La filosofia del sacrificio di Husayn e le nostre
cerimonie di lutto (‘Azadari)
Seyyed Muhammad Rizvi
Il supremo sacrificio di Husayn bin ‘Ali, della sua famiglia e dei suoi compagni a Karbala è giustamente considerato come un evento epocale nella storia dell’Islam. Nessuno storico serio mette in questione l’evento o la sua importanza. In questo articolo, vorrei spiegare perché l’Imam Husayn bin ‘Ali (A) ha sacrificato la sua famiglia ed i suoi amici rifiutando di prestare alleanza a Yazid bin Mu’awiyah. Comprendere la filosofia del sacrificio di Husayn è una questione importante in sé stessa, ma lo diventa ancor di più quando comprendiamo che anche la filosofia o motivo delle cerimonie commemorative (‘azadari) di Muharram sono interconnessi con essa.
Molti sciiti ordinari pensano che Husayn si sacrificò per poter ottenere il diritto di intercedere presso Allah per gli Sciiti e coloro che amano l’Ahlu ‘l-Bayt. Si tratta di qualcosa di molto simile all’idea della Cristianità che afferma che Gesù donò la sua vita per la salvezza (leggi: l’espiazione dei peccati) di chiunque credesse in lui.
Da una parte, io non nego il concetto di shafa’at (intercessione), né che Husayn e gli altri Imam dell’Ahlu ‘l-Bayt possiedano il diritto di intercedere per i loro veri seguaci. (Il Corano, mentre nega l’intercessione degli idoli, ha confermato il diritto di intercessione di coloro che sono stati autorizzati da Allah). Comunque, dall’altra parte, non concordo sul fatto che l’Imam Husayn abbia sacrificato sé stesso, i suoi figli ed amici, e posto le donne della sua famiglia in una situazione dove vennero prese come prigioniere, per desiderio della shafa’at o intercessione.
Io non vi credo semplicemente perché Husayn possedeva il diritto di shafa’at dal giorno stesso in cui nacque. Una persona non si sacrificherebbe in questa maniera per ottenere qualcosa che già possiede! Il seguente evento, avvenuto alla nascita di Husayn, dimostra il mio punto chiaramente:
Alla nascita di Husayn bin ‘Ali, Allah ordinò agli angeli di discendere sulla terra e congratularsi con il Profeta (S) per la nascita di suo nipote. Durante la discesa gli angeli passarono per un’isola in cui un angelo, conosciuto come Fitrus, era stato esiliato. Fitrus fallì nel compito che gli era stato affidato e quindi perse le sue ali e venne esiliato in un’isola. Fitrus richiese a Jibra’il di portarlo con se dal Profeta, così che egli avrebbe potuto intercedere presso Dio per lui. Quando Jibra’il portò Fitrus dal Profeta e spiegò la sua situazione, il Profeta disse a Fitrus di toccare il neonato Husayn (in accordo ad altre narrazioni, il Profeta disse a Fitrus di toccare la culla di Husayn). Appena Fitrus toccò il corpo (o la culla) di Husayn, ricevette nuovamente le sue ali e volò dicendo: “Chi può essere come me – Io sono stato liberato da Husayn bin ‘Ali!”. Commentando questo episodio, Shaykh Tusi dice: “E, similmente, noi cerchiamo la liberazione attraverso il mausoleo di Husayn”. (1)
Questo evento, oltre a tutte le altre prove riguardanti la shafa’at degli Imam dell’Ahlu ‘l-Bayt, mostra che l’Imam Husayn possedeva il potere di intercessione dal giorno stesso in cui nacque. Quindi, la ricerca della posizione di shafa’at non può esser stata la ragione del sollevamento di Husayn contro Yazid.
Il miglior modo per conoscere la ragione del sacrificio dell’Imam Husayn è quello di studiare le sue stesse parole. Il più importante tra i suoi detti concernenti questo argomento è il testamento che Husayn scrisse e lasciò a suo fratello, Muhammad al-Hanafiyya. Io considero questo documento come una “comunicato dell’obiettivo” della Rivoluzione di Husayn. L’Imam Husayn scrive:
“Non mi sono sollevato per rabbia o arroganza, né per esercitare ingiustizia o oppressione.
Mi sono sollevato [soltanto] per cercare di riformare la Ummah (comunità) di mio nonno. Voglio ordinare il bene, proibire il male, e seguire la Tradizione di mio nonno e di mio padre ‘Ali bin Abi Talib.”
In questo testamento Husayn menziona il problema affrontato dalla Ummah Islamica e la soluzione da lui adottata per risolvere questo problema. Il problema era il graduale allontanamento della Ummah dai puri insegnamenti dell’Islam, poiché l’Islam era stato preservato nella forma ma lo spirito ne era stato deformato. La soluzione, secondo Husayn, era quella di applicare i principi islamici di amr bil ma’ruf (ordinare il bene) e nahi ‘anil munkar (proibire il male), e mostrare inoltre il sentiero puro e incorrotto del Profeta dell’Islam come preservato e insegnato da ‘Ali bin Abi Talib.
Il problema: La grande tragedia che può colpire una comunità il cui sistema sociale è basato sulla religione è la sua indifferenza all’emergere di governanti che apertamente parlano e agiscono contro i fondamenti della loro fede. Ancor di più quando simile governante assume l’incarico del califfato, la più alta autorità religiosa. Quando Yazid salì sul trono del califfato, l’Ummah Islamica attraversava un senso simile di indifferenza o disperazione: la maggioranza, per ignoranza, accettò lo status quo; altri, consapevoli della situazione, rimasero silenziosi per timore della persecuzione.
Nessun governante prima di Yazid ebbe l’audacia di negare apertamente i fondamenti basilari dell’Islam. Yazid non credeva nella profezia del Profeta Muhammad, ed egli ascrisse a ragioni materiali la missione del Profeta. Apertamente espresse il suo credo recitando il seguente poema quando la testa di Husayn gli venne portata davanti. In questo poema, egli prima si rivolge ai suoi antenati miscredenti che vennero uccisi dai Musulmani nella battaglia di Badr (2), chiamandoli a testimoniare la vendetta che egli portò a termine per le loro morti, uccidendo il nipote del Profeta. Poi egli dice:
“Gli Hashemiti hanno creato un gioco per ottenere il regno
Perché nessuna novella è giunta [da Dio] né alcuna rivelazione discesa”. (3)
In un altro poema indiziato alla sua amata, Yazid rifiuta il credo nella resurrezione e nella vita ultraterrena:
“O mia amata! Non credere d’incontrarmi dopo la morte
Perché quanto ti è stato detto sulla resurrezione
La resa dei conti delle nostre azioni è solo un mito
Per farti dimenticare i piaceri di questo mondo reale” (4).
Husayn bin ‘Ali (A) vide l’emergere di simile persona come il grande pericolo per l’Islam. Egli sapeva, come vero successore del Profeta, che era suo dovere mettere in guardia la Ummah Islamica.
La soluzione: La soluzione a questo problema era basata su due principi sociali dell’Islam: ordinare il bene (amr bi ‘l-ma’ruf) e proibire il male (nahi ‘ani ‘l-munkar). L’applicazione di questi principi assunse comunque differenti forme.
Il primo passo di Husayn fu di rigettare la richiesta fatta da Yazid di prestargli alleanza. In risposta alla richiesta di Yazid (attraverso il suo governante di Medina, Walid bin ‘Atba), l’Imam Husayn rispose con tre punti:
Husayn iniziò descrivendo il suo stesso ‘retroterra’ dicendo: “Io appartengo alla Casa della profezia, la fonte del messaggio, il luogo dove gli angeli erano soliti discendere e dove riposava la misericordia [di Allah]…”
Poi egli menziona il carattere di Yazid dicendo: “Mentre Yazid è un peccatore, un ubriacone, un assassino di vite innocenti, e uno che apertamente indulge in atti immondi”.
Infine egli conclude dicendo: “Una persona come me non può prestare alleanza ad una persona come lui”.
Il giorno dopo che Husayn diede questa risposta a Walid, Marwan bin Hakam (il capo degli Ummayadi a Medina) cercò di persuadere l’Imam dicendo che prestare il giuramento di alleanza a Yazid sarebbe stato “buono per te in questo mondo come nell’altro mondo”. L’Imam Husayn replicò dicendo: “Noi dobbiamo dire allora addio all’Islam se un governante come Yazid è imposto alla Ummah.”
Il secondo passo fu quello di far conoscere al mondo islamico il suo rifiuto di Yazid. Durante i giorni nei quali non vi erano quotidiani, radio o Tv, l’Imam Husayn decise di utilizzare il tramite dei pellegrini per trasmettere il suo messaggio. Non vi è dubbio che Husayn lasciò Medina perché la sua vita era in pericolo, e che egli scelse Mecca perché è considerata dal Corano come un rifugio ed un luogo di asilo per chiunque. Ma non bisogna ignorare il fatto che Mecca era anche il centro dell’Hajj (Pellegrinaggio). Il Pellegrinaggio annuale valse esso stesso come un’opportunità per Husayn di incontrare genti di differenti parti del mondo islamico ed informarle rispetto alla sua posizione su Yazid. Al loro ritorno, i pellegrini avrebbero sicuramente menzionato questa notizia molto significativa al loro popolo.
Il terzo passo fu quello di dare un scossa alla coscienza sonnolente della Ummah Islamica. Husayn bin ‘Ali diede la ‘scossa’ in due modi:
Primo, egli lasciò Mecca l’8 di Dhul-Hijja, giusto un giorno prima dell’inizio dei riti dell’Hajj. L’Imam ovviamente fece questo perché era stato informato che Yazid aveva inviato dei sicari travestiti da pellegrini per ucciderlo anche se lo avessero trovato nella santa Ka’ba. Ma deve esservi una ragione per aver scelto questo particolare giorno per lasciare Mecca. Abbandonando la città santa giusto un giorno prima dei riti dell’Hajj, l’Imam voleva obbligare i Musulmani indifferenti a riflettere e pensare sul perché il nipote del Profeta lasciasse Mecca prima di completare l’Hajj. Questa linea di pensiero avrebbe condotto alla conclusione che dal punto di vista di Husayn, Yazid non meritava di essere la guida della Comunità Islamica.
Secondo: attraverso il sacrificio supremo a Karbala. Husayn non solo donò la sua vita, ma anche quella dei suoi figli, fratelli, parenti ed amici. Husayn ed il suo piccolo gruppo di seguaci scelsero una morte onorevole di fronte ad una vita di disgrazia sotto un tiranno come Yazid. Questo piccolo gruppo di appena 100 persone affrontò almeno 30.000 soldati dell’esercito di Yazid; e nonostante tre giorni di sete, essi combatterono coraggiosamente ed ottennero la gloria del martirio.
Il terzo, e ultimo passo, nel piano di Husayn, fu di assicurare che la motivazione del suo sacrificio fosse correttamente trasmessa alla gente. Per questo egli portò con sé i figli e le donne della sua stessa famiglia. Questi bambini e donne – della famiglia del Profeta – furono fatti prigionieri dall’esercito di Yazid e portati da Karbala a Kufa e poi da Kufa a Damasco. Gli agenti di Yazid mostrarono i loro prigionieri in modo umiliante come monito contro chiunque avesse voluto opporsi a Yazid. Essi non compresero comunque che questo fornì anche l’opportunità a Zaynab e Umm Kulthum (le sorelle di Husayn) di presentare il loro lato della storia alla gente a Kufa, nelle varie soste lungo la strada per Damasco, a Damasco e nel palazzo dello stesso Yazid.
Yazid vinse la battaglia ma perse la guerra perché egli non raggiunse il suo obiettivo, che era quello di ottenere il proprio riconoscimento da parte di Husayn. Dall’altro lato Husayn, anche nella morte, raggiunse il suo obiettivo di risvegliare la coscienza addormentata della Ummah Islamica e far conoscere alla gente che essi non potevano rimanere indifferenti quando persone come Yazid diventano loro governanti. Il movimento che iniziò contro Yazid in particolare e gli Ummayadi in generale è la grande testimonianza della vittoria di Husayn. Il principale slogan utilizzato dalla gente nel rovesciare la dinastia Ummayade era “Ya li tha’rati ‘l-Husayn” (In vendetta per Husayn).
In definitiva, la ragione per il sacrificio di Husayn non era quella di ottenere il diritto di shafa’at che egli già possedeva, ma riformare la Ummah Islamica e risvegliare la loro coscienza sopita. Husayn non poteva tollerare l’indifferenza che i musulmani mostravano rispetto alla questione della guida. In uno dei suoi memorabili brevi discorsi in cui si rivolse alle truppe di Yazid sotto il comando di Hurr, l’Imam Husayn disse:
“O uomini! In verità il Profeta dell’Islam ha detto: “Se qualcuno vede un crudele governante che…..non compie i suoi doveri…..e agisce tra la gente in modo peccaminoso e aggressivo, e questa persona non fa nulla, con l’azione o la parola, per cambiare la situazione – allora, sarà diritto di Dio [nel Giorno del Giudizio] posizionare simile persona indifferente al fianco del governante tiranno.”
L’obiettivo degli ‘Azadari (le cerimonie di lutto)
La discussione precedente sulla filosofia del sacrificio di Husayn ci aiuta nel delineare l’obiettivo degli ‘Azadari (cerimonie di lutto) che sono stati raccomandati dagli Imam dell’Ahlu ‘l-Bayt che vennero dopo Husayn. L’obiettivo degli ‘Azadari non può essere differente dall’obiettivo del sacrificio di Husayn.
Noi abbiamo mostrato il principale obiettivo del sacrificio di Husayn a Karbala. Questo stesso obiettivo deve essere la meta degli ‘Azadari. Possiamo quindi dire che l’obiettivo degli ‘Azadari è:
– riformare costantemente noi stessi e la nostra società dal bene al meglio e dal meglio alle forme migliori rispettando i più importanti principi dell’Islam conosciuti come ordinare il bene (amr bi l’-ma’ruf) e proibire il male (nahi ‘anil ‘l-munkar).
– apprendere e seguire la vita del Profeta (S) come preservata e insegnata dall’Imam ‘Ali bin Abi Talib e dagli altri Imam.
Nel complesso, l’istituzione degli ‘azadari è stata la spina dorsale della comunità sciita nell’educare i suoi membri riguardo la loro religione. L’immensa partecipazione emotiva che gli Sciiti provano per i martiri di Karbala opera come magnete nel trainarli verso i majlis e altre cerimonie di ‘azadari. L’esperienza ha mostrato che nei programmi di lutto per Husayn gli organizzatori non devono uscire per promuoverli o avvisare la gente a partecipare. L’amore che gli Sciiti hanno per i martiri di Karbala li spinge in simili programmi. La storia è leggermente diversa quando gli stessi organizzatori devono organizzare una lezione o un programma accademico, anche se la lezione è di un ‘alim o sapiente molto eminente.
L’attaccamento psicologico ed emotivo che gli Sciiti hanno per gli ‘azadari dell’Imam Husayn (A) è uno strumento davvero prezioso ed importante per implementare gli obiettivi degli ‘azadari sopra delineati. La storia degli Sciiti in diverse parti del mondo dimostrerà il fatto che gli ‘azadari sono stati il più importante mezzo di educazione religiosa di massa.
Conteggiare il valore degli ‘azadari in termini di dollari è il risultato dell’ignorare gli aspetti psicologici ed emotivi. Sono convinto che ogni tentativo di eliminare i programmi di ‘azadari, e convogliare il loro tempo ed energia ad altri aspetti – ad esempio lavori caritatevoli o accademici – è destinato al fallimento e non sarà così produttivo. Invece di assumere simile negativa attitudine, il presente scrittore crede che i passi devono esser intrapresi per migliorare la produttività e qualità dell’istituzione di ‘azadari. L’istituzione di ‘azadari è simile alla scuola, e se vi è un problema in esso il giusto approccio è allora quello di riformare la scuola, non di eliminarla.
Gli organizzatori, i partecipanti e, prima di tutto, gli oratori, devono focalizzarsi sui propositi degli ‘azadari stessi: 1) riformare la comunità ordinando il bene e proibendo il male; 2) seguire l’Islam di Muhammad (S) come preservato da ‘Ali (A). I nostri majalis, i nostri nawha e marsina (poesie di lutto), e i nostri matam (lamenti) devono tutti condurci – intellettualmente, spiritualmente ed emotivamente – verso questi due obiettivi. Solo allora saremo capaci di trarre il massimo dall’istituzione di ‘azadari, e adempiere al nostro patto con l’Imam Husayn che “se fossimo stati a Karbala con te, avremmo sacrificato anche le nostre vite”.
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NOTE
1) Questo avvenimento è stato citato sull’autorità di Shaykh as-Saduq e Shaykh at-Tusi da Shaykh ‘Abbas al-Qummi, “Nafasu’l-Mahmum” (Tehran: M.I, 1368 AH [solare]), pag. 7. Cfr. anche il suo “Muntaha’l-Amal”.
2) La battaglia di Badr ebbe luogo il 2 A.H.; fu la prima guerra tra i miscredenti di Mecca ed i Musulmani di Medina. I miscredenti di Mecca erano guidati da ‘Atba bin Rabi’ah, il bisnonno di Yazid. ‘Atba fu ucciso da Hamzah (lo zio del Profeta) ed il figlio di ‘Atba da ‘Ali bin Abi Talib.
3) Sibt ibn al-Jawzi, Tadhkiratu Khawasi ‘l-Ummah, p. 261; at-Tabari, Ta’rikh, vol. 3, p. 2174.
4) Sibt ibn al-Jawzi, Tadhkiratu Khawasi’l-Ummah, p. 291.
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