Ruhollah Arcadi
È indubbio che la questione dei rapporti tra Islam ed Occidente si è sempre prestata agli equivoci più incresciosi ed alle distorsioni le più perniciose e riprovevoli. Una siffatta circostanza è dovuta, a nostro modesto avviso, il più delle volte, se non alla più completa malafede, almeno ad un’ignoranza a nostro parere il più delle volte nient’affatto incolpevole, visti e considerati tutti gli strumenti di conoscenza messi a disposizione, specialmente oggigiorno, senza difficoltà o preclusioni di sorta, di chiunque voglia darsi la pena di farsi un minimo di chiarezza su questa medesima questione.
Sennonché, nella fattispecie dell’argomento che qui ci interessa, si tratta d’accedere ad una visione delle cose che si ponga anche, se non soltanto, dalla parte dell’Islam, il che urta il più delle volte in una vera e propria barriera culturale, frutto di sedimentazioni secolari, quand’anche non si tratti direttamente di limitazioni inculcate da quanti perseguano un fine generalizzato di distorsione e di disinformazione, che sono all’origine di quell’ignoranza, colpevole od incolpevole che sia, e di quel rifiuto aprioristico, di cui poc’anzi.
Ora, quel che a questo medesimo riguardo è affatto rimarchevole, nelle prese di posizione di autorevoli personalità e temporali e spirituali del mondo musulmano, e nella fattispecie, dell’Islam Sciita, è l’assenza di un atteggiamento di diniego aprioristico e di rifiuto pregiudiziale dell’Occidente. Ci riferiamo qui all’Occidente non soltanto contemporaneo, in tutta l’ampiezza propria all’arco del succedersi delle sue elaborazioni culturali e spirituali, dei suoi processi scientifici, sociali, relativi all’amministrazione della cosa pubblica, ed a quella della ricchezza, ed al configurarsi della persona e dell’individuo, compresi in tutto il lasso di tempo che va dall’antichità, specialmente quella classica, ai giorni nostri.
Nei confronti di tutto ciò, un atteggiamento di chiusura preconcetta e d’ostilità indiscriminata non avrebbe nessun senso, in virtù di due ragioni, distinte e complementari: da un lato, sotto il riguardo di una realtà come quella occidentale, ed in particolare, di quella contemporanea che, come tutte le realtà di fatto del nostro mondo, ed a maggior ragione nel suo caso, come avremo modo di vedere più oltre, è alcunché di composito, che include in sé elementi disparati, e sovente contrapposti; e dall’altro canto, sotto il riguardo dell’Islam stesso, che va qui inteso nella sua connotazione essenziale di Sigillo della Rivelazione, di compimento finale del Messaggio d’Iddio Altissimo, sia magnificato e glorificato, all’uomo, ovverosia nella sua natura unitaria ed universale, alla quale non solo non è estraneo nessuno dei contenuti di realtà, a prescindere dall’errore e dall’illusione, di cui peraltro essa può dare ragione, compresi nei variegati universi culturali del genere umano, ma che anzi, appunto in virtù di quel rapporto privilegiato con il dominio della Trascendenza, che ne fa la Tradizione ultima, e la Legge completa, e quindi, proprio e soltanto sotto questo riguardo, la Legge del nostro tempo, include per ciò stesso questi medesimi elementi di realtà in una guisa eminente ed esemplare, dando loro il loro precipuo valore.
E che non vi sia mai stato da parte dell’Islam un atteggiamento d’ostilità preconcetta nei confronti dell’Occidente, così come di tutte le altre civiltà con cui esse è venuto di volta in volta in contatto nel corso delle sue vicende, lo dimostra lo svolgersi di queste stesse sue vicende, la sua cultura, il suo stesso agire quotidiano, nella loro sostanzialità esaustiva, a prescindere peraltro da alcune varianti affatto incidentali, il cui marchio d’infamia, che ne fa vere e proprie aberrazioni antiumane, trova esatto riscontro nella loro origine spuria, anche e soprattutto sotto il riguardo esistenziale, e nei fattori, in buona parte d’ordine sociale, ed in genere materiale, che le hanno suscitate ed alimentate, a prescindere dal diretto intervento delle potenze secolari estranee, del tutto aliene alla genuina tradizione musulmana. Valgano per tutti gli esempi contemporanei del letteralismo riduzionista ed intollerante del Wahabismo e del Salafismo, dell’indifferentismo umanitarista e della falsa gnosi del Bahaismo, e non solo quelli purtroppo, e basti qui pensare, ad esempio, oltre ad altre gravi deviazioni, quale quella del liberalismo uniformatore, a certe altre forme di letteralismo rigorista e settario, contrario alla realizzazione delle stazioni trascendenti, e dei livelli della contemplazione presenziale, che hanno una loro certa diffusione, sciaguratamente dura a morire, all’interno dello stesso mondo sciita.
Stando così le cose, dalla parte dell’Islam, e ci riferiamo qui naturalmente ad un Islam genuino, e nient’affatto deviato, ed il discorso vale a maggior ragione per l’Islam Sciita, non è riscontrabile, in linea sia di fatto, sia di principio, nessun atteggiamento che consenta suffragare l’assunto di un’aggressività nei confronti del mondo esterno affatto connaturata, come recita invece la vulgata propagandistica del secolarismo moderno e contemporaneo, che lo indurrebbe a ricercare ad ogni costo lo scontro violento con le culture ad esso estranee, ovverosia la pretesa, sotto un riguardo di poco differente, che coinvolge ambedue i termini della supposta opposizione, dell’inevitabilità biunivoca dello scontro tra le diverse culture, reputate irriducibilmente rivali, assunto che da qualche tempo a questa parte va per la maggiore negli ambienti del neoimperialismo mondialista di matrice nord americana e sionista, e non soltanto purtroppo, laddove se ne volga l’attenzione a certe diramazioni, quand’anche inconsapevoli.
Ma con tutto questo, il nostro discorso non è per nulla concluso. Giacché, se è pur vero che un atteggiamento di aprioristica ed ingiustificata preclusione nei confronti delle altre culture, e dei diversi mondi umani, è del tutto estraneo ai principi dell’autentica dottrina islamica, e non ha nessun riscontro nella genuina concretezza del suo agire, sarà pure vero dall’altra parte che l’atteggiamento opposto d’accettazione pregiudiziale e passiva di tutto quanto venga dall’esterno, o anche possa scaturire da un malinteso sviluppo interno deviato dalla sua primaria destinazione, è assolutamente privo di senso, ed il discorso vale a maggior ragione per quella che è la realtà di fatto prevalente, e per l’innegabile ed inequivocabile connotazione di principio, sotto il rispetto delle sue stesse elaborazioni di pensiero, a questo medesimo riguardo, dell’Occidente contemporaneo.
Si era già visto poc’anzi, come quest’ultimo sia nella sua realtà alcunché di composito, includendo in sé elementi disparati e contrapposti, a dispetto del loro squilibrio quantitativo apparente, taluni dei quali, anzi la loro maggioranza, nulla o quasi nulla hanno a che vedere con un qualsivoglia contenuto di realtà, vale a dire, se non altro apparentemente e pretestuosamente, con la Volontà e la Legge Divina. Ma si potrebbe bene obiettare a questo stesso proposito, in una sorta di accesso di relativismo conflittuale, indiscriminato e generalizzato, che il medesimo discorso può ben valere, del pari, per la realtà effettuale dello stesso Islam, che includerebbe anch’esso in sé elementi consimili, disparati e contrapposti.
Quel che qui importa di sottolineare a questo riguardo, è che quando noi facciamo riferimento alla concretezza del mondo musulmano nella sua più estesa generalità, vi possiamo ravvisare, indubbiamente e necessariamente, elementi siffatti, disparati e contrapposti, anche a prescindere da quelle aberrazioni di cui abbiamo or ora fatto menzione, ma senza che ciò possa togliere che, a dispetto di tutto questo, a dispetto di tutte le deviazioni, di tutti i tradimenti, di tutti i malintesi, in esso sia pur sempre dato di riscontrare inequivocabilmente la presenza imprescindibile, ed in definitiva preponderante, e sotto il riguardo apparente, e sotto il riguardo essenziale, di un elemento formatore d’ordine divino, a dispetto di tutti i rifiuti, di una Legge Rivelata massimamente efficace nella sua completezza, attualità, universalità, e concretezza, Legge atta a dare orientamento e forma a tutto un insieme di circostanze obiettive, di elementi temporali, di sostanze ed accidenti o indifferenti od estranei, talvolta anche a dispetto dell’ostilità e dell’incompatibilità della loro destinazione originaria. Giacché è questa, a nostro avviso, l’autentica forza, d’ordine eminentemente interiore e trascendente, dell’Islam. Nulla che abbia peraltro a che vedere, in linea di principio almeno, con una imposizione violenta ed arbitraria, a dispetto d’eventuali, e talvolta anche necessarie, contingenze, che non ne inficiano peraltro il diritto essenziale ed eminente. È questo il principio al quale intendiamo fare qui riferimento.
Nell’Occidente contemporaneo, al contrario, si è in presenza, per la prima volta nello svolgersi delle vicende del genere umano a noi direttamente conosciuto, a prescindere dalle narrazioni rivelate e dalle tradizioni le più antiche, che ce ne danno ulteriore ragguaglio, al tentativo di portare all’esistenza, a dispetto dei suoi assurdi di principio, e delle sue aberrazioni di fatto, una società completamente secolarizzata. In essa la Legge Divina viene ridotta ad essere un semplice elemento indifferente tra tanti, che coesiste associata ad altri elementi che pretendono di assurgere ad una pari, o finanche superiore dignità, senza che pertanto ad un mondo siffatto abbia a darsi, anche in una guisa la più distorta e spuria, ma pur sempre efficace, una forma scaturente da un Legge Rivelata, capace d’orientarlo in senso trascendente, dandogli per ciò stesso un significato, restando quindi velleitariamente affatto privo, a questa medesima stregua, sia di un principio, che di un mezzo, che di un fine nel segno della Volontà Divina, ond’esso abbia a conformarVisi ed a trarNe giovamento ed attuazione.
A questa medesima stregua, nel caso dell’Occidente contemporaneo, e del suo secolarismo complessivo, nient’affatto parziale, perché è questo il risultato dell’associazione suddetta nel suo indifferentismo, ci ritroviamo al cospetto di una delle più gravi, forse della più grave forma di “şirk“, vale a dire, d’associazione parificatrice d’uno o più dei, d’una o più realtà, all’Unico Iddio, all’Uno, sia magnificato ed esaltato, per cui non ci si dà la pena di subordinare, non soltanto in linea di fatto, ma neppure in linea di principio, gli elementi effettuali del mondo umano alla Volontà Divina ed alla Sua Legge Rivelata.
Legge la quale, e questa conseguenza va ribadita e sottolineata con fermezza, deve necessariamente assumere un aspetto positivo, esterno, come controparte conseguenziale di un elemento trascendente, di un nucleo centrale interiore, oltre che per intrinseca necessità, al fine d’evitare la ricaduta in forme d’interiorismo affatto incapacitanti, nel loro rifiuto d’incidere sulla realtà delle circostanze obiettive, ed assolutamente funzionali ai misfatti del secolarismo contemporaneo, dato che esse favoriscano, dando il loro non trascurabile contributo, l’abbandono della generalità degli uomini alle loro pulsioni regressive e confuse, senza dare loro una legislazione tradizionale atta a frenarle e ad orientarle, per tacere delle aberrazioni sociali, nel dominio della collettività, e nella fattispecie, per quel che concerne il governo della cosa pubblica, che da tutto ciò discendono.
È questo presunto e preteso progresso, grazie al quale si pretende d’attribuire all’uomo comune dell’Occidente contemporaneo una dignità ed una stazione tanto elevate quanto fallaci, ch’egli non possiede minimamente, se non appunto nella loro fallacia, non essendo egli di fatto, stando così le cose, per nulla in grado di conseguire un qualsivoglia avanzamento dalle brutture del suo stato effettuale, è appunto questo “progresso”, che l’Islam può ben concedersi il lusso di lasciare agli altri, a quegli stessi che fanno peraltro di tutto per imporglielo in tutti i modi, con le buone o con le cattive maniere.
Il dovere dell’Islam nel mondo contemporaneo è pertanto quello di salvaguardare a tutti i costi, in tutti i modi possibili, l’assoluta preminenza della Volontà Divina e della Sua Legge Rivelata, del Suo Vaticinio. È appunto il riconoscimento e l’accettazione di questa presenza e di questa preminenza ad assicurargli una superiorità esistenziale incontestabile, ad un esame attento e spassionato, nei confronti dell’Occidente, o piuttosto e soprattutto, di questo Occidente contemporaneo, a dispetto di tutte le sue false ed ingannevoli luminarie materiali, e di tutti i suoi tentativi, subdoli o violenti a seconda dei casi, d’imporgli la sua visione del mondo e la sua realtà di fatto.
Certo, sarebbe d’altra parte un gravissimo errore reputare il nemico esterno come la causa di tutti i nostri mali, giacché la lotta contro i fattori che s’adoperano per allontanare l’uomo dalla via d’Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, è innanzitutto d’ordine interiore, è il “Grande Jihad“, la cosiddetta, impropriamente nella vulgata del linguaggio corrente occidentale, “Grande Guerra Santa”, che non è in realtà se non lo sforzo, anche in senso letterale, di conformare la natura umana in sé stessa alla sua destinazione trascendente, alla Volontà Divina, di cui il “Piccolo Jihad“, la lotta e lo sforzo esteriore, secondo una celebre narrazione profetica, tutt’altro che inattendibile, come vorrebbero taluni ignoranti, non è che la proiezione conseguenzialmente necessaria, dalla quale peraltro non è dato di prescindere, nella sua consequenzialità e necessità condizionata.
È solo grazie alla ricchezza dell’interiorità formata dalla luce della Rivelazione del Vaticinio propria al buon musulmano, che in definitiva s’identifica, al culmine delle sue stazioni, con la persona umana nella pienezza della sua natura propria, pienamente conforme alla dignità ed alla libertà eminente conferitegli da Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, al centro del creato, ed alla destinazione trascendente a cui essa lo rende atto, è per questa ricchezza che l’Islam, attuandosi nella sua qualità unitaria e riassuntiva di Sigillo della Rivelazione, viene messo in grado di riconoscere nelle altre culture, negli altri mondi umani, nelle altre tradizioni spirituali dell’umanità, quei medesimi elementi che gli sono propri in una guisa eminente, provenendogli da Iddio stesso, sia esaltato il Suo Essere: senza dovere pertanto scadere nel cosiddetto “sincretismo”, vale a dire, l’accozzamento arbitrario d’elementi disparati, o nell’imitazione passiva e pedissequa, o nelle torbide effusioni sentimentali del cosiddetto “ecumenismo”, vale a dire, di un falso neospiritualismo indifferentista e livellatore, del tutto privo di discernimento, che è la contraffazione verso il basso di quell’unione da conseguirsi invece nel verso del fastigio dell’Unità Divina, aperto non certo all’influsso della grazia dell’Altissimo, sia benedetto ed esaltato, ma a tutte le aberrazioni possibili ed immaginabili.
Tutto ciò gli consentirà pertanto di respingere nel contempo, con la massima fermezza, tutte le concrezioni spurie, nel verso della purità divina, che possano associarsi ai vari elementi di realtà, specialmente per quello che concerne l’Occidente contemporaneo, e che in definitiva, sotto un riguardo superiore, ad altro non si riducono, che ad impedimenti e limitazioni della profusione divina, a vere e proprie negazioni e privazioni esistenziali.
Si può bene affermare, a questo medesimo riguardo, riformulando una celebre espressione di un grande uomo di conoscenza cristiano del tempo che fu, di Meister Eckart, che ciò che l’Islam combatte e rifiuta dell’Occidente non è il suo essere, ma bensì il suo non essere. E così facendo, esso non farà che ripetere il gesto esemplare che ai suoi primordi ne consacrò la vittoria sulla miscredenza, allorquando Muhammad, l’Inviato d’Iddio Altissimo, benedica Iddio lui e la sua Famiglia Immacolata, abbatté gli idoli che contaminavano la purezza della Casa d’Iddio.
Giacché, come recita il Sacro Corano: “O miscredenti! Io non adoro quello che voi adorate – E voi non adorate quello che io adoro -…- A voi la vostra religione, e a me la mia” (Sacro Corano, CIX, 1-5).
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