La raccolta degli hadith antecedente ai Sihah al-Sittah
Le opere di hadith risalenti ai primi due secoli possono essere suddivise in due categorie:
Dopo la prima metà del primo secolo iniziarono a circolare testi riguardanti varie problematiche giuridiche come quelle inerenti al matrimonio, al divorzio o all’eredità. In questo periodo ogni trattato include generalmente un singolo argomento. Nel secondo secolo iniziarono a comparire scritti contenenti tutte le varie tematiche giuridiche. Il Muwatta dell’Imam Malik viene incluso in quest’ultima categoria. Dalla fine del secondo secolo le raccolte iniziarono ad essere sempre più incentrate sugli hadith del Profeta e minore attenzione fu riposta nei confronti delle opinioni dei Compagni e dei loro studenti. Le narrazioni vennero così raccolte secondo determinati criteri dando vita a differenti tipologie di trattati elencati qui di seguito:
– Musannaf: opera la cui struttura si basa sugli argomenti presentati negli hadith.
– Musnad: opera la cui struttura si basa sui narratori degli hadith.
– Jami’: opera includente otto argomenti ossia dottrina, legge, pietà, morale, esegesi, storia, sedizione della fine dei tempi, meriti e demeriti delle persone.
– Sahih: opera includente hadith autenticati dall’autore.
– Sunan: opera incentrata sugli aspetti pratici e legali.
– Mustadrak: opera basata su un criterio utilizzato in un’opera precedente e sulle condizioni poste dal suo autore nella trasmissione degli hadith.
– Mustakhraj: opera che cita gli hadith citati in un’altra opera ma con altre, spesso preferibili, catene di trasmissione.
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IL MUWATTA DELL’IMAM MALIK
Malik Ibn Anas Ibn Malik Ibn Abu Amir al-Asbahi nacque probabilmente nell’anno 93 H. a Medina anche se alcune fonti indicano la sua nascita tra il 91 e 97 H.. Suo nonno fu un tabi’ e suo bisnonno viene annoverato tra i Compagni del Profeta. A differenza di molti suoi contemporanei, non viaggiò fuori dalla sua città natale e apprese la conoscenza nell’ambiente di Medina.
Il califfo Abu Jafar al-Mansur gli chiese di scrivere un trattato di leggi pratiche da poter diffondere nelle aree musulmane. Il califfo lo persuase ad evitare le fatwa singolari di Ibn Abbas, quelle difficili di Ibn Umar e quelle troppo semplici di Ibn Masud. Questi fece circolare una circolare nella quale si dichiarava che nessuno aveva il diritto di enunciare pubblicamente una fatwa contraria a quella di Malik fintanto si trovasse a Medina. In generale le relazioni di Malik con l’autorità politica del tempo furono amichevoli. Quando gli fu chiesto al riguardo rispose dicendo che guidare ed esortare al bene i governanti è il dovere di ogni dotto. Solo una volta si assiste ad un episodio controverso quando Jafar Ibn Sulayman, governatore di Medina, forzò le genti a giurare fedeltà al califfo. L’Imam Malik emise una fatwa dicendo che tale giuramento non aveva alcun valore in quanto compiuto sotto coercizione. Per questo motivo venne arrestato, imprigionato e flagellato pubblicamente.
Secondo Ibn Hamz due scuole giuridiche vennero promosse nel primo periodo abbasside: quella malikita e quella hanafita (quest’ultima grazie al coinvolgimento di Abu Yusuf nell’ambiente califfale). L’Imam Malik non era particolarmente incline ad Ali e tale posizione faceva molto probabilmente comodo agli apparati califfali del tempo. Egli infatti considerava il rango di Abu Bakr, Umar e Uthman in sequenza di importanza mentre Ali era semplicemente “uno dei Compagni”. Altro fattore degno di considerazione è che nonostante visse a Medina, nel Muwatta cita solo nove narrazioni da Jafar al-Sadiq. Egli è il primo a tramsettere l’hadith thaqalayn con l’espressione Kitabullah wa sunnati invece di Kitabullah wa itrati.
Al-Muwatta significa “sentiero spianato” o, nel presente caso, “testo unanime” in quanto settanta eruditi di Medina ne condivisero i contenuti e le opinioni.
La metodologia utilizzata da Malik fu quella di riportare gli hadith, seguiti dall’opinione sostenuta dai Compagni e dalla gente di Medina, e poi pronunciarsi con una sua fatwa. In generale ha prediletto l’opinione della gente di Medina nei confronti delle singole narrazioni.
Alcuni studiosi come Ibn Athir e Ibn Abd al-Birr preferiscono al-Muwatta invece che il Sunan Ibn Maja come parte dei al-sihah al-sittah. L’Imam Shafi’i riteneva che il Muwatta fosse il testo religioso più affidabile dopo il Corano.
L’Imam Malik selezionò diecimila hadith tra centomila a disposizione. Poi continuò a revisionare la sua opera fino a che non rimasero che cinquecento narrazioni. Secondo Ibn Farun al-Maliki “se Malik fosse vissuto qualche anno in più avrebbe omesso tutte le narrazioni”. Per questa ragione riscontriamo svariate versioni del Muwatta: Abu Rayyah afferma ve ne siano trenta, al-Suyuti ne cita soltanto quattordici. Al-Daraqtuni scrisse un’intera opera intitolata Ikhtilaf al-Muwattat (le varie versioni del Muwatta). La versione più famosa contiene 1.720 hadith: 600 marfu’ (che risalgono al Profeta), 222 mursal (con una catena di trasmissione incompleta), 613 mawquf (che risalgono a un Compagno) e 285 maqtu’ (che risalgono a un tabi’).
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I MUSNAD
Tra i tipi di raccolte di hadith più antichi viene annoverato quello dei musnad. A volte i musnad attribuiti a certe autorità sono stati compilati da terzi come quelli di Abu Hanifa, al-Shafi’i e Umar Ibn Abdul-Aziz sui quali non abbiamo informazioni certe sul fatto che abbiano mai compiato un musnad. Per esempio il “musnad di Abu Hanifa” fu redatto da Abu al-Mu’ayyad Muhammad Ibn Mahmud al-Khwarizmi (d. 665 H.), il “musnad di Shafi’i” da Muhammad Ibn Ya’qub al-Asamm (d. 246 H.) sulla base del Kitab al-Umm e il “musnad di Umar Ibn Abdul-Aziz” da al-Baghandi (d. 282 H.). Neanche il musnad di al-Tayalisi, considerato il musnad integrale più antico ancora in circolazione, non fu compilato dal al-Tayalisi stesso ma da un suo studente di nome Yunus Ibn Habib o, secondo altri studiosi, da alcuni suoi studenti.
Abu Sulayman Ibn Dawud Ibn Jarud al-Tayalisi, a cui viene attribuito il musnad, fu comunque un noto erudito persiano la cui autorità in materia di hadith venne accettata da Ahmad Ibn Hanbal e Ali Ibn al-Mada’ini. L’opera a lui attribuita contiene 2.767 hadith riportate su autorità di duecentottantuno Compagni e strutturato tenendo conto prima degli hadith riportati dai quattro califfi, poi – in ordine – da chi combatté a Badr, dai muhajirun, dagli ansar, dalle donne e infine dai Compagni più giovani.
Comunque sia, le catene di trasmissione ivi riportate sono in genere complete. In alcuni casi quando ci sono dubbi sull’identificazione di un narratore (perché avente lo stesso nome di altri), l’autore si sforza di provarne o confutarne l’identità.
Il musnad più famoso è quello redatto Ahmad Ibn Hanbal, nato a Bagdad nell’anno 164 H. e morto nel 241 H.. Egli iniziò lo studio degli hadith a quindici anni e viaggiò a Basra, Kufa, nello Yemen, in Hijaz e compiette l’hajj per cinque volte. Ritornò a Bagdad nell’anno 195 H. e studiò sotto alla tutela dell’Imam Shafi’i. Ebbe molti studenti ed insegnò liberamente fino al periodo della mihna, la persecuzione promossa dal califfo al-Ma’mun a sostegno delle tesi mutazilite. Ibn Hanbal venne messo in catene, imprigionato e torturato ma mai si pronunciò a favore della tesi sostenente la creazione del Corano. Tale situazione si protrasse fino al periodo del califfo al-Mutawakkil che lo invitò per insegnare presso la corte ma questi rifiutò per motivi di età e di salute. La sua resistenza contro l’inquisizione di Ma’mun e dei suoi successori creò un alone di santità intorno alla sua figura che indurrà infine all’unificazione e ufficializzazione della Ahl al-Sunna wa al-Jama’ah.
Ibn Hanbal cercò di raccogliere quanti più hadith profetici autentici possibili ma non affermò mai che l’intero contenuto del suo musnad fosse autentico. Rimase però un’importante fonte per autori successivi, come Ibn Athir che ne fa uso per il suo dizionario biografico Usd al-Ghabah e al-Suyuti che lo utilizza come fonte in linguistica e grammatica. Con il passare del tempo diminuì la sua popolarità sia a causa della sua voluminosità che per la sua inconveniente struttura la quale apporta notevoli difficoltà per chi voglia reperire hadith su un dato argomento (trattandosi di un’opera basata sui narratori piuttosto che sugli argomenti).
Altri musnad di rilievo sono quelli di Abdul-Hamid Ibn Humayd (d. 249 H.), Ibn Abi Shayba (d. 232 H.), Ishaq Ibn Rahawayh (d. 238 H.), al-Humaydi (d. 219 H.) e Abu Ya’la (d. 307 H.).
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I MUSANNAF
I musannaf sono quelle opere la cui struttura si basa sull’ordine degli argomenti. Tale fu il criterio utilizzato dagli autori dei al-sihah al-sittah. Purtroppo non c’è traccia dei musannaf più antichi: il musannaf di Waki’, per esempio, è conosciuto solo per mezzo delle citazioni in opere più tarde. Il musannaf più antico in circolazione è quello di Abdul-Razzaq Ibn Humam al-San’ani (d. 211 H.). Si racconta che sin dal tempo del Profeta, nessun erudito viaggiò in numero così elevato se non per visitare Abdul-Razzaq. Gli studiosi divergono sugli hadith che ha riportato: alcuni li ritengono più affidabili, altri meno. Ibn Nadim cita il suo Kitab al-Sunan che corrisponde di fatto al suo musannaf. Questo probabilmente perchè il testo è suddiviso in base ad argomenti legali.
Il musannaf di Ibn Abi Shayba (d. 235 H.) è sicuramente più completo ed esauriente di quello di Abdul-Razzaq. Prevalentemente situato a Kufa, trasmise varie tradizioni ad Abu Za’ra, Bukhari, Muslim ed Ahmad Ibn Hanbal.
Una differenza tra primi musannaf e quelli più tardi è che questi ultimi si concentrano di più sui detti del Profeta mentre i primi includono maggiormente quelli dei Compagni e tabi’un. Non si tratta però di una distinzione riscontrabile in ogni caso.
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