Hajj: Il Pellegrinaggio

Hajj: il Pellegrinaggio

Seyyed ‘Ali Shahbaz

kaaba

 

“Inoltre è dovere per tutti i credenti che ne hanno la possibilità andare in pellegrinaggio alla Casa, per Dio….” (3:97).

Il Pellegrinaggio, o Hajj, è il massimo simbolo della fratellanza universale: in questa occasione, infatti, ceto sociale, colore della pelle, razza, lingua e tutte le altre differenze esteriori vengono accantonate di fronte alla devozione all’Unico e solo Creatore dell’Universo.

Coloro i quali possono permettersi questo viaggio convergono a La Mecca nella prima settimana del mese di Dhu’l-Hajja per rendere omaggio all’antico edificio, definito dal Sacro Corano la “prima casa costruita per l’essere umano.” (3:96)

I Pellegrini si uniscono in questa occasione cantando insieme la gloria di Dio:

لَبَّيْكَ اللّهُمَّ لَبّيكَ، لَبّيكَ لا شريكَ لكَ لبّيكَ، إنّ الحَمدَ والنّعمَةَ لكَ والمُلكَ، لا شَريكَ لكَ لَبّيكَ.

Labbayka, Allahumma Labbayk! Labbayka la Sharika laka Labbaik; Inna’l-Ĥamd, wa’n-Na°mata laka wa’l–Mulk, la Sharika laka Labbaik!”. (Si, sono qua, o mio Signore, sono qui. Non vi è nessuno che può essere associato a Te, eccomi qui. Invero tutte le lodi, le benedizioni e la Sovranità sono Tue. Non vi è nessuno che può essere associato a Te, eccomi!).

Indossando il più semplice degli abiti, l’Ihram, composto di due pezzi bianchi di cotone, che ricorda non a caso il sudario nel quale dovremmo essere avvolti nel giorno finale del distacco dal mondo materiale, il credente compie il rito della circoambulazione intorno alla Ka’ba, il Tawaf, oltre a compiere tutti gli altri riti.

La Santa Ka’ba, una semplice struttura cubica che fu ricostruita dal profeta Abramo e dal suo primogenito Ismaele, troneggia ancor oggi come testimonianza solenne della vera fede, della virtù, della purezza di intento, e soprattutto come simbolo dell’universalità che contraddistingue l’Islam. Essa viene considerata il sancta santorum, il punto focale dell’Islam. Dovunque si trovi un musulmano nel mondo, al momento di ognuna delle cinque preghiere giornaliere, egli si rivolgerà verso la direzione della Ka’ba.

“…e quando facemmo della Casa un luogo di riunione ed un rifugio per gli uomini. Prendete come luogo di culto quello in cui Abramo ristette. E stabilimmo un patto con Abramo e Ismaele: ‘purificate la Mia Casa per coloro che vi gireranno intorno, vi si ritireranno, si inchineranno, e si prosterneranno’.” (2:125)

Padre e figlio [Abramo e Islamele] la ricostruirono restaurandola dallo stato di abbandono nel quale giaceva da secoli, fin dai tempi del Diluvio di Noè.
Quando le fondamenta furono erette, e quando fu nuovamente installata la pietra sacra nera, l’Hajar al-Aswad, fatta scendere dal cielo per intervento divino sul monte Abu Qubayss, Dio diede loro l’ordine di invitare tutti gli esseri umani al Pellegrinaggio verso quel luogo remoto e disabitato.

Nessun essere umano oltre loro tre (Abramo, Ismaele e Hajar, la moglie di Abramo) era presente, eppure padre e figlio compirono diligentemente il proprio dovere, indicato loro dal Signore.

“Chiama le genti al Pellegrinaggio: verranno a te a piedi, su snelli cammelli, giungendo dai più remoti luoghi.” (22:27)

La reazione alla chiamata di Abramo fu come una scossa elettrica. Da allora i credenti non hanno mai cessato di visitare quel luogo sacro; ed ogni anno moltitudini di credenti si trovano insieme per compiere i riti del Pellegrinaggio.

La Mecca ai tempi di Abramo era una località desertica; Dio chiese al grande Patriarca di lasciare moglie e figlio in quella landa desolata e senz’acqua come prova della sua devozione. Egli obbedì e andò via.

I pellegrini continuano ancora oggi a commemorare la frenetica corsa in cerca di acqua compiuta da Hajar tra le due colline di Safa’ e Marwa’ , quando Ismaele, neonato, si indebolì per la sete.

Quando Hajar, esausta, cercava di non guardare la struggente scena del suo bimbo assetato che senza posa annaspava con le sue gambe raschiando il terreno, il liquido della vita, l’acqua, cominciò a sgorgare da un punto tra i piedi del piccolo.

“Di sicuro Safa’ e Marwa’ sono tra i segni di Dio…” (2:158).

Non era un miraggio. Era preziosa acqua, che continuò a fluire, anche dopo avere calmato la sete della madre e del figlio, fino al momento nel quale Hajar gridò: “Zam-Zam!”

L’acqua allora cessò di fluire impetuosa e cominciò a fluire calma fino a formare un pozzo.

Anni dopo, Abramo ritornò, trovando la sua amata famiglia sicura e salva nel Balad ul-Amin, “il luogo sicuro”, termine con il quale il Santo Corano fa riferimento alla Mecca (95:3).

Qui gli fu ordinato di ricostruire l’edificio sacro, come spiegato in precedenza.

Dio, in seguito, mise nuovamente alla prova Abramo. Gli ordinò infatti di sacrificare suo figlio Ismaele, ed Abramo non ebbe esitazioni nell’obbedire ma, mentre stava per eseguire l’ordine, un montone, per volontà di Dio si sostituì ad Ismaele. A questo punto però, Abramo era angosciato dal timore che il suo sacrificio non fosse stato accettato. Ma Dio rassicurò il Suo fedele servo, dicendo: “Noi l’abbiamo riscattato con un sacrificio immenso.” (37:107).

Invero Abramo aveva superato la prova. I pellegrini commemorano e rivivono ogni anno questa prova di fede nella Mecca, trascorrendo il nono giorno di Dhu’l-Hajja nella vicina piana di Arafat in preghiera e risvegliando in se stessi una corretta coscienza della presenza di Dio.

Poi, il giorno seguente, i pellegrini camminano verso Mina, dopo avere passato la notte a Muzdalifah, dove essi hanno raccolto dei sassi per lapidare simbolicamente Satana (1) nei tre punti nei quali esso cercò di sviare invano prima Abramo, poi Ismaele ed infine Hajar, dall’eseguire i Comandamenti Divini.

Ne segue poi il rito del sacrificio di un animale, preferibilmente un montone, nel ricordo del sacrificio di Abramo, dopo il quale i pellegrini si spostano alla Mecca per eseguire il rito della circumbalazione della Ka’ba, il Tawaf, e la simbolica corsa tra Safa’ e Marwa’.

“Ritornino poi alla cura del proprio corpo, assolvano i voti e girino intorno alla Casa antica” (22:29).

Dopo un’altra notte o due in Mina, e la successiva lapidazione simbolica delle steli di Satana, i pellegrini visitano nuovamente la Santa Ka’ba per compiere il Tawaf an-Nisa’, il termine del rituale del Pellegrinaggio.

I Pellegrini dovrebbero emergere purificati e fortificati e con un nuovo senso di fratellanza e di rinnovata fede da questa esperienza, che dovrebbe fornire loro ulteriori precauzioni nei confronti dei continui sussurri di Satana che si manifestano ovunque, nel mondo, perfino nei loro stessi cuori, in attesa del momento opportuno per indurli in errore.

Ma quale fu il grande sacrificio che riscattò Ismaele?

Sicuramente il montone con il quale l’arcangelo Gabriele sostituì all’ultimo momento Ismaele era una creatura troppo insignificante per essere un riscatto dignitoso per il nobile figlio di Abramo. Nel Sacro Corano Dio utilizza l’aggettivo “immenso” (‘Aďim) prima della parola sacrificio; questo significa che il riscatto dovrebbe essere uguale, se non di maggior valore rispetto a quello della vita di Ismaele.

Come hanno rilevato numerosissimi studiosi islamici, inclusi numerosi studiosi Sunniti (2), il riscatto reale ha dovuto aspettare per più di 2.000 anni, fino al momento in cui nella piana di Karbala nel 61 A.H. (681 d.C.) l’Imam Hussayn, discendente della famiglia di Abramo e di Ismaele, fu martirizzato perché venisse assicurato il perdurare eterno dei Divini Principi e degli autentici valori umani.

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NOTE

1) Il testo si riferisce ad uno degli atti che si devono compiere per completare l’Hajj, ovvero il Ramy al-Jamarat, il lancio delle pietre alle tre Steli chiamate: al-Jamarat al-Ula (prima stele), al-Jamarat al-Wusta (seconda stele) e Jamarat al-Aqaba (terza stele) che simboleggiano Satana. Il giorno di Eid al-Adha’ (Festa del Sacrificio), il pellegrino deve tirare sette pietre sulla prima stele, e nei due giorni successivi dovrà lanciare sette pietre sue tutte e tre le steli. Questo perché un ĥadith ci dice che Adamo, accompagnato dall’Arcangelo Gabriele stava svolgendo i riti del Pellegrinaggio e stava lasciando Mina per raggiungere la Ka’ba’ e Satana tentò Adamo cercando di sviarlo, e Adamo su suggerimento di Gabriele, gli lanciò sette pietre, per ben tre volte, nei punti dove ora sorgono le steli che i pellegrini devono colpire. E questo atto diventò una tradizione per tutti i discendenti di Adamo.

2) Confrontare ad esempio: “The Qur’an” – Testo, traduzione e commento di Abdullah Yusuf Alì (pag. 1206, nota 4103 – Tahrike Tarsile Qur’an, New York) – che, riguardo all’aggettivo “Immenso” afferma: “L’aggettivo ha un significato letterale ed uno, ben più importante, simbolico (si da giustificare l’aggettivo ‘Aďim). Se letteralmente il versetto allude al montone, simbolicamente esso allude ad un uomo che fece del sacrificio di se stesso sulla Via di Dio il supremo scopo della sua vita. E’ quel che fece molti anni più tardi l’Imam Husayn (as), nell’anno 60 dell’Egira”. Cfr. anche il nostro articolo “Il Sacro Corano annuncia il martirio dell’Imam Husayn”

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Writer : shervin | 0 Comments | Category : Islam

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