Alcune considerazioni sulla realtà e sulla funzione
dell’Imam Mahdi, ch’Iddio voglia affrettarcene la gioia
Col Nome d’Iddio Clemente e Misericordioso
I giorni 6 e 7 settembre 2006 si è svolta in Iran, nella città di Teheran, la “2a Conferenza Internazionale sulla dottrina del Mahdi (Messianismo Islamico)” organizzata dal Bright Future Institute di Qom.
La conferenza, che ha visto la partecipazione di circa 260 studiosi provenienti da tutto il mondo, è stata aperta dall’allora Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Mahmud Ahmadinejad, ed ha visto, tra gli altri, gli autorevoli interventi dell’Ayatullah Emami Kashani e dell’Ayatullah Mesbah Yazdi.
L’Associazione Islamica “Imam Mahdi”, che rappresentava l’Italia con una delegazione espressamente invitata per l’occasione, ha contribuito attivamente ai lavori con un articolo dal titolo “Dall’Attesa alla Luce”, che riproduciamo di seguito.
Premessa imprescindibile di una qualsivoglia significativa riflessione su quella che è la funzione, e su quello che sarà l’agire dell’Imam Mahdi, ch’Iddio voglia affrettarcene la gioia, è il tentare di considerarne con un qualche rigore la realtà profonda sottesa alla persona. Non vorremmo incominciare con l’essere polemici a questo riguardo, ma abbiamo potuto appurare come sovente questo stesso argomento venga alquanto banalizzato, ridotto che lo si sia a considerazioni il più delle volte meramente esteriori, che fanno sì che della realtà della Guida Attesa, la pace su di lui, e qui vogliamo riferirci alla sua figura nella prospettiva della Šīºah Duodecimana, non venga considerata se non la sembianza, e non piuttosto la profondità, ovverosia, l’altezza, la sua eminenza ed esaltazione nel Divino Cospetto, o quella stessa ampiezza delle sue facoltà mondane, di cui egli alfine s’avvarrà, e che ne è una conseguenza incontrovertibile.
Quello a cui ci preme con questo di dare rilievo, è che la funzione attuale del Mahdi Atteso, la pace su di lui, in questo nostro basso mondo, ed a maggior ragione, nella fattispecie, la sua funzione escatologica, relativa all’esaurirsi in esso del nostro presente stato d’esistenza, non potranno essere comprese, in una guisa sufficiente o esaustiva, se non a patto d’intenderci in qualche modo sui vari livelli della realtà della sua persona, a procedere da quelli più elevati, che di questa realtà sono la chiave e la scaturigine.
Avevamo poc’anzi menzionato una delle possibili attitudini banalizzanti e fuorvianti a questo riguardo, quella che tende a ridurne la personalità alla sua dimensione empirica, effettuale, esteriore. All’opposto, l’insulsaggine dei vari scialbi interiorismi della pseudospiritualità modernista tende a darne un’interpretazione astrattamente interiore, e per ciò stesso fasulla e illusoria, nel senso di pretendere di prenderne in considerazione i soli livelli che sfuggono alla sembianza sensibile, siano essi trascendenti, o siano propri a quel mondo immaginale e fantasmatico che è all’origine, laddove non si sia in esso ben guidati, di troppi traviamenti; il tutto ad esclusione di quella dimensione empirica ed apparente che, laddove non ci si lasci imprigionare dalla sua assolutizzazione, è invero la condizione imprescindibile, dato il nostro presente stato d’esistenza, d’ogni nostra ascesa, d’ogni nostro vero progresso ed autentica realizzazione.
Si tratta di ben comprendere, a nostro avviso, che la persona dell’Imam Mahdi, voglia Iddio Altissimo concedercene al più presto il palesamento, nella sua perdurante presenza sensibile e tangibile in questo nostro basso mondo, non è altro che una delle conseguenze, l’ultima, estrema manifestazione, della profusione prima dell’Immensità Divina, sia magnificata ed esaltata, sulla Soglia stessa della Sua Purezza Sublime, Trascendente, ed Inattingibile. È questa invero una prerogativa della funzione Imamica in quanto tale, in generale, o piuttosto, laddove s’abbia a render ragione di tutti e XIV i Purissimi della Dimora Profetica, la pace su di loro, della stazione dell’impeccabilità e dell’infallibilità, della suprema purezza manifestata, propria al rango supremo della prossimità divina, della Sua Intimità.
Svariate sono invero le tradizioni delle Genti della Casa, la pace su di loro, a questo medesimo proposito, tradizioni che altro non fanno che esplicitare il senso profondo, la complessità e l’eminenza sottese all’insigne verso coranico della Sura della Luce (35), là dove s’attesta che Iddio Altissimo è “Luce su luce“. Ci sia consentita a questo riguardo una breve digressione d’ordine grammaticale e lessicale. Secondo i grammatici della lingua araba, la preposizione “ºalā“, “su”, “sopra”, che compare in questo celebre verso, comporta una qualche sorta di contatto, nel mentre la preposizione “fawqa” implica invece distacco e soluzione di continuità. E nulla v’è di casuale o indifferente nel Libro che compendia il Verbo Divino.
Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, sia pur nell’Intangibile Trascendenza ed Esaltazione della Sua Incommensurabile Infinità, ha largito al mondo una luce che, sintesi eminente dell’universo creato sino ai suoi livelli più alti, scaturisce direttamente dai Penetrali del Mistero della Sua Santissima Essenza, della Sua Sublime Purezza, Che trascende ed è assolutamente Immune, come recita in più luoghi il Sacro Corano, da qualsivoglia qualificazione e designazione ch’abbia ad esserLe associata ed a determinarLa comecchessia: “Egli è ben al di sopra di tutto quel che Gli attribuiscono o gli associano”, giacché a ben vedere, da ultimo, attribuire qualcosa a Iddio Altissimo altro non è se non associarGli idolatricamente qualcosa, sia esaltata la Sua incontaminabile Purezza, è aggiungerGli alcunché d’estraneo alla Sua Primordialità Infinitamente Trascendente.
Eppure, il Sacro Corano sembrerebbe a prima vista contraddirsi a questo medesimo riguardo: non soltanto in esso s’attribuiscono con reiterata insistenza a Iddio Altissimo, Ne sia esaltata la Celsitudine, epiteti, qualificazioni, nomi, attributi, atti, a dispetto della perseveranza nell’attestarNe la Suprema Purezza ed Intangibilità, essendo peraltro questo il significato primo della Sua glorificazione, ovvero del termine arabo apofatico “subĥāna“, in contrapposizione alla lode, “ĥamd“, qualificativa e positiva; ma questa medesima apofasi viene inoltre apparentemente contraddetta anche dall’attestazione della liceità, soggiunta ad uno di questi versi, che i Suoi “Servi Purificati” Gli attribuiscano alcunché (XXXVII, 159-160).
Quest’apparente ambiguità ed oscillazione non si riferisce soltanto ai modi simbolici ed anagogici della percezione umana della Sostanza Divina, sia magnificata e glorificata, gli unici modi a noi possibile nel nostro stato presente, i modi dell’attribuzione positiva, sia pur subito contraddetti dalla Sua Infinita e Trascendente Purità; né essa è soltanto allusione alla visione gnostica del mondo come effusione della Sua Luce, e quindi come Suo nome e Sua qualità, nel senso che tutto da Lui procede, per Lui sussiste, ed a Lui si riduce, sia pur sempre nella sua Inattingibile Celsitudine; tutto questo è d’altro canto accenno al mistero dell’Intimità Divina: come recita il Sacro Corano, “A Lui appartengono i Nomi più belli” (VIX, 24).
È questo il segreto, come avevamo già anticipato poc’anzi, della Santissima Profusione della Sua Luce, all’estremo limitare del giardino paradisiaco e degli ordini delle pure intelligenze angeliche, presso l’albero celestiale (VIII, 14) che segna l’estremo limitare d’ogni finità, sulla Soglia Stessa della Sua Immensità Incommensurabile: è una sorta di contatto, come avevamo già dianzi menzionato, riservato ai supremi approssimati, ai Suoi Intimi, la pace su di loro. Ed è questo, a nostro avviso, il significato di quanto si recita nella celebre tradizione, in cui Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, proclama d’essere Egli Stesso la vista, l’udito, i sensi della loro percezione, e quindi, per ciò stesso, l’atto medesimo del loro esistere.
Ed invero la percezione, e nella fattispecie la conoscenza, è l’atto perfettivo ultimo della perfettibilità, ossia della sussistenza e delle facoltà percettive umane: se quest’atto è agito nell’uomo senza inerire alle sue antecedenti attualità, come avviene invece nella nostra condizione presente, segno è che queste attualità, che sono le facoltà degli atti successivi, non sussistono in grazia d’un sostrato, ma scaturiscono invece immediatamente, sia pur nella loro contrazione ontologica, dalla Sublimità Ineffabile della Santissima Essenza; e questo a procedere dalla prima attualità e virtualità, da quella esistenziale, che attua la sostanza individua al primo livello della sua perfezione. È questo a nostro avviso il segreto e la radice dell’Intimità Divina: in questo nostro basso mondo, che non è se non la proiezione frammentata e separativa dell’Unità Suprema, gli esistenti non sono, mercè d’un paradosso ontologico che ne fonda la realtà, il loro stesso essere, la loro stessa esistenza limitativa che ne attua la definizione individua; e si danno pertanto un’esistenza a suo modo sia reale che illusoria, che è il sostrato fondante dei loro atti e delle loro perfezioni ulteriori.
Non è invece così per l’Intimo d’Iddio Altissimo, la cui esistenza è del tutto estinta nell’Essenza Divina, ed è per ciò stesso, in questa guisa, la radice della permanenza della singola sostanza individua, e dell’inerirle, dell’esserle agite, delle sue ulteriori perfezioni, sino a quelle percettive e conoscitive, che ne sono il fastigio e il coronamento. È questo invero il mistero dell’inopia spirituale di quegli che nulla ha da sé, che tutto ha e confessa d’avere dall’Altissimo, sia magnificato e glorificato, non soltanto la sua prima individuazione, ma inoltre tutto quel che di perfettivo le si sovrappone, mercé appunto di quell’estinzione esistenziale attuativa che è la scaturigine immediata della sua permanenza nel dominio della manifestazione. E tale è la premessa, la condizione e l’atto stessa d’ogni estinzione, sia della sostanza individua, che delle sue attualità perfettive, le quali non possano entrambe estinguersi di per sé in suo luogo, dato che non s’abbia giammai un mero esistere senza soggetto o sostrato, o un esistere indeterminato senza ulteriorità attuative e perfettive; ed essendo d’altro canto quella la radice superna d’ogni estinzione, che tutto compendia originariamente ed ineffabilmente in sé, nella sua eminenza, sia pur fondandone il sussistere.
La sapienza imamica, per via d’una celebre tradizione attribuita appunto alle Genti della Casa, scevera e manifesta il senso intimo della parola del Sacro Corano, allorché proclama “Noi siamo i Nomi Più Belli“, noi Imam della Dimora Profetica, noi Puri, impeccabili ed infallibili, noi Intimi d’Iddio Altissimo, sia esaltata la Sua Sublimità, radice e scaturigine d’ogni prossimità, all’origine stessa della creazione. È questa in generale, lo avevamo già sottolineato, la realtà della stazione dell’Intimità (Wilāyaħ), della Purezza e dell’Inviolabilità, della “Maºşūmiyyaħ“, al limitare della Soglia dell’Immensità Divina, Ne sia esaltata la Celsitudine, stazione sottesa alla stessa funzione profetica siccome sua ragione profonda ed intimo contenuto, che fa di Muhammad, ch’Iddio benedica lui e la sua Famiglia immacolata, la prima sostanza, la prima luce, la prima sussistenza del mondo creato, ad esso antecedente, che tutto lo compendia e lo conchiude in una guisa eminente, nella sintesi e nel particolare, siccome la luce d’Adamo, la pace su di lui, che ne è la prima manifestazione nell’ordine del cosmo creato, di qua dalla scaturigine prima della creazione, include in sé la sintesi e la partizione, la stessa singola individualità dell’umana natura, tratta dai “lombi” dei suoi figli, come recita il Sacro Corano (VII, 172); e questo in ragione della sua dignità e funzione di Vicario dell’Altissimo (II, 30), natura che è a sua volta il centro ed il compendio d’ogni ulteriorità creata, sino ai suoi livelli più elevati.
Nella Luce Muhammadica, prodotta ab aeterno prima della creazione del mondo, ogni realtà finita è compendiata nella guisa eminente suddetta, ed essa include gli stessi archetipi del mondo creato, le determinatezze immutabili (al aºyānu-ŧ-ŧābitaħ nel linguaggio degli gnostici), in cui si ipostatizza il primo livello della molteplicità e delle sue corrispettive unicità ed unità. A questa stregua, ogni qualsiasi speculazione su di un possibile ulteriore progresso e perfezionamento di questa medesima luce, non è che la rozza trovata di menti affatto prive di penetrazione, cui sfugge del tutto che la suprema sintesi possibile d’ogni realtà manifestata nel mondo medesimo della manifestazione, disterà anch’essa infinitamente dall’Essenza Divina, ne sia esaltata la trascendenza, ma senza avere bisogno alcuno e senza dare adito alcuno ad ulteriori perfezionamenti; escogitazioni inconsistenti, che applicano così al dominio di là dal tempo e dalla deficienza perfettibile, categorie riduttive proprie al nostro basso mondo, senza trasposizione alcuna, in quella che è una vera e propria idolatria delle sue condizioni e dei suoi stati, ch’essa si permette d’associare al dominio superno.
Avevamo già detto che queste sono considerazioni d’ordine generale. Ed invero la Luce Muhammadica, che non è se non la natura adamica in un senso eminente, si determina ad extra, in quanto primordiale Purità ed Intimità Divina, nell’Imamato e nella Profezia legiferante. È chiaro pertanto come la realtà e la natura di Muhammad, ch’Iddio benedica lui e la sua Famiglia, sia a questo medesimo riguardo onnicomprensiva, esaustiva, includendo in sé, siccome Profezia, la sua funzione vicaria imamica, e la Purità suprema in quanto realtà vicaria universale, essendo questi i gradi della sua interiorità, così come l’ultima è l’intimo d’entrambe. La funzione imamica a sua volta, quanto a noi ed al nostro mondo, è una necessità universale, d’ordine ontologico, il che la prepone, sotto questo medesimo riguardo della sua esternazione ed individuazione concreta, sia alla Missione Profetica, sia alla stessa Purità: potrà darsi un mondo senza la presenza esteriore e tangibile d’un Profeta, ed è appunto questa la condizione in cui oggigiorno noi ci troviamo a vivere; e potrà anche darsi un mondo nel quale non sussista una manifestazione sensibile e diretta, a prescindere dalla Profezia e dall’Imamato, di quella Purità Muhammadica che pure è all’origine d’ogni realtà finita, d’ogni manifestazione. Ed in effetti Fatima la splendente, la pace su di lei, che ne è appunto l’ostensione in questo basso mondo, e che, come recita una celebre tradizione, anche in un senso letterale esoterico, oltre che per metafora, è la “Madre di suo Padre“, anch’ella è stata tolta al mondo sensibile, anch’ella è tornata al vertice supremo della sua dimora paradisiaca, all'”albero del limite”, ed alla Fonte dell’Abbondanza, quella medesima fonte largita, ad extra e ad intra, al Profeta suo padre (CVIII). Ma invece sempre avverrà, e qui possiamo ben riferirci al tempo nel quale viviamo, che noi s’abbia bisogno e che noi s’abbia un Imam, una Guida pura, scevra da colpa e da errore, nel quale non soltanto s’estrinsechi anche corporalmente la realtà originaria dell’Intimità Divina e della Purezza, ma che sia visibilmente depositario, per decreto divino, della funzione di Guida del mondo umano, e per ciò stesso, dell’intero universo creato.
Lo attestano le tradizioni: il mondo avrà sempre un Imam, una guida spirituale e temporale, un erede ed un vicario della profusione profetica, un garante ontologico della sua stessa sussistenza creata, siccome in esse si recita: “La Famiglia di Muhammad, ch’Iddio lo benedica e la benedica, è come gli astri del cielo: ogni qual volta uno tramonta ne sorge un altro“. Ed invero, gli Imam, anzi i Puri, la pace su di loro, siccome s’era accennato dianzi, sono la medesima luce, la medesima realtà, che solo formalmente, mercé d’un nome in cui essa si riverbera identicamente in tutta la completezza della sua sostanza, si distingue, sceverandosi poi ed individuandosi ad extra, nella sussistenza e nell’apparenza sensibile dei XIV della Dimora Profetica, la pace su di loro. Lo avevamo già sottolineato poc’anzi: è l’Imamato, sia di per sé, che in quanto sotteso alla Profezia come sua realtà interiore, ed in quanto a sua volta sottende in sé, siccome sua realtà intima, la Suprema Purezza Vicaria; è invero l’Imamato, nella sua esternazione, la necessità concreta e tangibile del nostro mondo, giacché ci riferiamo qui alla sua necessità ad extra, in quanto natura sensibile, e non invece alla necessità cosmica ed ontologica della sua scaturigine, della suprema Purezza manifestata.
Nel dominio medesimo del tempo e dell’alterazione, oggigiorno così come in passato, il mondo deve avere ed ha una Guida, e questa nostra Guida è appunto l’Imam Mahdi, voglia Iddio Altissimo affrettarci il dischiudersene della gioia. Come s’evince dalle nostre precedenti considerazioni, egli è la sintesi articolata della realtà creata, ed il tramite dell’Increata, dell’Essenza Divina, sia magnificata ed esaltata, infinitamente Trascendente, assolutamente Pura. Quando parliamo di purità da un punto di vista ontologico, ci riferiamo all’assenza di qualsivoglia commistione limitativa, assenza della quale quella di questo nostro basso mondo, e nella fattispecie la purificazione rituale, non è se non una sorta di mimesi e di metessi, che di quella superna è partecipe analogicamente, e la rappresenta simbolicamente, nella sua efficacia anagogica.
La Purità che scaturisce immediatamente dalle Altezze Incommensurabili della Divina Trascendenza, è la prima ipostasi, sussistenza, designazione, delimitazione, il che significa che essa si definisce in virtù di tutto un insieme di relazioni ad extra ed a intra, che ne determinano e definiscono la sostanza, in sé, e nei confronti dell’universo creato, quantunque quest’ultima a rigore non sia una relazione reale: sostanza, modello, e tramite della creazione, essa si determina in sé medesima mercé d’una serie di determinatezze perfette ed a loro modo illimitate, in una sorta di limitazione illimitata, di formalità infinita sotto questo suo stesso riguardo, in cui se ne trasfonde identicamente la sostanza, che essa arriva a comprendere nella sua infinità formale, ma distinguendosi per sempre formalmente, e ponendosi per ciò stesso ad una distanza infinita dall’Infinità ulteriore della Trascendenza Divina, della Sua Essenza Una e Inattingibile, Ne sia esaltata la Celsitudine e magnificata l’Esaltazione. È questa invero la realtà interiore sottesa alla funzione profetica ed imamica, ovverosia all’estrinsecazione dell’impeccabilità ed infallibilità, della Purezza inviolabile della costellazione delle XIV luci della Dimora Profetica.
Ed è questa invero la Purità dalla quale procede la realtà manifestata dell’Imam Mahdi, della nostra Guida attuale, la pace su di lui, dell’erede e depositario della Profezia e dell’Intimità Divina, Purezza ed Intimità che si determinano, sino ad estrinsecarsi tangibilmente in questo basso mondo, procedendo di livello in livello, di stazione in stazione dell’esistenza creata, dell’arco dell’ascesa a Iddio Altissimo, e della discesa creativa, di centro in centro d’ognuno di questi gradi, di queste totalità, in ciascuno dei quali la sua realtà compendia un modo, un rango, un mondo dell’essere. E vale ancora, a questo medesimo riguardo, quel che avevamo detto poc’anzi a proposito della scaturigine della Profusione Santissima dalle Altezze Incommensurabili dell’Essenza Divina, sia magnificata ed esaltata: così come detta Profusione, nel suo determinarsi in quanto prima ipostasi definita ed intelligibile della Trascendenza Infinita ed Intangibile, Ne sia esaltata la Sublimità, estingue in sé l’esistere in cui si sdoppia l’essere delle determinatezze finite, del pari, per quel che concerne la sintesi centrale dei livelli dell’essere compendiata da ciascuna delle stazioni ulteriori della realtà imamica, ciascun livello è sotteso all’antecedente, che lo include in una guisa eminente, a prescindere dallo sdoppiamento esistenziale, onde si possa ben dire, a questa medesima stregua, che l’una realtà è l’altra, e che tutte sono, e tutte è la Luce Muhammadica primordiale.
L’una è l’altra, con tutto rigore, perché la seconda è l’essere stesso della prima, onde si potrà affermare che l’una è quella ad essa conseguente nel senso dell’ascesa, in quanto quella è appunto il suo stesso essere, e la seconda è la prima, in quanto ne include in sé l’essere. E si badi bene, com’è che questa trasposizione, che fondandone la legittimità, dà luogo ad una predicazione siffatta, non sia a sua volta applicabile alla prima esistenziazione ed ipostasi della Luce Muhammadica. Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, come avevamo già dianzi ribadito e sottolineato, è infinitamente Trascendente, è assolutamente Immune, nella Sua Sublimità, da che si possa stabilire una qualche comparabilità ed analogia, e tanto meno univocità, tra Lui e gli esseri creati. E laddove analogia vi fosse, sarebbe analogia impropria, meramente formale, nel senso che soltanto impropriamente, siccome tra i livelli dell’essere v’è una ragione per cui convergono, nel senso dell’essere, ed una ragione per cui divergono, nel senso della sua sempre maggiore frammentazione e limitazione nell’arco della discesa, così tra l’Essenza Divina, sia magnificata ed esaltata, e le sue creature, la ragione del convergere sarebbe, invero, nella sua Infinita Trascendenza, una ragione di divergenza, che fonda così un’analogia impropria, solo formalmente tale, di là da ogni analogia e trasposizione.
Ed è appunto per questa ragione che noi, seguaci del puro monoteismo originale, rifiutiamo ogni forma d’incarnazionismo, di divinificazione di qualsivoglia creatura, a procedere da quell’unione ipostatica che pretende d’associare la natura Umana alla Trascendenza Divina, dando loro un che di comune, l’ultima incomunicabilità dell’esistenza individua, finendo così col darle un suo proprio modo d’esistere in questo basso mondo, invece di farne una pura scaturigine dell’Infinita Trascendenza d’Iddio Altissimo, sia esaltata la Sua Sublimità, assolutamente Immune da che debba a sottostare a relazioni ipostatiche ch’abbiano a fondare una qualsivoglia sorta d’individuazione ed esistenziazione creata. E si badi bene come, nonostante il rifiuto suddetto, l’unione con Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, nel caso della Profezia, dell’Imamato, e dell’Intimità Divina, fattaNe salva l’Infinita Trascendenza ed Intangibilità, è ragione di un’intimità quanto mai stretta e profonda, fondata sui due termini dell’estinzione e della permanenza, nel linguaggio degli gnostici, il “fanā“, ed il “baqā‘”; e pertanto, come avevamo gia osservato, sul riconoscimento e sulla realizzazione dell’assoluta servitù spirituale ed ontologica, che non lascia nessuno spazio per associazione, deificazione, incarnazione, unione ipostatica che sia.
Ora, tornando al nostro Imam, alla nostra Guida, ch’Iddio Altissimo ce ne affretti la gioia del palesamento, la realtà della sua persona è invero una realtà sintetica ed onnicomprensiva, che include in sé, mercé d’una unione intima che non ne inficia la distinzione, tutti i livelli dell’essere manifestato, a procedere dalla Soglia Stessa dell’Immensità Divina, Ne sia esaltata la Celsitudine, ed è pertanto presente nel nostro basso mondo, nella guisa sopradetta, nella sua stessa realtà corporea, concreta e sensibile. È questo invero un punto assai importante, sovente foriero d’incomprensioni, equivoci, distorsioni, e veri e propri traviamenti.
Fare dell’Imam Mahdi, la pace su di lui, una realtà meramente interiore, significa disconoscerne di fatto la completezza esaustiva, propria al suo rango di UomoPerfetto, ovverosia d’Uomo Universale, secondo uno dei sensi semantici della perfezione, che è tale in senso proprio e completo soltanto come universalità, vale a dire onnicomprensività ontologica. Asserire e pretendere che l’Imam Mahdi, ch’Iddio Altissimo ce ne affretti la gioia, sarebbe una realtà meramente interiore, o al più, confinata nei mondi immaginali intermedi tra il corporeo e lo spirituale, nel senso che quivi egli si darebbe il suo palesamento e la sua dimora ultima, ritraendosi così dal mondo corporeo, è pretesa che ne menoma la realtà e la persona, togliendogli quel livello e quella funzione prima quanto a noi, quali noi siamo nel nostro stato presente, conditio sine qua non d’ogni nostra ascesa spirituale ed ontologica. La Profezia, l’Imamato, l’Intimità Divina non sono, né mai potrebbero essere, realtà meramente interiori, esclusivamente spirituali o tutt’al più psichiche ed immaginali, a prescindere dalla loro funzione immediata quanto a noi, che è quella d’esser presenti e d’agire in questo nostro basso mondo.
E nessuna realtà simbolica ed anagogica, a procedere dai segni per eccellenza d’Iddio Altissimo, ovverosia dal Suo Verbo e dall’Uomo Perfetto, potrebbe avere qui tra noi nessuna funzione a prescindere da quel livello corporeo il quale al presente è all’origine di tutte le nostre rappresentazioni e concezioni. Nessuna fantasia dualistica e pseudognostica potrà giammai inficiare questa verità. E si badi bene, se l’uomo comune, corporeo, ha bisogno dell’adorazione, della preghiera, del Verbo, e della Guida, nella loro forma sensibile per innalzarsi, non è che lo gnostico, l’approssimato, l’Intimo, addivengano a liberarsi di tutto ciò, ché anzi per loro non soltanto dette realtà, ma l’universo intero sarà, dall’apice della sua ascesa e realizzazione, sicché egli pregherà, adorerà, proferirà la parola d’Iddio Altissimo, e l’esempio dei Suoi Intimi, in forma sensibile, ed il mondo corporeo, e l’universo tutto sarà per lui null’altro che la profusione della Santissima Essenza, ne sia magnificata l’Infinità, nella trasparenza del permanere conseguente all’evanescenza dell’estinzione, che sono i due aspetti complementari della sua stazione spirituale e della sua perfezione.
Pertanto l’Imam Mahdi, ch’Iddio Altissimo ci affretti il dischiudersene della gioia, nel suo stato d’occultamento sarà pur sempre concretamente e tangibilmente presente, a garanzia di quella che è una necessità d’ordine ontologico, la necessità del tramite tra questo nostro basso mondo della corporeità, e la trascendenza Infinita d’Iddio Altissimo, ne sia esaltata la Celsitudine, necessità che peraltro vale per ciascuno dei livelli in cui si riverbera la presenza dell’uomo Perfetto, la pace su di lui. Il punto a cui siamo ora giunti, il fatto della realtà e presenza sensibile nel tempo dell’occultamento, è proprio ed esclusivo del XII Imam, ch’Iddio voglia affrettarcene la gioia. Se la presenza sensibile di una Guida è in generale una prerogativa dell’Imamato, sia di per sé, che in quanto sotteso alla Profezia, l’occultamento invece, e la presenza sensibile nel suo tempo, appartengono invece in proprio al XII ed ultimo Imam, la pace su di lui.
Anche sul suo stato d’occultamento sarà bene intendersi: si tratta invero di una condizione di mancanza e di rimozione quanto a noi, della comunità dei credenti, e per suo tramite, dell’umanità tutta e dell’intero universo creato, che non è se non l’epilogo, contro ogni illusione progressista, della parabola discendente della vicenda dell’uomo, di questa creatura “ignorante ed empia” (XXXIII, 72), che dopo d’avere rigettato, perseguitato, tradito ed ucciso Profeta dopo Profeta, ha da ultimo respinto il Sigillo stesso della Profezia, l’ultima e massima delle profusioni di grazia e dovizia con cui Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, ha tentato d’illuminarne l’intelligenza e blandirne la volontà, e l’ha respinto rifiutandone la Guida Imamica, suo fondamento e coronamento, pilastro e fastigio della religione, sua compiuta perfezione (V, 3), sempre più indurendosi nella pervicacia di questo suo rifiuto, sino a doverne scontare le conseguenze estreme. Nulla però ch’abbia a menomare la perfezione e a ledere la dignità ed il rango della stazione della Profezia e dell’Imamato: come abbiamo appena detto, è l’uomo comune ad allontanarsi e a tralignare, e non certo l’Imam Mahdi, la pace su di lui, ad incorrere in un qualche mancamento, sia ad intra, che ad extra, per quel che lo riguarda. Ed è questo a nostro avviso un fatto della massima importanza.
Avevamo accennato, all’inizio di queste nostre considerazioni, alla religione imamica universale, prima di procedere alla disamina della realtà della persona dell’Imam Mahdi, ch’Iddio Altissimo voglia affrettarcene la gioia. Ora, quello dell’occultamento della Guida dell’umanità agli occhi del mondo, o almeno, il riconoscimento d’uno stato d’assenza, difetto, e tralignamento, a cui dovrà ovviare il manifestarsi d’una personalità provvidenziale a cui è stata affidata una funzione escatologica, che porterà il mondo al suo raddrizzamento finale, nel senso della restaurazione dell’equità e dell’armonia dopo l’effimero e fallace trionfo dell’empietà, dell’ingiustizia, dell’oppressione, come recita una celebre tradizione; questo tema e questa convinzione dell’assenza del principio spirituale, e della manchevolezza del mondo, a prescindere dalla Šīºaħ Duodecimana, è presente in molte, se non forse in tutte le tradizioni spirituali dell’umanità che possano vantare un fondo di vero. La Guida spirituale vi è assente, e non presente, ed il suo è uno stato di mancanza, assenza, morte, o debilitazione, a cui porrà termine il suo rianimarsi o rivivere, od il suo manifestarsi ex novo; e questo vale persino per la tradizione cristiana dell’ascesa al cielo di Gesù, la pace su di lui, che non lascia spazio alcuno ad una sua presenza viva, concreta e reale in questo basso mondo, a prescindere dalla trasposizione sacramentale ed eucaristica di questa presenza, che oltre a non essere palesabile ai sensi nella sua forma vera, non è peraltro esente da soluzione di continuità, dato ch’essa non dia luogo ad una permanenza continua ed ininterrotta.
Non vogliamo qui certo fare del dogmatismo apologetico, ma ci sembra di non poter ravvisare nulla di simile alla concezione dell’Imam Mahdi, la pace su di lui, propria alla Šīºaħ Duodecimana, in nessuna di quelle correnti spirituali che possono vantare un’origine tradizionale e rivelata, sia che si perdano nelle nebbie mitiche di un’originaria, ancestrale rivelazione, sia che questa rivelazione sia un dato di fatto, manifestata ex novo ed espressamente riconosciuta, che si sovrappone ad una tradizione, correggendola nel suo tralignamento, e riportandola alle origini. Vale la pena ripeterlo: il rifiuto da parte dell’uomo, a procedere dal suo stato di perfezione paradisiaca propria al suo originario stato adamico, dei doni divini nella loro crescente sovrabbondanza di profusione, il che dà l’illusione esteriore del progresso umano; e nella fattispecie, la ripulsa dell’ultima Rivelazione, definitiva ed esaustiva nella sua perfezione, ripulsa che rappresenta, appunto in ragione di detta perfezione, il culmine dell’empietà e dell’ignoranza umana; il riconoscimento di questo rifiuto è un fatto universalmente accettato, tranne che dalla boria e dalla presunzione dell’uomo moderno, il più perverso ed ignorante di tutti. Ma non è invece un dato di fatto ed una necessità comunemente riconosciuta, quella della presenza reale, viva, concreta, e tangibile della funzione vicaria universale della Guida Divina, la pace su di lui, ovverosia della persona che la espleta, nell’insieme dei gradi della sua realtà.
È questo invero, a nostro avviso, il fondamento di quella che avevamo chiamato all’inizio la religione imamica universale, nella sua intrinseca necessità, che trova nella Shi’a duodecimana la sua compiuta espressione storica, il che ne fa la religione della Guida, dell’originarietà e della mediazione ontologica, l’unica depositaria di una valida e precisa dottrina della sua infallibilità, e della sua presenza concreta nel mondo, la pace su di lui, grazie alle quali essa assume il rango della religione vera e completa, l’unica universalmente valida di per sé, a prescindere dall’ignoranza e dal rifiuto umano, la sola che possa vantare una Guida vivente e reale, un’autorità spirituale pienamente effettuale ed effettiva, scaturigine d’ogni altra sua funzione temporale, ivi inclusa quella d’unica legittima e degna depositaria, nel dominio collettivo di questo nostro basso mondo, del potere temporale.
E vorremmo qui d’altra parte togliere di mezzo quello che a noi sembra un equivoco banalizzante dei peggiori: non è, a nostro avviso, che l’occultamento dell’Imam Mahdi, ch’Iddio voglia affrettarcene la gioia, sia dovuto al fatto di vivere in incognito, o fors’anche segregato dal resto degli uomini, visto e percepito, ma non riconosciuto. Il fatto è che alla sua persona competono prerogative eccezionali, che ne rendono straordinari, ed in senso lato, miracolosi i modi dell’agire, e del suo stesso esistere. Alla luce di quanto s’evince dalle tradizioni che lo riguardano, il Mahdi Atteso, la pace su di lui, farà, e fa già ora uso, a differenza degli Intimi, degli Imam e dei Profeti che l’hanno preceduto, la pace su di loro, ivi incluso lo stesso Sigillo dei Profeti, ch’Iddio Altissimo benedica lui e la sua Famiglia, di tutti i poteri che competono alla realtà della sua, così come della loro persona. Si parla a questo medesimo proposito del potere di “takwīn“, del potere creatore, esistenziatore, che scaturisce dalla natura imamica, ovverosia dalla stazione suprema dell’Intimità e della Purezza Vicaria, potere che Iddio Altissimo, sia magnificato e glorificato, ha concesso ai Suoi Intimi, ai Suoi Prescelti, ai Suoi Vicari, la pace su di loro, e che consiste nella possibilità stessa dell’esistenziazione creatrice, nell’intervento diretto, a prescindere dalla catena delle cause di natura, nelle faccende di questo basso mondo, e dell’intero universo creato.
È questa una facoltà fondata sul verbo divino esistenziatore “sii”, “kun“, di cui più volte si fa menzione nel Sacro Corano, che Iddio Altissimo, Ne sia esaltata la Sublimità, largisce ed affida ai Suoi Intimi in ragione e mercé dell’altezza della loro stazione, della dovizia della realtà della loro persona, porzione dei Suoi Infiniti Poteri, vale a dire, quanto a questo nostro basso mondo, ed a tutti i mondi, in essi, il Suo Stesso Potere, a prescindere da quelle che Ne sono le dimensioni ulteriori, trascendenti, ed inattingibili, grazie alle quali Egli, sia magnificato ed esaltato, comprende alfine l’intero universo manifestato, con tutte le sue realtà ed i suoi atti. Ovverosia, se il “Sii” dell’Intimo d’Iddio Altissimo, la pace su di lui, concerne questo mondo, e gli altri mondi, il “Sii” Divino tutto comprende, sin questa realtà suprema con tutte le sue funzioni. Ed a nostro avviso, uno degli atti di questo potere di cui l’Imam Mahdi, ch’Iddio Altissimo ce ne affretti la gioia, non soltanto è depositario, ma del quale concretamente s’avvale, è invero quella sospensione nei suoi riguardi dell’efficacia dei sensi, che gli consente d’occultarsi nel cospetto degli uomini.
Questa sospensione dell’azione dei sensi non toglie affatto ch’egli sia pur sempre, in questo basso mondo, alcunché di sensibile, non toglie la sua corporeità, ed anzi ne dà ragione in quanto tale. Sospensione che, come riferiscono le tradizioni che lo concernono, non è assoluta, ma viene interrotta di quando in quando prima del tempo del palesamento. Nulla di banale pertanto, ma bensì una delle molte forme dell’esercizio dei suoi poteri e delle sue prerogative, che avranno peraltro piena attuazione nel tempo del suo palesarsi e rifulgere, nel tempo della sua vittoria, a dispetto di quell’enorme divario di forze materiali tra le schiere dei credenti, e gli scherani della miscredenza, dell’empietà, dell’ipocrisia, che già oggigiorno si profila ai nostri occhi in tutte le sue proporzioni, ed in tutti i suoi effetti devastanti. Giacché, per volontà d’Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, nessun potere mondano nulla potrà alfine contro di lui.
Tutto questo senza dover prescindere dal suo stato presente, che è uno stato nel quale l’uomo gli fa ingiustizia e torto, sebbene velleitariamente, quantunque non gli sia dato di lederne la realtà e apparente e profonda, quella stessa creatura umana ignorante e prevaricatrice che ha sempre rifiutato, nella pervicacia della sua arroganza ed albagia, la Missione Profetica e la Guida Imamica, ovverosia la Guida d’Iddio Stesso, Ne sia esaltata la Celsitudine, il che ha fatto sì ch’Egli finisse col chiudere gli occhi degli uomini, almeno temporaneamente, su questa realtà e funzione, a conferma del torto perdurante inflitto ai Suoi Intimi, la pace su di loro, della prevaricazione di un’umanità empia e corrotta. Giacché subito dopo la morte dell’Imam suo padre, Il XII Imam, la pace su di loro, s’occultò, sia pur mantenendo per un certo tempo un contatto pubblico visibile con la sua comunità; ma dopo l’occultamento minore, in quello maggiore, questo stesso contatto d’ordine collettivo c’è rimasto celato. Così come ci resta nascosto, in incognito, il suo disvelarsi sensibile ai suoi prescelti.
Disvelamento che è peraltro garanzia della sua stessa funzione cosmica ed ontologica di Guida provvidenziale della comunità dei credenti, dell’umanità tutta, e dell’intero universo, ma senza che ciò abbia ad inficiarne, prima del tempo del palesamento, lo stato di mancanza, che è lo stato della nostra menomazione, che non lo scalfisce e non lo concerne, dal momento che, siccome recita il Sacro Corano (XXX,41), è dalle mani degli uomini che procede il male del mondo, giacché è il cieco a non essere capace di vedere il sole, senza che per ciò stesso il sole abbia ad essere meno splendente. E non è pertanto, come credono alcuni, come c’è capitato d’appurare, che l’occultarsi prodigioso della sua persona avrebbe in qualche modo ad esaltare l’esercizio dei suoi poteri, divenendo a questa stregua, nei nostri confronti, un fatto positivo, da negativo che è, laonde l’uomo verrebbe ad essere guidato nel suo intimo miracolosamente ed infallibilmente, a prescindere dalla necessità d’una guida visibile. Non è così.
Non è che per noi vengano sospese le leggi di natura. Il fatto è che in questo nostro basso mondo le funzioni trascendenti vengono a darsi, in ragione del nostro stato attuale d’esistenza, una copertura sensibile, dato che è proprio la sensibilità il primo, imprescindibile gradino della nostra ascesa, senza procedere dal quale nulla c’è dato di conseguire. È questo il nostro stato presente, ed è da qui che dobbiamo inevitabilmente procedere, vale la pena ripeterlo. Ma tutto questo nulla toglie all’estensione ed alla profondità dell’agire dell’Imam Occulto, la pace su di lui, sull’uomo e sul mondo, quantunque esso abbia ad addivenire al suo apice e coronamento nel tempo del suo palesamento glorioso e vittorioso, nell’ostensione plenaria delle sue facoltà e prerogative.
A questo medesimo riguardo, possiamo ricapitolare la sua funzione nei punti seguenti. In primo luogo, la sua funzione cosmica ed ontologica è fondata ed è dovuta all’arco complessivo della sua realtà, quale l’avevamo dianzi descritto. Si tratta del fondamento esistenziale dell’universo creato. Questa funzione verrà esaltata nel tempo del palesamento dalla suddetta ostensione plenaria, sicché non soltanto questo nostro basso mondo verrà portato ad uno stato di perfezione dal quale esso è oggigiorno quanto mai lontano, ma inoltre questa sublimazione concernerà, oltre che tutti i mondi sottoposti alla vicenda del divenire e dell’alterazione, in un certo qual modo, anche lo stesso dominio delle pure intelligenze, ci sia consentita quest’ipotesi, mercé del ripercuotersi al loro livello della gioia del palesamento, se non altro d’una letizia ad extra, che non s’aggiungerà in quanto atto perfettivo, al loro essere assorte in eterno nella beatitudine della contemplazione del Volto dell’Altissimo, sia magnificato e glorificato, dandosi così come un’abbondanza di profusione ulteriore ed a sé stante.
Per quel che riguarda invece la sua funzione di depositario e d’interprete del senso esterno della Parola Rivelata, egli è il depositario dell’intera realtà del Sacro Corano, in quanto latore del suo archetipo, della sua scaturigine e causa eminente, del “Libro che toccano solo i Puri” (LVI, 79-79), in quanto egli è il “Corano Vivente“, com’ebbe a proclamare l’Imam Alì, la pace su di lui: egli è l’atto intellettuale perfettivo inerente alla sua persona, alla sua sussistenza, l’atto della gnosi dei misteri della Rivelazione, onde nessun aspetto gliene rimarrà celato, ch’egli non abbia a penetrare, a procedere dal quel livello e senso esteriore, dato che, come recita un celebre adagio, quanto mai valido a questo riguardo, la scrittura sia “legge e non giudice”. Ed anche questa prerogativa verrà esaltata dal palesamento, da latente ch’essa è al presente, ridotta ad un minimo d’efficacia provvidenziale, acciocché il tutto, almeno nella sua parvenza, non vada perduto.
Il suo ruolo politico e sociale d’unico degno e legittimo depositario dello stesso potere temporale, oggigiorno pure celato, ridotto anch’esso ad un minimo provvidenziale, all’indispensabile sopravvivenza della comunità dei credenti, verrà alfine anch’esso esaltato in estensione ed in profondità, nel senso di un reggimento universale, in cui l’intera realtà dell’uomo e del mondo verrà trasfigurata, orientata che sia verso il Sole della Trascendenza Divina, ne sia esaltata la Celsitudine, a procedere dall’armonia di ciò che è dovuto ad ognuno; e questo medesimo ruolo non verrà più esercitato in una guisa latente, preposto ad uno stato di menomazione del cosmo, ma in tutto l’effondersi della perfezione creata al nostro livello d’esistenza, quale gli sarà dato di largire.
E da ultimo, e questa è la sua funzione principale, il suo ruolo d’iniziatore ai misteri dell’Altissimo, sia magnificato e glorificato, in quanto compagno, guida e scorta che ci conduce alle mete del sentiero dell’ascesa. È questa oggigiorno la sua funzione più nascosta ed esclusiva, riservata ai pochi che, in segreto, godono del privilegio della sua manifestazione sensibile, secondo le varie stazioni della loro realizzazione, del loro itinerario a Iddio Altissimo, Ne sia esaltata la Sublimità, senza che tutto questo abbia al momento a palesarsi a noi, col darsi un’estrinsecazione indebita ed una struttura esteriore che ne lederebbe il segreto iniziatico, l’intima realtà esoterica; dato che nulla d’esteriore e sensibile, a prescindere dal Verbo Rivelato, dalla persona dei Puri, la pace su di loro, e dalla loro azione, dalla loro tradizione, possa manifestare i livelli superiori ed interiori della via che mena alla prossimità ed all’Intimità Divina. Allorquando egli, l’Occulto, l’Atteso, Signore delle vicende del tempo, la pace su di lui, si paleserà, i due carichi che l’Altissimo ha affidato agli uomini, ovverosia il Suo Verbo, e i Suoi Intimi, la Gente della Dimora Profetica, la pace su di loro, diverranno palesi, traspariranno di livello in livello, dall’apice dell’estinzione, sino a questo nostro basso mondo della corporeità, sicché esso si trasmuterà in un’effusione di luce, onde nella vicenda del divenire dell’uomo e del mondo verrà a concretarsi, a mo’ d’immagine fulgida e diafana, ma pur sempre perfettibile nel senso della trascendenza, la Meta stessa di quell’ascesa che mena alle celsitudini ineffabili della Prossimità Divina.
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