bambino, il cui padre Abramo era emigrato con sua madre Hajar in quel paese arido. Quest’ultima aveva continuato a correre ansiosamente qua e là, dietro il miraggio delle sabbie in movimento, alla ricerca dell’acqua per dissetare il figlio. Perciò questo pozzo divenne sacro ed in seguito esso acquistò una ulteriore santità condividendo il carattere sacro della Ka’aba e dei suoi riti.
Quindi la fama e l’influenza di ‘Abdul-Muttalib iniziarono a consolidarsi. Con una famiglia di tredici figli rinforzò la sua dignità. Egli divenne, e resterà fino alla sua morte, il capo virtuale della Mecca. Le grandi prerogative della Siqaya e della Rifada, vale a dire il privilegio esclusivo di fornire l’acqua ed il cibo ai pellegrini, assicurarono agli Hashimiti una forte e costante influenza sotto la solida direzione di Hashim prima, di al-Muttalib poi ed infine di ‘Abdul-Muttalib, il quale fu considerato, così come era stato per suo padre Hashim, il capo degli anziani di Mecca.
‘Abdul-Shams, forte delle sue potenti ed importanti relazioni, continuò le sue manovre contro gli Hashimiti e non perdeva occasione di gridare all’eresia o all’empietà per sottrarre loro la custodia della Ka’aba. Seguendo l’esempio di suo padre, Harb ibn Ummayya tentò di scalzare ‘Abdul-Muttalib dalla sua posizione sfidandolo, per mostrare la propria superiorità in prospettiva di occuparne il posto. Ma con sua grande delusione, l’arbitro si pronunciò a favore di ‘Abdul-Muttalib dichiarandolo detentore legittimo di quel posto. Harb, umiliato, s’allontanò da quella comunità guidata dai suoi avversari. Quest’incidente può essere considerato un motivo in più dell’odio che agitava i cuori degli Ummayyadi contro gli Hashimiti e, più tardi, altri avvenimenti più seri contribuirono ad attizzare le fiamme di quest’odio, allorquando gli Ummayyadi si videro sufficientemente forti per vendicarsi.
Harb ibn Ummayya era il capo della sua tribù all’epoca di cui parliamo. Egli deteneva già il ruolo di comandante in caso di guerra, cosa che contribuì non poco alla sua ascesa. Inoltre era un uomo d’affari di successo, e ciò lo rendeva ricco ed influente.
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I cambiamenti
Finché visse, ‘Abdul-Muttalib fu considerato il vero capo della Mecca, ma alla sua morte non v’era tra gli Hashimiti un dirigente atto a sostituirlo. Harith, figlio primogenito di ‘Abdul-Muttalib, era già morto. Zubayr era il più anziano e fu a lui che ‘Abdul-Muttalib delegò le sue funzioni. Zubayr le trasmise a sua volta ad Abu Talib, ma questi era troppo povero per assumersi l’impegno di fornire acqua e cibo ai pellegrini. Così rinunciò al suo diritto in favore di ‘Abbas che era più anziano di Hamza e più ricco degli altri. Abu Lahab, benché fosse più anziano dei suoi due fratelli, non era ben disposto verso di essi per via dei suoi stretti legami con gli Ummayyadi e del suo matrimonio con la figlia di Harb. Ma anche ‘Abbas si rivelò incapace d’occuparsi dei due impegni del padre. Così la Rifada passò nelle mani dei rivali ed ‘Abbas si contentò della Siqaya, ovvero la responsabilità del pozzo di Zamzam, e la mantenne fino all’avvento dell’Islam, quando il Profeta gliela confermò trasmettendola alla sua famiglia. Così, mentre la famiglia di Hashim vide abbassarsi la propria posizione, i suoi rivali, gli Ummayyadi, che avevano in Harb ibn Ummayyah il loro dirigente, riuscirono in quell’ascesa che avevano a lungo desiderato. Questo stato di cose durò fino alla conquista della Mecca da parte del Profeta, circa cinquant’anni più tardi.
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