Discorso di S.H. Nasrallah per la Giornata mondiale di al-Quds (Gerusalemme)
Di seguito il discorso tenuto il 10 Luglio del 2015 dal Segretario Generale di Hizbullah Sayyed Hassan Nasrallah in occasione della Giornata Mondiale di al-Quds(Gerusalemme). Si tratta della traduzione integrale del discorso, con l’eccezione della parte nella quale ha trattato di questioni relative alla politica interna libanese.
Ass. Islamica Imam Mahdi
Mi rifugio in Dio da Satana il lapidato. Col Nome d’Iddio Clemente e Misericordioso. La lode appartiene a Dio, il Signore dei mondi, e la pace e le preghiere discendano sul Sigillo dei Profeti, nostro signore e Profeta, Abul-Qasim Muhammad ibn Abdillah, sulla sua pura e immacolata Famiglia, sui suoi prescelti Compagni e su tutti i Messaggeri e Profeti.
Fratelli e sorelle, che la pace, la misericordia e le benedizioni di Dio discendano su tutti voi.
Voglio innanzitutto darvi il benvenuto e ringraziarvi per questa vostra gentile e benedetta presenza. Chiedo a Iddio Altissimo di accettare il vostro digiuno e i vostri atti di adorazione in questi grandi e santi giorni e che possa ricompensarvi con le migliori delle Sue ricompense riservate ai Suoi servi digiunanti.
Ci incontriamo una volta ancora per celebrare la Giornata Mondiale di al-Quds(Gerusalemme), proclamata dall’Imam Khomeyni (che Dio preservi il suo segreto) l’ultimo venerdì del santo mese di Ramadan. L’obiettivo dell’Imam Khomeyni era quello di mantenere viva la causa di al-Quds e della Palestina nella coscienza, nella cultura, nelle preoccupazioni, nelle priorità, nei progetti, nel movimento e nel jihad della Ummah(Comunità Islamica). Giorno dopo giorno diventa sempre più chiara la grande saggezza di questa decisione intrapresa dall’Imam (Iddio lo ricompensi) e le circostanze che la nostraUmmah vive in questi giorni e in questi anni rafforzano questa necessità.
In questi giorni celebriamo la Giornata di al-Quds come celebriamo il primo anniversario della selvaggia aggressione criminale sionista durante il santo mese di Ramadan dello scorso anno alla Striscia di Gaza, alla gente di Gaza e alla Resistenza di Gaza.
Oggi, nonostante tutti i problemi che attanagliano la nostra regione e il mondo arabo e islamico, in milioni hanno risposto alla chiamata dell’Imam Khomeyni, sia in Iran – dove si sono tenute le manifestazioni più imponenti – che in altre nazioni arabe e islamiche, come in Iraq, Yemen, Siria, Giordania, Qatif in Arabia Saudita, Bahrain, Tunisia, Mauritania, Sudan, Gaza, Istanbul in Turchia, Pakistan e in diverse città europee. Si tratta di un segnale molto importante che ci dona speranza. Vi è ancora chi continua a ricordareal-Quds e scende nelle strade o si riunisce in grandi e differenti luoghi come questo per celebrare questa giornata e alzare la propria voce a sostegno di questa causa. Permettetemi comunque di parlare nello specifico di due importanti dimostrazioni e manifestazioni.
La prima si è tenuta nello Yemen. Queste care persone sono scese nelle strade per protestare in solidarietà con la Palestina e al-Quds, nonostante il proseguimento dell’aggressione americano-saudita alle loro città, villaggi, persone e costruzioni, anche a Sanaa, all’interno di Sanaa e intorno a Sanaa. In decine di migliaia – per non dire centinaia di migliaia – hanno dimostrato per al-Quds, per la Palestina, per Gaza e per il popolo palestinese. Ovviamente, a livello psicologico, comprendiamo questa questione. Il popolo yemenita sente di essere stato abbandonato dal mondo intero e che anche il mondo arabo e islamico ha fatto lo stesso. Esso percepisce che il mondo non è diviso tra sostenitori e oppositori alla guerra, ma piuttosto tra sostenitori dell’aggressione allo Yemen e coloro che rimangono in silenzio – e sono davvero pochi coloro che sono contrari a questa guerra. Tale situazione dolorosa, triste e vergognosa non ha però spinto il popolo yemenita a dire “Non abbiamo nulla a che fare con la Palestina, con al-Quds, con Gaza e con il popolo palestinese”. Ci alziamo pertanto in piedi di fronte alla volontà, lealtà e sincerità del popolo yemenita che ha espresso oggi la propria posizione religiosa, politica, etica e guerriera per la causa palestinese.
La seconda protesta è quella del Bahrain. Ciò che unisce il Bahrain e lo Yemen è il tradimento del mondo arabo e islamico in particolare e del mondo in generale nei loro confronti. In altre parti del mondo la cosiddetta opposizione, i cosiddetti gruppi armati, le cosiddette rivoluzioni vengono sostenute da alcuni paesi con soldi, armi e mass-media, per loro si tengono conferenze e sessioni nel Consiglio di Sicurezza, e imponenti apparati regionali e internazionali operano a loro favore. Ma questo non è il caso del Bahrain né dello Yemen. Queste due nazioni sono realmente oppresse. Perché ho scelto questi due popoli? Perché nonostante tutto quello che sta avvenendo il popolo del Bahrain è sceso nelle strade di tutti i paesi e villaggi della nazione per celebrare la Giornata di al-Quds e mostrare la propria fedeltà religiosa, politica e guerriera alla causa centrale della Palestina e per dichiarare che per noi si tratta di una causa di principio. Al di là di quelli che sono gli sviluppi politici, nonostante i rischi presenti in Bahrain e nonostante le minacce di DAESH (ISIS) di bombardare le moschee in Bahrain, e nonostante la repressione del popolo da parte della dinastia regnante – della quale forse parleremo dopo – questi milioni di persone che sono scesi in strada oggi rappresentano una grande speranza di fronte a quanto accade nella regione.
Oggi, vista l’occasione di questo grande giorno, permettetemi di parlare di Israele, l’entità che usurpa al-Quds. Per tutto l’anno eravamo preoccupati con altre cose invece che col nemico. Eravamo altrove col pensiero. Per questo parlerò della situazione nella regione. (…)
Parlerò prima del nostro nemico, Israele, l’usurpatore della nostra al-Quds e della Palestina. Dove è Israele oggi? Il mese scorso, a Giugno, essi hanno organizzato una conferenza a Herziliya. E’ una conferenza che viene organizzata ogni anno e ne ho parlato in alcune occasioni. Vi partecipano politici, responsabili, militari e persone della sicurezza israeliana – sia del governo che dell’opposizione – oltre ad esperti e ospiti provenienti da tutto il mondo. Questa conferenza affronta cause strategiche relazionate a Israele e alla regione. Quali sono le conclusioni che hanno tracciato? Mi soffermerò su alcune conclusioni e posizioni israeliane per vedere dove è Israele oggi alla luce degli sviluppi che hanno luogo nella regione.
La prima conclusione che hanno tracciato unanimemente è che vi è un progresso nelle condizioni strategiche e regionali israeliane. Adesso si sentono a loro agio. La situazione strategica attorno a loro, iniziata quattro anni fa con l’inizio della “Primavera Araba”, del Risveglio Islamico e delle rivoluzioni popolari, è cambiata. Adesso, nel 2015, la scena è molto differente. Gli israeliani godono di una situazione migliore. Questo perché, semplicemente ma disgraziatamente, i capi sionisti israeliani non hanno trovato in unaUmmah di un miliardo e mezzo di musulmani – alcuni dicono di due miliardi di musulmani…noi facciamo riferimento alle vecchie statistiche, e Dio ne sa di più – una minaccia esistenziale ad una piccola entità fondata sulla terra di Palestina e sull’occupazione di questa nobile e santa nazione. Essi non hanno rinvenuto alcuna minaccia nei governi, eserciti, forze aree, carri armati e missili di un miliardo e mezzo di musulmani, tranne alcune eccezioni di cui tra un pò vi parlerò. Quindi sereni e tranquilli parlano dei miglioramenti della loro situazione strategica.
Israele vede che tutto quello che sta avvenendo attorno serve i suoi interessi. Le minacce eccezionali sono un argomento separato, e dopo le tratteremo poiché in questi rapporti se ne è parlato. Per quanto riguarda la Siria, i partecipanti alla Conferenza – così come i capi israeliani prima e dopo la Conferenza – hanno espresso la propria soddisfazione per la guerra, la distruzione e i combattimenti che avvengono in Siria, al di là di quello che sarà il risultato finale. Essi non sono preoccupati con la fine, perché sono molto felici per quello che sta avvenendo adesso. Una nazione chiave nell’Asse della Resistenza e nel progetto della Resistenza, e una delle nazioni che si rifiuta di soccombere all’egemonia americano-israeliana e alle condizioni degli israeliani per la Palestina e la regione, adesso soffre, è diventata debole ed è stata demolita. Questo è quello che gli israeliani dicono con la massima tranquillità. Alcuni capi sionisti sono attivi a livello internazionale per convincere il mondo di accettare e riconoscere ufficialmente l’annessione delle Alture del Golan a Israele – questa entità usurpatrice. Adesso sono impegnati in sforzi diplomatici in questa direzione affermando che, data la situazione esistente in Siria, è rischioso restituirle il Golan. Questa è la nuova scusa: è rischioso restituire il Golan alla Siria. Vi sono stati anche inviti ad attivare progetti di colonie nel Golan per portare il numero di coloni a centomila. E’ una delle proposte avanzate nella Conferenza.
Per quanto riguarda lo Yemen, Israele ha manifestato la propria felicità per l’aggressione americano-saudita, ha espresso la propria solidarietà all’Arabia Saudita e i funzionari israeliani hanno parlato della necessità di una cooperazione strategica con l’Arabia Saudita e gli Stati arabi “moderati” per prevenire la minaccia proveniente dallo Yemen. Lo Yemen viene infatti visto da varie prospettive. Comunque, dalla prospettiva israeliana, se lo Yemen dovesse raggiungere l’indipendenza e diventare uno Stato libero, sovrano, indipendente e governato soltanto dalla volontà del popolo yemenita, questo Yemen sarà sicuramente una nazione resistente, certamente farà parte dell’Asse della Resistenza e rappresenterà sicuramente una minaccia strategica per Israele. La guerra contro lo Yemen oggi è il più grande servizio che l’Arabia Saudita può fare a Israele. Gli israeliani sono felici a maggior ragione perché gratuito.
Lo Yemen possiede una posizione strategica su Bab Mandab nel Mar Rosso. Coloro che hanno una visione strategica militare, economica, di sicurezza e politica della regione lo sanno molto bene. Israele ha annunciato la propria gioia riguardo il diffondersi delle guerre civili in tutta la regione, e i suoi apparati di intelligence lavorano in vari campi per promuovere questi conflitti. Sfortunatamente molti paesi sono stati toccati da questa tragedia, come adesso l’Algeria, vittima di un progetto ancora una volta settario. Al momento non conosco i dettagli e non pretendo di essere specializzato su questo caso, ma ogni volta che avvengono problemi in certe zone, i media parlano di differenze etniche o basate su considerazioni di tipo etnico, per esempio arabi contro berberi. Nei giorni scorsi, però, ho visto che alcuni canali satellitari stranieri in lingua araba hanno parlato di un conflitto tra Malikiti e Ibaditi. Quindi l’Occidente vuole presentare il conflitto come una lotta confessionale e settaria. Stanno lavorando su questo a livello regionale.
Nella Conferenza di Herzilya gli israeliani sono giunti al punto di arrivare a parlare di una coalizione arabo-israeliana contro il terrorismo. Potete immaginarlo? Israele che invita ad una coalizione arabo-israeliana contro il terrorismo! Cos’è il terrorismo per loro? L’Iran e i movimenti di Resistenza. Per evitare che le cose fossero troppo chiare hanno inserito anche DAESH (ISIS) al nostro fianco. Non hanno però menzionato al-Nusra, al-Qaeda, Ansar Beit al-Muqdess, Boko Haram o altri. Questo ipocrita Israele afferma di solidarizzare con l’Egitto nell’affrontare gli eventi nel Sinai mentre istiga la sedizione tra l’Egitto e la Striscia di Gaza, soprattutto con il movimento di Hamas. In Siria si presenta come difensore dei Drusi, quando ha offerto ogni forma di sostegno al Fronte al-Nusra e ai gruppi armati takfiri che minacciano tutti i siriani e non solo i Drusi. Questa è ipocrisia e falsità.
Comunque, al di là di tutti i dettagli, Israele – la madre del terrorismo, la fonte del terrorismo, il governo terrorista, l’entità che venne fondata da organizzazioni terroristiche e il paese, se parliamo da una prospettiva filosofica, dalla natura terroristica, si presenta coma una forza che combatte il terrorismo! Guardate in che epoca viviamo! Lo stesso Israele che solo un anno fa ha commesso la peggiore delle guerre, i peggiori crimini di guerra e i peggiori crimini contro l’umanità a Gaza. I rapporti e le istituzioni internazionali che sono sempre stati ‘cortesi’ e hanno sempre sostenuto Israele questa volta non hanno potuto nascondere la verità su come sono stati uccisi bambini e donne, su come sono state distrutte le case e su come è stato sparso molto sangue a Gaza. E Israele continua a presentarsi come uno stato civile, moderno e vuole far parte di un progetto o un’asse che combatte il terrorismo. Questo è l’apice dell’insolenza!
Ovviamente ciò non è credibile e nessuno deve farsi ingannare. Alcune persone che si trovano sotto la minaccia del terrorismo potrebbero infatti dire “Israele non è una priorità, la priorità è il terrorismo che stiamo affrontando, perché il terrorismo takfiri è una delle minacce più grandi che sta affrontando la nostra Ummah. Essi non uccidono la gente per motivi politici, ma per motivi religiosi, ideologici o settari. Tutte queste uccisioni che hanno luogo nell’intera regione avvengono per questi motivi, non per ragioni politiche.”
Vediamo allora chi è ritenuto una minaccia dal nostro nemico. Chi rappresenta una minaccia dal punto di vista del nostro nemico? Un solo Stato rappresenta una minaccia. Dopo quanto accaduto in Siria, il nostro nemico l’ha cancellata dalla sfera degli Stati che costituiscono una minaccia. Rimane l’Iran – la Repubblica Islamica dell’Iran. Per questo motivo nella Conferenza di Herzliya, e prima e dopo di essa, la mente israeliana è totalmente occupata, ossessionata e preoccupata con la Repubblica Islamica dell’Iran: il suo programma nucleare, lo sviluppo delle sue capacità missilistiche, la sua situazione economica, la sua democrazia, il sostegno popolare al suo ordinamento e perfino la salute della sua Guida [l’Imam Khamenei]! Vedete che Israele ha messo di fronte ai suoi occhi ogni cosa che abbia a che vedere con l’Iran e ci lavora sopra, tanto all’interno quanto all’estero dell’Iran, e anche nei simposi internazionali.
L’obiettivo di Israele è la Repubblica Islamica dell’Iran, insieme ai movimenti di Resistenza. Perché secondo Israele, pur con tutta l’alta stima che abbiamo dei movimenti di Resistenza e anche di noi stessi – non vi è problema nel lodarci un poco – non raggiungiamo un livello tale da rappresentare una minaccia esistenziale per Israele. Non vi è motivo di vergognarsi di dire la verità. Sì, i movimenti di Resistenza costituiscono una minaccia strategica, ma non raggiungono un livello da rappresentare una minaccia esistenziale per Israele.
Oggi, su tutta la terra, l’unico Stato, l’unica entità, l’unico paese o l’unica presenza che Israele ritiene costituire una minaccia esistenziale è la Repubblica Islamica dell’Iran. Questi sono i fatti. Chiunque abbia altro da dire lo faccia.
Per questo motivo Israele incita il mondo intero, gli Stati Uniti e il loro Congresso contro l’Iran. Netanyahu è pronto a rovinare le sue relazioni con la Casa Bianca per incitare il Congresso contro l’Iran. Israele incita gli arabi e molti dei regimi arabi, i cui calcoli e mentalità sono simili a quelli americani, contro l’Iran.
Se noi come arabi, musulmani, palestinesi e popoli della regione ci calmiamo un pò, ci sediamo, ci tappiamo le orecchie di fronte ai proiettili, al fuoco, ai problemi e ai canali satellitari arabi e ci poniamo la seguente domanda: di fronte al mondo arabo e islamico, di fronte ad un miliardo e mezzo di musulmani con Stati, eserciti e popoli, perché Israele non è spaventato o preoccupato da nessuno di questi e non è interessato se non all’Iran? Perché l’Iran? Non è questa una domanda da fare nella Giornata mondiale di al-Quds? Perché questa inimicizia assoluta dei sionisti verso l’Iran? Perché non percepiamo questa paura, ansia, preoccupazione o cautela da parte di Israele verso, per esempio, l’Arabia Saudita, o verso qualsiasi altro regime arabo, così non direte che oggi Seyyed Hassan si è fissato con l’Arabia Saudita. Si tratta di una domanda naturale e logica.
Perché? Proprio adesso i paesi e gli eserciti arabi acquistano aerei da guerra, razzi, artiglieria, missili anti-aerei e missili a lungo raggio per miliardi di dollari. Israele non ha alcun commento da fare al riguardo perché vi sono certezze, fiducia e garanzie. Non ci sono garanzie scritte, ma vi è assoluta fiducia rispetto alla mentalità dei regime arabi. Non hanno bisogno di garanzie americane o di garanzie scritte. L’esperienza passata è la prova migliore. In questi sessantasette anni che cosa ha fatto la maggior parte degli arabi? Israele ha compreso molto bene che i capi dei regimi arabi hanno venduto la Palestina, al-Quds e il popolo palestinese.
La prova è quanto avvenuto in questi sessantasette anni e quello che sta accadendo ora. A Gaza è trascorso un anno. Sono forse state ricostruite le case? Quali sono le condizioni dei feriti? Che fine ha fatto l’assedio che ha colpito Gaza? Quale è la situazione della gente lì? Se una piccola porzione dei miliardi di dollari che sono stati spesi per la guerra allo Yemen, alla Siria e all’Iraq fosse stata spesa per Gaza, la Striscia non godrebbe oggi di una condizione accettabile? Gaza non fa parte della Palestina? Non è parte della Ummah?
Scusatemi ma oggi siamo obbligati ad utilizzare questo linguaggio: non si tratta di sunniti? Non sono musulmani che digiunano e pregano? Perché sono stati dimenticati? Perché vi è una decisione araba ufficiale di vendere la Palestina. Non vi è nulla chiamato Palestina.
Israele ha compreso che anche il progetto takfiri, che è sponsorizzato da alcuni regimi arabi, non ha interesse per la Palestina e al-Quds, che la loro battaglia è altrove e che questo progetto takfiri è totalmente al servizio di Israele, in quanto ha demolito ‘gratuitamente’ la Siria e l’Iraq, contribuisce alla distruzione dello Yemen, provoca conflitti religiosi e confessionali tra i musulmani e i cristiani, divide la Ummah e le diverse componenti in ognuna delle nostre nazioni. Il tutto senza alcun costo.
Chi continua quindi a tenere alto lo stendardo? Qui non voglio solo lodare l’Iran ma prendere una posizione. E’ L’Iran che continua a sollevare lo stendardo, che continua a rimanere sulla prima linea del fronte e che neanche riconosce l’esistenza di questa entità. Se l’accordo e i negoziati nucleari che hanno luogo a Vienna e che continueranno dopo (vi ricordate che Netanyahu ha chiesto che l’accordo includesse una clausola nella quale si chiedeva alla Repubblica Islamica di riconoscere l’esistenza dello “Stato” di Israele) dovessero dare all’Iran tutto ciò che desidera e tutto ciò che sogna riguardo la questione nucleare, con l’unica condizione che l’Iran riconosca l’esistenza dello “Stato” di Israele, in realtà la Repubblica Islamica dell’Iran, la Repubblica dell’Imam Khomeyni sotto la guida dell’Imam Khamenei, con il suo governo, parlamento e popolo non accetterà mai simile clausola o articolo, perché equivarrebbe a rinunciare alla propria religione.
Essi sanno che questo è l’Iran. E’ l’Iran che è attivo nel sostenere l’Asse degli Stati, popoli e movimenti della Resistenza a livello politico, morale, materiale, finanziario e militare. E lo fa apertamente, alla luce del giorno. Nessuno – o pochissimi, per non esagerare – hanno il coraggio di fare questo. Poiché l’Iran rappresenta una minaccia a Israele e al progetto egemonico americano nella regione, nel passato gli hanno lanciato contro delle guerre militari e oggi gli scatenano contro guerre mediatiche, politiche, psicologiche ed economiche. Gli strumenti e alleati americani nella regione, che per decenni erano il sostegno più solido per Israele, partecipano a questa guerra.
Nella Giornata mondiale di al-Quds voglio parlare chiaramente ai musulmani, ai cristiani, agli arabi, ai palestinesi, ai movimenti di Resistenza e a chiunque sostenga e supporti la causa palestinese: non potete sostenere la Palestina senza sostenere la Repubblica Islamica dell’Iran. E se siete un nemico della Repubblica Islamica dell’Iran allora siete un nemico della Palestina e di al-Quds. Perché? Non si tratta di una pretesa. Il motivo è che l’unica speranza rimasta dopo Iddio Altissimo per riprendere la Palestina e al-Quds è la Repubblica Islamica e il suo sostegno ai popoli e movimenti di Resistenza nella regione, in cima ai quali vi è il popolo palestinese. Poiché il mondo è diviso in assi, campi e posizioni, cerchiamo di essere franchi e chiari. Cerchiamo di essere sinceri e leali e di mettere il fanatismo da parte. Cerchiamo di essere logici. Questa è logica. Questo è quello che il nemico dice e su cui unanimemente concorda. Nessuno in Israele dice qualcos’altro oltre quello che io sto dicendo rispetto alla Repubblica Islamica dell’Iran.
Ma riguardo allo scappare da questa posizione storica e decisiva sotto il pretesto dello slogan del “progetto persiano”, vi dico che non vi è nulla chiamato “progetto persiano”. E’ un trucco per allontanare la gente da un alleato vero e reale degli arabi, dei musulmani e dei popoli della regione chiamato Iran. Ogni discorso su un progetto Safavide è infondato; lo hanno riesumato dalla storia. Lo stesso per quanto attiene le loro accuse sulla Mezzaluna Sciita. Adesso accusano l’Iran di sostenere lo Yemen. Ma allora la Mezzaluna andrebbe distrutta! La Mezzaluna era costituita dall’Iran, dall’Iraq, dalla Siria e dal Libano. Bene, come fa a raggiungere lo Yemen adesso? Che razza di discorsi sono questi? Sono tutte menzogne fabbricate dalla corrotta mente araba che ha dimenticato la Palestina e al-Quds, e chiunque cerca di avvicinarsi e stendere una mano di aiuto alla Palestina e ad al-Qudsviene trasformato in un nemico. La prova è lo Shah, che non era loro nemico quando era con Israele. Vogliono trasformare l’Iran in un nemico, ma come? Allora ci vengono a dire che questa Mezzaluna Sciita è un progetto persiano e Safavide e vogliono diffondere la Shia. Sono tutte parole infondate.
Parliamo ora della regione sulla strada di al-Quds. Sul sentiero di al-Quds deve essere trovata una soluzione politica in Siria. Tutti gli Stati che operano per incrementare il fuoco in Siria con soldi, armi, traffico di combattenti, media, incitando i siriani ed impedendo loro di incontrarsi e negoziare, devono fermarsi. In base alle mie informazioni e convinzioni, messi da una parte i combattenti stranieri, se chiedete ai cittadini siriani, anche quelli che fanno parte dell’opposizione armata, vedrete che dopo tutti gli sviluppi che hanno avuto luogo, nel profondo dei loro cuori, menti e coscienze tutti i siriani desiderano ora una soluzione alla crisi che ha colpito la propria terra.
Essi sanno che non vi è possibilità di una soluzione militare e che l’unica soluzione è quella politica. Comunque vi sono alcuni che evidentemente vogliono impedirlo.
La Siria deve risollevarsi con i suoi piedi. Alcuni continuano ad insistere nel proseguire in questa avventura errata, credendo che la Siria cadrà. Queste stesse illusioni sono state coltivate per cinque anni. Recentemente, quando Idlib è caduta, alcuni hanno detto che la Siria stava cadendo ed hanno iniziato a contare i giorni, ma sono cinque anni che contanto i giorni e le settimane. Non contate i giorni, le settimane, i mesi o gli anni. Ascoltate attentamente, io so e lo sapete anche voi – sebbene ci siano persone che continuano ad agire in modo frettoloso – che quanto accaduto nelle ultime settimane rende chiaro che la scena è cambiata: l’esercito siriano e le forze popolari sono risoluti nell’affrontare le maggiori operazioni a Daraa, Sweidaa, Hasakah, Aleppo e Sahl al-Gharb, e stanno prendendo l’iniziativa nuovamente a Zabadani, a Tadmur e nell’area circostante.
A coloro che vogliono che la Siria cada militarmente dico: non sarete capaci di farlo. Avete intrapreso una lunga guerra che non vi condurrà al vostro obiettivo. La Siria è tenace, e rimarrà risoluta insieme a tutti coloro che sono al suo fianco. Qualche tempo fa, all’interno della guerra psicologica, alcuni hanno pubblicato resoconti e diffuso false notizie per dichiarare che la Russia si è tirata fuori dalla questione. Poi la visita del Primo Ministro [siriano] Muallim a Putin ha reso chiare le cose. Putin ha parlato in modo chiaro di fronte ai mass-media sul sostegno della Russia alla Siria.
La posizione dell’Iran verso la Siria è ferma. Tutti coloro che erano con la Siria continuano ad esserlo e vi rimarranno. Noi eravamo con essa, siamo con essa e rimarremo con essa. Sin dall’inizio abbiamo detto chiaramente che appoggiamo le richieste legittime e popolari in Siria, che siamo a favore delle riforme e di una soluzione politica; non siamo però a favore della distruzione della Siria, della distruzione del suo Stato, della distruzione del suo esercito o non sosteniamo i gruppi takfiri che vogliono prenderne il controllo. Siamo con la Siria, con il Libano e con la Palestina. Quando combattiamo in Siria lo facciamo alla luce del giorno e senza nascondere i nostri volti.
Ogni martire che cade in Siria viene seppellito con grande onore in Libano, e siamo orgogliosi di dire che si tratta di un martire caduto per la Siria che resiste, per il Libano, per la Palestina, per i popoli della regione e per la Ummah.
Alcuni ci dicono o scrivono: la strada per al-Quds passa per Jounieh? No, per quanto ci riguarda, non arriverà mai un giorno in cui la strada per al-Quds passerà per Jounieh, perché non siamo persone che cerchiamo il potere o l’egemonia. Ad ogni modo questa epoca ha le sue caratteristiche specifiche. Tuttavia la strada per al-Quds passa sicuramente per Qalamoun, Zabadani, Homs, Aleppo, Daraa, Sweidaa e Hasakeh; perché se perdiamo la Siria, andranno perdute anche la Palestina e al-Quds.
Sulla strada di al-Quds troviamo lo Yemen. L’aggressione saudita-americana allo Yemen deve essere fermata. Rinnoviamo la nostra condanna e denuncia dell’aggressione. In ogni ora, in ogni minuto e in ogni occasione condanniamo apertamente questa brutale, illogica e inumana aggressione allo Yemen e al suo popolo da parte dell’Arabia Saudita e di tutti coloro che lo sostengono, e con ciò cerchiamo la vicinanza di Dio Altissimo.
Sono trascorsi centosette giorni dall’inizio dell’aggressione. Quale è il risultato? Fallimenti dopo fallimenti. Non voglio prendere il vostro tempo, voi digiunate e anche io sono a digiuno. Già sapete quello che ho detto molte volte nelle precedenti occasioni. E’ stato raggiunto qualcuno degli obiettivi presenti nella lista dell’operazione “Tempesta Decisiva”? E’ stato raggiunto qualcuno degli obiettivi dell’operazione “Restaurare la Speranza”? Non potete vedere altro che fallimenti dopo fallimenti.
Non è giunto il tempo che il regime saudita capisca che la sua guerra allo Yemen è giunta in un vicolo cieco e che è troppo debole per sconfiggere la volontà del popolo yemenita? E che il loro sostegno ai gruppi takfiri all’interno di questa nazione non porterà ad altro che a maggiore spargimento di sangue? Il proseguimento dei bombardamenti aerei non spezzerà la volontà di questo popolo determinato a raggiungere indipendenza, libertà, sovranità e una vita nobile. Guardate le dimostrazioni di oggi a Sanaa e ascoltate gli slogan dopo centosette giorni di massacri e bombardamenti che non hanno risparmiato nulla, neanche gli ospedali, perfino nel mese di Ramadan. Non hanno risparmiato neanche i mercati. Essi sanno che si trattava di un mercato e non l’hanno colpito erroneamente. Nessuno ha collocato un razzo Katyusha nel mercato! Il mercato è nel profondo Yemen e un razzo non raggiungerebbe mai il territorio saudita da lì! Ma gli aerei sauditi lo sorvolano e bombardano. Decine di martiri cadono quotidianamente. Nonostante tutto ciò questo popolo oggi è sceso nelle strade e ha dichiarato la propria posizione e solidarietà.
Fratelli e sorelle! Sembra che la guerra saudita allo Yemen abbia esaurito tutti i suoi obiettivi politici. L’unico obiettivo che rimane è quello di vendicarsi dello Yemen e del popolo yemenita. Quanto sta avvenendo nello Yemen non è più un’operazione militare. L’esercito saudita vuole forse entrare all’interno dello Yemen? Che difenda prima le sue basi miltari lungo i confini. Io non ho memorizzato i nomi dei posti, ma quando gli yemeniti entrano nelle loro basi i sauditi fuggono. Gli yemeniti si ritirano dalle basi perché se rimanessero lì i sauditi li bombarderebbero. Dovrebbero avere missili anti-aerei per potervi rimanere. I sauditi sono forti solo con l’aviazione. Hanno gli aerei e bombardano, distruggono e commettono crimini. Lasciate che il vostro esercito prima difenda le proprie posizioni al confine, poi vedremo se siete in grado di entrare via terra nello Yemen o no.
Non siamo quindi più di fronte ad un’operazione militare o politica, ma ci troviamo davanti ad un’operazione punitiva. Voi – o popolo yemenita – vi siete ribellati contro il vostro ‘padrone’. I sauditi si consideravano come i padroni. Avete cessato di essere schiavi del padrone saudita e volete decidere il vostro destino. Questo non è permesso e pertanto dovete pagare il prezzo della vostra scelta. Quale è il prezzo? Bombardamenti, distruzioni, uccisioni…questa è l’unica cosa che sta avvenendo lì oggi.
Colui che ha preso la decisione di difendere la propria dignità, gente, sovranità e libertà non ha altra scelta che continuare la propria difesa, non importa quanto lunga sarà la guerra; ma per quanto riguarda l’aggressore, le sue scelte si esauriranno, e io credo che l’Arabia Saudita abbia esaurito tutte le sue scelte.
Parlando del Kuwait, devo prima rinnovare la nostra condanna degli attentati di Qatif e di Dammam. Condanniamo questi attentati alle moschee e contro i fedeli in preghiera nelle moschee e mettiamo in guardia su questo pericolo. In realtà in passato ho cercato di evitare di parlare di questo argomento, e non voglio parlarne neanche adesso perché la situazione in Arabia Saudita è molto delicata, e voi ne siete consapevoli.
Non possiamo che condannare i recenti attacchi terroristi contro musulmani in digiuno che pregavano nella Moschea Imam Sadiq (as) in Kuwait. Abbiamo espresso la nostra condanna da una parte e la nostra solidarietà dall’altra.
Dobbiamo comunque esprimere anche la nostra ammirazione per la risposta kuwaitiana a questo pericoloso incidente. La risposta del Principe, del governo, del parlamento, delle forze politiche e sociali, dei sapienti sunniti e sciiti, dei mass-media e del popolo in generale è stata ideale e perfetta. Rappresenta un grande esempio di come affrontare simili questioni, e speriamo che questo esempio venga seguito in tutti i paesi arabi e islamici. Nel caso in cui una moschea, una chiesa, una hussayniah, un mercato, una scuola o una strada siano oggetto di un attentato o vi sia un’aggressione contro persone innocenti, ci auguriamo che il capo di quel paese, il suo governo, parlamento, le forze politiche, i mass-media e le varie scuole religiose [madhab] mostrino solidarietà, cooperazione, sostegno e stiano fianco a fianco. Si tratta di una scena umana ed etica di unità che non può che essere lodata e salutata.
Perché ammirare ed apprezzare questa scena? Perché nessuno in Kuwait, nel parlamento, nel governo, sui mass-media (secondo le mie informazioni), tra le forze o la società kuwaitiana ha cercato di giustificare e trovare pretesti per coloro che hanno condotto l’attentato terroristico. Assolutamente! Al contrario, abbiamo visto una assoluta condanna [degli attentatori] e una difesa assoluta [delle vittime]. Hanno ottenuto la stabilità della nazione. Perché coloro che hanno condotto l’attentato nella moschea non lo hanno fatto per ragioni politiche. Conoscete bene le loro categorizzazioni e sapete che quando si si tratta di sciiti non fanno distinzione tra chi sostiene l’Iran e chi non lo sostiene: sono stati uccisi per il solo fatto di essere sciiti. Li hanno uccisi perché erano sciiti ed il loro obiettivo era quello di provocare un conflitto settario in Kuwait. Il loro obiettivo era mandare in collera alcuni sciiti e portarli a reagire. Poi i sunniti avrebbero fatto rappresaglie e in questo modo il paese sarebbe andato distrutto. Vi sono componenti intelligenti nel paese. Il modo in cui il Principe del Kuwait, il governo, il popolo e i sapienti religiosi hanno reagito ha portato a ottenere la stabilità della nazione. Hanno trasformato la minaccia in un’opportunità. La minaccia di un conflitto settario e della distruzione del paese è stata trasformata in un’opportunità per l’unità, la coesione e il rafforzamento nazionale di fronte a questi tentativi di sedizione takfiri. Speriamo che nella regione venga seguito questo esempio.
In Bahrain è invece accaduto il contrario. Il regime del Bahrain non ha approfittato e utilizzato le minacce di DAESH (ISIS) – come vi ricordate, dopo l’attentato alla Moschea Imam Sadiq, DAESH ha rilasciato dei comunicati nei quali rivendicava la responsabilità dell’attentato in Kuwait e minacciava di colpire le moschee in Bahrain – per invitare il popolo del Bahrain all’unità, ad intraprendere un dialogo, a sedersi insieme, a raggiungere un accordo in modo etico, fraterno e umano, liberando i sapienti religiosi e i capi delle proteste dalle prigioni. Il regime del Bahrain non ha detto che esiste un pericolo che minaccia tutti, non ha invocato un dialogo nazionale, invitato a voltare pagina, cancellato le oppressive decisioni prese contro le guide dell’opposizione pacifica, in cima delle quali vi è Sua Eccellenza Shaykh Ali Salman – il Segretario Generale dell’organizzazione “Al-Wifaa”. Al contrario il regime ha sfruttato la minaccia per avere maggiore egemonia, per aumentare l’oppressione, il controllo e la repressione e per limitare la libertà. Tutto ciò sarà comunque inutile perché il popolo del Bahrain continuerà le proprie proteste pacifiche. Oggi questo popolo è sceso nelle strade in solidarietà con una causa che interessa l’interaUmmah mostrando chiaramente la sua consapevolezza dottrinale e politica. (…)
Fratelli e sorelle! Nella Giornata di al-Quds e alla luce di tutta la nostra storia ed esperienze, e delle situazioni e sviluppi che avvengono nella regione, cosa rimane davanti al popolo palestinese? Quale è l’opzione che rimane a coloro che credono in al-Quds e comprendono il valore dei luoghi santi islamici e cristiani in Palestina? Dobbiamo affidarci ai regimi arabi? Aspettare “DAESH” (ISIS), al-Nusra o al-Qaeda? Attendere la comunità internazionale? Aspettare Boko Haram? Attendere i re, presidenti e principi arabi o la Lega Araba? O dobbiamo abbracciare la Resistenza?
La nostra esperienza, logica, intelletto, prove, verità, storia, codici e norme dicono che il popolo palestinese e i popoli della regione che vogliono proteggere la propria esistenza, dignità, sovranità, decisioni e riprendersi i luoghi santi non hanno altra scelta oltre alla Resistenza.
Nella Giornata di al-Quds noi di Hezbollah rinnoviamo il nostro patto all’Imam Khomeyni, alla nostra Ummah, ai popoli della nostra Ummah, al nostro caro popolo libanese che ha compiuto sacrifici e offerto martiri nella Resistenza e sul sentiero della Resistenza. Rinnoviamo il nostro impegno di proseguire la Resistenza che difende i suoi popoli, la suaUmmah e i suoi luoghi santi e si contrappone ai progetti di occupazione, colonizzazione ed egemonia, qualunque siano i sacrifici e quanto grande sia la carovana dei martiri, perché questo è il solo sentiero che conduce ad al-Quds, alla nostra dignità e alla nostra vittoria.
Possa Iddio accettare i vostri atti di adorazione e ricompensarvi abbondantemente. Che l’Eid imminente veda la nostra Ummah in una migliore condizione. Che la pace, la misericordia e le benedizioni di Dio discendano su di voi.
Traduzione a cura di Islamshia.org © E’ autorizzata la riproduzione citando la fonte