L’Islam e il pluralismo religioso (S.M. Rizvi)

L’Islam e il pluralismo religioso

Sayyid Muhammad Rizvi

L’Islām è l’unica Retta Via? As-Ŝirātul Mustaqīm (il giusto sentiero) è una singola realtà o esistono più percorsi che conducono alla stessa destinazione? Cosa accade ai non musulmani che conducono una vita dignitosa e non violano i diritti delle altre persone? Guadagnano la salvezza e vanno in paradiso o no? Queste sono alcune delle scottanti domande dell’era moderna.

Il concetto di pluralismo religioso non è nuovo; è stato discusso in una forma o nell’altra da filosofi e teologi del passato appartenenti a scuole differenti. Tuttavia, con la maggiore interazione tra seguaci di diverse religioni e l’incremento delle iniziative di dialogo interreligioso, nel pensiero corrente il pluralismo religioso ha assunto nuova vita.

Quando il grande filosofo Āyatullāh Murtadhā Mutahharī scrisse la sua opera fondamentale ‘Adl-e Ilāhī (La giustizia divina), più di quaranta anni fa, il dibattito sul pluralismo religioso non era ancora diventato così popolare in Iran. Quella che avete tra le mani è la traduzione dell’ultimo capitolo di ‘Adl-e Ilāhī sulle “Buone azioni dei non musulmani”. (1)

L’ambito più appropriato per discutere del pluralismo religioso e delle questioni correlate sarebbe quello della “nubuwwah” (profezia), laddove viene trattato l’obiettivo della profezia del Profeta Muhammad (S). Tuttavia la domanda “Cosa accade alle buone azioni dei non musulmani?” riguarda anche il tema della giustizia divina, e così l’Āyatullāh Mutahharī vi ha risposto alla fine del suo Adl-e Ilāhī.

Tuttavia, prima di discutere tale questione in dettaglio, l’Āyatullāh Mutahharī ha anche esposto brevemente le sue opinioni sullo stesso pluralismo religioso. Come leggerete voi stessi, esprime la posizione prevalente dei teologi e filosofi musulmani secondo cui l’Islām è l’unica retta via.

Tuttavia, e soprattutto, avverte i lettori di non giungere alla conclusione che poiché l’Islām è l’unica retta via tutti i non musulmani andranno allora all’inferno. La visione esclusivista dell’Islām come retta via non porta automaticamente e necessariamente alla convinzione che tutti i non musulmani andranno all’inferno.

Nell’ultimo decennio e mezzo la questione del pluralismo religioso è stata dibattuta appassionatamente tra i musulmani in Occidente come in Oriente. Alcuni intellettuali musulmani hanno persino tentato di imporre il concetto di pluralismo religioso allo stesso Corano!

Vorrei cogliere l’occasione per presentare brevemente questa discussione come preambolo all’opera del grande studioso Āyatullāh Murtadhā Muťahharī.

Mentre si discute il concetto di pluralismo nel contesto islamico, è importante definire chiaramente il termine. Il pluralismo può essere usato in due diversi significati: dal punto di vista sociologico “pluralismo sociale” significa una società che composta da un mosaico multi-confessionale o multiculturale, mentre il “pluralismo religioso” da una prospettiva teologica attiene un concetto in cui tutte le religioni sono considerate ugualmente vere e valide.

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Pluralismo sociale

Per quanto riguarda il pluralismo sociale, l’Islām invita alla coesistenza e tolleranza reciproca tra le persone di diverse religioni e culture. Tra le tre religioni abramitiche è solo l’Islām ad aver accordato un riconoscimento al giudaismo e al cristianesimo. Il giudaismo non riconosce Gesù come il Messia atteso o Profeta, e il cristianesimo non riconosce Muhammad (S) come un vero Profeta e Messaggero di Dio.

Nella visione islamica del mondo Dio ha inviato molti Profeti e Messaggeri per guidare l’umanità; il numero indicato negli Ĥadīth è di 124.000 Profeti. Il primo Profeta è stato Adamo e l’ultimo Muhammad, il Profeta dell’Islām (S). Tuttavia non tutti i 124.000 Profeti erano dello stesso rango e livello. (2)

Cinque di questi Profeti possiedono il rango più alto nella gerarchia spirituale, e sono: Nūh (Noè), Ibrāhīm (Abramo), Mūsā (Mosè), `Isā (Gesù) e Muhammad (as). Dio Onnipotente dice nel Corano:

وَإِذْ أَخَذْنَا مِنَ النَّبِيِّينَ مِيثَاقَهُمْ وَمِنْكَ وَمِنْ نُوحٍ وَإِبْرَاهِيمَ وَمُوسَى وَعِيسَى ابْنِ مَرْيَم.

“E quando abbiamo fatto un patto con i profeti: con te, con Nūh, Ibrāhīm, Mūsā e ‘Isā, figlio di Mariam…” (Sacro Corano, III: 84)

Un musulmano è tenuto a credere in tutti i Profeti, altrimenti non può essere considerato tale. (3) Se una persona, ad esempio, afferma di credere in Muhammad, Gesù, Abramo e Noè ma non in Mosè come uno dei Profeti di Dio, allora non può essere accettato come musulmano; allo stesso modo, se una persona crede in tutti i Profeti ma rifiuta di accettare Gesù come uno dei Profeti e Messaggeri di Dio, allora non è un musulmano.

Questo è il motivo per cui l’Islām considera le comunità cristiane ed ebraiche come “Gente del Libro” o “Gente della Scrittura” (Ahlul Kitāb). L’Islām ha persino permesso a un uomo musulmano di sposare una donna cristiana o ebrea, ma non quelle di altre fedi.

Ciò che è degno di nota è che l’Islām ha accordato questo riconoscimento all’Ahlul Kitāb quattordici secoli fa, quando non si parlava assolutamente di tolleranza tra persone di fedi diverse o di un movimento ecumenico tra le religioni. (4)

A livello socio-politico, un governo musulmano firmerebbe prontamente un accordo con le sue minoranze cristiane ed ebraiche. L’Imām `Alī Zaīnul` Ābidīn, il pronipote del Profeta, scrive:

Il diritto delle minoranze religiose poste sotto la protezione dell’Islām è che tu accetti da loro ciò che Dio ha accettato da loro…L’impegno del Profeta (S) è una barriera [che le protegge] poiché è riportato che egli abbia detto: “Sono nemico di chiunque opprima colui con il quale ha stretto un patto”.” (5)

Sebbene l’Islām non conceda ai seguaci di altre religioni lo stesso riconoscimento che ha accordato ad ebrei e cristiani, crede nella pacifica convivenza anche con loro. Uno dei primi messaggi di pacifica coesistenza indirizzati dal Profeta Muhammad (S) agli idolatri della Mecca è riflesso nel capitolo 109 del Corano:

قُلْ يَا أَيُّهَا الْكَافِرُونَ. لاَ أَعْبُدُ مَا تَعْبُدُونَ. وَلاَ أَنْـتُمْ عَابِدُونَ مَا أَعْبُدُ. وَلاَ أَنَا عَابِدٌ مَا عَبَدتُّمْ. وَلاَ أَنْـتُمْ عَابِدُونَ مَا أَعْبُدُ. لَكُمْ دِينُكُمْ وَلِيَ دِينِ

“Di’: «O miscredenti! Io non adoro quel che voi adorate e voi non siete adoratori di quel che io adoro. Io non sono adoratore di quel che voi avete adorato e voi non siete adoratori di quel che io adoro: a voi la vostra religione, a me la mia».

Dal punto di vista storico, il trattamento che le società musulmane hanno riservato alle minoranze sotto il loro governo, in particolare ai cristiani e agli ebrei, è relativamente migliore del modo in cui le minoranze venivano trattate nell’Europa cristiana. (6)

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Pluralismo religioso

Il più famoso fautore del pluralismo religioso moderno è John Hick, che ha abbandonato la sua visione esclusivista cattolica e negli anni settanta ha formulato una sua teoria. L’ipotesi pluralistica di Hick afferma che ogni religione a suo modo rappresenta una genuina rivelazione del mondo divino e un mezzo di salvezza pienamente autentico.

Egli crede che tutte le religioni siano risposte culturalmente condizionate della stessa Realtà ultima, e quindi ugualmente valide, e la salvezza è possibile tramite ognuna di esse.

Hick usa la famosa storia dei mistici indù per illustrare il suo punto:

Un elefante venne portato a un gruppo di uomini ciechi che non avevano mai incontrato un animale simile prima. Uno toccò una gamba e descrisse l’elefante come un grande pilastro vivente. Un altro toccò il tronco e lo descrisse come un grande serpente. Un altro ha sentito una zanna e ne ha parlato come di un vomere affilato, e così via. E poi litigarono tutti insieme, sostenendo ciascuno che il proprio racconto fosse quello vero e quindi tutti gli altri falsi. In effetti, naturalmente, erano tutte veri, ma ciascuno si riferiva solo a un aspetto della realtà totale e tutti espressi in analogie molto imperfette”. (7)

Ci sono molti difetti nell’ipotesi di Hick. Il problema più serio è riconciliare le affermazioni di verità contrastanti tra le varie religioni: per esempio, il monoteismo dell’Islām contrapposto al politeismo dell’induismo; il concetto di morte e resurrezione dell’Islām e del cristianesimo in opposizione alle reincarnazioni e al raggiungimento dello stato di nirvana del buddismo; la salvezza attraverso la Trinità in contrapposizione al Tawhid (monoteismo), ecc.

Per risolvere il problema delle affermazioni di verità contrastanti, Hick sostiene che le tradizioni religiose differiscono su tre questioni:

(1) su fatti storici;

(2) su fatti metastorici;

(3) sulle concezioni del Reale.

Quindi propone la soluzione per queste differenze.

Per i disaccordi sui fatti storici, Hick suggerisce che si tratta di questioni minori e che potrebbero essere risolte applicando il metodo storico.

Per quanto riguarda le differenze sui fatti metastorici (questioni cioè che non possono essere stabilite da prove storiche o empiriche, come “l’universo è temporale o eterno” o “morte e poi risurrezione contro reincarnazione”), afferma che la risoluzione di tali differenze non sono necessarie per la salvezza e che le religioni hanno bisogno di dialogare maggiormente onde modificare le proprie convinzioni.

Rispetto alle differenti concezioni del Reale, Hick presume che tutte le tradizioni religiose ne rappresentino genuine manifestazioni e che la divinità di ciascuna tradizione sia un volto autentico del Reale. (8)

Infine, Hick crede che qualsiasi credenza religiosa letteralmente vera che sia in conflitto con un’altra, la falsifica, e deve essere trattata come mitologica.

Il risultato finale di questa teoria è che per renderla praticabile, Hick dovrebbe ridefinire molte credenze religiose con delle modalità rispetto alle quali i fondatori e i seguaci di quelle religioni protesterebbero fortemente! Prendiamo l’esempio dello status storico di Gesù dal punto di vista islamico, cristiano ed ebraico:

Concetto Cristianesimo Islām Giudaismo

1.     Nascita miracolosa

No
2.     Miracoli No
3.     Posizione Messia e Figlio di Dio Profeta e Messaggero No
4.     Rivelazione Vangeli scritti da diversi autori Injīl rivelato da Dio a Gesù No
5.     Morte e post-mortem Crocifisso per la redenzione dei peccati e risorto dopo tre giorni Mai crocifisso; condotto in cielo Crocifisso e morto

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A parte le prime due voci (e solo confrontando Islām e Cristianesimo), tutte e tre le religioni abramitiche possiedono opinioni contrastanti su Gesù. Secondo la teoria di John Hick, le prime due credenze comuni sarebbero considerate come “fatti” (almeno nel Cristianesimo e nell’Islām) mentre gli altri punti di disaccordo devono essere trattati in due modi possibili: o queste visioni contrastanti dovrebbero essere risolte da storici/ricerca empirica o dovrebbero essere inserite nella categoria della “mitologia”!

La prima soluzione costringerà gli ebrei, i cristiani e i musulmani a respingere molti versetti delle rispettive Scritture, mentre la seconda soluzione collocherà molte affermazioni della Bibbia e del Corano nella categoria della “mitologia”. Nessuna delle due soluzioni sarebbe accettabile per una qualsiasi delle tre fedi.

Penso che questo esempio (che peraltro pone a confronto l’Islām con il cristianesimo e il giudaismo, che sono entrambi più vicini all’Islām rispetto all’induismo e al buddismo) sia sufficiente per dimostrare che la teoria del pluralismo religioso di Hick non è realizzabile.

Sulla base della soluzione di Hick per i fatti metastorici (questioni relative alla morte e al post-mortem), i musulmani saranno costretti a considerare più di cinquecento versetti del Corano sulla morte, la resurrezione e l’aldilà come parte della “mitologia”!

Venendo al terzo tipo di differenze sulle concezioni del Reale, il dottor John Hick vuole farci credere che la Trinità dei cristiani, i molteplici idoli degli indù e il Tawhid (monoteismo) dei musulmani siano ugualmente validi e veri! Questa ipotesi indebolisce la fede nella propria religione e spinge verso l’agnosticismo se non l’ateismo.

Usando la visione di Immanuel Kant delle categorie dualistiche, Hick afferma che c’è una differenza “tra un’entità in quanto ‘sé stessa’ e come ‘appare nella percezione’.” (9)

Qualcosa potrebbe essere completamente vera “in sé stessa”, ma quando viene percepita dagli altri è relativamente vera. Sulla base di questa idea, Hick vuole che ogni religione accetti tutte le diverse concezioni di Dio come ugualmente autentiche perché nessuna di esse è assolutamente vera, tutte essendolo soltanto relativamente.

Il modo in cui Hick ha usato la storia dei ciechi e dell’elefante ha dato per scontato che tutte le persone religiose siano cieche e non abbiano la capacità di conoscere la verità completa. Sfortunatamente, ha perso la morale della stessa storia fornita da Mawlānā Rūmī:

Alcuni indù avevano portato un elefante:
lo esibirono, ma in una casa al buio.
Parecchie persone entrarono, a una a una,
nel buio per vederlo.
Non potendo vederlo con gli occhi,
lo tastarono con la mano.

Uno che gli pose la mano sulla proboscide disse:
«Questa creatura è come un tubo per l’acqua».
Un altro gli toccò l’orecchio:
gli parve simile a un ventaglio.
Avendogli preso la zampa, un altro dichiarò:
«L’elefante ha la forma di un pilastro».
Dopo avergli posato la mano sulla schiena, un altro affermò:
«In verità, questo elefante è tal quale un trono».

E così, ogni volta che qualcuno sentiva una descrizione,
si faceva un’idea dell’elefante in base alla parte toccata.
Le loro affermazioni variavano secondo quanto avevano percepito:
l’uno lo chiamava 
dâl, l’altro alif.
Se ognuno di loro fosse stato munito di una candela,
le loro parole non avrebbero differito
. (10)

Questi uomini stavano brancolando nell’oscurità e quindi giunsero a una descrizione sbagliata dell’elefante; se avessero usato una “candela”, avrebbero visto la luce! Nell’Islām, Dio non permette a chi cerca la verità di brancolare nell’oscurità:

للٌّهُ وَلِيُّ الَّذِينَ آمَنُوا يُخْرِجُهُمْ مِنَ الظُّلُمَاتِ إِلَى النُّورِ

“Allāh è il Protettore dei credenti, li trae dalle tenebre verso la luce.” (Sacro Corano, II: 257)

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Il Corano e il pluralismo religioso

Alcuni intellettuali musulmani hanno tentato di reperire la teoria del pluralismo religioso nello stesso Corano. L’argomento più famoso usato da costoro è che il termine “Islām”, nel Corano, non dovrebbe essere preso come un sostantivo ma semplicemente come un verbo.

A volte distinguono tra “islām” (l’atto di sottomissione) e “Islām” (la religione), e affermano che il messaggio principale di Dio e la base della salvezza è la sottomissione a Dio, e che non importa se la sottomissione avviene tramite Abramo, Mosé, Gesù o Muhammad (as).

Non si tratta di una novità; persino l’Āyatullāh Muťahharī, nel presente lavoro, scrive: “Se qualcuno dovesse dire che il significato di ‘Islām’ in questo versetto non è la nostra religione in particolare e che, piuttosto, l’intento è il significato letterale della parola, ossia la “sottomissione a Dio”, la risposta sarebbe che senza dubbio ‘Islām’ significa sottomissione e che la religione dell’Islām è la religione della sottomissione, ma che la realtà della sottomissione ha una forma particolare in ogni era. E in questa era, la sua forma è la stessa amata religione che è stata portata dal Sigillo dei Profeti (Muhammad). Ne consegue che la parola ‘Islām’ (sottomissione) necessariamente si applica a essa soltanto.

In altre parole, la necessaria conseguenza della sottomissione a Dio è accettare i Suoi comandamenti, ed è chiaro che uno deve sempre agire in linea con gli ultimi comandamenti divini. E l’ultimo comandamento di Dio è quello portato dal Suo Messaggero finale (Muhammad).” (11)

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“Islām” nel Corano [3: 19-20]

Quando il Corano dice, per esempio:

إِنَّ الدِّينَ عِنْدَ اللٌّهِ الإِسْلاَمُ

“Invero, la religione presso Allah è l’Islàm” (III: 19)

alcuni intellettuali musulmani dicono che con “islām” non si intende la religione iniziata nel settimo secolo dal Profeta Muhammad (S). Dicono che significhi “islām”: sottomissione a Dio attraverso una qualsiasi delle religioni abramitiche.

Nel loro tentativo di trarre un’idea politicamente corretta nel Corano, ignorano persino il contesto del versetto. Leggiamo insieme l’intero brano:

إن الدين عند الله الإسلام وما اختلف الذين أوتوا الكتاب إلا من بعد ما جاءهم العلم بغيا بينهم ومن يكفر بآيات الله فإن الله سريع الحساب

“Invero, la religione presso Allah è l’IsIàm. Quelli che ricevettero la Scrittura caddero nella discordia, nemici gli uni degli altri, solo dopo aver avuto la scienza. Ma chi rifiuta i segni di Allah, [sappia che] Allah è rapido al conto.”.

فَإِنْ حَاجُّوكَ فَقُلْ أَسْلَمْتُ وَجْهِي لِلٌّهِ وَمَنْ اتَّـبَعَنِي

“Se polemizzano contro di te, di’: «Sottometto ad Allah il mio volto, io e coloro che mi hanno seguito».”.

وقل للذين أوتوا الكتاب والأميين أأسلمتم فإن أسلموا فقد اهتدوا وإن تولوا فإنما عليك البلاغ والله بصير بالعباد

 “E di’ a coloro che hanno ricevuto il Libro e agli illetterati: «Vi siete sottomessi?». Se si sottomettono, saranno ben guidati; se ti volgono le spalle, il tuo compito è solo il trasmettere. Allah osserva i Suoi schiavi.(III: 19-20)

Questo passaggio afferma chiaramente quanto segue:

– “Al-Islām” menzionato in questo versetto è il messaggio di sottomissione portato dal Profeta Muhammad (S).

– La Gente della Scrittura (cioè, cristiani ed ebrei) si oppone a questa forma di sottomissione a Dio.

– Il Profeta Muhammad (S) e i suoi seguaci sono seguaci dell’Islām da lui portato.

– Alla Gente della Scrittura viene chiesto di sottomettersi a Dio tramite il Profeta Muhammad (S) anche se sono già seguaci dei Profeti Mosé (as) e Gesù (as).

– Lo stesso messaggio viene dato agli idolatri della Mecca.

– Se la Gente della Scrittura non si sottomette (come si sono sottomessi il Profeta Muhammad (S) e i suoi seguaci), allora non sono “ben guidati”.

Quindi il termine al-Islām, in questo versetto, si riferisce alla “sottomissione a Dio” attraverso il Suo messaggio finale portato dal Profeta Muhammad (S) e non attraverso i Profeti precedenti.

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“Islām” nel Corano [3: 83-85]

Anche un altro passaggio dello stesso capitolo è rilevante per comprendere il significato di “Islām”:

أَفَغَيْرَ دِينِ اللٌّهِ يَبْغُونَ وَلَهُ أَسْلَمَ مَنْ فِي السَّمَاوَاتِ وَالأَرْضِ طَوْعاً وَكَرْهاً وَإِلعونَـهِ

“Desiderano altro che la religione di Allah, quando, per amore o per forza tutto ciò che è nei cieli e sulla terra si sottomette a Lui e verso di Lui [tutti gli esseri] saranno ricondotti?”

قل آمنا بالله وما أنزل علينا وما أنزل على إبراهيم وإسماعيل وإسحاق ويعقوب والأسباط وما أوتي موسى وعيسى والنبيون من ربهم لا نفرق بين أحد منهم ونحن له مسلمون

“Di’: «Crediamo in Allah e in quello che ha fatto scendere su di noi e in quello che ha fatto scendere su Abramo, Ismaele, Isacco, Giacobbe e le Tribù, e in ciò che, da parte del Signore, è stato dato a Mosè, a Gesù e ai Profeti: non facciamo alcuna differenza tra loro e a Lui siamo sottomessi»”.

وَمَنْ يَبْتَغِ غَيْرَ الإِسْلاَمِ دِيناً فَلَنْ يُقْبَلَ مِنْهُ وَهُوَ فِي الآخِرَةِ مِنَ الْخَاسِرِينَ

“Chi vuole una religione diversa dall’Islàm, il suo culto non sarà accettato, e nell’altra vita sarà tra i perdenti.”

Questo passaggio spiega chiaramente la credenza basilare della religione di Allāh:

Tra queste credenze basilari c’è il requisito di credere in “ciò che ci è stato rivelato” (cioè, il Corano che è stato rivelato ai musulmani).

Islām – sottomissione” si segue solo quando si accettano tutti i Profeti e non si pongono differenze sulla veridicità di nessuno di loro, incluso il Profeta Muhammad (S).

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“Islām” e “Imān” nel Corano [2: 135-137]

Il brano che segue, presente nel secondo capitolo del Corano, chiarisce ulteriormente il significato di “Islām” (sottomissione), così come quello di “iman” (fede):

وَقَالُوا كُونُوا هُوداً أَوْ نَصَارَى تَهْتَدُوا

“Dicono: «Siate giudei o nazareni, sarete sulla retta via».”

قُلْ بَلْ مِلَّةَ إِبْرَاهِيمَ حَنِيفاً وَمَا كَانَ مِنَ الْمُشْرِكِينَ

“Di’: «[Seguiamo] piuttosto la religione di Abramo, che era puro credente e non associatore»”

قولوا آمنا بالله وما أنزل إلينا وما أنزل إلى إبراهيم وإسماعيل وإسحاق ويعقوب والأسباط وما أوتي موسى وعيسى وما أوتي النبيون من ربهم لا نفرق بين أحد منهم ونحن له مسلمون

“Dite: «Crediamo in Allah e in quello che è stato fatto scendere su di noi e in quello che è stato fatto scendere su Abramo, Ismaele, Isacco, Giacobbe e sulle Tribù, e in quello che è stato dato a Mosè e a Gesù e in tutto quello che è stato dato ai Profeti da parte del loro Signore, non facciamo differenza alcuna tra di loro e a Lui siamo sottomessi».”.

فَإِنْ آمَنُوا بِمِثْلِ مَا آمَنتُمْ بِهِ فَقَدْ اهْـتَدَوا وَإِنْ تَوَلَّوْا فَإِنَّمَا هُمْ فِهَ فَقَد اهْـتَدَوا وَإِنْ تَوَلَّوْا فَإِنَّمَا هُمْ فِي شِقَاقعهيم اسكم اسفكم الفكم الفكم اسفكم اسفكم اسفكم اسفكم الفل

Se crederanno (ebrei e cristiani) nelle stesse cose in cui voi avete creduto, saranno sulla retta via; se invece volgeranno le spalle, saranno nell’eresia. Ma Allah ti basterà contro di loro. Egli è Colui che tutto ascolta e conosce.”

Questi due versetti definiscono chiaramente l’“imān” (la fede e il credo) dei musulmani in opposizione a quella degli ebrei e dei cristiani. Al centro dell’imān dei musulmani vi è la fede nella rivelazione di tutti i Profeti, inclusa la rivelazione al Profeta Muhammad (S). Dicono chiaramente che se gli ebrei e i cristiani “crederanno nelle stesse cose in cui voi avete creduto”, solo allora saranno giustamente guidati.

Anche la Sūratul Baqarah (II), nel versetto 285, conferma questo significato di “imān”:

آمن الرسول بما أنزل إليه من ربه والمؤمنون كل آمن بالله وملائكته وكتبه ورسله لا نفرق بين أحد من رسله

“Il Messaggero crede in quello che è stato fatto scendere su di lui da parte del suo Signore, come del resto i credenti: tutti credono in Allah, nei Suoi Angeli, nei Suoi Libri e nei Suoi Messaggeri. «Non facciamo differenza alcuna tra i Suoi Messaggeri.» 

Una nota su “non facciamo differenza alcuna tra i Suoi Messaggeri” o “non facciamo differenza alcuna tra di loro”: non significa che tutti i Profeti e Messaggeri di Allāh (S) possiedano lo stesso rango e stazione.

Abbiamo già accennato al fatto che ci sono cinque Profeti che si collocano più in alto nella gerarchia spirituale. Significa piuttosto che non facciamo alcuna distinzione nella verità portata da nessuno dei Profeti; tutti sono ugualmente veridici nelle loro affermazioni.

Ciò è diverso dagli ebrei che accettano tutti i Profeti ma rifiutano Gesù (as) e Muhammad (S) o dai cristiani che accettano tutti i Profeti ma rifiutano Muhammad (S).

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Il Profeta Muhammad (S) e il pluralismo religioso

Quegli intellettuali musulmani che predicano sul pluralismo religioso nell’Islām sembrano essere ignari di alcuni fatti storici della storia islamica e della vita del Profeta.

Se giudaismo e cristianesimo sono simultaneamente vie valide di sottomissione a Dio, allora perché il Profeta Muhammad (S) ha operato così duramente per trasmettere il suo Messaggio anche agli ebrei e ai cristiani? Se erano già sulla Retta Via (Ŝirat Mustaqīm), allora perché il Profeta (S) ha ritenuto importante invitarli all’Islām?

Dopo il trattato di pace di Hudaybiyya nell’anno 6 dell’Egira, il Profeta dell’Islām (S) ha inviato emissari a vari governanti e tribù intorno e oltre la Penisola Arabica con il preciso scopo di invitarli all’Islām. Secondo gli storici, il Profeta (S) inviò circa venticinque lettere a vari governanti e tribù. (12)

Tra coloro che vennero inviati ai governanti e alle tribù cristiane, troviamo i seguenti nomi: Dihyah al-Kalbī inviato a Eraclio, l’imperatore bizantino; `Amr bin Umayyah Zamrī al Negus, il re d’Abissinia; Hāťib bin Abī Baltā’a inviato ai Muqawqi, il re d’Egitto; e le tribù di Ghassan e Ĥanīfah (nell’Arabia settentrionale). Tre lettere sono importanti e rilevanti per la nostra discussione.

Nella sua lettera a Eraclio, l’imperatore bizantino, il Profeta Muhammad (S) ha scritto:

… La pace sia su colui che segue la Guida.

Ti invito ad accettare l’Islām. Accetta l’Islām e prospererai e Allāh ti darà doppia ricompensa. Ma se rifiuti, anche il peccato del tuo popolo ricadrà sulle tue spalle.

“Di’: «O gente della Scrittura, addivenite ad una dichiarazione comune tra noi e voi: [e cioè] che non adoreremo altri che Allah, senza nulla associarGli, e che non prenderemo alcuni di noi come signori all’infuori di Allah». Se poi volgono le spalle allora dite: «Testimoniate che noi siamo musulmani»”.”

Nella lettera al Negus, il re d’Abissinia, il Profeta Muhammad (S) ha scritto:

“… La pace sia su colui che segue la Guida.

Lode ad Allāh oltre al quale non c’è nessun altro dio, il Sovrano, il Santo, il Preservatore della Pace, il Custode dei Fedeli, il Guardiano.

Testimonio che Gesù, figlio di Maria, è davvero uno spirito di Dio e la Sua parola che ha trasmesso alla casta Maria. Ha creato Gesù attraverso la Sua parola allo stesso modo in cui ha creato Adamo con le Sue mani.

E ora ti invito ad Allah, che è Uno e non ha soci, e all’amicizia nella Sua obbedienza. Seguimi e credi in ciò che mi è stato rivelato, poiché io sono il Messaggero di Allāh. Invito te e il tuo popolo ad Allāh, il Potente, il Glorioso.

Ho trasmesso il messaggio e sta a te accettarlo.

Ancora una volta, la pace sia su colui che segue il sentiero della Guida“.

Nella lettera inviata ai Muqawqis, il re d’Egitto e cristiano copto, il Profeta Muhammad (S) ha scritto:

“…La pace sia su colui che segue la Guida.

Vi invito ad accettare il messaggio dell’Islām. Accettalo e prospererai. Ma se ti volti, allora su di te cadrà anche il peccato dei copti.

Di’: «O gente della Scrittura, addivenite ad una dichiarazione comune tra noi e voi: [e cioè] che non adoreremo altri che Allah, senza nulla associarGli, e che non prenderemo alcuni di noi come signori all’infuori di Allah». Se poi volgono le spalle allora dite: «Testimoniate che noi siamo musulmani».” (13)

Anche l’arrivo della delegazione dei cristiani di Najran e il modo in cui il Profeta (S) li ha invitati all’Islām e, infine, la mubāhala (ordalia) con loro, rientrano nello stesso spirito di invitare l’Ahlul Kitāb all’Islām. (14)

Tutte queste lettere e l’incontro con i cristiani di Najran dimostrano al di là di ogni dubbio che se l’Ahlul Kitāb (la Gente della Scrittura) fosse sul Ŝirāt mustaqīm – sulla Retta Via che conduce alla salvezza – allora il Profeta (S) non li avrebbe invitati all’Islām.

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Un punto importante

A conclusione di questa introduzione, vorrei ribadire l’avvertenza che credere nell’Islām come unica via valida di sottomissione a Dio non porta automaticamente e necessariamente alla convinzione che tutti i non musulmani andranno all’inferno.

Né questa visione esclusivista dell’Islām quale unico sirāt mustaqīm ci impedisce di promuovere la tolleranza e la convivenza pacifica tra i seguaci di varie religioni, in particolare gli ebrei e i cristiani.

Parlando di genitori politeisti, l’Onnipotente Allāh dice:

وَإِنْ جَاهَدَاكَ عَلى أَنْ تُشْرِكَ بِي مَا لَيْسَ لَكَ بِهِ عِلْمٌ فَلاَ تُطِعْهُمَا وَصَاحِوْهَمَاَ وصَاحِوهُيمَاُ

“E se entrambi ti obbligassero ad associarMi ciò di cui non hai conoscenza alcuna, non obbedire loro, ma sii comunque cortese con loro in questa vita e segui la via di chi si rivolge a Me.” (Sacro Corano, XXXI, 15)

Un musulmano deve quindi resistere all’influenza non islamica dei non musulmani, ma essere comunque gentile con loro. In altre parole, sebbene i vostri percorsi nell’aldilà saranno separati, ciò non ci impedisce di essere gentili, misericordiosi e giusti con i non musulmani in questo mondo.

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Sayyid Muhammad Rizvi

Toronto, Ontario

13 maggio 2004 – 23 di Rabīul Awwal 1425 AH

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NOTE

1) La presente costituisce l’introduzione all’edizione inglese dell’opera dell’Ayatullah Motahhari “Islām and Religious pluralism”, della quale esiste una traduzione in lingua italiana con il titolo “L’Islam e il pluralismo religioso” (Irfan Edizioni, 2007) ma priva dell’introduzione inglese qui riprodotta. Per approfondimenti sull’opera e la figura dell’Ayatullah Motahhari, cfr. “Biografia dell’Ayatullah Martire Motahhari”: https://islamshia.org/biografia-dellayatullah-martire-motahhari/

2) Sacro Corano, II: 253; XVII: 55.

3) Sacro Corano, XXXIII: 7; cfr. anche XXXXII, 13:

شرع لكم من الدين ما وصى به نوحا والذي أوحينا إليك وما وصينا به إبراهيم وموسى وعيسى ..
“[Egli] ha stabilito per voi, nella religione, la stessa via che aveva raccomandato a Noè, quella che riveliamo a te, [o Muhammad,] e che imponemmo ad Abramo, a Mosè e a Gesù…”

4) La Chiesa cattolica ha impiegato quasi duemila anni per riconoscere i non cristiani, compresi i musulmani. Il Concilio Vaticano II dichiarò nel 1964 che “quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna”. Concilio Vaticano II: Costituzione Dogmatica sulla Chiesa. Lumen Gentium, secondo capitolo “Il Popolo di Dio”.

5) Imām `Alī Zaīnul` Ābidīn, “Trattato dei diritti (Risālat al-Huqūq)”, tr. Damiano Abbas Di Palma, Irfan Edizioni, 2010.

6) Scrive Ira Lapidus: “Gli Ottomani, come i precedenti regimi musulmani, consideravano i soggetti non musulmani popoli autonomi ma dipendenti la cui vita sociale, religiosa e comunitaria interna era regolata dalle proprie organizzazioni religiose, i cui capi erano nominati dallo Stato musulmano”, “A History of Islāmic Societies” (NY: Cambridge University Press, 1990) p. 323. Vedi anche Marshall Hodgson, “The Venture of Islām”, vol. 1 (Chicago: University of Chicago Press, 1974) p. 306.

7) J. Hick, “God and the Universe of Faith” (London: Macmillan, 1977) p. 140.

8) J. Hick, “An Interpretation of Religion” (New Haven: Yale University Press, 1989) p. 364-365.

9) J. Hick, “An Interpretation of Religion”, p. 241. In altre parole, non possiamo veramente conoscere Dio; quello che conosciamo è la nostra percezione di Lui. I filosofi musulmani non accettano la teoria di Kant. Per ulteriori informazioni sulla teoria della conoscenza dal punto di vista islamico in inglese, cfr. Sayyid Muhammad Husayn Tabā’tabā’ī, “The Elements of Islāmic Metaphysic”, tr. SAQ Qarā’i (Londra: ICAS Press, 2003) p. 115-132; e anche la prima parte di S.M. Bāqir as-Sadr, “Our Philosophy”, tr. Shams C. Inati (Londra: Muĥammadi Trust, 1987).

10) “The Essential Rumi”, tradotto in inglese da C. Barks (New Jersey: Castle Books, 1997) p. 525. In italiano, cfr. “Mathnawi. Il poema del misticismo universale” (Bompiani, 2010), pag. 115.

11) Vedi la discussione in questo libro. Il commento di Āyatullāh Motahharī secondo cui “la realtà della sottomissione ha una forma particolare in ogni epoca” è anche la chiave per la corretta comprensione del versetto 62 della Sūratul Baqarah (II). Cfr. M. Motahhari “L’Islam e il pluralismo religioso”, Irfan Edizioni, 2007, pag. 50.

12) Muhammad Ibrāhīm Āyatī, “Tārīkh-e Payghambar-e Islām” (Tehran: Tehran University Press, nd) p. 480-482.

13) Ibid, p. 483-494.

14) Sull’evento dell’ordalia del Profeta Muhammad (S) con i cristiani, cfr. “Il giorno della Mubahila (ordalia)”: https://islamshia.org/il-giorno-della-mubahila-ordalia/

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Traduzione a cura di Islamshia.org © È autorizzata la riproduzione citando la fonte

Writer : shervin | 0 Comments | Category : Dottrina , Novità

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