Falle Immaginarie. Replica a un articolo di M. Blondet sull’Islam
Non è da molto, che c’è giunta notizia di un recente scritto dal titolo “In Siria, l’Islam fa bancarotta” firmato dal giornalista Maurizio Blondet, assai interessante per vari aspetti, seppure contrastanti, nel quale è contenuto un tentativo di disamina del famigerato, sanguinario movimento cosiddetto “Salafita”, che imperversa oggigiorno in molte parti del mondo, islamico e non islamico, con un tentativo d’interpretazione delle sue origini e scaturigini. Cerchiamo di appurare brevemente qui di seguito, di che cosa si tratti, per poi passare all’esame degli assunti in questione.
Il movimento Salafita, dall’arabo “salafa”, “precedere”, nel mondo islamico, si è proposto siccome una reazione al tentativo di riaprire, da parte sunnita, le porte della deduzione giuridica, ferma alle conclusioni della quattro originarie correnti di diritto. Reazione la quale si è risolta, almeno nominalmente, nel ritorno a quelli che, appunto nella prospettiva sunnita, sono i primi quattro successori e Luogotenenti del Nunzio divino, i quattro Califfi Ben Guidati oltre che a tutti gli altri suoi compagni, ed alla loro pretesa interpretazione del Messaggio Rivelato.
Rigettando in questo modo come innovativo, tutto quanto facesse loro seguito, seppur facendo proprie le conclusioni letteraliste, se non addirittura materialiste, di alcuni hanbaliti nonché del loro massimo esponente Ibn Taymiah, fautore appunto di un letteralismo e di un materialismo intransigenti. Fin qui, al di là della legittimità di simili assunti e del biasimo di simili dottrine, non vi sarebbe altro di riprovevole.
Facendo presente che quella della deduzione giuridica, in arabo ‘ijtihād”, “assiduità”, “diligenza”, è procedura consolidata nella corrente sciita, almeno nella sua varante maggioritaria, cosiddetta “uşūlī”, del “conseguimento” argomentativo, avente la sua ragion d’essere nel fatto, che la Legge Rivelata deve sempre essere in grado di confrontarsi con gli eventi presenti, essendo necessario all’uopo che essa possa dare tutte le risposte necessarie nei loro confronti, vale a dire, delle concrete condizioni dell’esistenza temporale.
Essendo in ciò le genti del “conseguimento” in contrasto con i cosiddetti “aķbārī”, aggettivo da “aķbār”, in arabo “notizie”, “avvisi”, i quali, nella loro pretesa di affidarsi alla lettera dei detti dei XIV Puri, del Nunzio divino, di Fatima, e delle XII Guide suoi Successori e Luogotenenti, la benedizione d’Iddio su tutti quanti loro, riducono al minimo, o addirittura annullano una possibilità siffatta, rigettando l’uso dell’argomentazione discorsiva.
Dicevamo, che per i Salafiti, non vi sarebbe a questo medesimo riguardo nulla di male, al di là del loro errore settario, non fosse che, nella loro pretesa e distorta ricerca di purezza presunta originale, costoro si sono dati a considerare, come i sionisti, alla stregua di miscredenti, ed innovatori, e nemici d’Iddio, tutti quanti non la pensassero come loro, giungendo a ritenere lecito combatterli, ed addirittura sopprimerli, per far posto solo e soltanto a sé stessi.
Non stiamo qui ad esaminare le conseguenze dottrinali dei loro assunti che, accomunandoli al precedente errore settario dell’estremismo hanbalita, ne hanno fatto una vera e propria mostruosità nell’universo islamico: negazione del pensiero discorsivo, dei livelli sopraordinati e trascendenti della conoscenza del Verbo Divino e della realizzazione personale, della funzione mediatrice dei legittimi rappresentanti in terra d’Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, e degli onori loro dovuti, vale a dire, al Nunzio divino ed ai suoi legittimi eredi e degni successori, agli Intimi d’Iddio, contro gli stessi assunti coranici.
Quel che più c’interessa in questa sede, è la situazione di fatto, di violenza e di frode, che ha contraddistinto l’affermarsi di questo movimento cruento e degenere. Quel che qui ci preme, non è tanto di ravvisare una qualche linea di pensiero, di fatto assente in questi spregiatori dell’intelligenza umana, al di là delle loro aberrazioni di fatto e di diritto, ma di cercare piuttosto di capire quale sia il loro rapporto con l’universo islamico, e con i mondi ad esso ostili.
Quel che più risalta alla vista, in generale, è la loro accettazione, cordialmente ricambiata, ed il loro uso da parte occidentale, al di là di certe eccezioni, tanto vistose quanto insignificanti, se non addirittura strumentali, nel senso che questi gruppi, dal Marocco al Pakistan, sono alla testa di un vero e proprio tentativo di sommovimento, che li ha resi invisi alla stragrande maggioranza della comunità islamica, che essi accusano di miscredenza, a dispetto degli aiuti e delle protezioni di cui godono in Occidente.
Detto questo, se andiamo alla ricerca non delle origini temporali, ma delle cause di questi movimenti, che ci sarà da dire? L’autore in questione, dopo d’averne correttamente asserito l’estraneità alla legge Islamica, si dà a considerazioni d’altra sorta, affatto opposte. I movimenti suddetti sarebbero dovuti, lo vedremo in seguito, ad alcune pretese “falle coraniche”. È importante qui osservare che, come già dicevamo poc’anzi, i legami di costoro prima con il colonialismo, e l’imperialismo occidentale dopo, sono assai stretti.
I seguaci dell’errore settario Wahabita, già dispersi e ridotti ad una banda di predoni erranti nel deserto, vennero a suo tempo armati dagli Inglesi, che lo resuscitarono e misero in grado, dopo la Prima Guerra Mondiale, ed i conati d’indipendenza degli Hascemiti, già loro alleati, dei quali avevano, come loro solito, tradito patti ed aspettative, d’occupare i Luoghi santi, che essi usurpano tuttora, per fare poi spazio in Palestina alla futura occupazione sionista.
Oggigiorno gli Americani e l’entità sionista, con tutto il restante codazzo ripugnante degli squallidi servitorelli d’Occidente e d’Oriente, le dittature occidentaliste arabe, ed i corrotti regoli beduini d’Arabia e del Golfo Persico, armano e finanziano i Salafiti, dando loro tutta la possibile copertura propagandistica e pubblica. Non per nulla, già a suo tempo il Sacro Corano recitava: “I beduini sono più pertinaci nella miscredenza e nella simulazione” (S.C., IX, 97).
E vale la pena ripeterlo, non vogliamo qui soffermarci su talune messe in opera ed apparati incidentali, quale quello dell’11 Settembre, o della lotta a Bin Laden, e della sua presunta uccisione, ammesso che siano mai esistiti un Bin Laden, o un’Al Qā’idaħ, a guisa di unità del grumo vermicolare di questi movimenti. Messe in opera del tutto funzionali al piano complessivo di conculcamento, snaturamento ed oppressione: l’eccezione, specie quella apparente, com’è a nostro avviso in questo caso, non fa che confermare la regola.
Quel che qui sembra sia da rilevarsi è che, quantunque l’Occidente non ne sarebbe all’origine nella sequenza temporale, almeno per quanto noi ne sappiamo, li ha nondimeno gonfiati all’inverosimile, dando loro un potere ed una forza d’urto, che costoro giammai non si sarebbero neppure sognata in passato, mutandone a questa stregua la natura stessa, e creandola in quanto tale. Tanto che non essi durerebbero molto, quando questo aiuto venisse meno.
Possiamo dunque affermare, senza tema d’errore, che l’Occidente ne è la causa efficiente preponderante sebbene non completa, quantunque andrebbero esaminati a fondo, a questo medesimo riguardo, i rapporti di questi gruppuscoli con le passate amministrazioni coloniali e con le associazioni massoniche. La tessera che qui manca, è quella dell’efficienza iniziale nel tempo, riferibile appunto alle realtà coloniali e massoniche, o a false intelligenze invertite luciferine e subumane.
In ogni caso, questi gruppuscoli, negando direttamente o indirettamente il complesso della tradizione islamica, si riferiscono, direttamente od indirettamente, a quel complesso ad essa ostile, che è il mondo occidentale contemporaneo. È in questa guisa, che ci sembra di potere dimostrare, che la causa efficiente principale di costoro è l’Occidente, nella fattispecie quello contemporaneo, ateo, empio, secolare, e non certo l’Islam, com’è che si vorrebbe invece far credere.
Per quel che riguarda la causa finale, il discorso è presto fatto: essendo costoro negatori e di principio, e dell’effettualità dell’Islam, della quale non si propone altra alternativa se non l’Occidente secolarizzato, sarà appunto quello, lo vogliano o non lo vogliano, il loro fine. La causa formale è nella fattispecie negativa, nel senso che costoro sono formalmente negatori, e non altro. E che cosa negano? Negano appunto l’Islam, nel tentativo di soppiantarlo con una sua contraffazione invertita ed insussistente, atta a far luogo alla prevaricazione occidentale.
Negando l’Islam, essi ne negano la forma stessa, che a questa stregua sarà sì causa formale, ma solo nel senso di essere dotato di una propria forma, che costoro si sforzano in tutti i modi conculcare, senza che essi abbiano in sé, come insetti succhiatori di sangue, una loro forma, inerendo così a quello che si sforzano di distruggere. Essendo la loro forma una negazione, attuata dall’efficienza occidentale, nel suo aspetto formale, ed inerente a quell’Islam che negano.
Ci scusiamo di esserci qui avvalsi di quella vecchia procedura discorsiva aristotelica che, al di là di certi suoi limiti, ha il pregio indiscutibile di rifarsi direttamente agli argomenti, a prescindere da tutte le indebite astrazioni fittizie, spettrali e disincarnate, delle immaginazioni booleane, e dei formalismi larvali di Gödel. L’Occidente è dunque la causa efficiente e finale, e formale di questi movimenti. Ed anche sostanziale, se qui intendiamo la materia non nel senso dell’oggetto ultimo della negazione formale, ma del supporto effettivo.
Questa conclusione capovolge gli assunti del nostro autore, dando un punto di vista ben più realistico per comprendere la situazione. L’Islam non è la causa, ma bensì la vittima designata del Salafismo, che vi può attecchire soltanto come un disgustoso insetto divoratore, inflittogli da cause estranee ed ostili. E questo perché? Perché l’Islam è completo in primo luogo, comprendendo tutte le dimensioni dell’essere umano, che il Salafismo cercherà invece di mutilare, amputandone le dimensioni superiori e trascendenti.
Indole che invece, del tutto inaspettatamente, il nostro autore gli rimprovera, capovolgendo i termini del discorso, così come gli rimprovera di adorare Iddio Onnipotente, sia magnificato ed esaltato, che egli giunge a qualificare, sulla scorta di strani assunti papali, speriamo non “ex cathedra”, come un oppressore, un “despota”. Tratti questi che, negando la libertà ed i diritti della “persona”, sarebbero dunque all’origine, del conculcamento Salafita.
Vale la pena qui osservarlo e sottolinearlo: un “despota” non potrà mai per nulla essere onnipotente, perché avrà sempre dei limiti al suo potere, limiti che egli, appunto in quanto tale, si sforzerà di conculcare e superare. E quanto invece all’attributo dell’onnipotenza, che è ben altra cosa, ci permettiamo di osservare com’è che i Cristiani attestino, nella professione di fede nicena, “Credo in Iddio padre onnipotente, creatore e Signore del cielo e della terra”.
Il nome arabo “jabbar”, “costrittore”, che è uno dei cento nomi d’Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, a prescindere dal fatto che i nomi, al di qua della loro risoluzione principiale ed essenziale, sono profusioni, e non l’Essenza Divina stessa, sta appunto ad indicarne l’incontenibilità e l’irresistibilità senza limiti, perché Egli è anche “Bātin”, “interno”, e nient’affatto esterno e conculcante: “E gli siamo più vicini della sua vena giugulare” (Sacro Corano, L, 16)
Detto questo, a che pro quell’osservazione inopportuna sul preteso “dispotismo” divino nell’Islam, presa di peso, con un esempio assai discutibile, da quella dottrina asharita, che è soltanto una delle varianti del pensiero islamico? In effetti, gli Ashariti hanno indebitamente introdotto ed accentuato l’aspetto volontaristico in senso umano della Volontà Divina, come conseguenza dei loro assunti erronei sulla Sua Essenza e sui Suoi Attributi.
Che Egli possa creare il “fuoco freddo”, peraltro nulla ha a che vedere con il preteso “dispotismo”, con l’oppressione divina sui suoi soggetti, ma è invece argomento che va discusso sotto il riguardo dell’appartenenza del freddo, alla quiddità del fuoco: il che o è possibile, oppure è affatto impossibile, “per la contraddizion che nol consente”: nulla di conculcante in tutto questo, nulla che sfugga alle leggi della possibilità e dell’impossibilità pure e semplici. Questo a prescindere dalla possibile sospensione dell’efficienza creata, di cui in taluni miracoli.
Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, può quindi creare, il fuoco freddo, in quanto qualcosa di possibile, oppure non lo può creare, sit venia verbis, in quanto impossibile, senza nessuna deroga alla Sua onnipotenza, come insegna San Tommaso, con l’esempio della vergine, alla quale Iddio può sì restituire la verginità, ma senza che possa fare che non l’abbia mai persa, il che sarebbe appunto, almeno dal suo punto di vista, affatto impossibile.
Il fatto è che gli Ashariti, con una scorretta accentuazione ed incomprensione della trascendenza divina, fanno sì che gli attributi Gli vengano giustapposti, assumendo un’illecita connotazione umana, separati che ne siano, che ne contraddistingue l’agire nel mondo. È così che, male interpretando certi versi coranici, affermano che Egli “fa quel che vuole”, senza riguardare l’assolutezza della Volontà Sostanziale, scaturigine degli atti divini, ma considerandone invece l’aspetto estrinseco ed astratto, nella sua esteriorità senza fondamento, dalla scaturigine essenziale.
Ed è così che gli per Ashariti Iddio fa quel che vuole, il che nulla ha a rigore a che vedere col fuoco freddo, ma piuttosto con certi loro assunti arbitraristici, secondo i quali Egli elargirebbe a chi vuole il Giardino, indipendentemente dalle opere e dai meriti. Cosa che, a prescindere dalla impossibilità cosiddetta morale, di cui hanno giustamente favellato i sapienti cristiani, ha in definitiva la sua radice nell’incompossibiltà e contraddittorietà pure e semplici.
E sottolineiamo ancora qui l’abuso, per cui una singola corrente dottrinale, peraltro discutibile, viene assunta arbitrariamente come lo stesso pensiero islamico: è come se il protestantesimo, ed in particolare il calvinismo, che giungono ad identiche conclusioni, nel loro rigido predestinazionismo conculcatore del libero arbitrio dell’uomo, venissero assunti come i rappresentanti esclusivi ed aberranti del Cristianesimo, ad esclusione di tutte le altre correnti.
Ora, che questo presunto “dispotismo” di fondo non lascerebbe nessuno spazio all’uomo, ed ai suoi pretesi “diritti” è assunto a dir poco stupefacente. Anche in ambito islamico ebbe ad affermarsi in passato una tendenza, i cosiddetti “Mutaziliti”, opposti agli Ashariti, che estrapolavano l’agire umano dall’intervento divino, onde ne venisse assicurato l’arbitrio, senza che quest’ultimo avesse a ledere l’intangibilità divina, attribuito che Gli fosse.
Corrente per certi versi assimilabile al Pelagianesimo cristiano, almeno sotto il riguardo della grazia, e non di quello creativo, per cui l’uomo, sotto questo rispetto, agirebbe senza il bisogno della largizione divina. Nel mentre gli Ashariti hanno convergenze sconcertanti con il predestinazionismo protestante, ed in particolare calvinista, con il “servo arbitrio” di Lutero. E guarda caso, gli Stati Uniti calvinisti, prodotto dell’asharismo cristiano, sono la patria dei cosiddetti “diritti umani”!
Estremi in mezzo ai quali si pone il predestinazionismo tomista ed agostiniano, la cosiddetta “predestinazione fisica”, che purtuttavia non lede il libero arbitrio umano, e la corrente della “scienza media” molinista. Tendenze che a loro volta corrispondono al pensiero sapienziale sciita, nel quale l’onnipotenza ed omnipervasività divina non sono incompatibili col libero arbitrio umano, ed in campo sunnita, con la dottrina di Ibn Arabi, anch’egli avversario degli Ashariti.
In ogni caso, vale la pena ribadirlo, l’onnipotenza divina nulla ha a che vedere con un qualsivoglia “dispotismo” di fondo, avendo Gesù stesso detto, la pace su i lui, “Sia fatta la Tua volontà”, onde ebbe ad affermare, nel rintuzzare l’alterigia dei Giudei, i quali si proclamavano “figli d’Abramo”, che Iddio Onnipotente, sia magnificato ed esaltato, poteva suscitare anche da dei sassi dei figli d’Abramo, senza lederne in nessun modo la compagine di natura.
Ora, che cosa abbia a vedere tutto questo con il “date a Cesare quel che è di Cesare”, con i “diritti della persona umana”, e con lo stato delle minoranze religiose nei paesi islamici, è ben difficile a dirsi. Quando il nostro autore assume la suddetta celebre espressione evangelica, per tentare di applicarla ai “diritti della persona”, compie quello che, nella giurisprudenza islamica, è detto “errore d’assimilazione”, o “analogia”, nel senso di pretendere di pervenire da un particolare ad un altro particolare, senza l’assunzione deduttiva di un principio superiore comprensivo.
Ed in ogni caso, a prescindere dall’indole generale di siffatto errore, è ben difficile capire che cosa abbia a che vedere Cesare con i “diritti umani”. I diritti dell’uomo sono un’estrapolazione generale da qualsivoglia legislazione, escogitazione dei consessi massonici delle rivoluzioni americana e francese prima, e delle Nazioni Unite poi, vale a dire, dell’unione delle nazioni dal basso, a prescindere da un qualsivoglia riferimento divino.
Riferimento trascendente che è Unità, e sua scaturigine, non unione dal basso, nel verso della piramide senza vertice dei massoni, o dell’obelisco mozzo, del “Covenant” dei Padri Pellegrini, e del contratto Rousseau, della convenzione umana che stabilisce le leggi, invece di riconoscerle nella loro scaturigine divina, che genera la barbarie della “common law” anglosassone, della legge convenzionale, che nessun riferimento trascendente, che oggi soppianta in Occidente il diritto romano.
Così come genera gli “Stati Uniti d’America”, l’”Unione Europea”, il “Patto Atlantico”, con le sue sinistre reminiscenze dell’Atlantide Platonico, già ispiratrici, con Bacon della riforma scientifica moderna, e via dicendo. Tutte realtà a loro modo luciferine, la cui scaturigine è infera, per il tramite di quell’individuo senza Iddio, di fatto inesistente, che è appunto quello che, con il potere d’attrazione del vuoto, giunge sino ad attribuirsi dei pretesi “diritti”.
Diciamo “individuo”, e non “persona”, perché la persona è supposito dell’essere, mentre l’individuo astratto lo nega, siccome mera inadeguazione, in quanto tale insussistente, se non per mera astrazione. Onde il suo arrogarsi diritti ha una funzione meramente distruttiva, nel verso della dissoluzione ultima, per il tramite degli stati infimi e più laidi della realtà umana, dei diritti del criminale, della baldracca, del pervertito, a cui in definitiva si riducono nella loro forma propositiva.
Nel mentre la persona umana, supposito partecipe dell’essere, s’orienta per ciò stesso, dopo la discesa creativa, nel suo verso, dell’ascesa a Lui, laonde i suoi diritti sono tali della sua perfezione, dell’essere e d’Iddio stesso, e non dell’uomo in quanto tale. E consequenziali, non sottraibili al loro contenuto d’essere, che li stabilisce in quanto tali, inastraibili se non a patto della loro inversione gravitante sul nulla infero, se nulla ha di per sé il mondo della contingenza ma deve rinviare ad un che che lo trascenda, verso l’alto o verso il basso.
Tutto questo se Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, è creatore onnipotente, se è Egli l’essere stesso trascendente del mondo, l’Essere Stesso sussistente, siccome stabilisce San Tommaso d’Aquino, che glielo conferisce, se l’uomo in quanto tale è un nulla che mostra di essere, come recita Rumi, se i diritti sono diritti dell’intelletto sulla passione, e non della passione sull’intelletto, d’Iddio sull’uomo, e non dell’uomo su Iddio: è Lui che dobbiamo adorare, e non Iddio che deve adorarci, sovvenendoci nelle nostre stesse perversioni.
Ora, stabilito che il “dare a Cesare” nulla ha a che vedere con l’abominio dei diritti dell’uomo, che cosa vorrà significare? Gesù la pace su di lui, ebbe a dire, che non uno iota della Legge di Mosaica sarebbe stato abrogato sino al Giorno del Giudizio. Dall’altro canto, la legislazione mosaica era completa, comprendendo anche l’aspetto pubblico e sociale dell’uomo. Questo a smentita di un preteso dominio individuale, che verrebbe scisso da Iddio.
A nostro avviso una spiegazione possibile, è che la Legge mosaica è completa, nel suo aspetto anche esterno, nulla avendo a che vedere con quella di Cesare, o di Budda, o di Manu, o di Zarathusta: tutto il contrario dell’assunto del nostro autore. Quale sia poi lo statuto della suddetta permanenza, se si tratta di quella comunità che renderà testimonianza il Giorno del Giudizio, assieme alle comunità degli altri Nunzi divini, a prescindere dalla recisa ripulsa dell’abominazione sionista, che è quanto di più vicino al male assoluto al nostro livello d’esistenza, come affermano gli stessi Ebrei autentici.
Oppure a monito della ripulsa divina, nei confronti della superbia corrisposta ai suoi doni, sfociata nel rifiuto delle missioni di Gesù, la pace su di lui, e di Muhammad, benedica Iddio lui e la sua Famiglia, e culminata nell’abominio sionista. Tutto questo è ben difficile a definirsi. Sempre tenendo conto che è sempre la volontà onnipotente d’Iddio a stabilire il tutto, senza lasciare nessuno spazio ad un’assurda indipendenza di stampo mutazilita o massonico: “Sia fatta la Tua Volontà”.
Questo distinguere potrebbe anche significare la preconizzazione dell’innesto paolino, nel senso che il Cristianesimo, rivoltosi ai gentili sotto il riguardo d’aspetto interno della legge mosaica, s’innestò sulla tradizione giuridica romana, anch’essa a suo modo d’origine divina, per generare i frutti preziosi del Cristianesimo, specialmente di quello medievale, e della sua variante orientale, che consentono di dare un giudizio non certo negativo sulla validità di quell’innesto: “Che per volere del Primo Amor ch’io sento, d’entro le leggi trassi il troppo e il vano”.
Innesto però che, privo di una realtà personale unificante, ma legato ad elementi formali di legittimità esteriore, andrà perduto con il loro perdersi. Così come anche il Sunnismo, pur nella sua completezza giuridica, alla fine del califfato, privo della scaturigine vicaria vivente del potere temporale e dell’autorità spirituale, andrà incontro al medesimo scacco. Ed i cocci, nell’uno e nell’altro caso, non saranno rimessi assieme se non dall’avvento di Gesù e dalla manifestazione del Mahdi, la pace su di loro, nell’unità trascendente della loro luce.
Quel che qui ci preme di rilevare, è che, contrariamente a quanto sostenuto da male illuminati figuri, che attribuiscono all’Islam una radice di violenza, fondata sulla confusione tra arbitrio e giustizia, è proprio il cristianesimo, per questa sua falla essenziale, ad aver messo il mondo nelle mani del secolarismo e dell’empietà, con tutti i loro orrori, con tutta una serie di effetti perversi e violenti, che non hanno simili nello svolgersi delle vicende umane.
E quanto poi alla pretesa oppressione, od allo stato di minorità delle minoranze cristiane nei paesi islamici, ebbene, godessero non solo le minoranze, ma anche le stesse maggioranze religiose d’Occidente, schiacciate dal tallone impietoso ed intollerante del secolarismo, con tutte le sue aberrazioni le più disgustose ed inimmaginabili, dello stato di cui esse godono sotto un governo islamico, sin dai tempi della missione del Nunzio divino!
Certo, non sono costrette ad assistere a nessuno spettacolo ributtante e conculcante, possono vivere in un ambiente quanto più possibile sano. Ed anche prima della prevaricazione secolarista con tutti i suoi orrori, con tutta la sua violenza ed oppressione sostanziale, se non formale, se vogliamo fare un confronto tra Occidente cristiano ed Islam, questo sarà addirittura umiliante per il primo, dove nessuna minoranza, tranne quella ebraica, poté mai attecchire.
Mentre nei paesi islamici, cristiani, ebrei, parsi, buddisti, indù, poterono sempre convivere in pace e prosperare, sotto la protezione di governi islamici anche non esemplari. Basti ricordare, che la Istanbul musulmana rimane tuttora, anche dopo la conquista turca, sede del Patriarcato Ecumenico costantinopolitano. Basti ricordare l’eccidio memorabile che fece seguito all’entrata dei crociati in Gerusalemme, a cui seguì quello della comunità cristiana orientale costantinopolitana, confrontandoli con i patti che garantirono la vita e i beni ai cristiani gerosolimitani all’entrata in città del califfo Omar, ed a quelli costantinopolitani dopo la conquista di Maometto V.
Quanto invece all’abominazione mostruosa ed intollerante del Wahabismo saudita, ebbene, rimandiamo al mittente ogni eventuale accusa, vale a dire a quegli stessi occidentali e sionisti, sua causa efficiente, che l’ha imposta al mondo islamico, senza il cui appoggio simili orrori potrebbero sopravvivere ben poco. Ricordando anche che, dopo la caduta dell’Impero Ottomano, il numero dei cristiani nel Vicino Oriente è andato diminuendo, non certo per direttive islamiche, ma per l’affermarsi di regimi secolarizzati, imitatori incalliti dell’Occidente nei fatti e nella sostanza.
Quanto poi alla possibilità dell’interpretazione estrema del “date a Cesare”, nel senso dell’exinanitio, o κενωσις paolina, quando essa non venga interpretata nel senso dell’unione personale o ipostatica, e della communicatio sermonum, ossia delle qualità delle due nature, umana e divina, ma in quello del limite e della negazione della natura divina in quella umana, in una sorta di monofisismo invertito, che porterebbe l’essere a scaturire dal nulla, ebbene la lasciamo a personaggi postconciliari come Guardini e Von Balthasar, senza soffermarvisi oltre, quantunque sia in definitiva quella corrispondente alle vedute suddette.
Quello che vorremmo invece qui rimarcare, è che alla fine di questo nostro tempo, allorché Gesù, la pace su di lui, scenderà dal cielo, per unirsi all’atteso e Ben Guidato, allora manifestatosi dal suo occultamento, nella lotta contro l‘Anticristo impostore, i Cristiani seguiranno Gesù, la pace su di lui, unendosi così ai seguaci delle Genti della Dimora del Vaticinio, ed a tutti i sinceri Musulmani. Unità oggigiorno prefigurata dalla lotta comune contro il nemico takfiri, specie da parte delle comunità cristiane indigene del Vicino Oriente, lotta i cui frutti Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, non vorrà vadano perduti.
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