Ex membri dei Mojahedin-e Khalq intervistati dalla tv albanese
Due ex membri dell’Organizzazione dei Mojahedin-e Khalq (MKO), meglio conosciuti in Iran con l’appellativo coranico di Monafeqin (“ipocriti”), un gruppo terroristico oppositore della Repubblica Islamica, hanno raccontato alla televisione albanese la loro esperienza di sofferenza e umiliazione nei campi del movimento.
Si tratta della stessa setta terroristica che da decenni viene ospitata e sostenuta dai Paesi occidentali; in Italia ha goduto e continua a godere del sostegno trasversale di molti politici, sui quali spicca fra tutti Giulio Terzi di Sant’Agata, ex ministro degli Esteri e attuale Presidente della Commissione Affari Europei del Senato (Fratelli d’Italia), e spesso vengono intervistati dai mass-media quali “oppositori” del “regime iraniano”.
La televisione albanese ha trasmesso le testimonianze di due ex membri del MKO, le cui storie confermano altre denunce di violenze all’interno dei campi dove risiedono centinaia di loro, accolti dal governo come rifugiati.
Mostafa Beheshti, 40 anni, ha raccontato in diretta ad “Albania live” come è fuggito da una di quei campi vicino a Manez, a Durazzo, e ha raccontato le sofferenze che ha vissuto lì per 18 anni fino a quando ha preso la decisione di abbandonare il gruppo.
“Ho detto loro che mi sarei bruciato vivo se non mi avessero fatto uscire”, ha confessato davanti alle telecamere quest’uomo, per il quale è stato molto difficile non vedere la sua famiglia per 22 anni, visto che da quando è entrato nell’organizzazione non poteva uscire a incontrarli né essi potevano andare a visitarlo.
Per quanto riguarda gli altri membri del gruppo presenti in questi campi, Mostafa ha descritto i più anziani come soldati ben addestrati, persone pericolose, con esperienza e anche con molti soldi. Alcuni vivono negli Stati Uniti, dove lavoravano come ingegneri informatici, ha detto l’ex membro del gruppo-setta, attestando gli attuali legami del gruppo con persone negli USA “che lavorano per loro”.
Le loro esperienze hanno corroborato le denunce di molti altri ex membri del MKO sulla vita in quelle strutture, dove manca ogni tipo di libertà e diritti e proliferano gli abusi fisici, psicologici e anche sessuali. Molte donne e uomini vengono infatti violentati ogni giorno con qualche giustificazione, come il fatto di non essere un buon “mojahed”, ha detto Beheshti. Allo stesso tempo, ha ricordato come parlare con una donna o scherzare con lei sia considerato immorale e meritevole di rimprovero o punizione.
Le sue lacrime sono sgorgate quando ha ricordato i parenti che non vedeva da decenni, perché tra le rigide regole del MKO, quella è una delle peggiori, e il fatto di trovarsi in un paese straniero non li aiuta a stabilire comunicazioni con loro.
Attualmente Mostafa vive a Tirana ed è membro del consiglio di amministrazione di ASILA, l’Associazione per il sostegno agli iraniani residenti in Albania, creata da ex membri del MKO che sono riusciti a scappare dal campo di Manez e ora vivono liberi.
Un’esperienza simile è stata raccontata anche da Sarafraz Rahimi, che ha trascorso 17 anni con i dirigenti e membri del MKO in vari campi: anch’egli ha attestato la folle disciplina e ideologia di questo gruppo negli studi di “Euronews Albania”.
Non poteva usare computer, internet o telefoni, ha spiegato nell’intervista, ma doveva solo fare quanto gli veniva ordinato dalla mattina alla sera, e a fine giornata presentare il rapporto di quanto compiuto: “Non hai mai il controllo della tua mente e sei sottoposto a un continuo lavaggio del cervello”. Internet poteva essere utilizzato “solo nelle quotidiane attività di attacchi informatici contro l’Iran”.
Rahimi ha raccontato della continua repressione delle proprie emozioni e sentimenti da parte dei membri della setta terroristica. Non poteva ad esempio avere contatti con la famiglia o stabilire una relazione con persone dell’altro sesso. Anche il matrimonio è considerato proibito: “Qualsiasi amicizia con le donne, anche stare insieme per più di un minuto, è fuori dalle loro regole e in precedenza potevano anche giustiziarti per questo”.
Ha inoltre confermato le storie di stupri di uomini e donne nei campi del MKO: “In quell’ambiente chiuso ti dicono in continuazione cosa devi fare: muoviti, siediti, alzati, fai questo, fai quello… ma anche in queste condizioni, come tutti gli esseri umani, si hanno dei bisogni naturali, e a volte la pressione è così forte che fai quello che non vorresti fare”.
Secondo la sua esperienza, la cosa peggiore è dire qualcosa contro quel modo di vivere, perché vieni punito a passare otto ore davanti a centinaia di persone incaricate di maledirti e rimproverarti per aver parlato male dell’“Organizzazione”.
Quanto a possibili attacchi informatici contro gli Stati Uniti e l’Albania, Rahimi ha detto di non poter escludere che possano essere stati compiuti dagli stessi membri del MKO per incolpare la Repubblica Islamica, come è stato poi fatto dai mass-media occidentali.
Nel 2001, su pressione americana, l’Albania ha accettato di accoglierli come rifugiati umanitari, e da allora vivono in complessi chiusi secondo le proprie regole, come avveniva prima in Iraq. Esperti internazionali hanno espresso la loro preoccupazione per avere questo quartier generale vicino alla capitale albanese, perché questi gruppi hanno una preparazione militare sufficiente per entrare in azione in qualsiasi momento.
Testimonianze come quelle di Beheshti e Rahimi confermano che l’ideologia e i trattamenti inumani perfino contro i membri stessi del movimento non sono cambiati rispetto agli anni ’80, quando il gruppo terroristico assassinò circa 17.000 cittadini iraniani e un numero imprecisato di civili iracheni. Con buona pace degli occidentali che li ospitano e sostengono.
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