Giona (A) , in arabo Yunus, era uno dei profeti dei Figli d’Israele. Un giorno Allah gli ordinò di andare a Ninive, una città dell’Iraq settentrionale, per invitare il re di quella città ad accettare la religione di Mosè (A). Nello stesso tempo, anche il re di Gerusalemme chiese a Giona (A) di recarsi a Ninive ed invitare i suoi abitanti ad accettare la fede nel Dio Unico.
Giona (A) non si sentiva all’altezza dell’incarico assegnatogli, ma il re di Gerusalemme continuò ad insistere finché il profeta si decise a partire per Ninive.
Per diversi anni invitò la gente di Ninive a seguire la via di Allah, il Dio Unico e Vero.
Nessuno però sembrava ascoltare il suo messaggio. Allora, profondamente deluso ed arrabbiato, decise di abbandonare quella città, anche perché prevedeva che l’ira di Allah sarebbe discesa su quel popolo ingrato.
Si dice che a questo punto Giona (A) mostrò d’essere impaziente e invece di portare a termine la sua missione, scelse la strada più semplice e lasciò perdere tutto. Così facendo deluse Allah.
Il profeta Giona (A) s’imbarcò su una nave per attraversare il mare. Una volta in alto mare, la nave miracolosamente si fermò. La nave non aveva urtato niente né aveva subìto un guasto.
Il capitano pensò che dovesse esserci una spiegazione insolita per quest’incidente. All’epoca pensavano che quando accadeva qualcosa di strano su una nave, era perché a bordo si trovava uno schiavo fuggito dal suo padrone. Il capitano giunse a questa superstiziosa conclusione, mentre Giona (A) capì subito che quest’incidente era stato provocato da Allah che era rimasto contrariato dal suo comportamento. Allora confessò al capitano che lo schiavo fuggito era proprio lui.
I mercanti che si trovavano sulla nave però, non gli credevano, perché sul viso di Giona (A) splendeva la luce della fede perfetta. Inoltre lo misero al corrente che era usanza gettare in mare ogni schiavo fuggitivo trovato a bordo. Ma Giona (A) continuava ad insistere che il colpevole era lui.
Nel frattempo si scatenò anche una tempesta. I passeggeri della nave supplicarono Giona (A) di pregare Allah affinché la nave non si capovolgesse. Giona (A) li avvertì che la tempesta era dovuta all’ira di Allah nei suoi confronti, poiché non aveva mostrato pazienza nell’eseguire gli ordini di Allah. Disse loro che l’unica via d’uscita era quella di buttarlo nelle acque tempestose. Dopo molte insistenze, finalmente gli diedero ascolto. Non appena fu buttato in acqua, apparve una balena enorme che lo inghiottì.
Allah però protesse Giona (A) che rimase nel ventre della balena per molto tempo, alcuni dicono tre giorni, altri sette e alcuni addirittura quaranta. Non importa quanti giorni furono, ma durante tutto quel periodo continuò ad invocare Allah con queste parole: “Non c’è altra divinità all’infuori di Te! Gloria a Te! Io sono stato un ingiusto!” Continuando a ripetere queste parole, Allah alla fine lo perdonò.
La balena si avvicinò ad una spiaggia e lo rigettò. Lì, Giona (A) giacque debole ed ammalato, ma Allah, nella Sua infinita grazia, fece in modo che ci fossero delle piante vicino a lui, così poté nutrirsi e guarire. Ritornò poi a Ninive e, pian piano, la gente lo accettò come profeta e seguì la via di Allah.
Questa storia ci fa capire che non bisogna mai perdere la pazienza e la fede in Allah. Nella sua invocazione, Giona (A) dice: “Io sono stato un ingiusto”. Questo vuol dire che a volte siamo noi che con il nostro comportamento ci causiamo i problemi. Secondo voi, se fosse rimasto a Ninive e avesse mostrato più pazienza, sarebbe finito nel ventre della balena?
Il nostro Profeta Muhammad (Pace su di lui e sulla sua famiglia) ha detto che l’invocazione di Giona (A) può essere recitata da ogni credente per farsi perdonare i peccati. Quindi ripetiamo spesso: “Non c’è altra divinità all’infuori di Te! Gloria a Te! Io sono stato un ingiusto!”