IL PROFETA MUHAMMAD (S): INIZIO DELLA MISSIONE PROFETICA
LA SOCIETA’ DI MECCA
La società nell’oscura Mecca, dove il Profeta Muhammad (s) nacque, era colma di vizi ed oppressione. Era sterile e dura quanto il paesaggio arabo, con morale in declino, perversione diffusa, ignoranza e povertà. Come il resto dell’Arabia, era politeista, profondamente impregnata e coinvolta nell’adorazione di una moltitudine di idoli. La società meccana, in linee generali, è stata suddivisa nelle seguenti tre categorie:
1) I RICCHI ARROGANTI: nelle loro mani c’era la ricchezza, autorità e politica di Mecca. Questa fu una categoria che si oppose con veemenza al Messaggero di Allah ed alla chiamata all’Islam. Terrorizzarono e vietarono alla gente di credergli, per timore di perdere la loro ingiusta egemonia.
A questa categoria sono appartenuti Abu Jahal, Abu Sufyan, Abu Lahab, Walid bin Mughira, Uqba bin Abi Moayyt, Aas bin Wael Sahn ed altri, che avevano accumulato grosse fortune attraverso l’oppressione e metodi scorretti.
2) GLI INDIGENTI (gli schiavi e gli oppressi): questo settore era composto da oppressi come Ammar e i suoi genitori Yaser e Sumaya, Bilal al-Habashi (l’abissino), Suhaib ar-Rumi (il romano, da intendersi come occidentale), Khabbab bin Arat, ecc…, i quali tutti accolsero con ardore la chiamata all’Islam, perché la trovarono veritiera ed un mezzo di liberazione dall’oppressione, schiavitù e mancanza di fede.
3) LA GENTE COMUNE : questi non facevano parte né dell’oligarchia terriera né erano sottoposti a schiavitù. Potrebbero essere definiti la classe media, affiliati ai loro rispettivi clan e capi tribali che li dirigevano ciecamente.
Così quando la chiamata dell’Islam cercò di ottenere giustizia ed uquità per tutti gli uomini, rimuovendo le barriere artificiali di classe installate dalla jahiliyyah (termine che significa ignoranza e designa l’epoca pagana precedente l’avvento dell’Islam), i tiranni e gli oppressori fecero il possibile per arrestarne la diffusione.
Percependo che il relativo messaggio di monoteismo, predicante sottomissione all’Uno, Unico Creatore e l’abbandono del culto degli idoli e delle immagini create dall’uomo, avrebbe portato alla fine della loro dominazione su Mecca, i Quraish pagani decisero di allearsi contro il Profeta Muhammad (S).
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NASCITA E ASCENDENZA
Muhammad (s) nacque a Mecca nel 570 A.c., noto negli annali della storia araba come Anno dell’Elefante, a causa di un miracoloso evento.
Quell’anno Abraha, governatore cristiano dell’Abissinia, che già aveva sottomesso lo Yemen, marciò su Mecca con un’enorme esercito di elefanti. La sua intenzione era di distruggere la Ka’aba e spostare il centro di pellegrinaggio a San’a, dove aveva costruito un’imponente chiesa. Ma nel momento in cui l’esercito di Abraha stava per attaccare, l’Onnipotente inviò uno stormo di creature volanti che annerirono il cielo lanciando con molta forza oggetti simili a ciottoli che in pochi minuti distrussero gli elefanti guerrieri. Così Allah l’Onnipotente umiliò gli arroganti e gli ignoranti per mezzo di creature oscure.
Muhammad (s) nacque il 17 del mese lunare di Rabi-al-Awwal. Suo padre era Abdullah, figlio di Abdul Muttalib a sua volta figlio di Hashim, e sua madre Amina era figlia di Wahab.
Suo nonno Abdul Muttalib ebbe molte mogli e figli, tra cui Abdullah ed Abu Talib che provenivano dalla stessa madre. Così il Profeta Muhammad (s) era membro del nobile clan dei Bani Hashim, un ramo della grande tribù dei Quraish, discendenti da Ismaele (as), il figlio più vecchio del Profeta Abramo (as).
Suo padre Abdullah morì tre mesi prima della sua nascita, mentre era in visita a Yathrib (attuale Medina).
La nascita dell’orfano trasformò il dolore privato della famiglia in una grande gioia, e nessuno era più felice di sua madre Amina e di suo nonno Abdul Muttalib, ancora scioccati per la morte prematura di Abdullah.
La famiglia scoppiò di felicità, macellò delle pecore e diede un grosso banchetto ai Quraish per celebrare il felice evento. Mecca traboccò di gioia e la gente si affollò come fosse un gregge alla casa di Abdul Muttalib per congratularsi con lui per la nascita del nipote.
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L’EDUCAZIONE DEL PROFETA
Come era abitudine in quel tempo, i bambini delle famiglie nobili normalmente venivano affidati alle cure di nutrici forti e sane, che non solo allattavano ma insegnavano ai loro protetti gli usi e l’educazione.
Il giovane Muhammad (s) venne dato in cura ad una nobile nutrice di nome Halima bint Haret as-Saadiyah, che lo allevò insieme ai suoi bambini, Abdullah, Eisa e la figlia Shaima (1).
Dopo quattro anni Halima riportò il bambino a sua madre ed a suo nonno. Tutti furono felici di come il bambino avesse iniziato a crescere, grazioso, sobrio e intelligente, distinguendosi dagli altri bambini per i suoi modi gentili, per l’amore e l’ammirazione che suscitava in tutti.
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LA MADRE ED IL NONNO MUOIONO
All’età di sei anni sua madre lo prese con se per recarsi a Yathrib in visita alla famiglia, Umm Ayman, la loro domestica li accompagnava nel viaggio. A Yathrib il giovane ragazzo vide la tomba del padre, che non aveva mai visto; che scena commovente deve essere stata, quando la madre e il figlio guardarono la tomba di Abdullah!
Dopo un breve soggiorno in Yathrib tornarono indietro, ma lungo la strada Amina cadde seriamente malata. Provarono a curarla ma le sue condizioni peggiorarono ed infine spirò: venne sepolta in un luogo chiamato Abwa, situato tra Mecca e Yathrib.
Il bambino naturalmente era molto addolorato per aver perso il suo unico genitore all’età di sei anni, ora era orfano di ambo i genitori e solo in questo grande mondo.
Ma l’Onnipotente Allah è Grande e Onnipresente e solo Lui stabilisce i destini. Umm Ayman accompagnò Muhammad (s) da Abdul Muttalib, che rimase molto scosso dalla notizia dell’improvvisa morte della nuora. Il nonno prese su di se la responsabilità di crescere il giovane orfano, senza che provasse il minimo disagio, ma ci fu un altro grosso dispiacere per Muhammad (s), che all’età di otto anni perse anche il suo amorevole nonno.
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ABU TALIB NE ASSUME LA CUSTODIA
Prima della sua morte Abdul Muttalib disse a suo figlio Abu Talib di occuparsi dell’educazione dell’orfano di suo fratello maggiore, così Abu Talib assunse volentieri la tutela di suo nipote ed accolse il giovane Muhammad (s) nella sua casa.
Abu Talib e sua moglie Fatima bint Asad fecero crescere l’orfano come un loro figlio, senza mai farlo sentire mal voluto o povero. Lo amarono sinceramente e lui amò loro. Negli anni che vennero lo si sentì dire che Fatima bint Asad (madre dell’Imam ‘Ali (as)) fu per lui come una madre.
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IL MATRIMONIO DEL PROFETA
Muhammad (s) crebbe nella casa del suo amato zio, divenendo un giovane bello e di buon carattere, che lo distinse dal resto della gioventù di Mecca.
Presto cominciò ad aiutare Abu Talib nel lavoro e commercio ed una volta lo accompagnò con una carovana verso la Siria, dimostrando abilità, talento e onestà. La sua onestà e buona reputazione lo precedettero e subito dopo il ritorno a Mecca, trovò una proposta per un incarico commerciale per conto di una nobile facoltosa donna quarishita, Khadija bint Khuwailid. Accettò il lavoro per Khadija, che gli affidò del denaro con cui commerciare. Viaggiò ancora verso la Siria e realizzò per conto di Khadija un grosso profitto. Khadija ben presto cominciò ad ammirare Muhammad (s), la sua intelligenza ed il suo carattere.
Alla fine lei gli offrì la sua mano e lui accettò. Muhammad (s) e Khadija si sposarono e vissero una vita armoniosa e piena d’amore, cooperazione e sincerità, condivisero gioie e tristezze. Formarono una coppia perfetta, la cui somiglianza è rara nella storia dell’umanità.
Quando il Messaggio Divino venne rilevato a Muhammad (s), la devota Khadija immediatamente credette a suo marito senza mai dubitare. Lei fu la prima donna ad accettare l’Islam ed in seguito mise a disposizione tutti i suoi averi per la diffusione della verità e della giustizia.
Khadija bint Khuwailid proveniva dalla tribù dei Quraish ed era nata e cresciuta a Mecca.
Anche nei giorni della jahillyyah era conosciuta tra le donne dei Quraish per il suo nobile carattere e virtù, e per questo veniva chiamata Tahira, cioè Pura.
Sposò Muhammad (s) quindici anni prima della rivelazione proveniente da Allah. Finche lei fu viva, il Profeta (s) non prese una seconda moglie, persino dopo anni e dopo che ebbe altre mogli serbò nel cuore un ricordo particolarmente amorevole e si riferì a lei come alla sposa più cara: lei resistette con lui alla fame, alla povertà e alle persecuzioni dei politeisti.
Ebbe con Muhammad (s) dei figli e, tranne Fatima (as), tutti morirono nell’infanzia, compreso il figlio Qasim (2) da cui deriva la Kunya del Profeta, Abul Qasim.
Infine durante il decimo anno della missione profetica, poco dopo che la piccola comunità musulmana era uscita dalla valle di Shi’b Abi Talib in cui era stata confinata dai pagani, Khadija morì. Fu una grande tragedia per il Profeta (s) e l’anno è conosciuto come Anno del Dolore, in cui il Profeta (s) subì un ulteriore colpo, la morte del suo amato zio e benefattore Abu Talib.
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SINCERO ED ONESTO
Muhammad (s) fin dall’infanzia venne conosciuto per la sua virtù e buon comportamento, lontano dai vizi diffusi nella società pagana, come il bere alcolici, la disonestà, il gioco d’azzardo, la codardia ecc……tutte caratteristiche della società del tempo. Il suo nobile carattere lo tenne lontano dal partecipare a queste pratiche, tanto che la gente lo soprannominò as-Sadiq (il sincero) ed al-Amin (l’onesto). Tutti si fidavano tranquillamente di lui e gli si affidavano come giudice imparziale in caso di dispute. Era un credente nato, il cui cuore era sgombro dalla sporcizia dell’incredulità e del politeismo. Nessuno vide mai il ragazzo vicino agli idoli e tanto meno intento ad adorarli. L’Onnisciente Allah che lo aveva scelto per il compito e le benedizioni che lo aspettavano in futuro, aveva ispirato il cuore di Muhammad (s) con la Sua Grandezza, Potere e Maestà.
La sua purezza incontaminata era indicativa della sua futura grandezza: come avrebbero potuto credergli le genti se lo avessero visto prostrarsi agli idoli e dedicarsi al vizio come qualunque arabo ordinario del tempo? Certamente nessuno avrebbe risposto alla sua chiamata all’Islam verso la virtù e la liberazione dall’oppressione e nessuno gli avrebbe creduto se non fosse stato sicuro testimone della sua onestà e veridicità.
Così la Provvidenza Divina lo seguì fin dall’inizio ispirandolo e istruendolo, infine presentandolo come modello di emulazione e Messaggero per tutta l’umanità.
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INIZIO DELLA MISSIONE PROFETICA
Muhammad (s), benché amato e rispettato dai meccani per la sua saggezza e virtù, preferiva la solitudine e manteneva le distanze dalla società politeista.
Disgustato dalla corruzione imperante, amava ritirarsi in una caverna sul monte Hira, ad alcuni chilometri dalla Mecca, per meditare sulla Maestà di Allah e adorarlo.
Inizialmente prese a ritirarsi nella caverna per un giorno o due, a volte fino a dieci giorni, ma successivamente i suoi ritiri si prolungarono per un intero mese, durante il quale pregava e chiedeva una guida per la gente deviata.
Infine un giorno mentre albeggiava accadde ciò che doveva cambiare la storia del mondo. All’età di quant’anni, mentre come di consueto nella caverna di Hira era impegnato nella preghiera ad Allah, improvvisamente gli apparve l’Arcangelo Gabriele portatore della Rivelazione Divina con i primi versetti del Santo Corano. “Leggi! In nome del tuo Signore che ha creato, ha creato l’uomo da un’aderenza. Leggi, che il tuo Signore è il Generosissimo…” (Corano, Surat Al-‘Alaq, Ayat 1)
Con questi versetti Gabriele annunciò a Muhammad (s) che Allah Onnipotente lo aveva scelto come Suo ultimo Messaggero per l’umanità. Il cuore di Muhammad (s) si riempì di gioia e ringraziò Allah Onnipotente per avergli concesso questo immenso onore.
Si affrettò verso casa per comunicare a Khadija della sua investitura profetica; Khadija, udito l’evento, immediatamente credette nella Profezia di suo marito, così come il suo giovane cugino ‘Ali (as). Di conseguenza ‘Ali (as) e Khadija divennero i primi musulmani.
Così iniziò la Missione Divina destinata non solo a ripulire la penisola Araba dalla sporcizia del politeismo, ma il cui splendore avrebbe finalmente dissipato l’oscurità dal mondo intero.
Muhammad (s), dall’annuncio della sua Profezia, ebbe differenti tipi di reazione da parte della società di Mecca, e mentre le classi oppresse accolsero con gioia la chiamata all’Islam, felici che il giorno della liberazione fosse giunto, l’oligarchia meccana e coloro che vedevano in pericolo i loro privilegi e interessi, iniziarono a ridicolizzare il Profeta (s), nel disperato tentativo di soffocare il germoglio della Rivelazione finale per l’umanità.
Non scoraggiato dalle arroganti azioni della jahiliya Muhammad (s) continuò nella grande missione Divina affidatagli, ed i successivi ventitré anni della sua vita videro il graduale dispiegarsi dell’evento miracoloso, il Santo Corano, Parola di Allah trasmessa tramite l’Arcangelo Gabriele.(3)
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I PRIMI MUSULMANI
Malgrado i febbricitanti tentativi degli arabi infedeli di sopprimere la chiamata alla Verità, la giovane comunità musulmana cominciò a svilupparsi. La missione del Profeta (s) a Mecca può essere classificata in due periodi.
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La chiamata privata
Inizialmente la chiamata all’Islam era rivolta ai suoi parenti vicini, i Bani Hashim.
Per tre giorni consecutivi discusse con loro senza successo; soltanto il giovane cugino ‘Ali (as) lo appoggiò dichiarandosi apertamente e levandosi in piedi dicendo: “Testimonio che Muhammad è il Messaggero di Allah”.
Gli altri membri del suo clan lo derisero o rimasero in silenzio, forse avendo bisogno di tempo per riflettere sulle sue parole. Senza per questo sentirsi scoraggiato, Muhammad (s) continuò ad incontrare persone per invitarle all’Islam. Col tempo, il gruppo di devoti musulmani intorno a lui aumentò e cercò un luogo isolato e segreto in cui riunirsi, insegnare principi dell’Islam e i versetti del Corano che gradatamente gli venivano rivelati.
Quando il numero dei musulmani raggiunse i quaranta, Allah Onnipotente ordinò al Suo Messaggero di evitare la segretezza e di rendere pubblico l’invito all’Islam.
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La chiamata pubblica
Quando il numero dei convertiti musulmani iniziò a crescere Allah l’Onnipotente ordinò al Profeta (s) di invitare pubblicamente all’Islam. Alcuni convertiti eccellenti di questa fase includono, Ja’far bin Abi Talib, Ubaidah bin Hareth bin Aboul Muttalib, ecc..
La presenza crescente di una forte comunità musulmana in mezzo a loro naturalmente infastidì gli ostinati politeisti, che vedevano messa in pericolo la loro egemonia. I miscredenti che non avevano argomenti logici in difesa del loro culto di oggetti fabbricati dall’uomo, per arrestare le masse risvegliate dalla Luce dell’Islam ricorsero alla tortura e ad altri metodi di oppressione contro la nascente comunità musulmana. Bilal al-Habashi, Suhaib ar-Rumi, Khabbab bin Arat ed altri, subirono le più atroci forme di tortura dalle mani dell’arrogante jahiliya.
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LA MISSIONE CONTINUA
Malgrado le difficoltà la giovane comunità musulmana cresceva e si rafforzava nel suo credo.
La moglie del Profeta (s) Khadija bint Khuwailid, che era stata benedetta con una ricca fortuna, mise a disposizione di suo marito tutta la sua ricchezza per aiutare la diffusione dell’Islam. La personalità di Abu Talib, zio di Muhammad (s) che era rispettato e ammirato dai Quraish fu utile per mantenere a debita distanza dal Profeta (s) gli Arabi politeisti, impauriti dal recargli un danno fisico.
Il Profeta (s) continuò a istruire la giovane comunità musulmana sulle rivelazioni Divine e sui principi basilari dell’Islam. Tra suoi discepoli ed allievi entusiasti, nessuno lo era quanto ‘Ali (as), il suo giovane cugino, che aveva la personalità più affine al Profeta (s).
Un punto da notare è che, mentre tutti i primi musulmani erano persone mature che avevano avuto l’esperienza e l’amarezza del crescere tra gli idoli dell’Arabia, soltanto ‘Ali (as), affidato in custodia a suo cugino prima della chiamata dell’Islam, fu come Muhammad (s) una personalità pura e incontaminata, lontana dalla corruzione dei suoi contemporanei.
Fu la provvidenza Divina che fece sì che ‘Ali (as) venisse allevato personalmente dall’ultimo e più grande Messaggero dell’umanità.
Quindi il giovane ‘Ali (as) apprese tutta la conoscenza direttamente dal Profeta (s) stesso.
La Da’wah (invito all’Islam) del Profeta (s) attraversa due periodi, chiaramente distinguibili:
1)Il periodo di Mecca, a cominciare dall’età di quarant’anni fino alla sua emigrazione a Medina tredici anni dopo.
2)Il periodo di Medina, dal suo storico arrivo, l’Hijra (Egira), fino a dieci anno dopo, all’età di sessantatre anni.
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NOTE
(1) Si sviluppò una forte affinità tra il Profeta (s) ed i suoi fratelli adottivi che successivamente abbracciarono tutti l’Islam.
(2) Khadija diede al Profeta (s) un’altro figlio maschio chiamato Taher, anche lui morto nell’infanzia. Successivamente il Profeta (s) ebbe con la moglie egiziana Maria Qibtia (cristiana copta) un altro figlio di nome Ibrahim, anche lui morto infante. Quindi la discendenza del Profeta (s) sopravvive tuttora tramite la progenie di sua figlia Fatima (as) ed i suoi due figli Hasan (as) ed Husayn (as), che sono gli antenati di tutti i “ Seyyed”, i discendenti del Profeta (s).
(3) Anche oggi dopo quattordici secoli, il Libro di Allah, il Santo Corano continua a essere un miracolo vivente per l’umanità. La sua rivelazione venne completata due mesi prima della dipartita del Messaggero (s), ed oltre a contenere la “ Sharia” per i musulmani, è fonte di conoscenza umana per la contemplazione e la scoperta dei misteri della scienza, dei valori etici e morali, illustrando il percorso perfetto per il raggiungimento della felicità, sia in questo mondo che in quello futuro.
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