La gnosi islamica
Hujjatulislam M.H. Abdekhoda’i
Il presente scritto rappresenta il testo di una relazione tenuta dell’Hujjatulislam Mohammad Hadi Abdekhoda’i (ex Ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran presso il Vaticano) nella Facoltà di Filosofia dell’Università Complutense di Madrid il 19 gennaio 1999, in occasione di un congresso sulle figure di Jalaluddin Balkhi (più noto in Occidente come Rumi) e Mohyiuddin Ibn ‘Arabi.
Ass. Islamica Imam Mahdi (aj)
“Quando sentiranno i versetti rivelati al Messaggero, vedrai i loro occhi versare lacrime per la verità che hanno espresso. Dicono: “O nostro Signore, noi abbiamo conseguito la fede, annoveraci quindi fra i testimoni” (Sacro Corano, 5:83).
La gnosi è gloria e splendore dell’esistenza, volto di luce divina, vetta dell’uomo, fine e senso della vita.
Parlare di gnosi è cosa piuttosto complessa, richiede un animo puro e un uomo libero da vincoli, che parli al sommo mistero dell’esistenza. Come recita il Sacro Corano: “Non lo toccano che i puri” (Sacro Corano, 56:79).
Richiede la capacità di volare sulle più alte vette e di immergersi fino ai più profondi abissi.
Si tratta di parlare di gnosi islamica, poi, una gnosi pura!
Una gnosi che attinge alla fonte della Rivelazione e si alimenta dell’acqua del Tawhid (Unità e Unicità Divina). Chi ne è capace, se non coloro che volano alto nei cieli dell’amore e della gnosi? Che cosa ci si può aspettare da una minuscola zanzara che batte le ali sopra a un immenso oceano?
Tuttavia: “Ognuno agisce secondo la sua indole e disposizione”(Sacro Corano, 17:84).
Ebbene, “Ognuno per suo talento mi è divenuto Amico”.
“Se l’acqua del mare tutta non si può ottenere, bisogna assaporare in misura della sete”.
Prima di addentrarci nell’argomento in questione dobbiamo anteporre due premesse:
1- L’Islam possiede una gnosi?
2- Quali sono le fonti della gnosi islamica?
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1) La gnosi islamica
I concetti della gnosi hanno nella cultura coranica un fulgore particolare. I versetti del Libro Sacro esprimono la più profonda gnosi speculativa e operativa. I Nomi di Dio contenuti nel Corano riflettono la profondità della conoscenza islamica. I sublimi versetti sull’unicità di Dio e sugli altri attributi divini esprimono la magnificenza della gnosi nel Libro Sacro. La presenza divina, il legame delle creature di Dio e le altre questioni di gnosi sono trattate nel Glorioso Corano in maniera affascinante. L’anima (Nafs), le sue peculiarità e la via della sua purificazione sono argomenti espressi dal Libro rivelato in modo eccelso.
Allo stesso modo nelle invocazioni che ci sono giunte dal Nobile Profeta (S) e dai Puri Imam (as) si possono rinvenire alti concetti che fanno conoscere la gnosi pura e incorrotta dell’Islam.
I sermoni del Nahj-ul-Balaghah cheriguardano la gnosi, sia speculativa che operativa, possiedono una particolarità tale da risplendere in maniera miracolosa.
L’esame della vita del Nobile Profeta (S) e delle Guide dell’Islam (as), nonché delle biografie delle personalità di rilievo fra i loro Compagni puri, dà una connotazione alla gnosi islamica.
Il martire Ayatullah Mutahhari, dopo essersi chiesto se la gnosi nell’Islam goda di originalità come la giurisprudenza e l’esegesi, ovvero se sia da annoverarsi fra le scienze importate, scrive: “In questa lezione adduciamo argomenti che chiariscono in forma breve come gli insegnamenti originali dell’Islam abbiano potuto ispirare una serie di profonde conoscenze relative alla gnosi speculativa e operativa; tuttavia, quanto gli gnostici islamici abbiano utilizzato in maniera corretta tali insegnamenti e quanto invece li abbiano travisati, è argomento che non può aver luogo in queste brevi discussioni” (1).
In seguito, dopo avere accennato ad alcuni versetti che contengono profonde osservazioni concernenti la gnosi, egli scrive: “Questi ed altri versetti erano sufficienti a ispirare una vasta e grandiosa spiritualità riguardante l’essenza stessa, il mondo, l’uomo e in particolare le relazioni tra uomo e Dio”.
L’Ayatullah Mutahhari, concludendo la propria discussione, riporta alcuni versetti scelti da Nicholson come rappresentativi della gnosi islamica.
Anche l’Ayatullah Moĥammad Hosseyn Tabataba’i (Dio abbia misericordia di lui) sostiene che la gnosi nell’Islam possieda autenticità.
Egli ritiene che la parola ayat (“segno”), più volte riferita nel Sacro Corano riguardo alla creazione, riveli la profondità della gnosi, e descrive gli eloquenti discorsi del Principe dei Credenti, l’Imam ‘Ali (as), come contenenti fonti inesauribili di verità gnostiche e di vita spirituale (2).
2) Le fonti della gnosi islamica
La conoscenza di una dottrina deve essere ricercata nel pensiero e nelle esposizioni originali della dottrina stessa, come la conoscenza di una società deve essere ricercata negli individui che la compongono. Perciò volendo attribuire una questione all’Islam, essa dovrà essere ricercata nel Sacro Corano o nei detti del Nobile Profeta (S) o dei suoi successori (as), volendo invece attribuirla ai musulmani dovrà essere ricercata in essi. La confusione fra i due termini ha causato numerosi e gravi errori.
Per esempio, a proposito della cultura islamica si deve prestare attenzione al fatto che per riferirsi ad essa è necessario documentarsi su versetti coranici o su fonti della Pura Famiglia del Profeta (as), mentre per esporre la cultura dei musulmani è necessario riportare testimonianze del punto di vista dei musulmani e del loro ruolo nel corso dei lunghi secoli.
Breve cenno sulla differenza fra cultura islamica e cultura dei musulmani
La cultura islamica ha numerose differenze rispetto alla cultura dei musulmani:
1- la cultura Islamica è eterna e universale, mentre la cultura dei musulmani muta secondo il tempo e lo spazio;
2- la prima esprime l’Islam puro, mentre la seconda può essere una mescolanza di Islam e idee e usanze antiche e nazionali di differenti popoli musulmani;
3- la devozione alla cultura islamica è richiesta al musulmano, non lo è invece il vincolo alla cultura dei musulmani.
Per esempio, è sufficiente paragonare la composizione e il lessico del richiamo alla Preghiera con lo stile architettonico di cupole e minareti: il primo è connesso alla cultura islamica, il secondo alla cultura dei musulmani nei differenti paesi islamici nel corso dei secoli.
Si possono altresì portare ad esempio altri argomenti quali l’etica islamica, le convinzioni di fede e la gnosi, che possono certamente avere differenze con l’etica, le convinzioni e la gnosi dei musulmani.
Ora, per esporre la gnosi islamica è necessario prestare attenzione alle fonti originali islamiche e documentare attraverso esse il proprio discorso, altrimenti si rischia di offrire una mescolanza di idee differenti tratte da opinioni e convinzioni di popoli diversi.
In questa sede intendiamo parlare della gnosi pura dell’Islam; per questo motivo prenderemo in considerazione versetti coranici e Tradizioni della Famiglia del Profeta (as), evitando, per quanto possibile, di mescolarle ad altri elementi.
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Le vie della conoscenza
Esistono numerose vie per la conoscenza, che si possono riassumere in tre principali: la via della scienza, dell’intelletto, e della gnosi. La via della scienza ha origine nella percezione e si completa nell’esperienza. La via dell’intelletto ha origine nel pensiero e si alimenta attraverso la logica e la dimostrazione certa. La via della gnosi ha origine nell’indole e nelle coscienze umane e sboccia nella purificazione e nell’adorazione.
Pur collocandosi la conoscenza divina all’apice delle conoscenze, le tre vie principali anzidette possono trovare un’espressione per ogni verità originale. Tutte e tre le vie si possono ad esempio percorrere nell’intento di rilevare il carattere positivo della giustizia e quello negativo dell’oppressione. Uno studioso comprenderà il valore della giustizia attraverso la scienza: un sociologo o un giurista, ad esempio, ne comprenderanno il carattere di necessità attraverso le ricerche sociali. Un filosofo attraverso le speculazioni razionali. Una persona di moralità elevata attraverso la propria indole pura. Quest’ultima comprende la bellezza della giustizia e la bruttura dell’oppressione attraverso la propria coscienza, avendo in odio ogni forma di prevaricazione.
Soffre, con la sua indole pura, del tormento di una colomba ed è afflitto per la fame che patisce un suo simile, vittima del colonialismo, non avendo alcun bisogno in questo di dimostrazioni scientifiche o di definitive prove filosofiche.
Anche la scienza e l’intelletto possono dimostrare la bontà della giustizia e la bruttura dell’oppressione; ma è tuttavia possibile che uno studioso sia preso da esitazioni nei confronti delle formule scientifiche e che un filosofo nutra dubbi sul carattere definitivo delle prove addotte. Lo gnostico invece conosce direttamente e senza intermediari (shuhud: “conoscenza interiore, presenziale”) senza essere preda di esitazioni e dubbi.
Queste tre vie, non solo non contrastano l’una con l’altra, ma se sono prive di vizi ed errori, si rinforzano vicendevolmente, una utilizzando la comprensione diretta e interiore, la seconda quella intellettuale, la terza quella sperimentale.
Come disse il poeta: “Ognuno Ti descrive usando il suo linguaggio”.
Nella cultura islamica scienza, ragione e gnosi hanno un proprio valore particolare. Ognuna di queste tre vie è preziosa per il conseguimento della verità e non solo esse non sono in contrasto fra di loro, ma conducono ad uno stesso fine e obiettivo, che è al termine di ognuna di esse.
Il Sacro Corano esalta spesso la scienza. In questo Libro rivelato, ripetutamente si fa riferimento all’intelletto e all’impiego delle sue forze con la meditazione, la riflessione e il ragionamento. Tale prezioso documento divino è ricolmo di concetti concernenti la gnosi.
Recita il Sacro Corano a proposito della scienza: “Tra i servi di Dio, solo i sapienti Lo temono” (Sacro Corano, 35: 28).
Il timore che si leva dalle coscienze per la magnificenza e maestosità di Colui che possiede la grandezza e la gloria riguarda invero solo i sapienti.
Recita il Sacro Corano a proposito dell’intelletto: “Solo coloro che sono dotati di intelletto riflettono e sono ammoniti” (Sacro Corano, 13:19).
A proposito della gnosi recita: “Non ti basta che il tuo Sostentatore sia presente ad ogni cosa?” (Sacro Corano, 41:53).
Scienza, intelletto e gnosi sono tre fulgide luci che orientano l’essere umano. Lasciando ad altra occasione l’esposizione riguardanti le vie della scienza e dell’intelletto, accenneremo in questa sede alla via della conoscenza gnostica.
Ricordiamo solo che queste tre vie interessano i comuni esseri umani, perché i profeti divini hanno accesso anche a un’altra via, assai più elevata, che consiste nella rivelazione e nell’ispirazione divina, attraverso cui beneficiano della luce derivante dalle profusioni di grazia divina e ne illuminano allo stesso tempo gli altri esseri umani.
La via della rivelazione è una via chiara, anzi fulgida, scevra da qualsiasi sorta di errore e peccato, e perciò parametro per ogni genere di conoscenza. Grazie alle sacre figure dei profeti si dischiude agli altri uomini la via dell’acquisizione uditiva e della trasmissione.
La via della gnosi
La via della gnosi è una via chiara, affascinante e prossima alla conoscenza divina, poiché in essa non vi è intermediario nella ricerca di prove e dimostrazioni. In tale via il sole è causa stessa del sole. E come disse la Guida di tutti gli gnostici e Principe dei Credenti, l’Imam ‘Ali (as): “Conoscete Dio attraverso Dio” (3). Egli stesso al cospetto di Dio diceva: “O Essere che adduce a prova della Sua essenza la Sua stessa essenza” (4).
La conoscenza gnostica ha la propria fonte diretta nelle grazie dell’Unicità, e ritiene che causa di Dio non sia altro che la Sua stessa esistenza. Come diceva nelle sue fervide invocazione il Principe degli gnostici e Ornamento dei devoti, l’Imam Sajjad (as): “Ti ho conosciuto per Te stesso e Tu mi hai guidato verso di Te, invitandomi a Te. Se Tu non fossi esistito io non Ti avrei conosciuto” (5). Simile argomentazione si può riscontrare nei discorsi di Sant’Anselmo.
Lo gnostico rivolge la sua attenzione, al di sopra di ogni altra cosa, a un astro che ha illuminato gli specchi dell’esistenza, a un Essere Infinito che ha dispensato parte della sua esistenza ad altri, a un Essere Assoluto che ha arricchito i poveri. Perciò nella visione di tale gnostico tutte le cose dipendono da Dio e Dio non dipende da nulla.
Diceva ricolmo d’amore il Martire degli gnostici e Principe dei martiri, l’Imam Husayn (as): “Come si può addurre prova della Tua esistenza una cosa che fonda su di Te il suo esistere?” (6). Egli vede Dio più chiaro di ogni cosa e l’oggetto della dimostrazione più chiaro di ogni causa evidente. Disse: “O Sostentatore, è forse altri più chiaro e manifesto di Te, che voglia renderTi chiaro e manifesto?” (7) “Quando Ti sei occultato, perché fosse necessaria per la Tua dimostrazione? Quando sei stato lontano, perché fossero necessari i segni per giungere a Te?” (8)
Lo gnostico è avvolto in un’aureola di luce divina, nel cui fulgido raggio, che sente nello spirito e nella coscienza, egli stesso s’illumina. Perciò, dopo essere giunto all’oggetto della dimostrazione, non ha bisogno di cause e prove evidenti. Recitavano, infatti, gli Imam (as), Guide della comunità, nelle loro invocazioni: “(…) (O Sostentatore), congiungimi alla più fulgida luce della Tua gloria, affinché io possa conoscerTi e distogliere lo sguardo da ogni altra cosa” (9).
Il fulgido raggio della conoscenza gnostica illumina a tal punto il cuore di chi è dedito alla gnosi, da fargli vedere la bellezza divina e vivere costantemente alla presenza di Dio, dedicandosi al culto al cospetto della Sua magnificenza.
Un dotto appartenente alla Gente del Libro [cristiani o ebrei] giunse alla presenza del Principe dei Credenti, l’Imam ‘Ali (as), e gli chiese se avesse mai visto il suo Sostentatore al momento di venerarlo. La Guida di tutti gli gnostici (as) rispose: “Non sono io colui che possa venerare il Sostentatore senza averLo visto”. Il dotto chiese in quale modo fosse avvenuta la visione. Rispose l’Imam (as): “Non Lo comprendono gli occhi con la vista, ma bene Lo hanno visto i cuori per la verità della fede” (10).
E’ perfettamente chiaro che il culto del Signore dei Timorati di Dio (as) si fonda sulla conoscenza interiore e sulla visione, ma una conoscenza interiore e una visione che poggiano sulla gnosi e sulla fede.
In una tradizione di ‘Ali ibn Shu’bi Warani si tramanda che un giorno l’Imam Sadiq (as), parlò della conoscenza di Dio, respingendo le concezioni derivate dall’ignoranza, allorché una persona gli chiese come si potesse pervenire al Tawhid divino. Il Nobile Imam (as) rispose: “La via della discussione è possibile, quella dell’allontanamento da tali difficoltà è aperta. L’uomo, testimoniando ogni cosa presente, prima ne conosce l’essenza, distinguendola da altre, poi ne comprende gli attributi; a differenza di ciò che è occulto, di cui conosce prima gli attributi dell’essenza”. Quella persona gli disse: “Allora, come si conosce l’essenza di Dio prima dei Suoi attributi?” Disse l’Imam (as) “Tu prima conosci Dio, ne apprendi la scienza, conosci te stesso attraverso Lui e non attraverso te stesso, comprendi che ogni cosa che è in te appartiene a Lui e dipende da Lui nella sua esistenza”.
Poi l’Imam (as) citò il racconto del riconoscimento di Giuseppe da parte dei fratelli, i quali gli dissero: “Sei proprio tu Giuseppe?” e Giuseppe rispose: “Io sono Giuseppe e questi è mio fratello”. Essi riconobbero Giuseppe attraverso lo stesso Giuseppe e non tramite altri. Allo stesso modo non provarono il loro riconoscimento per se stessi, attraverso le proprie intime supposizioni (11). Nell’insegnamento dell’Imam (as) così come i fratelli riconobbero Giuseppe attraverso lui stesso, senza tramiti, anche gli gnostici conoscono interiormente Dio attraverso Lui medesimo, e non attraverso altri da Lui.
Il compianto Ayatullah Muhammad Hosseyn Tabataba’i, annotando la tradizione menzionata, riguardo alla frase “conosci te stesso attraverso Lui” scrive: “Diventa chiaro allo gnostico, per la comprensione della verità e della realtà della propria intima essenza, che egli è umile e ha bisogno del Glorioso Sostentatore, al cui dominio appartiene in misura tale da non godere di alcuna indipendenza al Suo cospetto, e di non dipendere da altro all’infuori di Lui” (12).
Tabataba’i, annotando una tradizione secondo la quale il Principe dei Credenti (as) disse: “La conoscenza interiore è la più utile fra le due conoscenze”, scrive che probabilmente per due conoscenze si deve intendere la conoscenza interiore ed esteriore. Dopo avere riconosciuto la conoscenza interiore superiore alla conoscenza esteriore, per il fatto che nella conoscenza interiore vi è conoscenza diretta e nella conoscenza esteriore vi è conoscenza deduttiva, scrive: “Quando l’uomo s’impegna nello studio dei suoi segni interiori e ne constati l’umiltà e il bisogno che essi hanno in ogni loro condizione del proprio Sostentatore, comprende un argomento straordinario: vede se stesso in relazione di dipendenza rispetto alla magnificenza e alla grandiosità divine e legato – nell’esistenza e nella vita, nella conoscenza, nella forza dell’udito e della vista, nella devozione, nell’amore e in ogni altro suo atto o attributo – ad un Essere che per splendore, magnificenza, gloria, perfezione, vita, scienza, potenza e per tutti gli altri Suoi attributi di perfezione è infinito” (13).
Un uomo si vede legato ad un mare infinito di luce: è pulviscolo fra i raggi del sole, è specchio al cospetto dell’irradiazione del Suo chiarissimo raggio. Ovunque vi sia luce, essa è luce di Dio.
Anche coloro che erano stati cresciuti nella scuola della dottrina della Wilayat, in taluni momenti guidavano all’esistenza del Sostentatore attraverso la via della gnosi, come nel caso di Mansur ibn Hathim che espose tale argomento all’Imam as-Sadiq (as) dicendo: “Ho disputato con gente alla quale ho detto che Dio, sia esaltata la Sua grandezza, tanto è Magnifico, Nobile e Misericordioso da non poter essere conosciuto attraverso le Sue creature. Sono bensì i servitori ad essere conosciuti tramite Dio”. L’Imam (as) rispose: “La misericordia di Dio sia con te.” (14).
La conoscenza gnostica di Dio non ha bisogno nemmeno della conoscenza dei profeti e degli intimi di Dio, è anzi la conoscenza di costoro che necessita della conoscenza di Dio, come nell’invocazione che recita: “O Signore fammi conoscere Te stesso. Altrimenti non conoscerei il Tuo Profeta”.
La fonte della conoscenza gnostica
Come è stato detto la via della conoscenza gnostica ha origine nella natura dell’uomo e nella creazione. Quanto più il tesoro della natura umana sarà purificato, tanto più cresceranno in numero le manifestazioni della conoscenza gnostica, come ogni nobile temperamento morale. Recita il Sacro Libro: “E gli abbiamo indicato la Retta Via, sia esso riconoscente {seguendo la Retta Via} o ingrato {deviando da essa}” (Sacro Corano, 76: 3).
Il cuore è come uno specchio nel quale si riflette in principio un raggio della luce divina: quanto più lo specchio sarà forbito {ovvero quanto meno si macchierà di peccati}, tanto più potrà giovarsi di quel raggio, per annegare nella luce ed illuminarsi uniformemente. Se però si offuscherà con la macchia del dubbio e del peccato, sarà privato della luce divina e precipiterà nell’oscurità.
Nella dottrina della religione ogni uomo apre gli occhi al mondo con indole volta al Tawhid e l’inclinazione alla ricerca di Dio è insita nella sua natura e nella sua coscienza. Come disse il Nobile Profeta (S): “Ogni neonato nasce con indole volta al Tawhid, considerando cioè Iddio suo Creatore” (15).
Sono fattori quali il dubbio, l’ambiente, l’errata educazione, la noncuranza a deviare l’uomo. In tale modo, se egli conserverà la sua indole volta a Dio, questo senso interiore fiorirà. Come disse il Signore dei Martiri, l’Imam Husayn (as), dopo avere enumerato le grazie che Dio Altissimo ha profuso nel corpo dell’uomo: “Quando la mia creazione giunse al compimento e il mio temperamento acquistò il giusto equilibrio, rendesti per me necessaria la Tua Prova (hujjat), ispirandomi la Tua conoscenza. Suscitasti il mio stupore attraverso le meraviglie della Tua Saggezza” (16).
Il primo orientamento è da parte di Dio e la prima attrazione deve provenire dall’Amato, altrimenti lo sforzo dell’amante è invano. Disse l’Imam Husayn (as): “(O Sostentatore), mi hai guidato alla fede prima che apprendessi la riconoscenza per il dono della Tua grazia.” (17) L’Imam as-Sajjad (as), dopo avere descritto la creazione delle creature, dice: “Poi li sospinse verso il sentiero della Sua devozione e fece loro percorrere la via del Suo amore.” (18)
La fede verso l’Adorato e l’amore per la devozione sono insiti nella natura dell’uomo.
Gli attributi e le convinzioni che sono state infuse nell’indole e nella natura dell’uomo, non trovano luogo nei limiti dello spazio e del tempo. In tal modo si constata che nel corso della storia, in ogni luogo e tempo, è esistito ed esiste tuttora l’amore per la venerazione. L’esistenza di un gran numero di luoghi di culto e di moschee, e delle fondazioni pie ad essi collegate, dimostra la realtà di questo stimolo interiore.
Se riflettiamo sulla totalità del mondo con una visione ampia a trecentosessanta gradi, constatiamo che milioni di ettari di terra, per amore dell’Adorato, sono coperti da chiese, sinagoghe e moschee, e che beni per un valore di miliardi sono stati destinati sul cammino di Dio a questi luoghi di culto e a centri di beneficenza a titolo di lasciti pii. Questa devota generosità non si limita ad un tempo particolare, né ad un particolare luogo, è bensì testimoniata in ogni tempo e in ogni luogo.
L’argomento in discussione mostra l’esistenza di uno stimolo interiore nell’uomo, che è esistito ed esiste in ogni secolo e in ogni luogo. Avvertono nelle proprie coscienze il sentimento di fede in Dio sia l’uomo bianco che nero, sia l’uomo della preistoria che quello del ventesimo secolo. Questa generalità e continuità temporale indicano l’esistenza di una coscienza comune nella natura degli uomini, proprio allo stesso modo in cui l’affetto materno è stato collocato nel cuore di ogni madre, insieme all’amore filiale.
Uno dei migliori parametri di valutazione dei valori interiori e motivo di distinzione fra essi e gli usi e le abitudini etnici e convenzionali, è il fatto che i primi non sono soggetti a condizione di limitazione, mentre i secondi sono limitati da particolari condizioni spazio-temporali o nazionali.
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Chi è lo gnostico
La gnosi è una stazione elevata che ha luogo nell’apice delle verità (di fede) e non è accessibile a chiunque. Accoglie solo coloro che sono in grado di spiccare il volo con le ali della conoscenza e della sottomissione per seguirne il cammino. Esige un cuore puro e una condotta adeguata, che consentano di avvicinarsi al fine supremo dell’esistenza e di trovare luogo nella stazione più prossima ad esso. Recita il Sacro Corano: “Il Giorno in cui non gioveranno né ricchezze né progenie, eccetto per colui che verrà a Dio con cuore puro” (Sacro Corano, 26: 88-89).
Nel cuore dello gnostico non esiste altra speranza che Dio. Nella sua invocazione la Guida degli Gnostici e Principe dei Credenti, l’Imam ‘Ali (as), piangendo disse: “O ultima delle speranze, o fine ultimo degli gnostici” (19).
E l’invocazione (Du’ā’) Jawshan Kabir recita: “O Dio, mèta e fine ultimo della devozione degli gnostici!” (20)
Il cuore dello gnostico è legato a Dio, la sua gloria e letizia si compendiano nelle fervide preghiere del Principe dei Credenti (as).
L’invocazione innanzi citata recita: “O gioia per il cuore degli gnostici!” (21)
Lo gnostico profonde sempre Amore per Dio e Dio accompagna sempre il suo cuore. Non dimentica mai Dio e non si allontana mai da Lui. Recita l’invocazione: “O Essere che non si allontana dal cuore degli gnostici!” (22)
Lo gnostico è libero da condizionamenti relativi a questo e all’altro mondo, è libero da ogni appartenenza se non l’appartenenza a Dio. Disse la Guida degli Gnostici, l’Imam ‘Ali (as): “Lo gnostico è colui che conosce bene la propria anima, e che quindi la liberi e la purifichi da ciò che allontana da Dio.” (23)
Lo gnostico non deve ricorrere a una qualche causa perché Dio gli è ignoto e inconoscibile, anzi, egli conosce Dio meglio di chiunque altro. Come recita un’invocazione: “O Colui che è conosciuto presso gli gnostici” (24)
Lo gnostico è immerso nella luce divina, e lo splendore di Dio è radicato nella profondità del suo cuore. Come disse l’Imam Sajjad (as): “La luce divina ha posto le radici nei cuori degli gnostici di Dio.”
Egli sa bene quale perla preziosa sia l’uomo e per questo motivo non vincola il cuore ad altro {che a Dio}, lo rende puro da ogni illiceità e da ogni cosa che lo allontani dal suo Dio. L’Altissimo lodò il primo fra i Profeti, il Nobile Abramo (as), con i seguenti attributi: “…quando si recò al cospetto del Sostentatore con cuore puro” (Sacro Corano, 37:84).
Ebbene, il suo cuore era scevro di ogni turpitudine, esente dall’idolatria, immune dal peccato e da ogni illiceità.
Lo gnostico non è appagato da alcun lenitivo o calmante, e non ottiene la serenità se non nella quiete di Dio e “non conosce altro luogo di serenità che ne determini la soddisfazione” (25).
La gnosi ha differenti gradi e stazioni. Coloro che più alto spiccano il volo in tale via hanno costantemente invocato Dio Altissimo di potere raggiungere in essa il sommo grado e la maggiore perseveranza. Disse l’Imam Sajjad (as) nelle sue orazioni: “O Sostentatore, fai che io possa appartenere alla schiera dei migliori fra i Tuoi gnostici”.
Il cardine della gnosi
Il primo discorso nella gnosi riguarda la conoscenza di Dio e la Sua unicità. Come disse la Guida degli Gnostici e Principe dei Credenti, l’Imam ‘Ali (as): “Innanzitutto la religione è la Sua conoscenza, la perfetta conoscenza è la Sua attestazione, la Sua perfetta attestazione è la fede nella sua unicità.” (26)
L’unicità di Dio è un fulgido astro che risplende nella gnosi islamica, è fondamento di tutto il pensiero religioso, è lo spirito e la vita delle opere e dei precetti islamici. L’unicità inequivocabile e pura che presenta il Sacro Corano esprime l’apice della conoscenza Islamica. Il Corano trabocca di Tawhid e attenzione per l’Altissimo Sostentatore, collocato al più alto livello della conoscenza gnostica.
Nella gnosi islamica l’esistenza eterna e permanente appartiene esclusivamente alla Sacra Essenza divina, cosicché i restanti esseri viventi sono legati e dipendono da Lui, non possedendo in sé alcuna indipendenza.
Uno dei nomi di Dio è Qayym, ovvero l’Essere che sussiste nella propria essenza, l’Eterno, l’Essere che sussiste per Se stesso e dal quale dipende l’esistenza di tutti gli altri esseri. Egli è il Custode di tutte le cose nella scena della creazione e tutte le cose sono avvolte dal dominio della Sua potenza. Recita il Sacro Corano: “Iddio, non vi è altro dio all’infuori di Lui, il Vivente, l’Eterno” (Sacro Corano, 2:255).
La parola Qayyum è un superlativo assoluto. Ciò significa che l’esistenza divina priva di necessità non dipende da altri per la minima parte, mentre gli altri esseri hanno bisogno in ogni senso di Lui.
Nel Sacro Corano la presenza permanente ed eterna di Dio su tutti gli esseri viene espressa più volte. Fin dove, dopo avere accennato ai segni esteriori e interiori, recita: “Non ti basta che il tuo Signore sia presente a ogni cosa?” (Sacro Corano, 41:53) (27)
Il Principe dei Credenti (as), esprime in maniera sublime il concetto di presenza divina: “Non ho visto alcuna cosa senza vedere Dio prima, dopo e con essa”.
Il Creatore e le creature
Per quanto riguarda la relazione fra Creatore e creature – in arabo Khaliq e Makhluq – scienziati, filosofi e gnostici forniscono differenti interpretazioni. Alcuni parlano di Colui che da il moto e ciò che lo riceve, altri di origine e segno, altri ancora di causa efficiente ed effetto, di necessario e possibile, di oggetto e ombra, di bellezza assoluta e di specchio, di mare e umore.
Ma la più eloquente e giusta interpretazione è quella del Nobile Corano che parla di “segno”, in arabo Ayat. Il Libro rivelato in decine di casi presenta il mondo e i suoi meravigliosi fenomeni come segni di Dio. Esso recita: “Fra i Suoi segni vi è la creazione dei cieli e della terra e degli esseri viventi che vi ha sparso” (Sacro Corano, 42: 29).
Questo versetto interpreta il concetto nella maniera migliore possibile. Le creature sono verbo dell’esistenza che da segno del Creatore, della Sua scienza e della Sua potenza, della Sua sublime bellezza e magnificenza.
Nella gnosi islamica la ricchezza divina e la miseria delle creature sono perfettamente testimoniate. Fra le creature stesse non esiste alcuna discriminazione, avendo tutte parimenti bisogno dell’Altissimo Sostentatore ricolmo di Magnificenza.
Il Nobile Corano riguardo agli uomini recita: “O uomini, voi siete bisognosi di Dio, mentre Dio è Colui che basta a Se stesso, il Degno di lode” (Sacro Corano, 35:15).
“Dio è certamente Colui che basta a Se stesso, il Degno di lode” (Sacro Corano, 22: 64).
“Dio è Colui che non ha bisogno di nulla, è l’Indulgente” (Sacro Corano, 2: 263).
Di fronte alle miserie dei servitori, Dio “è colui che basta a Se stesso, è il Detentore della misericordia” (Sacro Corano, 6: 133). “Dio non ha bisogno delle creature” (Sacro Corano, 3:97).
E’ lui che rende gli altri privi di bisogno. “Invero è Lui che arricchisce e provvede” (Il Sacro Corano 53:48).
Al cospetto della magnificenza di Dio. l’universo e l’uomo non sono nulla, in se stessi non godono di alcun valore. Ma se sono legati a Dio e Gli appartengono, divengono rilevanti e acquistano valore.
Il Signore dei Martiri, l’Imam Husayn (as), dice nelle sue invocazioni: “O Sostentatore, come posso gloriarmi quando mi hai fatto così misero, o come potrei non farlo quando mi hai legato a Te? O Sostentatore, come posso non esprimere la miseria quando mi hai collocato fra i miseri, o come possono considerarmi misero quando con generosità mi hai reso privo del bisogno?” (28)
Lo stesso Imam (as) delinea con maestria due scene. Una riguarda la magnificenza divina, l’altra la miseria dell’uomo. Da una parte solo bontà e generosità, dall’altra solo colpa e bisogno.
Laddove parla del nome del Sostentatore dice: “Tu sei Colui che ha dispensato la grazia, Tu sei Colui che ha fatto il bene, Tu sei Colui che ha usato belle maniere”. Quando invece parla del proprio nome dice: “Io sono colui che ha fatto il male, io sono colui che ha errato, io sono colui che ha perseverato nella colpa”. (29)
Rinveniamo simili argomenti nelle invocazioni del suo nobile padre, il Principe dei Credenti e Guida degli Gnostici, l’Imam ‘Ali (as), il quale al cospetto della divinità con cuore lamentoso e occhi gonfi di lacrime diceva: “O Signore, o mio Signore, Tu sei potente, io debole e impotente. Ora, chi può avere compassione del debole se non il potente?” (30).
L’Imam Sajjad (as) nelle sue invocazioni dice: “O Signore, che abbondi più di chiunque altro in ogni cosa, eccoci, Tuoi servitori giunti al Tuo cospetto, io sono il più bisognoso di Te fra i bisognosi. Con la Tua ampia prodigalità e generosità soddisfa la nostra miseria e il nostro bisogno, Tu sei Glorioso, noi siamo miserabili che Tu hai considerato necessario accogliere.” (31)
La Magnificenza Divina e l’umiltà umana
Lo gnostico giunge al punto in cui riconosce nella Sacra Essenza di Colui che abbonda di maestà solo la magnificenza e la grandezza, vedendo ogni altro essere insignificante e umile al Suo cospetto.
Durante la guerra di Siffin il Principe dei Credenti (as) pronunciò uno splendido sermone. Uno dei devoti lodò smodatamente il Principe dei Credenti (as). Questi disse: “Si addice a colui che rende gloria alla grandezza di Dio e nel cui cuore Dio abbia un rango elevato considerare insignificante, grazie alla magnificenza e all’alto rango di Dio, ogni cosa al di fuori di Lui.” (32)
Lo gnostico è rapito dall’amore per Dio, è completamente immerso nella grandiosità della perfezione e nella magnificenza della gloria. Giunge al punto di non vedere altro che l’infinita esistenza di Dio e di prosternarsi solo al Suo cospetto, dimenticando se stesso e ogni altra cosa. Vede se stesso al cospetto di Dio come un grano di pulviscolo fra i raggi del sole, o come una pagliuzza alla soglia della magnificenza assoluta, e vede ogni altra cosa come minuscola particella dipendente o come essere completamente bisognoso. Finché estasiato dice di Dio: “Gloria a Te, quanto grande e magnifico è il Tuo grado…” (33)
Di se stesso dice: “Chi sono io, che valore possiedo.” (34) Degli altri invece dice: “Il Creatore è grande presso di loro, per questo motivo ai loro occhi è insignificante ogni altro essere all’infuori di Lui.” (35)
Lo gnostico è immerso nello stupore al cospetto della magnificenza e della gloria di Dio. Perciò inneggia: “O Sostentatore, non conosciamo l’abisso della Tua magnificenza e della Tua gloria, se non in quanto sappiamo che Tu sei il Vivente, l’Eterno, che l’essenza della vita eterna appartiene a Te, e che la sussistenza di tutti gli esseri dipende da Te.” (36)
Ogni potenza, gloria o signoria è vincolata, provvisoria, astratta. Realtà, verità e perpetuazione appartengono soltanto a Dio Glorioso.
“Ogni essere elevato che non sia Lui è misero, ogni potenza che non sia Lui è debole, ogni signore che non sia Lui è soggetto a potestà.” (37)
Tutto l’universo è soggetto alla Sua potenza, che ci piaccia oppure no. “Per obbedienza o per forza, tutto ciò che è nei cieli e sulla terra si sottomette a Lui.” (Sacro Corano, 3: 83)
Le cellule della lingua di chi a parole nega Dio sono sottomesse alla potenza dell’Altissimo. Disse il Principe dei Credenti (as): “Ogni essere al cospetto della Sua magnificenza è umile e sottomesso, ogni essere perdura e sussiste grazie a Lui, il dispensatore di ricchezza per ogni bisognoso, il dispensatore di gloria per ogni misero, il dispensatore di forza per ogni debole, il rifugio di ogni afflitto.” (38)
I frutti della gnosi
La gnosi porta frutti preziosi in grande copia, quali l’intimità con Dio, la sicurezza e la serenità dei cuori, la sottomissione (taslim) e la gratificazione, l’adorazione e l’obbedienza, e al di sopra di tutti l’amore per la Sacra Esistenza divina. L’amore è uno dei frutti della Gnosi che conforta i cuori.
Dice Dio Altissimo: “Coloro che credono hanno per Dio l’amore più intenso.” (Sacro Corano, 2:165)
Esito dell’ignoranza sono invece l’ostilità e l’odio. Come disse la Guida degli Gnostici: “La gente è ostile con ciò che non conosce.” (39)
La fede, fenomeno della gnosi, è in stretto rapporto con l’amore. Fazl ibn Yasàr domandò all’Imam as-Sàdiq (as) se amore e odio facessero parte della fede. L’Imam (as) rispose: “Che altro è la fede se non amore e odio?” (40)
Dio è il cardine dell’amore nella dottrina gnostica. Come dice l’Imam Sajjad (as) nella sua invocazione: “O Dio, voglio da Te il dono del Tuo amore, l’amore di tutti coloro che ti amano e l’amore di ogni opera che mi avvicini a Te.” (41) Si può in tal modo suddividere l’amore in tre categorie:
– Amore di Dio Altissimo: l’amore divino è alimento per lo spirito dello gnostico, il cui cuore trova luogo nell’aura dell’Amore di Dio. Disse Dio Altissimo a Mosè (as): “O Mosè, ho irradiato nel tuo cuore il Mio amore, affinché tu venga allevato sotto il mio occhio vigile.” (Sacro Corano, 20: 39)
Beati coloro che alimentati dall’amore vengono allevati sotto la tutela di Dio. L’amore di Dio Altissimo è come acqua limpida che giunge alle radici di una pianta rendendola fruttifera e ricca di linfa, o come dolce nettare. L’amore di Dio non viene mai dimenticato e non può essere sostituito.
Come dice l’Imam Sajjad (as) al cospetto di Dio: “O Dio, chi avendo provato la dolcezza del Tuo amore, può accettare altri all’infuori di Te?” (42)Coloro che amano Dio, considerando la dolcezza dell’intimità divina superiore ad ogni cosa, non la baratterebbero con ricchezza alcuna. Essi nutrono costante amore per Dio e si dedicano al dialogo e alla venerazione al Suo cospetto.
Come dice il Signore dei Martiri, l’Imam Husayn (as): “O Dio, Tu hai fatto provare a coloro che Ti amano la dolcezza della Tua intimità e perciò essi sono intenti nella Tua adorazione” (43). La felicità di questo e dell’altro mondo si trova nella luce dell’amore divino. Come diceva l’Imam Sajjad (as): “O Dio, apri innanzi a me facile via che conduca al Tuo amore, affinché attraverso essa io possa perfezionare la prosperità di questo e dell’altro mondo.” (44) Nel libro della conoscenza gnostica l’Amato è meta di chi ama e dei suoi desideri.
Come diceva l’Imam Sajjad (as) al cospetto di Dio: “O mèta dei desideri di coloro che amano.” (45) Grazie all’esistenza dell’Amato chi ama ed è amato da Dio non lascia spazio ad altri nel proprio cuore. Abbandona tutti unendosi all’Amato, chiedendo a Lui solo Lui stesso. Come disse l’Imam Sajjad (as): “Libera il mio cuore da ogni cosa estranea, affinché possa accogliere solo il Tuo amore.” (46) Chi ama ed è amato da Dio desidera costantemente che il suo cuore divenga unicamente un ricettacolo dell’Amore dell’Amato. “Fai che io appartenga alla schiera di coloro di cui per Tuo amore hai liberato il cuore da ogni altra cosa.” (47)
– Fonte dell’Amore: l’Amore proviene da Dio e fiorisce nel cuore di chi ama. Uno dei più bei nomi di Dio è wadud, che significa “Colui che ama, Amante”. Trattandosi di un superlativo l’esatto significato è “Colui che ama infinitamente”. Come dice Dio Altissimo nel Sacro Corano: “Egli è il Perdonatore, l’Amorevole.” (Il Sacro Corano, 85: 14)
Il Profeta Shu’ayb (as) disse al suo popolo: “Chiedete perdono al vostro Signore, poi volgetevi a Lui. In verità il mio Sostentatore è Clemente e Amorevole.” (Sacro Corano, 11: 90)
A proposito di Mosè (as), dice Dio Altissimo: “Ho posto nel tuo cuore il Mio Amore.” (Sacro Corano 20:39)
Quando dà la buona novella dei futuri credenti dice: “Dio Altissimo li ama ed essi Lo amano.” (Sacro Corano 5: 54)
Colui che fu martire sulla via della gnosi e della giustizia, ovvero l’Imam Husayn (as) diceva nella sua invocazione: “O Signore, sei Tu che hai allontanato ogni altra cosa all’infuori di Te dal cuore di coloro che Ti amano, finché essi non amarono più altri all’infuori di Te e non si rifugiarono in altri se non in Te.” (48)
E’ Dio Altissimo che attraverso la sua infinita misericordia purifica il cuore degli uomini da ogni impurità e da ogni inganno affinché essi possano amare solo Lui. E’ Lui solo che forbisce il cuore di coloro che Lo amano e da Lui sono amati levandone ogni macchia, affinché il loro cuore si adorni del solo colore (amore) di Dio. “Il colore di chi è meglio del colore di Dio?” (Sacro Corano, 2:138)
Dice Dio Altissimo riguardo all’amore della fede: “Dio vi ha fatto amare la fede e ne ha fatto adornamento dei vostri cuori, così come vi ha fatto detestare la miscredenza, la malvagità e la disobbedienza.” (Sacro Corano, 49:7)
L’Imam Zayn al-‘Abidin ‘Ali ibn al-Husayn (as) disse: “Sia lode a Dio che mi manifesta amore anche se di me non ha alcun bisogno.” (49)
L’indole e la natura umane sono complessivamente fondate sull’amore di Dio. Tuttavia, la polvere della negligenza si accumula sul cuore degli uomini come ruggine per effetto del peccato, rendendoli incuranti.
L’amore per Dio è stato infuso nell’indole e nella natura umane come l’amore del bambino per la madre. Come disse l’Imam Sajjad (as): “Dio Altissimo creò gli esseri viventi con la Sua potenza, li vestì secondo la Sua volontà della veste dell’esistenza, fece loro percorrere la Via che aveva concepito, ovvero la Via del Suo amore.” (50)
– L’amore dei diletti (awliya) di Dio: così come la fede consiste nell’amore per Dio, l’amore dei diletti di Dio è considerato parte della fede. Come recita il Sacro Corano: “I credenti e le credenti sono prossimi gli uni agli altri.” (Sacro Corano, 9: 71)
Disse il Nobile Inviato di Dio (S): “L’amicizia del credente per il credente sul sentiero di Dio è il più grande fra i rami della fede.” (51) Non si pensi a come può trovare luogo nel cuore degli uomini l’amore per gli altri all’infuori di Dio, quando già è presente in esso l’amore di Dio. Perché l’amore fra i diletti di Dio non si misura con l’ampiezza dell’amore divino, ma trova espressione lungo il percorso dell’amore di Dio. L’Imam as-Sadiq (as) disse: “Chiunque ami per Dio, odi per Dio e doni per Dio, fa parte di coloro la cui fede è perfetta” (52).
Un giorno il Profeta di Dio (S) chiese ai suoi Compagni quale fra gli strumenti della fede fosse più saldo. Dissero che Dio e il Suo Profeta erano più sapienti, poi alcuni risposero “la Preghiera (as-Salat)”, altri risposero “la decima (Zakat)”, “il digiuno (Syam)”, “il Pellegrinaggio (Hajj)”, “il Pellegrinaggio meritorio (‘Umra)”, “il jihad”. L’Inviato di Dio (S) disse che ognuna delle pratiche menzionate possedeva una virtù, ma non si trattava della risposta esatta. Dopodiché disse: “I più saldi strumenti della fede sono l’amare per Dio, l’odiare per Dio, seguire e amare i diletti di Dio e rifuggire i nemici di Dio.” (53)
Abu Basir riferì di aver udito dall’Imam as-Sadiq (as) che coloro che si amano per Dio, il Giorno della Resurrezione troveranno luogo su pulpiti di luce e che la luce dei loro vestiti, dei loro corpi e dei loro pulpiti rischiarerà ogni cosa in proporzione al grado in cui saranno stati presentati. Si dice che costoro saranno quegli individui che hanno stretto reciproca amicizia sulla Via di Dio. (54) L’Imam Sajjad (as) presenta coloro che si amano sulla Via di Dio come volti ben distinguibili nel Giorno della Resurrezione, in qualità di “individui che si sono amati sulla Via di Dio.” (55)
Disse l’Imam Baqir (as): “Se vuoi conoscere se in te alberga la bontà, guardati nel cuore. Se ami coloro che obbediscono a Dio e sei nemico di coloro che si ribellano a Dio, in te alberga la bontà e Dio ti ama. Se ami coloro che si ribellano a Dio e disprezzi coloro che obbediscono a Dio, in te non alberga la bontà e Dio ti è nemico”. Dopodiché disse: “Ognuno è accompagnato da chi ama.” (56)
Chi dobbiamo amare
Quando il criterio è l’amore e il suo cardine è Dio, dobbiamo certamente considerare quali siano le persone che Dio ama, e noi stessi amarle. Ovvero quali siano le persone che Dio considera nemiche, e noi stesse considerarle nemiche.
Il Glorioso Corano a tal proposito chiarisce perfettamente l’argomento, recitando in numerosi versetti che Dio Altissimo ama coloro che si affidano a Dio: “…Iddio ama coloro che confidano in Lui.” (Sacro Corano 3:159); i benefattori: “Dio ama coloro che compiono il bene” (Sacro Corano, 2:195); i pentiti: “In verità Dio ama coloro che si pentono” (Sacro Corano, 2:222); i timorati di Dio: “Ebbene Dio ama i timorati di Dio” (Sacro Corano, 3:76); i giusti: “Dio ama i giusti” (Sacro Corano, 5: 42); i combattenti sulla Sua Via: “In verità Dio ama coloro che combattono sulla Sua Via” (Sacro Corano, 6: 4); i perseveranti: “Dio ama i perseveranti” (Sacro Corano, 3:146); coloro che si purificano: “(Dio) ama coloro che si purificano.” (Sacro Corano, 2:222)
Parimenti l’Altissimo Sostentatore non ama, e considera perciò nemici: i corruttori: “Dio non ama i corruttori” (Sacro Corano, 5: 64); gli aggressori: “E in verità Dio non ama gli aggressori” (Sacro Corano, 2:19); gli oppressori: “Dio non ama gli oppressori” (Sacro Corano, 3: 57); gli arroganti: “Dio non ama gli arroganti” (Sacro Corano, 16: 22); i traditori: “In verità Dio non ama i traditori” (Sacro Corano, 8: 58); i dissipatori: “Dio non ama i dissipatori” (Sacro Corano, 7: 31); e tutti coloro che egoisticamente si comportano da superbi: “In verità Dio non ama i superbi millantatori.” (Sacro Corano, 31: 18)
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L’Amore delle opere gradite a Dio
Il diletto, colui che ama Dio, è costantemente alla ricerca del compiacimento dell’Amato, e non compie opera che a Lui non sia gradita. Quindi chi ama Dio si muove sul cammino del Suo compiacimento.
Il Glorioso Corano espone complessivamente il cammino dell’amore e del compiacimento di Dio Altissimo, recitando: “Di’ (o Inviato di Dio): se amate Dio seguitemi, Dio vi amerà.” (Sacro Corano 3: 31)
Nel versetto menzionato si fa cenno ad alcuni punti:
1 – per amare Dio è necessario seguire il Suo Profeta (S);
2 – se gli uomini seguono il Profeta (S), Dio li ama;
3 – la pretesa di amare Dio rifiutandosi di seguire il Suo Profeta (S) è vana e infondata, come fu ben detto: “Ti ribelli a Dio mentre sostieni di amarLo?” (57)
La motivazione all’obbedienza
La motivazione che sospinge alcuni nel culto divino è il desiderio di conseguire il paradiso. Altri sono sospinti dalla paura dell’inferno. Le motivazioni che sospingono gli gnostici sono invece l’amore e la gratitudine verso Dio derivanti dalla conoscenza gnostica e dalla consapevolezza.
Il Principe dei Credenti e Imam degli Gnostici, l’Imam ‘Ali (as), disse: “Alcuni si sottomettono a Dio per bramosia (della ricompensa), e questo è il culto dei mercanti; altri si sottomettono a Dio per paura, e questo è il culto degli schiavi; altri ancora si sottomettono a Dio per gratitudine, e questo è il culto degli uomini liberi.” (58)
I Puri Imam (su di loro la pace) dicevano al cospetto di Dio: “O Sostentatore non potrò scampare alla Tua collera se non quando Tu mi desterai per amor Tuo.” (59)
L’essere umano nel momento del peccato è sommerso nella dimenticanza (di Dio) e per questo si dà preda alle illusioni, fino a quando Dio Altissimo non lo ridesti a coscienza perché non scambi l’amore divino con quello satanico, non lo trascuri a causa di un miraggio e non preferisca doni illusori alla ricompensa divina.
Lo gnostico, irradiato dall’amore divino, predilige la sofferenza di ciò che è lecito all’abbondanza di ciò che è illecito ed ha più a cuore le avversità e le difficoltà rispetto alla quiete e all’agio. Come il pio Giuseppe in Egitto, il quale, preda delle malie di femmine seduttrici che lo invitavano a sé a braccia aperte, levò implorante le mani al cielo dicendo: “O Signore, preferisco la prigione a ciò cui mi invitano.” (Sacro Corano, 12: 33)
Il Principe dei Credenti l’Imam ‘Ali (as), disse: “Giuro al cospetto di Dio che preferirei trascorrere la notte sveglio su un rovo di spine o essere tratto in ceppi e catene piuttosto che trovarmi al cospetto di Dio e del Profeta il giorno del Giudizio avendo praticato oppressione nei confronti dei servi di Dio o avendo usurpato qualche bene caduco del mondo.” (60)
Ebbene, per l’Imam ‘Ali (as) erano meglio i rovi della seta, e per il pio Giuseppe la prigione era più gradita dell’abbraccio di maliarde femmine d’Egitto.
Disse l’Imam ‘Ali (as): “Il più virtuoso fra gli uomini presso Dio Altissimo è colui cui è più caro agire secondo verità, anche se ciò lo sottopone ad avversità o gli causa danno, piuttosto che agire nel falso quand’anche gli rechi un utile o un interesse.” (61)
Un punto assai interessante è il fatto che l’Imam abbia usato l’espressione più caro. Per gli uomini virtuosi la sofferenza sulla Via di Dio è più cara dell’abbondanza sulla via dell’errore, come per ‘Ammar e Meitham, Compagni del Profeta (S), l’astinenza e la sobrietà al fianco di ‘Ali (as) erano assai più care del potere e della ricchezza a fianco di Mu’awiya.
L’Imam Sajjad (as) chiedeva a Dio Altissimo di far percorrere al suo cuore le vie più care che portassero a Lui, dicendo: “Fai procedere il mio cuore sul più caro cammino che conduca a Te.” (62).
Lo stesso Imam (as) a proposito del corpo disse: “Fai compiere al mio corpo ciò che accetti da parte mia, fa’ che io mi impegni nella Tua adorazione, affinché io non ami ciò che provoca la Tua collera e non odi ciò che causa la Tua compiacenza.” (63)
Più sopra abbiamo discusso quali individui Dio ami e quali invece non ami. L’amicizia o l’inimicizia divine sono legate agli attributi buoni o cattivi degli individui. I versetti menzionati stabiliscono il migliore criterio sugli attributi che dobbiamo aver cari e acquisire e su quelli che dobbiamo avere in odio e respingere.
L’Amore
L’Amore consiste in un forte sentimento di affetto e un intenso interesse che, potremmo forse dire, equivale alla parola di Dio laddove dice: “E coloro che credono, hanno per Dio un amore profondissimo.” (Sacro Corano, 2:165)
Il vocabolo Amore è stato utilizzato nelle Tradizioni islamiche in pochi casi, di cui ne riferiamo di seguito tre:
– Disse il Profeta (S): “L’amore del paradiso per Salman è più grande dell’amore di Salman per il paradiso.” (64) Salman è l’ornamento del paradiso, come alcuni sono ornamento ed orgoglio del loro rango e non il rango ornamento ed orgoglio per essi.
– Quando il Principe dei Credenti (as) passò per Karbala gli si gonfiarono gli occhi di lacrime. Dopo aver pronunciato un breve discorso disse: “Questo è il luogo del massacro di martiri amanti di Dio al cui rango non giunsero i predecessori, né giunsero i successori.” (65)
– L’Imam Sadiq (as) disse: “Gli uomini più virtuosi sono coloro che amano la venerazione di Dio, si sostengono ad essa e la amano col cuore, la praticano con il loro corpo e le dedicano il loro tempo. Costoro non si preoccupano di vivere nelle difficoltà o negli agi in questo mondo.” (66)
Osservazione: la ragione per cui negli hadith il termine amore viene utilizzato poche volte è forse dovuta al fatto che i discorsi dei Puri Imam (as) erano privi della benché minima esagerazione, quindi un vocabolo così elevato non veniva utilizzato per chiunque, o per persone di nessun conto, ma solo a proposito degli amanti della venerazione e del culto divino, il cui amore era divenuto tutt’uno con il loro spirito, o a proposito di eroi del martirio nel cui essere aveva fatto breccia in profondità la purezza divina, in questo caso addirittura le avanguardie di ‘Ashurà e Karbala.
Le basi del pensiero gnostico islamico
Nel corso della storia coloro che scrissero della gnosi in prosa o che ne composero versi, utilizzarono numerosi argomenti tratti dal Sacro Corano o dagli Ahadith. Se in qualche misura subirono l’influsso di altre dottrine è argomento distinto che necessiterebbe di una approfondita discussione. Se tuttavia volessimo sottrarre il contenuto coranico a tali scritti, non ne rimarrebbe che un guscio vuoto. Gli stessi autori ammettono questa circostanza.
Riporteremo ora alcuni esempi tratti dai versi del Mathnavi di Moulana Rumi e delle relative fonti coraniche o risalenti alle Tradizioni.
1- Recita il Sacro Corano che a coloro che si pentano, credano e operino il bene, Dio cambierà le cattive azioni in buone: “A meno che non si penta, creda e operi il bene, ché a costoro Dio cambierà le cattive azioni in buone.” (Sacro Corano, 25: 70)
Recita Moulana Rumi:
Se ho commesso peccato correggilo
Tu sei Colui che corregge, a Te appartiene la correzione
Conosci la scienza alchemica per trasformarlo
Se anche fosse rivo di rosso sangue, mutalo in Nilo azzurro
Conosci l’arte della miniatura e dell’intarsio
Conosci il segreto di mille elisir.
2- Il Sacro Corano recita che l’esito di ogni opera si riflette su chi l’ha compiuta, precisando che le opere malvagie avvolgono i loro artefici: “La trama malvagia non fa che avvolgere i suoi artefici.” (Sacro Corano, 35:43)
Recita Rumi:
Tu che scavi di sopruso un pozzo
Tessi trame solo per te stesso
3- Disse il Nobile Profeta (S) ai musulmani che facevano ritorno da una guerra combattuta sulla Via di Dio: “Siete tornati da un jihad minore per dedicarvi a un jihad maggiore, quello della lotta del servo di Dio contro le sue passioni interiori.” (67)
Rumi scrisse:
Gente! Abbiamo sconfitto il nemico esterno
Ma ne abbiamo uno peggiore dentro di noi
Siamo tornati da un jihad minore
Accanto al Profeta combattiamo il jihad maggiore.
4- Disse il Nobile Profeta (S): “Dio Altissimo avrà misericordia solo dei Suoi servi misericordiosi.” (68)
Rumi scrisse:
Se vuoi pietà abbi misericordia di colui che piange
Se vuoi misericordia sii misericordioso con i deboli.
5- Disse il Nobile Profeta (S): “Chiunque istituisca migliore tradizione {…}” (69)
Chiunque introduca nell’Islam una buona tradizione che dopo di lui diventi consuetudine otterrà una ricompensa pari a colui che ha messo in pratica la tradizione, senza che a quest’ultimo venga ridotta la ricompensa; al contrario chiunque introduca nell’Islam una cattiva tradizione che dopo di lui diventa consuetudine otterrà una punizione pari a colui che ha messo in pratica la tradizione, senza che a quest’ultimo venga ridotta la pena.
Rumi scrisse:
Chiunque dia principio ad uso infausto
Riceverà maledizione senza sosta
In alcuni brani poetici del Mathnavi ci sono precisi riferimenti al Nobile Profeta (S) e citazioni tratte dal Sacro Corano e dai nobili detti dell’Inviato di Dio (S).
Ad esempio, riguardo alla fiducia in Dio accompagnata dalle buone opere, scrisse:
Disse il Nobile Profeta a chiara voce
Confida in Dio quando vincoli il cammello
Riguardo al consiglio e alla consultazione scrisse:
Disse il Profeta: consigliatevi
Perché il consigliere è degno di fiducia.
Riguardo al credente scrisse:
Se il credente non guardasse con la luce di Dio
Come potrebbe correggere l’errore del credente?
Riguardo alla presenza del cuore nella preghiera, riferendosi a un detto del Profeta, scrisse:
Ascolta dai detti del Migliore fra i Migliori
Non si conclude preghiera senza presenza del cuore.
E infine riguardo alla relazione fra Dio e l’uomo, facendo ricorso al nobile hadith “Chiunque è per Dio, Dio è per lui”, scrisse:
Se per amore ti sei sottomesso a Dio
È giusto che Dio sia con te.
NOTE
1) “Conoscere le Scienze Islamiche”, parte relativa alla Gnosi, p. 86, Edizioni Sadrà. Pubblicata in italiano dalle Edizioni Semar con il titolo “La Via Spirituale”, testo integrato con la “Lettera al figlio” dell’Imam Khomeyni.
2) “Daftar-e Entesharat-e Eslàmi”, pp. 108-114.
3) Usul al-Kafi, capitolo “Egli non si conosce se non con Se stesso”.
4) Invocazione Sabah: http://islamshia.org/dua-sabah/
5) Invocazione dell’Imam Sajjad (as) tramandata da Abi Hamza:
6) Invocazione dell’Imam Husayn (as) nel giorno di ‘Arafa.
7) Ibidem.
8) Ibidem.
9) Munajat Sha’baniyah.
10) Usul al-Kaafi, vol. 1, Kitabu’t-tawhid, cap. “Confutazione della visione corporea di Dio”, hadith n. 6; “Al-Tawhîd“, d’al-Saduq, p. 304, Hadith Tha`lab; “Amâlî al-Saduq“, p. 280, Majles 55; “Bihâr al-Anwâr“, 4/27.
11) Tuhufu’l-‘uqul, Edizione Ketabci, p. 341.
12) Tafsiru’l-mizan, vol. 6, p. 175.
13) Ibidem, p. 171.
14) Usul al-Kafi, vol. 1, Kitabu’l-tawhid, cap. “Egli non si conosce se non con Se stesso”, hadith n. 3.
15) Usul al-Kafi, libro di Al-iman wa’l-kufr, cap. “La naturale inclinazione interiore verso il monoteismo”, hadith n.4.
16) Invocazione di ‘Arafa.
17) Ibidem.
18) Imam Zayn al-‘Abidin (as), “As-Sahifa as-Sajjadiyah”, invocazione n. 1.
19) Invocazione di Kumayl, della quale è disponibile la traduzione in italiano con testo arabo e traslitterazione.
20) Invocazione detta Jawshan Kabir.
21) Ibidem, n. 52. Anche Avicenna nell’opera Maqamatu’l-‘arifin accenna a questo stesso argomento.
22) Ibidem, n. 63.
23) Ad-durar wa’l-qurar, citato in Tafsiru’l-mizan, vol. 6, p. 173.
24) Invocazione che si recita dopo la visita al Mausoleo dell’ottavo Imam (as).
25) Invocazione Munajatu’l-‘arifin, in “Raccolta delle quindici invocazioni”.
26) Nahj-ul-Balaghah, primo sermone.
27) Mulla Sadra sostiene che questo versetto fa riferimento all’argomentazione propria dei pii, perché essi in tale argomentazione non fanno ricorso a nessun intermediario nel ragionamento deduttivo. Osservando l’esistenza dell’universo si deduce l’esistenza divina, poiché il principio dell’esistenza consiste nella necessità dell’esistenza di Dio. Cfr. Asfar, di Mulla Sadra, vol. 6, p. 14. Su Mulla Sadra leggere l’articolo di S.H. Nasr “La vita, le dottrine e il significato di Mulla Sadra”: http://islamshia.org/la-vita-le-dottrine-ed-il-significato-di-mulla-sadra-s-h-nasr/
28) Seguito dell’Invocazione di ‘Arafa.
29) Invocazione di ‘Arafa, raccolta delle invocazioni denominata Mafatatih-l-Jinan.
30) Invocazione dell’Imam ‘’Ali (as) nella moschea di Kufa tratta dal Mafatatih-l-Jinan. Per leggere la traduzione in italiano: http://islamshia.org/colloqui-intimi-munajat/
31) As-Sahifa as-Sajjadiyah, invocazione n. 10.
32) Nahj-ul-Balaghah, sermone n. 207.
33) Nahj-ul-Balaghah, sermoni 108-109.
34) Invocazione di Abu Hamza Thamali, n. 30; Nahj-ul-Balaghah, sermoni 184-93.
35) Nahj-ul-Balaghah, sermoni 159-160. Dice Sa’di: “Ogni cosa, qualunque essa sia, è nulla rispetto all’Esistenza di Dio.”
36) Nahj-ul-Balaghah, sermone 160.
37) Nahj-ul-Balaghah, sermoni 64 e 65.
38) Nahj-ul-Balaghah.
39) Nahj-ul-Balaghah, detto 430f.
40) Usul al-Kafi, capitolo “L’amore e l’odio sulla Via di Dio”, hadith n. 5.
41) “Raccolta delle quindici invocazioni”, in Mafatatih-l-Jinan, “L’invocazione degli amanti”.
42) Manajatu’l-muhibbin, “Raccolta delle quindici invocazioni”, in Mafatatih-l-Jinan.
43) Invocazione di ‘Arafa.
44) As-Sahifa as-Sajjadiyah,, invocazione n. 20, Du’a Makarimu’l-akhlaq:
45) “L’invocazione degli amanti”, “Raccolta delle quindici invocazioni”, in Mafatih-l-Jinan.
46) As-Sahifa as-Sajjadiyah, invocazione n. 21.
47) “L’invocazione degli amanti”, “Raccolta delle quindici invocazioni”, in Mafatatih-l-Jinan.
48) Invocazione di ‘Arafa.
49) As-Sahifa as-Sajjadiyah, prima invocazione.
50) Invocazione di Iftitah: http://islamshia.org/dua-iftitah-linvocazione-dellapertura/
51) Usul al-Kafi, capitolo “L’amore e l’odio sulla Via di Dio”, vol. 4.
52) Al-Kafi 2: 124.
53) Usul al-Kafi, capitolo “L’amore e l’odio sulla Via di Dio”, vol. 4, hadith n. 6.
54) Ibid., quarto hadith.
55) Ibid., ottavo hadith.
56) Ibid., undicesimo hadith.
57) Tuhufu’l-‘uqul, p. 303, tramandato dall’Imam Baqir (as).
58) Nahj-ul-Balaghah, detto 229f.
59) Munajat di Sha’baniyah.
60) Nahj-ul-Balaghah, sermone 215f.
61) Nahj-ul-Balaghah, sermone 125.
62) As-Sahifa as-Sajjadiyah, invocazione n. 21.
63) Ibid.
64) Safinatu’n-najat, “La questione dell’amore”.
65) Ibid.
66) Usul al-Kafi, vol. 3, con traduzione di Mostafawi, p. 131.
67) “La raccolta degli ahadith nel Mathnavi”, citato da Kofuzo’l-haqayeq, p. 90.
68) “La raccolta degli ahadith riportati nel Mathnavi”, citato dal Sahih al-Muslim, p. 7.
69) Ibid., p. 5.
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