Religione e secolarismo: loro significato e manifestazione nella storia islamica (S.H.Nasr)

Religione e secolarismo: loro significato e manifestazione nella storia islamica

S.H. Nasr

Quando vogliono studiare il mondo islamico, coloro le cui menti sono state nutrite dal pensiero occidentale ricorrono inevitabilmente ai concetti di religione e secolarismo. Ma le parole non sempre possiedono lo stesso significato all’interno di contesti diversi. Questo è vero specialmente nella prospettiva di civiltà differenti. Per tanto è necessario definire ciò che si intende per religione e secolarismo in riferimento all’Islam, prima di discutere il loro significato nella storia islamica. Per chiunque abbia familiarità con l’Islam è ovviamente evidente che questi termini non possiedono lo stesso significato nelle lingue proprie della civiltà islamica rispetto a quello che possiedono nelle diverse lingue europee. Infatti non esiste nessun termine, in arabo o in persiano classico, che sia esattamente sinonimo della parola “secolarismo” (1).

Nell’Islam non esiste la distinzione tra religioso e secolare, o sacro e profano, come esiste nella cristianità. Nella prospettiva unitaria dell’Islam, tutti gli aspetti della vita, così come tutti i gradi della manifestazione cosmica, sono governati da un unico Principio e sono unificati da un centro comune. Non vi è niente al di fuori del Potere di Dio e, in un senso più esoterico, non vi è niente “al di fuori” del Suo Essere, giacché non si possono avere due ordini di realtà. “La ilaha illa Allah” significa in definitiva che non vi è altro essere o realtà oltre l’Essere Assoluto o la Realtà Assoluta.

In essenza, quindi, tutto è sacro e niente è profano, perché tutte le cose portano in sé la fragranza del Divino. In tale prospettiva, il significato di religione e secolarismo appare sotto una nuova luce. La religione diventa la Rivelazione che Dio ha inviato all’essere umano per guidarlo verso l’Unità ed aiutarlo ad essere quello che sempre “fu”, ma che ha dimenticato; vale a dire, per fargli ricordare ed ottenere la beatitudine celestiale di cui godeva prima di cadere nella prigione dei sensi. La religione può considerarsi, in definitiva, come la guida Divina attraverso la quale l’essere umano può superare la barriera ontologica che lo separa dalla sua Origine Divina, sebbene in essenza egli non ne è mai stato separato. D’altra parte, la religione non costituisce un singolo caso di guida divina, ma l’insieme di tutte le rivelazioni inviate, attraverso 124.000 profeti menzionati nelle fonti islamiche tradizionali, ai popoli di tutte le epoche e nazioni, l’ultimo dei quali, nel presente ciclo dell’umanità, è Muhammad (S) (2). Per questo il Profeta affermò di non aver portato nulla di nuovo, ma di aver ri-affermato la Verità proclamata da tutti i profeti anteriori e ri-stabilito la Tradizione primordiale (al-din al-hanif), che è la Verità presente nella natura delle cose. Il mistero della creazione si trova nel fatto che Dio, nonostante la Sua perfezione e la Sua completezza, pone in essere il mondo il quale, sebbene non sia niente altro che Egli stesso, di fatto non partecipa alla Sua perfezione. Infatti, manifestazione significa imperfezione, perché implica la separazione dalla Fonte di ogni bene. E’ questa separazione che, sebbene illusoria rispetto al Divino, è tuttavia del tutto reale rispetto all’esistenza cosmica, e che è l’origine di ogni secolarismo, o di tutto quanto, dal punto di vista umano, non è sacro o divino.

Secolarismo, conseguentemente, può considerarsi tutto ciò la cui origine è meramente umana, e per tanto non divina, e la cui base metafisica si trova in questo iato ontologico tra l’essere umano e Dio. Ovviamente, in realtà anche questo vuoto è un simbolo del Divino, così come Satana è la scimmia di Dio, ma dal punto di vista dell’uomo nella sua imperfezione terrena – o in quello che nel Cristianesimo è chiamato lo stato dell’“uomo decaduto” – questa separazione è reale, con una realtà che si affianca a quella dell’ordine Divino stesso. Così, nell’esistenza sociale e storica dell’uomo, il secolarismo è giunto ad acquisire una realtà grande quanto la stessa religione. O, nel mondo di oggi, nel quale alla maggioranza degli uomini moderni Dio non sembra essere in nessuna parte, e nel quale è stato eclissato dalle ombre della dimenticanza, il secolarismo è perfino giunto ad occupare il centro della scena ed a reclamare tutti i diritti per sé. Considerata da questo punto di vista, la religione nell’Islam significa prima di tutto la Rivelazione islamica e tutte le verità, tanto exoteriche quanto esoteriche, rivelate nel Sacro Corano ed interpretate dal Profeta nei suoi detti e tradizioni.

Nel caso della Shi’a, ai detti del Santo Profeta si aggiungono quelli degli Imam. In secondo luogo, religione significa tutti gli insegnamenti ed istituzioni di origine divina rivelati attraverso gli altri profeti anteriori all’Islam, molti dei quali l’Islam, grazie alla sua universalità e potere di sintesi – che costituiscono la sua raison d’être – integrò nella propria prospettiva. In modo simile, il secolarismo implica idee ed istituzioni di origine puramente umana, non derivate da una fonte ispirata. Pertanto non dobbiamo considerare come secolare qualsiasi cosa che non sia in maniera specifica all’interno degli insegnamenti dell’Islam, né come necessariamente religiosa ogni cosa che viene praticata da coloro che professano l’Islam. La sapienza pitagorico-platonica, derivata dai misteri orfici ed ereditata più tardi dai musulmani, non può qualificarsi come secolare, ed alcuni degli scritti apologetici dei musulmani modernisti non possono considerarsi come religiosi, sebbene possano essere rivestiti da un linguaggio islamico.

La storia dell’Islam presenta molti esempi di intromissione di idee estranee alla visione del mondo della civiltà islamica, idee che in più di un caso sono state secolari nel senso definito sopra. Come menzionato precedentemente, il primo insieme di circostanze storiche nello sviluppo dell’Islam atteneva l’ambiente arabo nel quale l’Islam venne rivelato. Abbiamo molte pratiche e tradizioni arabe “pagane”, quali le vendette di sangue, l’assoluta lealtà alla tribù ed il culto degli idoli, che vennero proibite dalla prospettiva unitaria e universale dell’Islam. L’Islam condusse una battaglia contro molti di questi elementi, non soltanto durante i suoi primi anni di esistenza in Arabia, ma anche in altra forma durante il califfato omayyade.

Nella prima lotta della sua esistenza terrena, l’Islam riuscì a liberarsi dal diventare una religione araba locale, ma acquisì comunque un certo carattere arabo, poiché l’intera Rivelazione viene ‘tinta’ dal mondo nel quale venne inizialmente rivelata ed è inoltre parlata nel linguaggio del popolo al quale viene rivelata. Quindi, nonostante la vittoria dell’Islam sulle idee “pagane”, la conseguenza della battaglia di Siffin e il successivo stabilimento del califfato omayyade attraverso Mu’awiyah segna la prima intrusione del secolarismo nella vita politica dell’Islam, nel senso che la politica, o almeno una parte di essa, divenne separata dai principi divinamente rivelati e cadde nell’arena del potere politico nel quale le ambizioni umane costituirono il fattore dominante (3). Diffondendosi a nord, in quello che precedentemente era il dominio degli imperi Persiano e Bizantino, l’Islam incontrò un altro insieme di istituzioni e leggi politiche, amministrative e fiscali, che presentarono una sfida alla struttura unificata della prima comunità medinese.

Attraverso il potere di integrazione connaturato all’Islam, molte di queste istituzioni vennero islamizzate e assorbite nella struttura della società islamica, perdendo così i loro attributi estranei. L’acquisizione di altri costumi e metodi bizantini e persiani, specialmente nel campo della tassazione, introdussero una certa eterogeneità nella Legge islamica che successivamente giocò una parte importante quando molte delle leggi nel mondo islamico vennero secolarizzate durante i secoli tredicesimo/diciannovesimo e quattordicesimo/ventesimo.

Vi furono anche movimenti culturali di carattere nazionale in questo incontro tra Islam e civiltà persiana e bizantina, nel secondo e terzo secolo dell’egira, specialmente tra i persiani. Questi ultimi vennero infine assorbiti in seno all’Islam ed a questo punto nessuna altra grande idea secolare riuscì a penetrare nella visione del mondo islamica. Durante i periodi successivi, con l’indebolimento del califfato abbaside nei secoli quarto/decimo e quinto/undicesimo, l’intrusione di un’antica istituzione politica divenne una realtà. Nel momento stesso in cui al-Mawardi stava definendo la funzione del califfo, il potere del califfato venne a tutti gli effetti rimpiazzato da quello dei principi locali. Comunque, fu solamente con lo stabilirsi dei Selgiuchidi che l’esistenza di una terza autorità, il sultan, venne riconosciuta al fianco di quella della Legge Sacra e del califfo. In questo nuovo aggiustamento, che è riflesso negli scritti di teologi come al-Ghazali e specialmente nel “Siyasat-namah” di Khwajah Nizam al-Mulk, il sultanato, un’istituzione basata sui modelli sassanidi ed aliena alle prima organizzazione politica dell’Islam, venne riconosciuto come il fattore necessario per la preservazione della religione nella società (4).

Questo punto di vista venne accettato al punto che molti Sufi, filosofi e scienziati del periodo mongolo, come Najm al-Din Razi e Khwajah Nasir al-Din Tusi, scrissero a suo sostegno (5). Passando dalle questioni sociali e politiche a quelle culturali e intellettuali, troviamo ancora una volta l’introduzione di elementi stranieri nel mondo islamico, quali in questo caso la vasta eredità delle antiche civiltà mediterranee, della Persia e per certi aspetti dell’India. Ma anche qui un attento studio rivela che i musulmani accettarono solo quegli elementi di questa eredità che possedevano in definitiva un’origine ispirata e non gli aspetti secolari e naturalistici dell’eredità greco-romana che hanno alla fine portato alla morte della civiltà classica.

Vediamo quindi i saggi musulmani rivolgersi con entusiasmo agli insegnamenti della scuola pitagorico-platonica e agli scritti aristotelici letti attraverso i commentari neo-platonici. I musulmani, come il filosofo ebreo Filone, consideravano questi saggi gli eredi della saggezza dei profeti, e nella loro saggezza videro il riflesso della dottrina dell’Unità Divina insegnata dalle sacre scritture. Similmente, i musulmani fecero loro l’eredità scientifica di Alessandria, perché queste forme di conoscenza, come altre scienze cosmologiche antiche e medioevali, cercavano di mostrare l’unicità della Natura e l’interrelazione di tutto l’esistente (6).

Quindi, lungi dall’essere modalità secolari di conoscenza, esse erano intimamente legate al tema centrale della saggezza islamica, l’Unità, e lungo la storia islamica, le scienze e le dottrine metafisiche e religiose erano tra loro unite, come nel corpus Jabiriano o nel “Rasa’il” degli Ikhwan al-Safa’ (i Fratelli della Purità). Per esempio, le matematiche dei Greci e degli Indù negli scritti dei matematici musulmani vennero accorpate, creando o fornendo ulteriori sviluppi a molte nuove branche di questa scienza, inclusa l’algebra. Ma anche qui le matematiche erano considerate non una tecnica secolare ma più come la scala di Giacobbe che si estendeva dal mondo sensibile a quello intellegibile e come la scienza che i Pitagorici consideravano essere la chiave ai tesori dei misteri Divini. Vi furono, ovviamente, alcuni aspetti della cultura classica che scarsamente interessarono i musulmani, tra i quali le filosofie secolariste degli Epicurei ed alcune dei Cinici o il naturalismo degli atomisti. L’unico elemento di natura potenzialmente secolare che penetrò comunque nella visione del mondo islamica fu il razionalismo inerente la filosofia peripatetica.

Il razionalismo, fondandosi sulla esclusiva validità del giudizio della ragione umana – la quale non è che un riflesso dell’Intelletto – tende verso il secolare per natura, perché la ragione umana, sebbene reale al suo proprio livello, è una limitazione e dispersione dell’Intelletto ed in tal misura radicata in quel vuoto illusorio che separa la nostra esistenza dalla Realtà Ultima. Questo razionalismo, che non si basa né sulla Rivelazione Islamica né su altre dottrine ispirate che sono largamente gnostiche e illuminazioniste piuttosto che razionalistiche, fu per molti secoli la principale fonte di potenziale secolarismo nella vita culturale dell’Islam. Esso si manifesta primariamente nella forma di vari movimenti filosofici e teologici. Il più famoso di questi fu quello dei Mutaziliti, che non si indebolì se non nel quinto/undicesimo e sesto/dodicesimo secolo. A quel tempo, sotto la pressione sia della teologia che del sufismo, il pericolo del soffocamento della vita spirituale sotto il razionalismo venne ridotto: la scena era pronta per l’espansione delle dottrine sapienziali di saggi come Shaykh al-Islam Shihab al-Din Suhrawardi e Ibn ‘Arabi.

In questa sfida, i principi spirituali dell’Islam incontrarono il secolarismo nella sua forma più basilare, e nel restringere la sua influenza permisero al mondo islamico di continuare la sua vita sulle fondamenta stabilite dalla rivelazione coranica. Il più devastante attacco del secolarismo all’Islam non avviene che nel tredicesimo/diciannovesimo secolo, ad opera di una civiltà che, diversamente dai defunti Greci, era materialmente più potente del mondo islamico e politicamente ed economicamente interessata a sopraffarlo. Questo attacco, facilitato dalla debolezza interna in gran parte del territorio dell’Islam durante l’ultima parte del dodicesimo/diciottesimo secolo, e la parziale distruzione di alcune delle confraternite sufi tramite nuove forme di razionalismo puritano come il Wahhabismo in Arabia e gli Ahl al-Hadith in India, iniziò ad influenzare quasi tutti gli aspetti della vita islamica, inclusa la legge, il governo e l’amministrazione, l’educazione e persino la religione stessa (7).

Nel campo della legge, attraverso una serie di cambiamenti o tanzimat realizzati dall’Impero Ottomano, quella parte che dall’inizio era rimasta al di fuori della legislazione coranica si era convertita in vari codici europei. Questi codici non traevano origine da società teocratiche come quella Bizantina o Persiana ma dall’Occidente moderno, che sin dal Rinascimento si era mosso con velocità sempre più crescente verso la completa secolarizzazione di tutta la vita ed il divorzio delle cose dai loro principi spirituali. L’accettazione dei codici europei per le questioni commerciali e civili fu seguita nel quattordicesimo/ventesimo secolo dalla richiesta di ‘modernizzazione’, che significa sempre secolarizzazione, anche della legge personale che è chiaramente delineata nel Sacro Corano. E quindi troviamo noti modernisti come al-Zahawi, Tahir al-Haddad e molti altri implorare per l’‘uguaglianza’ legale delle donne nel senso europeo all’interno di una legge secolare e apologeti come Sayyid Amir ‘Ali vergognarsi della concezione islamica dello status della donna perché non conforme alla moderna visione europea (8).

Nel campo del governo, non vi è stata uniformità di azione. Ogni terra musulmana aveva una sua forma politica peculiare. Si può dire in generale che lungo il mondo islamico molte idee concernenti il governo e l’amministrazione che si sono diffuse non solo erano di origine non-islamica ma, inoltre, frutti delle varie rivoluzioni degli ultimi due secoli in Europa. Ognuna di queste ha puntato ad un ampio livello di secolarizzazione della società. Tra queste ideologie, non ultima fra loro è il nazionalismo in stile occidentale, che in molte aree del mondo islamico è diventato una potente forza di secolarizzazione della società islamica. In nessun luogo l’intrusione del secolarismo nel mondo islamico è più evidente della sfera dell’educazione. Qui, dal tredecisimo/diciannovesimo secolo in poi, le scuole basate sul modello europeo e l’insegnamento delle materie europee sono spesso state costruite dalle autorità musulmane. L’originale speranza era di permettere ai musulmani di prevalere sui loro invasori europei. Comunque, la conseguenza di simili scuole è stata lo sviluppo, all’interno della società islamica, di una classe con visioni radicalmente differenti dalla maggioranza dei musulmani e la creazione di serie spaccature nell’ordine sociale musulmano (9).

Per vedere questa differenza di approccio, è sufficiente parlare con uno studente di una moderna università nel mondo islamico e comparare le sue idee con quelle di uno studente di una scuola religiosa o madrasah. La nuova educazione rappresenta un importante fattore nell’introduzione del secolarismo. Questo è specialmente vero non tanto a causa del soggetto-materia insegnato, ma del punto di vista dal quale i soggetti vengono insegnati. Anche le scuole medioevali musulmane insegnavano le matematiche, le scienze naturali, le lingue e lettere, oltre alla teologia, alla giurisprudenza ed alla filosofia. Comunque, le materie moderne che portano lo stesso nome non sono semplicemente la continuazione delle scienze islamiche, come affermato da molti apologeti musulmani. E’ vero che le scienze moderne hanno preso in prestito molte tecniche ed idee dalle scienze antiche e medioevali, ma il punto di vista nei due casi è completamente differente. Le scienze islamiche respiravano in un Universo in cui Dio era ovunque. Esse si basavano sulla certezza e cercavano il principio dell’Unità nelle cose, raggiunto attraverso sintesi e integrazione. Le scienze moderne, al contrario, vivono in un mondo in cui Dio non è da alcuna parte o, anche se c’è, è irrilevante per le scienze. Esse si basano sul dubbio. Avendo una volta per tutte voltato le loro spalle al Principio unificatore delle cose, esse cercano di analizzare e dividere i contenuti della Natura in misura sempre maggiore, muovendo verso la molteplicità e lontano dall’Unità. E’ per questo che la maggioranza degli studenti musulmani, apprendendole, tendono a differenziarsi alla tradizione islamica. Sfortunatamente, nessuno è in grado di vedere i cieli sia come Piedistallo del Trono di Dio sia come materia incandescente vorticosa verso lo spazio (10). Quindi, insegnando le varie scienze ed arti europee moderne, che sono per la maggior parte aliene alla prospettiva islamica, i programmi delle scuole e delle università nei paesi musulmani ha iniettato un elemento di secolarismo nella mente di una fascia piuttosto consistente della società islamica. In fine, per ciò che concerne la religione stessa, il secolarismo ha realizzato una certa invasione nella forma del razionalismo o di varie tendenze apologetiche (11).

Il movimento iniziato da Jamal al-Din Asadabadi, conosciuto solitamente come al-Afghani, e dallo Shaykh Muhammad ‘Abduh, di ridiscutere ancora una volta le basi della Legge Islamica e della teologia fu spesso segnato da una tendenza a sminuire o anche negare elementi che non erano in conformità con il pensiero moderno. Questo portò infine al movimento Salifyyah neo-Wahhabi in Egitto ed alla sua diffusione in altre terre, inclusa la Persia, dove pochi leader religiosi come Shariat Sangilaji diventarono suoi difensori. Ancor di più in India, dove il modernismo si diffuse maggiormente nel campo educativo e filosofico rispetto al Medio Oriente, quasi tutti i leader modernisti – da Sir Ahmad Khan e Sayyid Amir ‘Ali alle figure contemporanee – sono stati influenzati in qualche misura dal secolarismo.

Sebbene molti degli autori menzionati sopra continuino a pensare ancora all’interno della visione unificata dell’Islam, alcuni, come l’egiziano ‘Ali Abdal-Raziq, Shaykh Khalid e Taha Husayn (almeno nel suo primo periodo), fecero un passo ulteriore e predicarono apertamente la separazione della religione dalla vita temporale, riconoscendo il secolarismo come un polo legittimo di vita al fianco della religione.

In Persia ed in altre aree del mondo musulmano, il movimento Baha’i introdusse idee secolari ed occidentali con un abito religioso e giocò un certo ruolo nella diffusione del secolarismo tra certe classi dei paesi coinvolti. Vediamo, quindi, che in quasi ogni aspetto della vita i principi unitari dell’Islam vengono sfidati dalle idee secolari e il mondo islamico affronta il pericolo mortale del ‘politeismo’ o shirk, che è l’insieme delle varie idee europee moderne quali divinità al fianco di Allah. E’ difficile prevedere quello che sarà il risultato di questa lotta tra un difensore debole e un nemico materialmente potente. Certamente il mondo islamico non può sperare di ritornare ad una vita omogenea e integrale mentre prosegue il sempre crescente disordine nel mondo occidentale. Comunque l’Islam non è esclusivamente una via di amore come la Cristianità e quindi non può rimanere ignaro di ogni forma di conoscenza. La via dell’Islam è essenzialmente gnostica. Quindi deve avere una risposta agli altri sistemi che affermano di esporre una scienza delle cose e deve essere in grado di collocare tutti gli ordini dell’esistenza all’interno della sua prospettiva universale.

Qualunque sia il risultato immediato di questa lotta, non vi è dubbio che alla fine le nubi dell’illusione e dell’irrealtà svaniranno. Indipendentemente da quanto il pensiero secolarista possa apparire dominante, esso non ha più sostanza della fragile e mutevole natura umana dalla quale esso deriva il suo essere. Quando l’illusione della separazione tra l’anima ed il Sé Divino viene rimossa, realizziamo che non vi è altro che un Principio dominante in ogni modalità della manifestazione, e che la realtà che noi vedevamo nel secolarismo come principio concorrente della religione non era altro che la realtà delle fantasie dell’anima non risvegliata dal sogno della negligenza e della dimenticanza.

NOTE

  1. Esiste comunque il termine ‘urfi, che si riferisce essenzialmente alla legge; dunyawi, che significa questo mondo in contrasto con l’altro mondo; e zamani, che significa temporale in opposizione ad eterno, ma nessuno di questi ha esattamente lo stesso significato di secolare.
  2. Effettivamente Islam, nel senso più universale, significa riaffermazione della Verità che sempre fu e sempre sarà e alla quale tutti gli ordini dell’esistenza partecipano, natura inclusa.
  3. Cfr. Gibb, H. A. R., ‘An Interpretation of Islamic History. I’, Muslim World.
  4. Cfr. Lambton, A. K. S, ‘Quis custodiet custodes? Some Reflections on the Persian Theory of Government’, Studia Islamica, vol. V, 1965, pp. 130 if.; e Binder, L., ‘Al-Ghazali and Islamic Government’, Muslim World, XLV, No. 2, July 1955. [in italiano, cfr.: Nizam al-Mulk, “L’arte della politica”, Luni Editrice, 1999]
  5. Cfr. Mirsad al-‘ibad di Najm al-Din Razi e il “Nasirean Ethics” di Tusi.
  6. Cfr. Burckhardt, T., ‘Nature de la perspective cosmologique’, Études traditionelles, vol. 49, 1948, pp. 216-19. [in italiano: “Natura della prospettiva cosmologica”, in T.Burckhardt “Considerazioni sulla conoscenza sacra”, SE, 1989]
  7. Per un dettagliato studio dell’influenza occidentale su questi ed altri aspetti della vita nell’Impero Ottomano, cfr. Gibb, H. A. R., e Bowen, H., Islamic Society and the West, Oxford University Press, 1957. E’ superfluo dire che il modernismo, che è per lo più sinonimo del secolarismo, ha influenzato anche la vita quotidiana dei musulmani, il loro abbigliamento, architettura, urbanistica, decorazioni interne, dieta, ed altri aspetti di natura simile che possiedono una profonda influenza sull’intera prospettiva dell’uomo. Sebbene non possiamo approfondire questo argomento al momento, vogliamo enfatizzare l’importanza di questi fattori nel preparare la strada alla diffusione del secolarismo.
  8. Per uno studio completo del modernismo nell’Islam, cfr. Gibb, H. A. R., Modern Trends in Islam, Chicago, 1947.
  9. ‘E’ per noi importante considerare l’ampiezza di questa frattura tra educazione religiosa e secolare in Egitto e le sue conseguenze di ampia portata. Non solo ha posto scuola contro scuola e università contro università, ma ha contribuito più di ogni altro fattore alla divisione nella società musulmana… il settore ortodosso contro quello ‘occidentalizzato’ in quasi tutti i settori dell’attività sociale e intellettuale, nella maniera di vestire, vivere, nelle abitudini sociali, intrattenimento, letteratura e persino nel linguaggio’. Gibb, H. A. R., Modem Trends …. p. 42. Lo stesso può esser detto della Persia, del Pakistan e della maggior parte degli altri paesi musulmani.
  10. Per una profonda discussione di questa questione, cfr. F. Schuon, L’il du cur, Parigi, 1974, pp.95-7. [In italiano “L’occhio del cuore”, Mediterranee, 1982]
  11. 11. Cfr. L. Gardet, La Cité musulmane, Paris, 1954, pp. 350-62.

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Writer : shervin | 0 Comments | Category : Il pensiero islamico

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