L’irfan nella vita e nell’opera dell’Imam Khomeynī
R. Arcadi
Uno degli aspetti certo meno noti, ma indubbiamente il più importante e fondamentale nell’esistenza personale, nell’opera comunitaria, e nella produzione intellettuale dell’Imam Khomeyni, è certo quello cosiddetto “irfanico”.
La parola “ºirfān“, in arabo, è l’infinito del verbo di I forma ºarafa, conoscere, sapere, con un senso di immediatezza, penetrazione, ed ampiezza che lo contrappone ad ºalima, infinito ºilm, con un significato più esteso, ivi compreso quello di conoscenza che comporta una mediazione, il che lo avvicina alle scienze discorsive, argomentative razionali, riferite all’esperienza, o da essa astratte. Sotto questo riguardo, l’ºirfān è da ricondursi alla nota suddivisione tra conoscenza presenziale e conoscenza consequenziale, in persiano ºelme ĥođūrīed ºelme ħoşūlī, e può quindi essere compreso, pur senza esaurirlo, nel primo termine. In genere, nelle lingue occidentali, il ricorso alla parola greca “gnosis”, non fa che metterne in risalto indirettamente, mercé dell’uso di un termine poco usitato, l’aspetto soprasensibile, nascosto, interno (vale a dire, in senso letterale, esoterico).
Quel che vogliamo qui mettere in evidenza, è che una conoscenza siffatta, lungi dall’avere un’indole ed un contenuto avventizi, è strettamente legata ai livelli di perfezione della persona umana, ed in definitiva con essi s’identifica. La conoscenza, in tutti i suoi aspetti e livelli, è funzione, atto dell’intelligenza, o intelletto, in arabo ºaql, quale che sia il suo strumento ed il suo livello, a procedere dalla mediazione all’immediatezza. Possiamo pertanto affermare, da un lato, che la conoscenza immediata e profonda, lo ºirfān, è l’attuazione eminente dell’intelligenza, così come quest’ultima, a sua volta, è l’aspetto centrale, eminente, essenziale, ed attuativo della persona umana.
Lo ºaql, dalla radice ºaqala, con il significato di afferrare, trattenere, comprendere (e sotto un tale riguardo, il senso letterale latino di intelligere ci sembra il più vicino a quello arabo), dà all’uomo la possibilità di accedere e di identificarsi con i vari livelli della realtà, se questi sono le radici, e non le immagini dell’esistenza, in modo da trascendere il vuoto nominalismo della ragione discorsiva, della quale danno anzi la meta e la destinazione perfettiva. Ed è così che l’intelligenza è lo strumento per eccellenza dell’adorazione d’Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, che consente di procacciarci il Giardino, che è o uno dei gradi, o l’insieme dei gradi del conseguimento di questa adorazione, dal Giardino delle delizie, a quello dell’incontro e dell’Unità, come recita una celebre narrazione imamica, sulla base di una definizione apparentemente impropria ed indiretta, ma che dà, ad una più attenta considerazione, il senso proprio della funzione perfettiva centrale dell’intelligenza.
Nel Sacro Corano, così come nelle narrazioni, varie sono le radici, quali fqh, ºrf, fkr,ºql,ºlm, variamente usate, e non indifferentemente, non in senso pienamente univoco, a conferma delle differenti sfumature e livelli del significato suddetto. Quel che più importa sottolineare, a questo medesimo riguardo, è che in tal senso lo ºirfān si identifica con i gradi più elevati dello ºaql, definendo così le stazioni superiori del perfezionamento umano.
Sono questi invero livelli interni quanto al nostro stato ordinario, vale a dire, da un punto di vista relativo al nostro presente modo di conoscere. Lo ºirfan dunque, o gnosi, o conoscenza, che dir si voglia, è strettamente connesso al grado di perfezione della persona umana, e della sua penetrazione della realtà e dei suoi livelli. È questa penetrazione che costituisce pertanto il senso eminente della Rivelazione, della narrazione profetica che ne è il tramite, l’espressione e l’attuazione quanto a noi, e dell’adorazione, che ad entrambe ci riconnette, e ce ne permette di percorrere i livelli d’ascesa.
È evidente, a questo medesimo riguardo, che i livelli interiori di comprensione sono la chiave della realtà stessa dell’intero universo creato. L’Imam Khomeynī, per tornare a questo aspetto della sua personalità, lo sottolinea più volte nelle sue opere: la scorza esteriore della realtà, e per conseguenza, in senso eminente, della Rivelazione (in arabo tanzīl, discesa), del verbo profetico (naql, narrazione) e della servitù adorante (ºibadāħ), non è che una copertura, chiave d’accesso ai livelli superiori dell’esistenza.
Lo ºirfan è in tal senso il principio ed il destino dell’uomo e del mondo, e ad esso si può avere accesso soltanto grazie alla purità dalle concrezioni limitative che ne oscurano l’irradiarsi. È questo il duplice punto centrale ripetutamente sottolineato e variamente sviluppato dall’Imam: il riconoscimento dei livelli superiori del reale, e l’opera necessaria, elemento preliminare, al loro conseguimento, l’opera di purificazione del sé, della nafs, dell’anima concupiscibile e passionale, acciocché questa non ne pregiudichi, col suo vagare e con i suoi limiti, l’effusione creativa, riducendo l’uomo ad una velleitaria concrezione opaca ed informe, nella quale sia difficile riconoscere il trasparire della luce superna.
Abbiamo detto che questo duplice aspetto è centrale nella vita e nell’opera dell’Imam. Ma bisogna dare rilievo, a questo medesimo riguardo, ad altri due aspetti. Il primo è che questa non è certo una peculiarità dell’Imam, per centrale che possa essere in lui. La cerchia della realizzazione conoscitiva ed esistenziale non è certo ristretta ad una singola personalità, ma è uno dei tratti distintivi del mondo sciita, che ha avuto, anche in questo nostro tempo, molti “radicati nella conoscenza”, come recita il Sacro Corano, che ne costituiscono, nell’età dell’occultamento dell’Imam Mahdī, il cuore tangibile, sovente segreto, la sua stessa garanzia d’esistenza, così come dell’intero universo creato, nel Divino Cospetto, ed in quello della Sua ostensione vicaria assoluta, appunto il Mahdī, che Iddio Altissimo voglia affrettarcene la gioia. Sempre ricordando che sono soltanto i XIV Purissimi, e nel nostro tempo, l’Imam Occulto, la pace su di loro, gli esemplari supremi di questa perfezione.
In secondo luogo, occorre sottolineare e comprendere che questa sorta eminente di conoscenza non si riduce ad un mero discorso dottrinale, non è questione di parole, ma si fonda sull’aspetto più profondo ed elevato della persona umana, al livello al quale essa è giunta di volta in volta ad attuarsi. Ciò non significa certo che anche l’esposizione e l’elaborazione dottrinale non debbano avervi una loro parte. Ma il fatto è che questa non è certo questione di parole, ma bensì di purificazione e compimento, vale a dire d’espansione ed elevazione della persona umana. L’esposizione dottrinale può avere un ruolo come orientamento preliminare, e come scorta lungo la via, a scanso d’errori e d’equivoci, del che fanno appunto fede le stesse opere dell’Imam. Ma qui si tratta piuttosto di un’opera, o piuttosto, di atto, nel senso dell’attualità che porta al compimento esistenziale di un’essenza.
Nel linguaggio delle genti della conoscenza, si tratta del seyr o sulūk, vale a dire, viaggio, cammino, e condotta, procedimento, cammino pieno d’impedimenti, prima della sua meta indefettibile, che necessita, come tutti gli atti della persona umana, di una guida largita da Iddio Altissimo, che sono i XIV Purissimi, la pace su di loro, e nel tempo della loro evidenza sensibile, e nel tempo, che è il nostro, dell’occultamento. A loro spetta indicare la via, a cominciare da chi abbia un contatto, di vario ordine, in ragione del suo compimento esistenziale, ed in primo luogo, un contatto immediato con l’Imam del nostro tempo, la pace su di lui, contatto occulto, come egli stesso è occulto. Non è quindi certo qui questione di raggruppamenti esteriori che s’arroghino e proclamino il loro ruolo in tal senso: di là dai primi livelli, il tragitto è nascosto quanto a noi, e nel nostro tempo anche la Guida, anzi, le guide in senso stretto, sono occulte.
Ciò non toglie, come dicevamo, la necessità anche di una funzione esterna imprescindibile, e d’ordine comunitario, e d’ordine personale, quanto a quelli il cui compimento, sino ad un certo livello, può tralucere anche all’esterno, oltre naturalmente a quelle conoscenze dottrinali d’ordine generale che, inquadrando la materia, le danno in senso lato anche l’orientamento generale. Ed è molto importante, a questo medesimo riguardo, dare rilievo ad un aspetto ulteriore, anch’esso centrale nella vita e nell’opera dell’Imam.
Il fatto è che, in un modo o perspicuo o nascosto, il compimento della persona umana sulla via dell’Intimità Divina non è qualcosa di scisso ed astratto, che non abbia nessuna conseguenza nell’ordine concreto ed effettuale della vita ordinaria. E questo avviene in due modi. In primo luogo, in quello generale dell’ostensione della profusione divina in tutte le creature, per il tramite delle genti della conoscenza, che ne sono appunto il tramite, a procedere dal culmine intermediario per eccellenza dell’Intimità Vicaria. E dall’altro canto, questa profusione si estrinseca di per sé, in una guisa eminente, nella rettificazione personale, ed in quella collettiva propria alla comunità dei credenti, che va riformata, ed in tal senso, guidata a battersi contro le forze del dissolvimento e del tralignamento.
È questo l’aspetto cosiddetto “rivoluzionario” (in arabo inqilāb, rivolgimento, rovesciamento), vale a dire, di negazione della negazione, proprio alla conoscenza realizzatrice. In una celebre invocazione delle Genti della Guida, la pace su di loro, ci si rivolge a Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, come a colui che rivolge (in arabo, muqallib) i cuori. Se avevano detto che l’Imam Khomeynī è uno dei grandi tra quelle genti della conoscenza in cui si estrinseca, anche al giorno d’oggi, la centralità spirituale del mondo sciita, è anche vero che a lui è toccato in particolare l’onore e l’onere di guidare la comunità dei credenti in questo nostro tempo di tenebra, di colpire al cuore i poteri satanici che ne usurpano la guida, e di innalzare in faccia al mondo intero il vessillo della vera fede.
È questa, dicevamo, una delle conseguenze dell’innalzamento esistenziale proprio a chi segue la via della conoscenza realizzatrice, perché i vari aspetti della realtà sono inscindibilmente legati, e tutti procedono da questo loro cuore e culmine, dal quale non possono che velleitariamente separarsi. La lotta contro l’ingiustizia e l’oppressione, contro l’empietà e la miscredenza, è volta contro i poteri esterni, mondani e satanici, che sono il frutto dei conculcamenti interiori, essendo la lotta contro questi ultimi una premessa dalla quale quella contro i primi discende senza soluzione di continuità, checché ne pensino i sedicenti “interioristi”.
E non porta a nulla che da più di mille anni si sarebbe taciuto a questo medesimo riguardo. Le vie personali sono sempre possibili, e sono innumerevoli, come recita una celebre narrazione. Ma il fatto è che, oltre ad essere iscritte entro limiti inequivocabili, che le distinguono da quelle che conducono a tutt’altro, opposto risultato, non si escludono tra loro, e pertanto non escludono quel compimento esteriore che procede al nostro livello dai penetrali reconditi dei fastigi dell’esistenza.
E che anzi tutto questo si sia attuato proprio in questo nostro tempo, non fa altro che preconizzare l’opera rettificatrice universale di cui sarà vessillifera l’ultima Guida dei Credenti, oggi occulta, quasi che la sua prossimità, immagine concreta di quella divina, abbia ad estrinsecarsi per il tramite della via della conoscenza, e del compimento di taluni a ciò preposti. È questo l’argomento centrale della Wilāyaħ, dalla radice araba waliya, che significa vicinanza contiguità, intimità, a sottolineare la doppia continuità del tramite della profusione e della realizzazione, e nei confronti della Luce Suprema, e nei confronti di quell’umanità che gli spetta di condurre, a procedere da quella ordinaria.
L’Imam ha messo più volte in rilievo nelle sue opere questo punto centrale. LaWilāyaħ è espressione ad extra della divinità stessa, e sotto questo riguardo essa comprende e discevera tutti gli aspetti dell’esistenza ed è la premessa, il principio, la garanzia, il mezzo, ed il fine dell’innalzamento dell’uomo e del suo mondo, ed in generale, dei mondi. L’Imam ha esposto nelle sue opere questa funzione e realtà centrale, che è il destino di noi tutti, e sulla via del compimento personale, e su quella dell’emendamento della comunità, che avrà effetto sul mondo intero, in tutti i suoi aspetti.
Non vi è soluzione di continuità, di livello in livello, tra la guida della comunità dei credenti, e la celsitudine della manifestazione divina, che verrà a rendersi perspicua, che Iddio Altissimo voglia affrettarcene la gioia, assumendo in sé quest’aspetto temporaneo di anticipazione minore. E l’apparente cesura tra le due esposizioni, nelle opere dell’Imam, la cui soluzione è implicita, sta ad indicare, a nostro avviso, che è prossimo il tempo, che Iddio Altissimo voglia affrettarcelo, in cui questa lacuna esteriore verrà colmata anche all’esterno.
Di modo che la Guida del giurisperito (Welāyate Faqih in persiano) preconizzata dall’Imam, va ricondotta ancora una volta, direttamente o indirettamente, all’elemento della conoscenza pura, a quelli che conoscono, yafqahūna, come recita il Sacro Corano, a procedere dai livelli esteriori della conoscenza. Onde questa medesima guida, presente e visibile, non abbia ad essere altro che un’estrinsecazione ed un riflesso di quell’Intimità Divina che dà contenuto e significato alla realtà stessa, nel suo senso eminente ed esemplare, e di tutto quello che abbia ad effondersi per suo tramite, in primo luogo del compimento personale dell’uomo, e di quello della sua dimensione comunitaria.
Lo ripetiamo: quella che nelle opere dell’Imam appare come un’apparente cesura tra il livello trascendente della wilāyaħ, e quello della sua esteriorità comunitaria, non fa che indicare che quella realtà è il compimento ed il nocciolo ancora occulto da cui questo secondo aspetto deriva necessariamente, fondandosi su una perfezione che è universalità, di cui la comunità non è che un’articolazione ed un aspetto, una sorta di universalità ridotta, che riconnette il singolo alla sua perfezione ed universalità maggiore nelle celsitudini della prossimità ed Intimità Divina, e sotto questo medesimo riguardo, lo riconnette alla Wilāyaħ Assoluta per il tramite di quella condizionata. Ciò di nuovo a conferma dell’importanza centrale e fondamentale dell’aspetto e del nocciolo irfanico, per quel che riguarda non soltanto la vita e l’opera dell’Imam, ma innanzi tutto, per quel che concerne l’articolarsi complessivo della realtà creata attorno a quell’Intimità Divina che costituisce il principio vicario, il tramite della vicenda dell’esistenza.
Aspetto questo, a nostro avviso, sinora alquanto negletto, trascurato nei confronti dell’opera esteriore dell’Imam, certo più appariscente, ma destinato a farsi sempre più perspicuo nel prossimo futuro, a Iddio piacendo, alla luce di eventi che ne metteranno al più presto in risalto la centralità e la necessità. Allorquando l’occulto verrà a rendersi palese in quanto presenza, e con ciò darà un senso nuovo e vero alla realtà tutta, di là da ogni velleitaria cesura e separazione. Sotto questo riguardo, l’opera dell’Imam è destinata a manifestare sempre più la sua importanza anticipatrice, di là da quegli aspetti esterni certo importanti, ma non fondamentali.
A cura di Islamshia.org © E’ autorizzata la riproduzione citando la fonte