L’argomento che qui ci proponiamo di trattare brevemente, è a nostro avviso dei più delicati ed importanti nelle presenti condizioni, in quanto foriero dei più inaspettati sviluppi e suscettibile delle più inusitate considerazioni. Si tratta della vexata quaestio dell’aggressione culturale, vera e propria offensiva condotta a fondo dai poteri mondani contro l’Islam, e non soltanto, ma anche contro tutti i centri di resistenza, attiva o passiva, personale o collettiva, all’uniformità del “nuovo ordine” mondiale preconizzato dai capi palesi ed occulti dell’atlantismo, e nella fattispecie, diretto contro quello che se ne propone come il principale centro di resistenza, contro l’Iran della Rivoluzione Islamica.
L’argomento, a nostro avviso, abbisogna di chiarimenti imprescindibili che, per scontati che possano sembrare, se non altro alcuni di essi, sarà tutt’altro che inutile ripetere, sceverare, approfondire, anche alla luce del succedersi rapido ed a volte tumultuoso degli eventi mondani. Quello dell’aggressione culturale è peraltro un argomento a suo modo ben noto, a cui si è dato più volte risalto dall’una e dall’altra parte, con varietà di sfumature e contenuti e, com’è naturale che sia, discrepanze profonde del giudizio di valore.
Assistiamo invero in questi frangenti, anche se la vicenda è tutt’altro che nuova, al tentativo sempre più ostinato ed esacerbato dell’Occidente modernista, e delle sue varie escrescenze locali, d’imporre non soltanto un suo nuovo ordine, ma anche quelli che esso reputa essere non le sue opinioni correnti, ma siccome i principi indiscutibili del genere umano. È interessante tentare di appurare almeno brevemente com’è che si sia giunti a tanto.
Quel che risalta anche a prima vista a questo medesimo riguardo, è che un tentativo siffatto si basa su assunti culturali e su una realtà umana intesi come generalizzazioni, invece che come universalità. Non vorremmo qui lasciarci andare a giochi e funambolismi di parole, di cui si viene sovente accusati in casi consimili. Quel che vorremmo qui rilevare, è che una cosa è ricercare e promuovere un’uniformità presunta delle realtà umane fondata su astrazioni che ne tolgano di mezzo le qualità primarie e perfettive, in nome di un’unità fittizia, ed altro è il perseguimento di una compiutezza reale, fondata su un insieme coerente di qualità, nel verso della loro eminenza attuativa.
La generalità è invero un’astrazione, in quanto tale immaginaria, questo è il suo significato in seno alle varie scuole di pensiero, ed è astrazione immaginata a procedere dalla realtà, come anche il senso primario della sua derivazione verbale concerne la “nascita”, lo si noti bene, e non l’”origine”, vale a dire quanto v’è di più uniforme nel senso della mancanza di qualificazioni; ed anche in arabo, il verbo “jannasa”, il più vicino, in mancanza di un verbo radicale della prima forma, alla radice “jns”, da cui “jins”, “genere”, significa alla lettera appunto “rendere simile”, “uniformare”.
A questa stregua, l’astrazione generalizzante concernerà tutti gli individui di una specie o di un genere. Al contrario, la qualità perfettiva è affatto riduttiva sotto il riguardo numerico, nel senso che non comprende tutti gli individui di un genere, ed anzi il più delle volte, o piuttosto, in senso rigoroso, non è cosa di questo nostro basso mondo, ma è più comprensiva nel senso dell’insieme delle qualità e del loro grado di compimento.
Fatta questa necessaria premessa, sarà possibile notare come la cultura occidentale, dalla fine del Medioevo ai tempi nostri, tenda sempre più a fondarsi sulle astrazioni, e questo contrariamente alle sue pretese ed ai suoi assunti, per inverosimile ed inusitato che ciò possa sembrare, nella sua contrarietà all’opinione comune. In effetti, nel momento stesso in cui si pretende di volgersi al mondo, prescindendo o trascurando il suo Principio e la sua destinazione, si compie un’opera di astrazione, riduttiva quanto alla realtà, che verrà portata al suo esito allorquando, col pretesto dell’esperienza e della razionalità esplicativa, non si farà altro che estrapolare da una concretezza a sé stante, già di per sé insussistente se non in una guisa immaginaria, contenuti fittizi, procedendo di grado in grado, di generalizzazione in generalizzazione, di astrazione in astrazione.
L’esperienza, di per sé stessa, non significa nulla, ed ogni tentativo di sussumerla, in quanto tale, sotto principi esplicativi che non esulino, in definitiva, dal suo dominio, è foriero d’ulteriori astrazioni ed insussistenze, quando non ci si limiti a scorgerla, lasciandosi condurre dalla sua significazione allusiva del principio e dei livelli superiori dell’esistenza nell’ambito contemplativo, o a considerarla traendo le necessarie conclusioni dalla sua contingenza e finità nell’ambito discorsivo, come prescrive, nell’uno e nell’altro caso, il Sacro Corano.
E quindi è che, contrariamente alle pretese correnti, questo modo d’intendere e considerare che estrapola, ignora o rifiuta il Principio della realtà, è astrazione su astrazione, vuoto su vuoto. Questo discorso si applica a tutto l’insieme di siffatte congetture, considerate nella loro mera indole umana.
È così che, per ricondurci al campo delimitato, ma purtuttavia centrale, delle conoscenze e degli enunciati che riguardano l’essere umano in quanto tale, ci ritroveremo di fronte a delle astrazioni di per sé stesse insussistenti, che si tratti dell’individuo, dei suoi diritti, dei suoi aggregati, della sua volontà siccome singolo e come collettività, della sua libertà, dell’eguaglianza, della pretesa concordia d’intenti, vale a dire, della “fratellanza universale”, e via dicendo.
Si tratta invero della riduzione all’assurdo di contenuti sì reali, ma soltanto a patto di non estrapolarli dal loro contesto esistenziale complessivo, cui essi debbono la loro propria sussistenza. E questo è oggigiorno, a nostro avviso, il senso profondo del confronto tra universi umani che si conformano secondo assunti, sotto il suddetto riguardo, assolutamente differenti ed incompatibili.
È peraltro assai interessante notare come il martellamento incessante della propaganda ispirata dai centri di potere dell’Occidente modernista, abbia diffuso ed imposto come ovvie convinzioni del tutto prive di senso ed evidenza. Non vogliamo peraltro essere fraintesi. Non si tratta tanto di elaborazioni mentali, quanto piuttosto di realtà umane di fatto, o intese in quanto oggetti di un progetto, o soggetti di un destino, a cui si voglia elevarle o sottometterle.
L’aspetto concettuale e mentale è, a questo medesimo riguardo, del tutto secondario. Il confronto, o aggressione culturale, si inserisce a questa stregua in un universo umano dilacerato, anche entro la singola persona, il cui senso ultimo è da intendersi sotto il riguardo della sua destinazione, in rapporto al suo fine ultimo, sia in quanto questo la trascende, sia come intimo conformarsi delle sue potenze esistenziali, che ne definiscono il contenuto d’essere.
Giacché il modo di vedere suddetto è radicato in una sua differente valutazione delle facoltà umane, rispetto a quello tradizionale fondato sulla trascendenza, e su un differente approccio alla questione della realtà extraumana e sovraumana. Da un lato, il rifiuto di fatto, se non sotto il riguardo concettuale, cioè della mera escogitazione mentale, della trascendenza e dei suoi livelli, vale a dire, sotto questo medesimo riguardo, dell’articolazione esaustiva del reale, a procedere dal suo Principio Primo, o rifiutato, o ignorato, o rigettato nelle nebbie del fideismo individuale e delle sue immaginazioni; il che porta anche a rifiutare, ad ignorare, o a travisare quelle stesse potenze immaginali connesse al dominio della sensibilità immediata, scambiate sovente con l’ambito della spiritualità pura, ed i mondi inferi e tellurici.
Sotto il riguardo personale, ciò significa il rifiuto della realtà e delle funzioni dell’intelletto contemplativo, unitivo ed immediato, sottomesso che sia alle pulsioni concupiscibili e passionali connesse alla sensibilità, legata a sua volta al dominio astratto e larvale, secondo i suoi vari livelli d’astrazione, della razionalità, discorsiva e formale, ovverosia di un razionalismo che è, come avevamo detto poc’anzi, la controparte e l’ulteriorità astraente di un’astrazione radicale. Dall’altra parte, una realtà, ed una persona umana intese secondo i loro vari livelli, oltre che trascendenti, immaginali, inferi e tellurici, la cui concezione si fonda su un giudizio discriminante a questo medesimo riguardo, che stabilisce un ordine di priorità e di dignità, a procedere dal Principio Primo, al quale da ultimo questo discrimine compete, ed a cui si riconnette come al suo fine l’intelligenza contemplativa, che discevera e comprende, culmine della compagine umana, nel suo pacifico dominio, quando a ciò s’addivenga, delle potenze inferiori. È quando si tenga conto, a mo’ di premessa, di siffatti assunti, che si potrà intendere a fondo il senso dell’opposizione suddetta tra le due previe visioni della realtà del mondo e dell’uomo.
Quando ci troviamo di fronte, anzi siamo coinvolti in contrasti quali quelli che oggigiorno sconvolgono il mondo intero, non dobbiamo ignorarne il senso profondo e l’ineluttabilità. Lungi dalla cosiddetta “guerra tra le civilizzazioni”, è di ben altro che si tratta. Abbiamo qui a che fare con l’acuirsi esteriore, e non soltanto, di un contrasto che, se non esaurisce la vicenda umana e non ne intacca l’origine, è peraltro antico come il suo tralignamento. Ed ha le sue radici, se non nella sua natura originale, all’interno della sua persona, nel differente atteggiarsi, possibile e di fatto, delle sue varie potenze, di là dalla verità ed originarietà del suo principio luminoso, indefettibile ed indubitabile, contrariamente agli assunti arbitrari della vulgata progressista e razionalista.
Gli eventi che ci coinvolgono all’esterno, si danno il sembiante di strutture esistenziali differenti, legate a diverse concezioni del mondo, di per sé inconciliabili. Vale la pena rilevare come non abbia nessun senso perseguire il suddetto contrasto di per sé stesso, dato che all’origine, ed esistenziale, ed effettuale, esso non abbia luogo, come s’è visto, conformemente alla sua natura e realtà, e giacché il suo stesso fine, e la sua conclusione effettuale non possono esserne altro che la risoluzione, nel senso del ristabilimento del principio.
Tanto più che, chi si richiama ad un’origine autentica, non desidera e non ricerca nemici di per sé stessi, dato che sotto un riguardo unitivo superiore, non vi sono nemici. Questa è una questione, come dicevamo, di necessità relativa e condizionata. Tutto questo lasciamolo agli altri, che prefigurano prospettive inquietanti e lugubri, senza via d’uscita, o in vista di un esito fallace e funesto, per seminare inquietudine, incertezza, paura, errore. Nulla di tutto questo. Il senso della suddetta ineluttabilità non è certo di tal fatta. Non ci ritroviamo di fronte al paventato “scontro tra civilizzazioni”, esito di una parzialità esistenziale insanabile, senza risultato previsto o prevedibile, ma piuttosto al cospetto di una velleitaria, illusoria ed inconsistente riduzione all’assurdo dell’uomo e del mondo, per quanto speciose ed invadenti possano esserne la parvenza e la protervia.
Non dobbiamo dimenticarci che al giorno d’oggi, conformemente agli assunti della Rivelazione e delle narrazioni profetiche, ci troviamo coinvolti, vale la pena ripeterlo, in eventi che, per quanto frutto di una scelta libera a suo modo ed al suo livello, sono nondimeno la necessaria conseguenza dell’attuarsi d’una conformazione possibile e d’una corrispettiva concezione del reale, per quanto esse siano in definitiva velleitarie ed inconsistenti. È questo invero l’estrinsecarsi di possibilità inferiori, che sono la nota distintiva di un mondo finito che procede alla sua fine ineluttabile, sia pure entro una vicenda assai più ampia, che conduce alla “notte” della fine completa, ed al “giorno” della completa restaurazione, alla “notte” della fine del mondo, e non di un mondo, ed al “giorno” del suo ristabilimento principiale, effusione diretta della Luce Suprema, corrispettivo della sua sostanziale finitezza insussistente, che ne riflette all’interno dell’effettualità, mercè dei suoi ricorsi, questa realtà e conformazione, in grazia della sua unicità essenziale.
Questa chiave d’interpretazione, la sola che abbia un senso compiuto sotto il riguardo esistenziale, ci rende edotti del fatto che queste possibilità e potenze inferiori, in noi e fuori di noi, sono all’atto del loro tentativo estremo, velleitario e fallace quanto pertinace, mercè di zelanti vessilliferi ed ingenui gregari, di impadronirsi di questo nostro basso mondo, di un mondo di cui non hanno e non avranno mai il dominio, senza avvedersi del fatto che Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, ne sa e ne può infinitamente di più, e che ogni loro assalto, anche ogni apparente successo, non fa che preconizzarne la fine, e l’effusione plenaria di quella Luce che essi pretendono di “spegnere con le loro bocche”, come recita il Sacro Corano, con le cavità oscure e vuote da cui promanano le mere flatulenze del loro inconsistente blaterare. Ma senza che ciò abbia altro esisto che l’evanescenza dopo il vacuo rimbombo, a rimarcare l’inviolabilità di Quello a Cui stoltamente pretendevano d’imporsi.
Nulla di strano o d’imponderabile pertanto, a nostro avviso, in quello che ci capita attorno. Nulla di strano nel moltiplicarsi delle escrescenze della parvenza radicale, che coinvolge di volta in volta gli individui apparentemente più insospettabili, ma purtuttavia sempre pronti, in assenza di radicamento esistenziale, a cedere ed a prostituirsi agli allettamenti speciosi di ciò a cui non sono capaci di antivedere alternativa alcuna, né in sé, né di là da sé.
Recita una narrazione imamica, che alla vigilia dei tempi ultimi saremo “setacciati, setacciati, setacciati…”, con una ripetizione insistente, a rimarcare la profondità ed ineluttabilità del discrimine a cui siamo, e saremo sempre più sottoposti. Nulla di strano dunque, nulla d’inaspettato. Nessuna meraviglia nel ritrovarsi a volte quasi soli, in mezzo a chi sembra avere dimenticato il suo dovere e la sua destinazione, o sembra non averne mai avuto sentore. Questa, a nostro avviso, è la sola chiave valida d’interpretazione degli eventi ultimi.
Abbiamo preferito, in questa sede, non addentrarci in considerazioni minute, tralasciando i particolari effettuali della vicenda in cui siamo immersi a mo’ di spettatori e di attori, per cambiare invece il punto di vista, sforzandoci di elevarci al di sopra dei fatti, per quanto ciò ci è concesso, per tentare di abbracciare il tutto da una prospettiva articolata sì, ma unitaria, ricordandoci che l’unità è la condizione prima ed il senso ultimo del reale, la quale s’adoperi per darne ragione sotto il riguardo delle ragioni più elevate. E non sembri questo nostro procedere alquanto oscuro. Perché, quand’anche potrà apparire tale ai primi passi, è di lassù, specie per chi sia giunto alla meta, che il tutto si svelerà nella sua evidenza.
Quando si assiste allo spettacolo di un assedio e di un assalto incessante, che cerca di superare le successive linee di resistenza facendo leva all’interno sugli aspetti deteriori della persona umana, quando si deve ravvisare un certo successo, sia pur parziale ed apparente, di questo modo di procedere, che fa sperare ai malvagi che seminano la corruzione sulla terra, adornandola con i più speciosi ed insulsi orpelli satanici, in futuri, decisivi successi, sia pure talora di là insuccessi ai loro occhi parziali e momentanei, non bisogna né affliggersi oltremodo per le perdite o defezioni, né chiudere gli occhi davanti a tanto guasto, illudendosi che tutto ciò non sia altro che una momentanea, insignificante e superficiale stortura, presto ed agevolmente emendabile, o di per sé, o con mezzi meramente umani.
Bisogna invece avere sentore della grandiosità e profondità di eventi che sconvolgeranno le nostre stesse persone, sulla via di un discrimine progressivo ed ineluttabile, persone tutte quante in pericolo, spingendo lo sguardo al di là ogni inviluppo illusorio, dai sembianti fallaci, dalle specie larvali che lasciano intravedere di là da sé i fulgori di un mondo che rinasce dalla sua stessa eternità principiale, celato dalle spoglie caduche di un mondo che muore nella sua perenne inconsistenza e radicale nullità, vale a dire, tutto l’opposto di quello che potrebbe apparire a prima vista. Vale la pena ripeterlo ancora una volta: questo è il tempo della prova, della prova che precede il discrimine, il giudizio, e l’attestazione e la conferma risolutiva del vero.
In questa prospettiva che, lo ripetiamo, vuole essere quella delle ragioni più alte, tutto ritrova inoppugnabilmente un senso, di là dalle apparenze, che vorrebbero dare per scontato, o per assai probabile, la vittoria di quelle forze scatenate alla perversione ed alla conquista del mondo. Ricordiamoci che si tratta innanzitutto di resistere, in attesa dell’attuarsi dell’evento, dell’adempimento della promessa e della realtà originale, della promessa di libertà e di giustizia autentiche che vengono solo da Iddio Altissimo, sia esaltato e glorificato, e da nessun mascheramento umano, per il tramite del Suo Intimo, della Sua Guida Ben Guidata, la pace su di lui, il cui esistere ed agire manifesto e tangibile nel mondo è il tramite della presenza e dell’azione divine dirette ed immediate, in ragione del suo compiuto annichilimento in Lui e della sua perfetta ostensione da Lui, che Iddio Altissimo voglia affrettarcene la gioia.
Sotto questo riguardo, non soltanto ogni posizione conquistata, ma ogni posizione perduta, purché solo parzialmente ed apparentemente, sarà una vittoria, e non da poco, purché sia salvo, e così deve essere, il cuore invitto ed invincibile delle schiere che s’oppongono al tralignamento, il deposito sapienziale ed esistenziale del vincolo e del raggio della profusione divina, che in lui, nella nostra Guida oggi occulta, ma presente, la pace su di lui, si fa ab aeterno compiutezza, e presto, a Iddio piacendo, si farà compiutezza tangibile.
Si tratta invero di perseverare, di oltrepassare il discrimine del discrimine, con l’aiuto d’Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, affinché si possa essere alfine di quel che rimarrà e rimane, del resto d’Iddio, di quel che addiverrà all’incontro tangibile con il Suo Resto eminente, che è il Suo tutto, con l’effusione vicaria immediata della Sua Eternità, della Sua Durata Infinita, Semplice e Trascendente, la pace su di lui, nel nostro mondo e nei mondi tutti. Giacché, al di là di ogni inganno e di ogni fallacia, come recita il Sacro Corano, “Il Resto d’Iddio è meglio per voi” (Sacro Corano, XI, 86).+
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