L’Imamato nel Sacro Corano
S.M.Qazwini
La maggiore differenza tra la scuola dell’Ahlul Bayt e le altre scuole islamiche ruota attorno alla questione dell’Imamato, ovvero alla prima successione del Profeta Muhammad (S). La scuola dell’Ahlul Bayt sostiene che l’Imamato sia una posizione divina, vale a dire che l’imam o khalifah debba essere designato e investito direttamente da Dio, in quanto la carica che viene a ricoprire possiede le medesime responsabilità proprie della Profezia. E’ così che Dio, alla scomparsa del Profeta, invita i credenti a seguire successori ben precisi e qualificati (imam).
Altre scuole islamiche non sciite affermano che l’Imamato sia determinato dalla shura (elezione) e che questo metodo fu utilizzato per designare il successore del Profeta Muhammad (S). La scuola sciita ritiene comunque che il concetto di shura non venne mai integralmente applicato dopo la morte del Profeta (S), anche perché, secondo Ibn Qutaybah, il primo califfo ottenne la nomina principalmente da due persone (1).
Ibn Khatir afferma che Abu Bakr volle limitare le candidature alla khilafah ai soli ‘Umar ibn al-Khattab e Abu ‘Ubaydah ibn al-Jarrah, che entrambi declinarono l’offerta a suo favore, e che la sua nomina fu appoggiata da Ma’adh, ‘Usayd, Bashir e Zayd ibn Thabit (2). Tabari riporta come gli Ansar rifiutarono di giurare fedeltà ad al-Saqifah (il luogo in cui la questione dell’immediata successione al Profeta venne discussa) e dichiararono che avrebbero prestato giuramento di fedeltà al solo ‘Ali in quanto l’unico legittimamente designato dal Profeta come suo successore. (3)
Autorevoli fonti riportano che Abu Bakr, nel suo primo discorso da califfo, ebbe a dichiarare: “O gente! Io sono stato nominato su di voi, ma non sono il migliore tra di voi.” (4)
Lo storico Ibn Abi al-Hadid al-Mu’tazili narra che il secondo califfo ammise il suo ruolo nell’orchestrare l’incontro di al-Saqifah, successivamente dichiarando come prestare giuramento al primo califfo fosse stato un errore (faltah) ma che Dio avrebbe comunque scongiurato che il disastro colpisse i musulmani. (5)
Ad ogni modo il concetto di shura non venne assolutamente applicato né per la nomina del secondo califfo, designato dal suo predecessore prima della sua morte, né tantomeno venne applicato per la nomina del terzo califfo, anche lui, seppur nominalmente eletto da cinque persone, in realtà nominato da una sola e cioè dal secondo califfo che, per l’occasione, volle designare anche due nuovi governatori che rimanessero in carica dopo la sua morte: Sa΄d ibn Abi Waqqass e Abu Musa al-Ash΄ari. (6)
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Prove coraniche sulla designazione divina dell’Imam
Numerosi versetti nel Sacro Corano fanno riferimento al fatto che nel corso della storia soltanto Dio abbia il diritto di nominare un imam (guida) o khalifah che si prenda cura dell’umanità intera, alcuni dei quali sono i seguenti:
“E quando il tuo Signore disse agli Angeli: “In verità porrò un vicario (khalifah) sulla terra” (2: 30)
“O Davide, abbiamo fatto di te un vicario sulla terra: giudica con equità tra gli uomini e non inclinare alle tue passioni, ché esse ti travieranno dal sentiero di Dio” (38:26)
“E Abramo!… Quando il suo Signore lo provò con i Suoi ordini ed egli li eseguì, [il Signore] disse: “Farò di te un imam per gli uomini”. “E i miei discendenti?”. “Il Mio patto, disse [Dio], non riguarda quelli che prevaricano” (2: 124)
“E [finché] furono perseveranti e credettero con fermezza nei Nostri segni, scegliemmo tra loro degli imam che li dirigessero secondo il Nostro comando” (32:24)
Questi versetti chiariscono come la funzione dell’Imamato e della Guida non siano affatto prerogativa di tutti bensì che gli unici ad esserne qualificati siano coloro che abbiano dimostrato le necessarie virtù superando le prove a cui Dio abbia voluto sottoporli. In particolare, il nobile Corano, nel versetto 2:124 sopra menzionato, sottolinea molto chiaramente come ai prevaricatori (dhalimin) sia tassativamente proibito di assumere la guida dei credenti.
Ma quante volte nella storia islamica questo comandamento è stato veramente rispettato? Quanti califfi e sultani, durante l’era Omayyade e Abbaside, pur se corrotti e scarsamente devoti, assursero a guide della nazione islamica?
In ogni versetto del Santo Corano che riporti il tema della successione – khilafah o Imamato – è detto espressamente che essa avviene per diretta designazione del solo Iddio. Nella scuola dell’Ahlul Bayt, la khilafah non è riferita al mero potere temporale ed alla sola autorità politica sulle genti ma, più importante, indica quell’auctoritas a monte, che sola conferisce il diritto di esercitare il potere suddetto. Questa autorità proviene esclusivamente da Dio in quanto solo a Dio attengono gli attributi di sovranità e giudizio.
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Sette categorie di versetti sul governo di Dio nel Corano
(1) I Versetti del Regno:
“Di’: “O Dio, Sovrano del regno, Tu dai il regno a chi vuoi e lo strappi a chi vuoi, esalti chi vuoi e umilî chi vuoi” (3:26)
“Di’: «Mi rifugio nel Signore degli uomini, Re degli uomini, Dio degli uomini…”(114:1-3)
“A Dio appartiene la sovranità sui cieli e sulla terra e su quello che vi è frammezzo. A Lui farete ritorno” (5:18)
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(2) I Versetti del Governo:
“Il giudizio (hukm) appartiene solo a Dio. Egli espone la verità ed è il migliore dei giudici” (6:57)
“Non è a Lui che appartiene il giudizio? Egli è il più rapido nel conto” (6:62)
“Su tutte le vostre controversie, il giudizio [appartiene] a Dio” (42:10)
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(3) I Versetti del Comando:
“Di’ loro: “L’intero comando(‘amr) appartiene a Dio”.” (3:154)
“Non è a Lui che appartengono la creazione e il comando? La lode [appartiene] a Dio Signore dei mondi!” (7:54)
“Invero l’intero comando appartiene a Dio” (13:31)
“Quando Dio e il Suo Inviato hanno decretato qualcosa, non è bene che il credente o la credente scelgano a modo loro. Chi disobbedisce a Dio e al Suo Inviato palesemente si travia” (33:36)
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(4) I Versetti della Wilayat:
“In verità i vostri guardiani (wali) sono Dio e il Suo Messaggero e i credenti che assolvono all’orazione e pagano la decima, prosternandosi (ruku) con umiltà.” (5:55)
I commentatori unanimemente concordano che questo particolare versetto faccia riferimento all’Imam ‘Ali ibn AbiTalib (AS) quando diede il suo anello ad un bisognoso mentre era in posizione di inchino (ruku) nel corso della sua Preghiera. (7)
“Quando i credenti sono chiamati a Dio e al Suo Inviato, affinché egli giudichi tra loro, la loro risposta è “Ascoltiamo e obbediamo”. Essi sono coloro che prospereranno!” (24:51)
“Non abbiamo inviato un Messaggero se non affinché sia obbedito, per volontà di Dio.” (4:64)
“No, per il tuo Signore, non saranno credenti finché non ti avranno eletto giudice delle loro discordie e finché non avranno accettato senza recriminare quello che avrai deciso, sottomettendosi completamente.” (4:65)
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(5) I Versetti del seguire:
Di’ (O Profeta Muhammad): “Se avete sempre amato Dio, seguitemi. Dio vi amerà e perdonerà i vostri peccati. Iddio è perdonatore, misericordioso”. (3:31)
“Seguite quello che vi è stato rivelato dal vostro Signore e non abbiate altri patroni, che Lui. Quanto poco ve ne ricordate!” (7:3)
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(6) I Versetti della scelta:
“Il tuo Signore crea ciò che vuole e sceglie [ciò che vuole]; a loro invece non appartiene la scelta. Gloria a Dio! Egli è ben più alto di quello che Gli associano!” (28:68)
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(7) I Versetti del Giudizio:
“Iddio decide con equità, mentre coloro che essi invocano all’infuori di Lui, non decidono nulla. In verità Iddio è colui che tutto ascolta e osserva.” (40:20)
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Questi esempi tratti dal Nobile Corano evidenziano come le caratteristiche del governare appartengano esclusivamente a Dio Altissimo. Anche la frase comunemente ripetuta a la lahu al-’amrwal-hukm (Non appartiene a Lui il commando e il giudizio?) illustra chiaramente questo punto.
La più importante caratteristica dell’autorità di Dio è costituita dalla wilayat e dal comando, ed Egli conferisce tale virtù a chiunque desideri. La natura della khilafah concede al khalifah il privilegio di essere il guardiano delle genti obbligando queste ultime all’obbedienza. Poiché l’obbedienza e l’abbandono assoluto spettano soltanto a Dio, solo Dio Altissimo ha il diritto di conferire un tale potere e autorità a chiunque Egli voglia. Iddio dice:
“O voi che credete, obbedite a Dio e al Messaggero e a coloro di voi che hanno l’autorità (‘ulul-‘amr minkum). Se siete discordi in qualcosa, fate riferimento a Dio e al Messaggero…” (4:59)
Ne consegue che chiunque usurpi la guida e diventi califfo o imam attraverso la forza e l’intimidazione, non avrà mai quel crisma di legittimità indispensabile per essere un’autentica guida islamica. La logica richiede che l’imam o califfo successore sia designato da Dio. Poiché Iddio ha collocato l’obbedire a costoro allo stesso livello dell’obbedienza dovuta a Lui ed al Suo Messaggero, ne consegue che non tutti sono spiritualmente qualificati a diventare successori del Profeta. La storia islamica mostra come, al tempo delle dinastie Omayyade ed Abbaside, l’incarico di guida sia stato ricoperto da personaggi assolutamente indegni se non addirittura corrotti: possiamo forse applicare nei loro confronti il versetto sull’obbedienza citato poc’anzi? I credenti musulmani dovrebbero seguire ciecamente questo genere di capi? Dio potrebbe mai invitare i musulmani a seguire un capo corrotto ed oppressore?
Eppure vi sono alcune raccolte di hadith in cui si tenta di giustificare sia il governo di cosiffatti figuri sia il dovere da parte dei musulmani di obbedirli. L’Imam Bukhari riporta le seguenti parole del Nobile Profeta (S): “Dopo di me, ci saranno dei governanti (wilat), e troverete [fra di loro] dei giusti e dei corrotti. Voi musulmani dovete ascoltare entrambi. Chiunque rompe l’unità della società (jama’ah) sarà considerato fuoriuscito dalla religione dell’Islam.” (8) Simile hadith non è assolutamente compatibile con il Nobile Corano, che afferma:
“Non cercate il sostegno degli ingiusti (dhalamu): [in tal caso] il Fuoco vi colpirebbe, non avrete alcun alleato contro Dio e non sarete soccorsi” (11:113)
Il Nobile Corano vieta senza mezzi termini qualsiasi tipo di sostegno o appoggio che i credenti possano offrire all’oppressore. Non esiste alcuna giustificazione che possa ammettere un oppressore come califfo o capo della Comunità Islamica (Ummah); così facendo, si commetterebbe una grave violazione delle prescrizioni coraniche. Il Versetto 4: 59 non solo ordina ai credenti di obbedire agli ‘Ulul-‘amrur loro legittimi guardiani (cioè gli Imam infallibili) ma indica anche la loro infallibilità, giacché nessuna persona corrotta o malvagia può essere autorizzata da Dio ad assumere una cosiffatta funzione.
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NOTE
1) Ibn Qutaybah, al-Imamahwal-Siyasah, Vol. 1, pag. 6.
2) Ibn Kathir, al-Sira al-Nabawiyyah, Vol. 2, pag. 494
3) al-Tabari, Tarikh, Vol. 2, pag. 443
4) al-Suyuti, Tarikh al-Khulafa’, pag. 69
5) Ibn Abi al-Hadidal-Mu΄tazili, Sharh Nahj al-Balaghah, Vol. 2, pag. 29
6) Ibid., Vol. 9, pag. 50
7) Tra le fonti sunnite in italiano, cfr. la nota 37 al versetto nella traduzione del Corano curata da H. Piccardo (Edizioni Newton) e la nota 102, pag. 207, dell’“Esegesi del Corano. Tafsir al-Jalalayn”, edita dall’Istituto Italiano di Studi Islamici, Milano 2016.
8) Sahih al-Bukhari, Kitab al-Imara, Hadith 1096, “Il Libro delle prove”, Hadith 6530 e 6531, “Giudizi legali”, Hadith 6610; Sahih Muslim, Kitab al-Imara, Hadith 3438; Musnad Ahmad ibn Hanbal, prima parte, pag. 275, 297 e 310; al-Darami, “Il Libro delle Biografie”, Hadith 2407.
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