Biografia dell’Ahl al-Bayt (A)

BIOGRAFIA DELL’AHL AL-BAYT



In accordo a moltissime tradizioni, l’Inviato d’Iddio (S) ha detto: “Invero vi lascio due cose preziose dopo di me: il Libro d’Iddio e la mia Ahl al-Bayt[1]. Ogni musulmano è ben coscio della portata e del valore del sacro Corano, l’ultimo Libro rivelato da Iddio Onnipotente per il beneficio dell’umanità. Ma chi fu realmente la Ahl al-Bayt? La sua importanza viene descritta ancora una volta dall’Inviato d’Iddio (S) attraverso le seguenti parole: “L’esempio della mia Ahl al-Bayt è come l’esempio dell’Arca di Noè: chi vi salì si salvò ma chi l’abbandonò perì”[2]. Per questo motivo è doveroso conoscere l’immacolata Ahl al-Bayt e, soprattutto, riconoscerla nel suo ruolo di modello esemplare per l’umanità.

 

L’Imam ‘Ali (as)



L’Imam ‘Ali Ibn Abi Talib (A) apparteneva alla tribù dei Quraysh, residente nella città di Mecca nell’Arabia pre-Islamica, ed era discendente di Hashim e figlio di Abu Talib, a sua volta figlio del nonno dell’Inviato d’Iddio (S) ‘Abd al-Muttalib. Dopo la morte di ‘Abd al-Muttalib, Abu Talib si prese cura del Profeta Muhammad (S) il quale era rimasto orfano sin da tenera età. La moglie di Abu Talib, Fatima bint Asad, si preoccupò del piccolo Muhammad (S) come se fosse il suo vero e proprio figlio al punto tale che venne ritenuta la sua “seconda madre”.

L’Imam ‘Ali (A) ebbe l’onore di nascere all’interno della sacra Ka’bah il 13 di Rajab del trentesimo anno dopo quello dell’invasione della gente dell’Elefante[3]. Egli crebbe in compagnia dell’Inviato d’Iddio (S) dal quale apprese sin dall’infanzia.

Quando l’Inviato d’Iddio (S) annunciò pubblicamente la sua missione profetica durante una cena con i membri della sua tribù, chiedendo chi fosse disposto ad aiutarlo, fu proprio l’Imam ‘Ali (A) l’unico a farsi volontariamente carico di questa responsabilità. Durante tutto il periodo in cui l’Inviato d’Iddio (S) venne tacciato di “menzogna”, “magia” e addirittura “pazzia”, quando le genti gli gettavano contro sassi e sacchi di immondizia, l’Imam ‘Ali (A) rimase sempre al suo fianco senza mai dubitare nella sua missione.

Quando i musulmani vennero esiliati dalla città di Mecca, si rifugiarono nella valle di Shi’b Abi Talib, la quale era di proprietà dello stesso Abu Talib. Le condizioni della comunità Islamica di quel periodo erano assai precarie a motivo delle persecuzioni subite, e sia Abu Talib che Khadijah morirono affamati ed indeboliti da malattia.

Quando i politeisti vennero a sapere della morte di Abu Talib, escogitarono di uccidere l’Inviato d’Iddio (S) mentre dormiva poiché non godeva più della protezione di suo zio[4]. Nel frattempo i musulmani avevano stabilito dei legami con la popolazione di Yathrib che aveva accettato il messaggio e la profezia dell’Inviato d’Iddio (S) e quindi emigrarono nella nuova città che prese poi il nome di “Medina An-Nabi” (città del Profeta). Durante quella che doveva essere l’ultima notte dell’Inviato d’Iddio (S) prima dell’emigrazione, l’Imam ‘Ali (A) dormì nel suo letto poiché il nobile Profeta (S) era stato informato dei piani diabolici dei politeisti che volevano ucciderlo. Quando i politeisti si avvicinarono al letto dell’Inviato d’Iddio (S) per assassinarlo notarono che l’Imam ‘Ali (A) aveva preso il suo posto, mettendo a rischio la propria stessa vita!

Il 15 di Rajab dell’anno 1 dell’Egira, Fatima az-Zahra (A), la figlia dell’Inviato d’Iddio (S), sposò l’Imam ‘Ali (A). Il matrimonio avvenne in stile assai modesto, senza esagerazioni e sprechi comuni durante i matrimoni di quel tempo, e l’Imam ‘Ali (A), non potendo permettersi un mahr elevato per sua moglie, vendette la sua stessa armatura al prezzo di 500 dinari. La vita coniugale dell’Imam ‘Ali (A) e di Fatima az-Zahra (A) fu, sin dall’inizio alla fine, assai semplice e priva di lusso.

Quando giunse il momento per i musulmani di combattere contro i politeisti, l’Imam ‘Ali (A) si dimostrò il più valoroso guerriero dell’avanguardia Islamica, portando a termine le più audaci operazioni militari.

L’anno 10 dopo l’Egira, l’Inviato d’Iddio (S) compì il suo pellegrinaggiod’addio. Durante il viaggio di ritorno, egli fece fermare tutte le carovane presso lo stagno di Ghadir Khum. Ivi pronunciò un sermone ove, innalzando la mano dell’Imam ‘Ali (A) innanzi alla folla, disse: “Chi ha me come mawla, ora abbia ‘Ali come mawla!”[5].

Purtroppo, dopo la dipartita dell’Inviato d’Iddio (S), le cose non andarono come avrebbero dovuto. Mentre l’Imam ‘Ali (A) era impegnato nelle pratiche funerarie per l’Inviato d’Iddio (S), un gruppo di persone si era ritirato in disparte nominando infine Abu Bakr come nuovo califfo della comunità Islamica[6]. L’Imam ‘Ali (A), per l’interesse della Comunità, non si sollevò in rivolta con i suoi sciiti e, dopo la morte di Fatima az-Zahra (A), tacque pubblicamente sull’argomento.

In questo periodo, egli non prese parte alle attività politiche dei tre califfi che lo precedettero – Abu Bakr, ‘Umar e ‘Uthman – ma si concentrò sullo studio del sacro Corano, compilando un arrangiamento particolare dei suoi versetti in accordo alla cronologia della rivelazione, sul suo commento e sulla raccolta di tradizioni dell’Inviato d’Iddio (S).

Abu Bakr nominò personalmente ‘Umar ibn al-Khattab come suo successore. Questi, però, nominò un consiglio per eleggere il terzo califfo che era composto da: ‘Abd al-Rahman ibn al-‘Awf, ‘Uthman ibn al-‘Affan Talhah ibn ‘Ubaydullah, Sa’d ibn Abi Waqqas, Zubayr ibn al-‘Awwam e l’Imam ‘Ali (A). In caso di parità di voti ed opinioni, la decisione finale sarebbe spettata ad ‘Abd al-Rahman ibn al-‘Awf. In ogni caso, a quel tempo, l’unica persona a sostenere pienamente l’Imam ‘Ali (A) era Zubayr ibn al-‘Awwam mentre ‘Abd al-Rahman ibn al-‘Awf era chiaramente non allineato con lui. Fu così che ‘Uthman ibn al-‘Affan venne eletto terzo califfo.

‘Uthman non fu in grado di ben gestire il suo governo e attirò contro di sé molte inimicizie. L’Imam ‘Ali (A) cercò di aiutarlo esortandolo a scusarsi pubblicamente, cosa che fece ma che non gli consentì di rimediare al danno ormai fatto ed infine venne assassinato da ignoti. A questo punto le genti non videro nessuno migliore dell’Imam ‘Ali (A) che, con i propri principi di giustizia, potesse riportare un’atmosfera di serenità nella Comunità Islamica. Inizialmente, l’Imam ‘Ali (A) non accettò ma, su insistenza della popolazione, assunse infine l’incarico.

La prima cosa che fece l’Imam ‘Ali (A) dopo essere stato scelto come califfo fu quella di rinominare gli emiri dei territori Islamici. L’Imam infatti voleva che questi fossero tutti uomini umili e religiosi che si preservavano dal peccato. Mu’awiyah, emiro dello Sham che venne nominato da ‘Umar ibn al-Khattab, vedendo la propria autorità minacciata, rifiutò di giurare fedeltà al nuovo califfo.

Nel frattempo anche Talhah ibn ‘Ubaydullah e Zubayr ibn al-‘Awwam, non appena videro sfumata l’opportunità di poter essere nominati emiri di Basra e Kufa, si mossero contro l’Imam ‘Ali (A) assieme ad ‘A’ishah, ex-moglie dell’Inviato d’Iddio (S).

L’Imam ‘Ali (A) aveva spostato la capitale dei territori Islamici da Medina a Kufa e ivi si era trasferito. Invece l’esercito di Talhah, Zubayr e ‘A’ishah riuscì ad appropriarsi del tesoro pubblico di Basra torturando ed esiliando il legittimo emiro ‘Uthman ibn Hunayf. Poco dopo, l’Imam ‘Ali (A) si vide costretto a fermare la rivolta con la forza: all’ultimo minuto Zubayr disertò il campo prima che iniziasse la battaglia e venne ucciso da un bandito durante la fuga, Talhah venne ucciso in battaglia e ‘A’ishah venne prima portata a Basra da suo fratello Muhammad Ibn Abi Bakr, fervente sciita di ‘Ali (A), e  eepoi a Medina.

Mu’awiyah, approfittando della stanchezza dell’esercito dell’Imam ‘Ali (A) causata dalla battaglia di Basra, e sobillato da ‘Amr ibn ‘As, decise immediatamente di affrontarlo. Nel conflitto, comunque, l’esercito dell’Imam sembrava avere avuto ancora una volta la meglio e, giunto ormai davanti all’ultima postazione ove risiedevano Mu’awiayh e ‘Amr, era pronto per la battaglia finale. A questo punto, con una mossa molto astuta, i pochi uomini rimasti di Mu’awiayh sollevarono alcune copie del sacro Corano dicendo che soltanto Iddio avrebbe dovuto decidere l’esisto della battaglia.

L’Imam ‘Ali (A), il comandante Malik al-Ashtar e i loro sciiti fecero pressione per concludere la battaglia una volta per tutte, poiché erano ben consci che si trattava di un inganno e che gli uomini di Mu’awiyah stavano cercando soltanto un pretesto per salvarsi la vita. Comunque, un gruppo di persone, che in seguito verranno definite “kharijiti”, si oppose dicendo che nessuno aveva il diritto di avere una voce in più del sacro Corano. L’esercito comandato da Malik al-Ashtar, dunque, si divise e l’Imam ‘Ali (A) fu costretto a cedere alle pressioni di chi voleva l’arbitrio del Corano e aveva dimenticato che ‘Ali (A) stesso era la spiegazione vivente del Libro di Dio. Infine venne stipulata una tregua nel presunto nome del sacro Corano, mentre il gruppo di kharijiti tacciò di miscredenza l’Imam ‘Ali (A), il quale avrebbe voluto finire la battaglia ormai vinta senza nessun arbitrio.

In seguito i kharajiti si organizzarono militarmente a Nahrawan per combattere contro l’Imam ‘Ali (A). Quest’ultimo, però, si mosse immediatamente contro di loro impedendo ogni possibile rivolta.

Fu proprio un kharijita, Ibn Muljam, che colpì al collo l’Imam ‘Ali (A) con la sua spada mentre era in prostrazione durante la preghiera del mattino nella moschea di Kufa. Per due giorni l’Imam ‘Ali (A) rimase agonizzante nel suo letto di morte, e così lasciò questo mondo il 21 del mese di Ramadhan dell’anno 40 dopo l’Egira. I suoi figli, al-Hasan (A) e al-Husayn (A) lo seppellirono, in un luogo nascosto, affinché nessuno potesse dissacrare il suo luogo di sepoltura o mancargli ancora di rispetto. La sua tomba venne ritrovata durante il periodo dell’Imam as-Sadiq (A) proprio in accordo a quanto dichiarò quest’ultimo.

 

Fatima az-Zahra (A)


Esiste una divergenza di opinioni riguardo alla data di nascita di Fatima (A) detta anche az-Zahra (la splendente). Alcuni storici affermano che ella sia nata il quinto anno prima della profezia mentre altri dicono cinque anni dopo. E’ comunque abbastanza probabile che ella sia nata il 20 di Jumada al-Thani del quinto anno dopo l’inizio della profezia.

Fino all’età di cinque anni, ella godette dell’amore e della tutela sia del padre che della madre. Ben presto, però, sua madre Khadijah morì e lei venne affidata a Fatima bint Asad, Safiyyah bin ‘Abd al-Muttalib e Umm Hani, tutte donne che si presero cura della piccola figlia dell’Inviato d’Iddio (S). Si narra che venne chiesto ad Umm Salmah di preoccuparsi dell’educazione di Fatima az-Zahra (A), ma ella rifiutò dicendo che era lei a dover imparare da Fatima (A).

Fatima (A) si prese sempre molta cura di suo padre, aiutandolo a curarsi le ferite causategli dalle pietre lanciate in segno di disprezzo dai politeisti, o da quelle avute durante la battaglia di Uhud, ed è per questo motivo che essa è nota anche come “madre di suo padre” (umm abiha).

Ella si sposò con l’Imam ‘Ali (A) nell’anno 1 dell’Egira. Non appena giunse all’età del matrimonio, vari compagni del Profeta (S) gli chiesero la mano ma l’Inviato d’Iddio (S) rifiutò sempre fino a che non giunse l’occasione propizia ossia quella di sposare ‘Ali (A). Quando l’Imam ‘Ali (A) chiese la mano di Fatima (A), l’Inviato d’Iddio (S) si recò da lei per annunciarle la proposta di matrimonio ed essa rimase in silenzio. A quel punto suo padre lodò e ringraziò Iddio poiché ben sapeva che quel silenzio altro non era che una manifestazione dell’estremo pudore e della modestia di sua figlia, che significava l’accettazione della proposta.

Nell’anno 2 dopo l’Egira, Fatima (A) partorì l’Imam al-Hasan (A) e, l’anno seguente, partorì invece l’Imam al-Husayn (A). Nell’anno 5 dopo l’Egira, invece, da lei nacque la nobile Zaynab, e nell’anno 7 Umm Khultum.

Fatima az-Zahra (A) era solita occuparsi della casa di persona, di cucinare e di educare i figli, senza chiedere l’aiuto di suo marito. Comunque, una volta, a motivo del duro lavoro che compiva quotidianamente, chiese a suo padre una serva. L’Inviato d’Iddio (S), però, gli donò un regalo molto più prezioso, che l’avrebbe aiutata non solo in questa vita ma anche in quella futura. Egli le disse di recitare, dopo ogni preghiera obbligatoria, trentaquattro volte “Allahu Akbar”, trentatre volte “al-hamdulillah” e trentatrevolte “subhanallah”. In seguito, ella si costruirà un rosario personale con trentaquattro perle onde tenere il conto durante il tasbih, con della terra raccolta nei pressi della tomba di Hamzah ibn ‘Abd al-Muttalib, lo zio del Profeta (S) martirizzato nel corso della battaglia di Uhud.

Una delle sue abitudini, era quella di attendere che suo marito e i suoi figli avessero quasi finito di mangiare, prima che lei stessa iniziasse. Una volta, l’Imam ‘Ali (A) le chiese di prendere qualcosa da mangiare ed ella abbassò la testa in silenzio. Poi l’Imam uscì. Quando ritornò a casa trovò sua moglie in preghiera mentre si prostrava innanzi al suo Signore senza badare al cibo che avrebbe dovuto mangiare.

Col passare del tempo, Iddio concesse a Fatima (A) una serva: Fiddha. Questa si mostrò molto fedele a Fatima (A) e all’Ahl al-Bayt e memorizzò l’intero Corano. Una volta al-Hasan (A) e al-Husayn (A) si erano ammalati. L’Imam ‘Ali (A), Fatima (A) e Fiddha fecero un voto (nadhr) promettendo di digiunare per tre giorni se essi fossero guariti. Quando guarirono, l’Imam ‘Ali (A) si procurò dell’orzo e Fatima (A) ne fece cinque pagnotte per rompere il digiuno al tramonto. Quando si avvicinò il momento della rottura del digiuno, un povero uomo bussò alla loro porta chiedendo qualcosa da mangiare. Quindi ‘Ali (A), Fatima (A), al-Hasan e al-Husayn (A) gli diedero la loro razione di cibo e ruppero il digiuno soltanto con acqua. Il giorno seguente era il secondo giorno di digiuno e, la sera, un orfano bussò alla porta chiedendo da mangiare. Quindi ancora una volta diedero la propria razione di cibo rompendo il digiuno con acqua soltanto. La sera del terzo giorno di digiuno un prigioniero di guerra bussò alla porta ed essi offrirono nuovamente la loro razione di cibo. Per tre giorni consecutivi non mangiarono niente e sacrificarono sé stessi per amor d’Iddio.

Il codice di abbigliamento di Fatima (A) era molto modesto ed ella non badava ad adornare sé stessa o i suoi vestiti. Alcune tradizioni addirittura affermano che una volta comprò due braccialetti d’argento, una collana, due orecchini e una tenda nuova da mettere alla porta di casa. Quando poi l’Inviato d’Iddio (S) le fece visita rimase in silenzio ed ella capì immediatamente di dover donare in carità ciò che aveva comprato. L’Inviato d’Iddio (S), sorridendo, disse che ella fece proprio quello che lui stesso avrebbe voluto.

Quando una delegazione di cristiani di Najran, una città dello Yemen, giunse dall’Inviato d’Iddio (S) per verificare la veridicità del messaggio divino, ed insistettero polemizzando, il nobile Profeta (S) li invitò ad un’ordalia e, dopo che le due parti ebbero accettato, egli uscì avvolto nel mantello assieme ad ‘Ali (A), Fatima (A), al-Hasan (A) e al-Husayn (A). A quel punto, i cristiani di Najran, temendo che la maledizione potesse cadere su di loro, non furono più favorevoli all’ordalia e se ne andarono.

Durante l’anno 11 dell’Egira, l’Inviato d’Iddio (S) lasciò questo mondo e le redini del califfato vennero prese dalla fazione di Abu Bakr nonostante l’Imam ‘Ali (A) fosse già stato nominato come legittimo successore del Profeta (S). Questa cosa fece patire moltissimo Fatima (A), la quale già soffriva a motivo della morte del padre. Inizialmente l’Imam ‘Ali (A), Fatima (A) e i loro sciiti non giurarono fedeltà al nuovo califfo.

Nel frattempo Abu Bakr aveva confiscato a Fatima (A) la terra di Fadak, una proprietà terriera che le aveva donato suo padre. Questo significava oltretutto limitare gli apporti alimentari e finanziari per l’Ahl al-Bayt. Fatima (A) più volte tentò di convincere Abu Bakr a non calpestare i suoi diritti ma Abu Bakr sosteneva che l’Inviato d’Iddio (S) aveva detto che i profeti non lasciano niente in eredità. Un dono, però, non rientra affatto nella categoria di eredità, ma Abu Bakr non volle riconoscere questo fatto. Storicamente, Fadak ritornò nelle mani dell’Ahl al-Bayt soltanto durante il califfato di ‘Umar ibn ‘Abd al-‘Aziz.

La fazione di Abu Bakr, ormai sentendosi minacciata dai sostenitori di ‘Ali (A), fece un’incursione presso la casa di Fatima (A), cercando di impedire che ‘Ali (A) ed i suoi sciiti, che si erano riuniti, si potessero organizzare. Fatima (A), straziata dal dolore, perse la vita poco dopo quell’incidente. Durante la preghiera funebre erano presenti ‘Ammar ibn Yasir, Miqdad ibn al-Aswad, ‘Aqil ibn Abi Talib, Zubayr ibn ‘Abd al-Muttalib, Abu Dharr al-Ghaffari, Salman al-Farsi, Buraydah e pochi altri membri dei Banu Hashim. Essa venne poi seppellita dall’Imam ‘Ali (A), l’Imam al-Hasan (A), l’Imam al-Husayn (A), Zaynab, Fiddha, ‘Asma bint ‘Umays e Umm Khultum, in un luogo nascosto per suo volere, affinché Abu Bakr e la sua fazione non venissero a sapere il luogo della sua sepoltura. Quando, il mattino seguente, la gente si riunì davanti la casa di ‘Ali (A) per attendere il funerale di sua moglie, l’Imam mandò Salman al-Farsi e Abu Dharr al-Ghaffari a far disperdere la gente e ad annunciare che Fatima (A) era già stata seppellita.


L’Imam al-Hasan (A)


L’Imam Hasan ibn ‘Ali (A), detto anche “al-Mujtaba” (l’eletto), nacque  il 15 del mese di Ramadhan dell’anno 3 dell’Egira. Questo fu evento di gioia nella famiglia di Muhammad (S) poiché i politeisti erano soliti deridere l’Inviato d’Iddio (S) dicendogli che non avrebbe avuto progenie. Comunque, quando venne rivelata la sura al-Kawthar, Iddio gli aveva promesso l’“abbondanza” che, in accordo a vari commentari coranici, viene identificata proprio in Fatima az-Zahra (A) dalla quale sarebbe nata la discendenza profetica. Ben presto, questa promessa divina vide realizzarsi con la nascita dell’Imam al-Hasan (A).

L’Imam Hasan (A) visse i suoi primi otto anni mentre l’Inviato d’Iddio (S) era ancora in vita. Il 28 di Safar dell’anno 11 dell’Egira, egli dovette sopportare il dolore causato dalla morte del Profeta (S). Dopo pochi mesi, anche sua madre morì. Egli rimase dunque in isolamento, lontano da ogni questione politica per venticinque anni assieme a suo padre.

L’Imam al-Hasan (A) possedeva una tolleranza così grande che anche i suoi nemici, come Marwan ibn al-Hakam, lo dovettero riconoscere. Egli inoltre, per almeno venti volte, si recò a fare il pellegrinaggio a Mecca a piedi nudi.

Durante il califfato dell’Imam ‘Ali (A) prese parte alle battaglie di Jamal, Siffin e Nahrawan. Poi, dopo il martirio di suo padre, l’Imam al-Hasan (A) divenne il nuovo califfo della Comunità Islamica. La sua nomina avvenne durante un suo discorso, subito dopo la morte del padre, dal pulpito della moschea di Kufa. Egli ricordò le qualità dell’Imam ‘Ali (A) piangendo e facendo piangere la folla. A quel punto ‘Abdullah ibn ‘Abbas si alzò in piedi e invitò le genti a nominare l’Imam al-Hasan (A) come nuovo califfo e tutti concordarono con entusiasmo e gli giurarono fedeltà.

Nel frattempo Mu’awiyah e ‘Amr ibn As avevano mandato le loro spie in Iraq per valutare bene la situazione. Tra esse, un uomo dei Banu Humayr a Kufa e uno dei Banu Salim in Basra vennero arrestati. Entrambi ammisero di essere stati inviati dallo Sham al fine di fornire informazioni segrete a Damasco. Di conseguenza, l’Imam al-Hasan (A) scrisse una lettera a Mu’awiyah e questi rispose. Successivamente, quando Mu’awiyah venne a sapere che la gente di Kufa era in disaccordo, si preparò ad attaccare l’Iraq.

Non appena l’Imam al-Hasan (A) venne a sapere dell’avanzata dell’esercito di Mu’awiyah, egli mosse un esercito di ottomila soldati contro Mu’awiyah sotto la guida di ‘Ubaydullah Ibn ‘Abbas. A questi era stato dato l’ordine di consultarsi sempre con Qays Ibn Sa’d il quale erea alla guida di altri quattromila uomini. ‘Ubaydullah iniziò la marcia ma quando Mu’awiyah venne informato del martirio di ‘Ali (A), arrivò a Mosal in diciotto giorni, ove le sue truppe si incontrarono con quelle dell’Imam al-Hasan (A).

Mu’awiyah mandò una notevole somma di denaro a Qays affinché tradisse l’Imam al-Hasan (A). Qays, poiché era un uomo forte e pio, rifiutò la proposta. Mu’awiyah, quindi, fece giungere la stessa somma a ‘Ubaydullah Ibn ‘Abbas il quale si unì a lui con i suoi ottomila soldati. Qays, con i suoi quattromila soldati, decise comunque di combattere fino alla fine ma Mu’awiyah mandò alcune spie nel campo dicendo che l’Imam al-Hasan (A) aveva stipulato una tregua con lui. In questo modo creò confusione nelle file a lui avverse e le fece disperdere.

Un gruppo di fanatici, senza informarsi della realtà dei fatti, attaccarono la tenda del’Imam al-Hasan (A), il quale fu costretto a fuggire. Durante la fuga, però, Jarrah ibn Qubaysah gli tese un agguato ferendolo gravemente. L’Imam, esausto, si rifugiò a Mada’in costretto a firmare l’armistizio con Mu’awiayh il quale, immediatamente, non perse tempo e si appropriò dell’intero Iraq.

Purtroppo soltanto un piccolo gruppo di sciiti era rimasto con l’Imam fino alla fine. Continuare il conflitto con questi pochi anche se valorosi fedeli sarebbe stata certamente una follia ed avrebbe portato ad una carneficina inutile.

Si ricordi inoltre che il patto stipulato tra l’Imam al-Hasan (A) e Mu’awiyah comprendeva alcune clausole che, nel caso fossero state rispettate da Mu’awiyah, avrebbero riportato un po’ di luce nella caotica situazione del tempo. In una parte del patto infatti si legge che Mu’awiyah non avrebbe dovuto nominare nessun successore dopo di lui e che nessun linguaggio abusivo nei confronti di ‘Ali (A) e dei suoi sciiti sarebbe stato ancora tollerato. Di fatto, però, nominò suo figlio Yazid come suo successore e continuò a promuovere la maledizione dell’Imam ‘Ali (A) dai pulpiti delle moschee.

Hujr ‘Adiy al-Kindi, un pio compagno del Profeta (S), mosse una rivolta contro Mu’awiyah ma venne tragicamente ucciso con i suoi uomini. Dopo quest’evento, alcune personalità di Kufa mandarono una lettera ad al-Husayn (A) affinché organizzasse lui stesso una seconda rivolta ma questi rifiutò.

A questo punto, l’Imam al-Hasan (A) avrebbe dovuto godere di una vita relativamente tranquilla fino alla fine dei suoi giorni ma così non fu. Ju’da bint Ash’ath ibn Qays era la moglie dell’Imam al-Hasan (A). Mu’awiyah le promise una somma di centomila dinari e suo figlio Yazid, futuro califfo, in sposo. In cambio essa avrebbe dovuto avvelenare l’Imam al-Hasan (A) e così fece.

Prima di inalare il suo ultimo respiro, il 28 di Safar dell’anno 50 dell’Egira, l’Imam al-Hasan (A) disse a suo fratello al-Husayn (A) di voler essere seppellito accanto all’Inviato d’Iddio (S) ma, se ciò avesse causato un inutile spargimento di sangue, avrebbero dovuto essere seppellito al cimitero di Baqi’. Sia ‘A’ishah che Marwan ibn al-Hakam si opposero alla sepoltura dell’Imam al-Hasan (A) vicino a quella dell’Inviato d’Iddio (S) e quindi venne seppellito, in accordo al suo volere, nel cimitero di Baqi’.


L’Imam Husayn (A)


L’Imam Husayn ibn ‘Ali (A), detto anche “Seyyed al-Shuhada” (il signore dei martiri), nacque il 3 di Sha’ban dell’anno 4 dell’Egira. Egli fu l’incarnazione umana di valori quali la nobiltà e la dignità. La sua generosità e i suoi atti di adorazione lo hanno reso la persona più amata dai suoi amici e odiata dai suoi nemici. Si narra che, a volte, quando l’Inviato d’Iddio (S) era in prostrazione, il piccolo al-Husayn (A) montava sulla sua schiena, ed egli rimaneva prostrato fino a che suo nipote non scendeva.

Dopo aver testimoniato in tenera età la morte dell’Inviato d’Iddio (S) e dopo aver preso parte alle battaglie di Jamal, Siffin e Nahrawan durante il califfato dell’Imam ‘Ali (A), l’Imam al-Husayn (A) assistette suo fratello al-Hasan (A) fino alla sua morte. Poi, egli pazientò fino alla fine dei giorni di Mu’awiyah. Quando venne a sapere che questi aveva eletto Yazid suo successore, non rispettando il patto stipulato con l’Imam al-Hasan (A), e considerando il fatto che Yazid non si preoccupasse minimamente, neanche ad un livello pubblico ed esteriore, del rispetto delle leggi della shari’ah, l’Imam Husayn (A) obiettò fermamente in nome della verità e della giustizia.

Ben presto, Yazid ottenne il giuramento di fedeltà da parte degli abitanti di varie zone nei territori Islamici. Quindi mandò una delegazione a Medina guidata da Walid ibn Utbah per costringere l’Imam al-Husayn (A) ad accettarlo come califfo. L’Imam, ovviamente, rifiutò. Quando decise di andare a fare il pellegrinaggio rituale a Mecca, apprese che i sicari di Yazid stessero programmando di ucciderlo. Questi, non volendo far spargere il suo sangue nella casa d’Iddio ove è proibito uccidere anche una formica, si mosse con la sua famiglia e poco più di settanta dei suoi sciiti verso l’Iraq, che era il luogo con il più alto numero di sciiti di quel tempo.

Nel frattempo, l’Imam al-Husayn (A) aveva da tempo stabilito contatti con vari gruppi sciiti in Iraq che lo invitarono ed erano disposti a combattere per lui. Per questo motivo aveva mandato suo cugino Muslim ibn ‘Aqil a verificare le circostanze a Kufa. In effetti, quando Muslim giunse a Kufa, ospitato dal fedele Hani, trovò un forte sostegno da parte della popolazione nei confronti della causa dell’Ahl al-Bayt e quindi scrisse all’Imam al-Husayn (A) invitandolo a raggiungerli presto.

Non appena Yazid seppe degli ultimi sviluppi a Kufa, mandò uno spietato emiro, ‘Ubaydullah ibn Ziyad, per contenere la situazione. Questi avviò una campagna repressiva contro tutti gli sciiti, la maggior parte dei quali iniziò a temere per la propria vita, e poi fece uccidere sia Muslim che Hani. Lungo il tragitto verso Kufa, l’Imam al-Husayn (A) venne a sapere della morte di Muslim e se ne addolorò moltissimo.

Quando l’Imam e i suoi fedelissimi sciiti giunsero a Dhu Hasam, mille uomini comandati da Hurr ibn Yazid al-Riyahi mandati da Yazid ostacolarono il tragitto dell’Imam al-Husayn (A). Comunque, la cavalleria e la gentilezza dell’Imam riposta anche nei confronti del proprio nemico e, soprattutto, la fede sino ad allora celata nel cuore di Hurr, lo spinsero a far ritirare il suo esercito e ad unirsi all’Imam.

Quando l’Imam al-Husayn (A) e i suoi sciiti giunsero alla piana di Karbala, capì che era giunto il momento di fermarsi. Infatti ‘Ubaydullah ibn Ziyad aveva mandato ‘Umar ibn Sa’d e i suoi uomini ad ucciderlo. Egli scelse ‘Umar ibn Sa’d perché l’uccisione del nipote dell’Inviato d’Iddio (S) non poteva essere compiuta da una persona poco nota alle masse, trattandosi di un atto altamente sconvolgente per l’intera Comunità Islamica. Quindi, egli scelse il figlio di un noto compagno del Profeta (S), nonché il conquistatore della Persia, Sa’d ibn Abi Waqqas.

La mattina del 10 di Muharram dell’anno 61 dell’Egira, migliaia di soldati guidati da ‘Umar ibn Sa’d attaccarono l’Imam al-Husayn (A) e i suoi settantadue sciiti i quali non aspettavano altro che il martirio.

Il primo martire fu proprio Hurr ibn Yazid e fu seguito da Wahab ibn Janah al-Kalbi e Muslim ibn Awsajah. Gli sciiti dell’Imam al-Husayn (A), pur combattendo valorosamente, vennero martirizzati tutti, uno dopo l’altro. Poi fu il turno dei membri dei Banu Hashim. Il primo fu ‘Ali Akbar il quale venne seguito da Qasim, il valoroso figlio dell’Imam al-Hasan (A), e dagli altri membri della famiglia fino al portatore dello stendardo dell’Islam: ‘Abbas ibn ‘Ali.

Fuori dal campo di battaglia, gli uomini di ‘Umar ibn Sa’d avevano bloccato l’accesso all’acqua. Fu così che ‘Abbas decise di intraprendere un’incursione con una brocca per procurarsi dell’acqua per dissetare perlomeno le donne e i bambini. Riuscì nell’operazione e, trovandosi davanti all’acqua, riempì la brocca e tornò indietro, rinunciando a bere lui stesso. Non riuscì però a tornare nell’accampamento e raggiunse il martirio.

Prima che l’Imam al-Husayn (A) entrasse nel campo di battaglia, prese per l’ultima volta suo figlio ‘Ali ‘Asghar ma una freccia lanciata da Harmalah ibn al-Kahil colpì il neonato alla gola. L’Imam, quindi, combatté fino all’ultimo respiro fino a che non venne ucciso mentre Shimr, non soddisfatto, gli tagliò la testa.

L’unico superstite, all’infuori delle donne e i bambini, fu l’Imam as-Sajjad (A), il quale era molto ammalato e non si poteva muovere per combattere. Egli, assieme alla sua famiglia guidata da Zaynab, che gli faceva le veci durante la malattia, venne fatto prigioniero e portato prima a Kufa e poi nello Sham davanti alla corte di Yazid. Incatenati, durante il viaggio e il loro ingresso a Damasco, vennero particolarmente umiliati e trattati come un trofeo.

E’ risaputo che l’Imam al-Husayn (A) sapesse sin dall’inizio di andare incontro al martirio. Per questo motivo egli ricordava sempre a chi era con lui di potersene andare poiché era ben cosciente di stare andando incontro alla morte. Egli però, con questo suo sacrificio, ha salvato l’autentica religione divina dell’Islam che altrimenti sarebbe stata perduta con il passare degli anni. Infatti, nessuna penna è mai stata in grado di scrivere una pagina di storia, con un messaggio perenne, chiaro e preciso, come quella scritta dal sangue del signore dei martiri, l’Imam al-Husayn (A), la cui tomba si trova tutt’oggi a Karbala.


L’Imam as-Sajjad (A)


L’Imam ‘Ali ibn Husayn (A), detto anche “as-Sajjad” (colui che si prosterna) o “Zayn al-‘Abidin” (ornamento dei devoti), nacque il 15 di Jumad al-Thani dell’anno 38 dell’Egira e quindi durante il califfato dell’Imam ‘Ali (A). Sua madre era Shahr Banu, figlia dell’ultimo re della Persia Yazdigard.

Dopo il massacro di Karbala, Zaynab si scagliò veementemente davanti alla corte di Yazid a Damasco contro gli oppressori e i tiranni dei Banu ‘Ummayyah. Poi fu il turno del sermone dell’Imam as-Sajjad (A). Zaynab morì poco dopo. L’Imam as-Sajjad (A), invece, tornò a Medina anche se sotto stretta sorveglianza da parte delle autorità degli Ommaiadi. Fu proprio in questo periodo che l’Imam as-Sajjad (A) scrisse il “Sahifah as-Sajjadiyyah”, un’opera contenente invocazioni e suppliche religiose. In questo modo egli adottò una via di comunicazione con le genti che nessuna forza mondana avrebbe potuto ostruire. I contenuti racchiusi in questa raccolta sono eloquenti e profondi, in ispecie riguardo al rapporto tra il Creatore e le Sue creature.

Nel frattempo stavano emergendo alcuni gruppi ostili all’autorità degli Ommaiadi come conseguenza dell’uccisione del nipote dell’Inviato d’Iddio (S). Uno di questi fu il movimento dei “tawwabun (i penitenti) guidato dal compagno del Profeta (S) Sulayman ibn Surad il quale, a motivo di un forte zelo ideologico-religioso ma privo di pragmatismo, venne presto sconfitto. Soltanto quattromila tawwabun marciarono verso lo Sham per affrontare trentamila soldati dell’esercito Ommaiade. Dopo tre giorni di battaglia, essi vennero sconfitti e uccisi.

Più minaccioso fu certamente il movimento di Mukhtar ibn ‘Ubaydah al-Thaqafi, il quale venne assistito dal comandante Ibrahim al-Ashtar. Questi cercò di ottenere senza successo l’autorizzazione a combattere in nome dell’Imam as-Sajjad (A); ciò sarebbe stata, senza dubbio, una mossa poco astuta considerando che l’Imam era sotto stretta sorveglianza degli Ommaiadi. Fu così che Mukhtar organizzò un colloquio con Muhammad ibn al-Hanafiyyah, uno dei figli dell’Imam ‘Ali (A) per valutare bene la situazione. Alla fine, Muhammad ibn Hanafiyyah diede il suo anello a Mukhtar, che quest’ultimo mostrò sempre come prova della sua lotta in nome dell’Ahl al-Bayt e di Muhammad ibn al-Hanafiyyah in particolare. Mukhtar ottenne notevoli successi in campo militare e riuscì a conquistare, per un breve periodo, la regione di Basra. Degno di nota è il fatto che egli uccise ‘Ubaydullah ibn Ziyad, ‘Umar ibn Sa’d e Shimr e consegnò le loro teste all’Imam as-Sajjad (A), il quale gli sorrise. Si narra che questa fu l’unica volta che l’Imam venne visto sorridere dopo il massacro di Karbala fino alla fine dei suoi giorni. Non troppo tempo più tardi, gli Ommaiadi riuscirono a recuperare Basra e ad uccidere Mukhtar e Ibrahim al-Ashtar.

Dato che altri gruppi e movimenti stavano sorgendo per protestare contro la politica della dinastia Ommaiade, questa fece affidamento su Hajjaj ibn Yusuf al-Thaqafi per stroncare ogni rivolta. L’Imam as-Sajjad (A), comunque, si tenne lontano, perlomeno pubblicamente, da ogni coinvolgimento politico e, nella segretezza, organizzava riunioni per ricordare il martirio dell’Imam al-Husayn (A) e il suo messaggio di verità e giustizia che doveva essere preservato per le generazioni future. Queste riunioni erano dei veri e propri momenti di lutto dove i partecipanti leggevano la storia dell’Imam al-Husayn (A) e piangevano per lui.

Per un breve periodo, il califfo degli Ommaiadi, ‘Abd al-Malik ibn Marwan, sospettando che l’Imam as-Sajjad (A) stesse organizzando una rivolta, lo fece trasferire a Damasco anche se, poi, lo fece tornare a Medina quasi subito, dopo tre giorni.

L’unico califfo degli Ommaiadi ad aver mostrato simpatia nei confronti dell’Ahl al-Bayt fu ‘Umar ibn ‘Abd al-‘Aziz, il quale interruppe la tradizione iniziata da Mu’awiyah di maledire l’Imam ‘Ali (A) dai puliti delle moschee. Non è un caso che il suo califfato durò solo due anni e che morì avvelenato. Si narra che una volta un uomo di nome Hisham ibn Isma’il si comportò molto insolentemente con l’Imam Sajjad (A). Quando il califfo ‘Umar ibn ‘Abd al-‘Aziz lo venne a sapere, scrisse una lettera all’Imam dicendo di voler punire Hisham. L’Imam gli disse comunque di non farlo, poiché egli non amava che una persona venisse punita per causa sua.

L’Imam as-Sajjad (A), seguendo l’esempio dell’Imam ‘Ali (A), passava di notte a mettere cibo e latte davanti alle porte delle case dei più poveri. Queste famiglie non seppero mai chi fosse il loro benefattore fino alla morte dell’Imam, quando, a causa della sua assenza, non ricevettero più i suoi doni.

Egli fu avvelenato il 25 di Muharram dell’anno 95 dell’Egira per ordine del califfo Walid ibn ‘Abd al-Malik poiché i sospetti degli Ommaiadi che egli fosse alla guida di un movimento clandestino non vennero mai meno.


L’Imam al-Baqir (A)


L’Imam Muhammad ibn ‘Ali (A), detto anche “al-Baqir” (oceano di conoscenza), nacque il 1 di Rajab dell’anno 57 dell’Egira ossia otto anni dopo il martirio dell’Imam al-Hasan (A). Quindi anch’egli fu presente durante il tragico episodio di Karbala, quando aveva ancora tre anni. Sua madre era Fatima bint al-Hasan, la figlia dell’Imam al-Hasan (A).

Durante il periodo della sua crescita, l’Imam al-Baqir (A) osservò suo padre dedicarsi totalmente a Iddio, isolato dal mondo esterno, mentre piangeva moltissimo durante i suoi atti di adorazione. Questo impatto fu sicuramente assai significativo per lo sviluppo spirituale e la costituzione interiore dell’Imam. Inoltre egli mantenne viva la tradizione del padre di commemorare il martirio dell’Imam al-Husayn (A) per mantenere vivo il suo messaggio.

Al fine di trasmettere la conoscenza dell’Ahl al-Bayt, egli diede vita ad una vera e propria scuola. Si narra che i suoi discepoli fossero tra i più sapienti del loro tempo tra cui Zurarah, Muhamamd ibn Muslim e Aban ibn Taghlib. Anche Abu Hamzah al-Thumali, un intimo discepolo dell’Imam as-Sajjad (A), divenne un suo studente. I suoi discepoli raccontano che la lingua dell’Imam era sempre in movimento e, riponendo la dovuta attenzione su di essa e su quello che pronunciava, si realizzava che egli recitasse in continuazione la formula “la ilaha illa Allah” (non c’è dio all’infuori d’Iddio).

In accordo ad alcune tradizioni fu proprio l’Imam al-Baqir (A) ad esortare ‘Umar ibn ‘Abd al-‘Aziz a restituire Fadak ai membri dell’Ahl al-Bayt. Un giorno egli lo vide piangere e, quando gli chiese il motivo di tale pianto, il califfo rispose di sentirsi in colpa per le ingiustizie commesse dai suoi predecessori. Fu in quel momento che gli consigliò di far ritornare Fadak ai loro legittimi proprietari, e così fece.

Subito dopo la morte di ‘Umar ibn ‘Abd al-‘Aziz, non appena Hisham ibn ‘Abd al-Malik gli successe al trono, Zayd ibn ‘Ali, il figlio dell’Imam as-Sajjad (A), si rivoltò contro l’autorità Ommaiade. Egli riuscì a riunire in un unico movimento sia alcuni gruppi sciiti che altri sunniti non contenti della politica degli Ommaiadi. Poco prima della sua rivolta, tra le file da combattimento, gli fu chiesto da alcuni suoi miliziani appartenenti a scuole sunnite cosa pensasse riguardo ad Abu Bakr e ‘Umar. Ovviamente, si trattava del momento meno opportuno per creare divisioni ed affermò quindi parole di ammirazione nei loro confronti. Purtroppo, però, anche questa rivolta venne stroncata, Zayd venne impalato e mostrato alle genti come monito per chi volesse ancora ribellarsi, poi il suo corpo venne bruciato e le sue ceneri gettate nell’Eufrate. Quando la notizia del martirio di Zayd giunse all’Imam as-Sadiq (A), il figlio dell’Imam al-Baqir (A), questi donò mille dinari da dividere tra le famiglie dei martiri che combatterono con Zayd.

Ad un certo punto Hisham ibn ‘Abd al-Malik decise di condannare a morte Jabir ibn Yazid al-Ju’fi, uno dei discepoli dell’Imam al-Baqir (A). La sua, infatti, era una campagna di intimidazione contro tutti i seguaci della scuola dell’Ahl al-Bayt. Date le circostanze, l’Imam al-Baqir (A) disse Jabir di fingersi pazzo al fine di salvarsi la vita. Jabir così fece, fingendosi pazzo per il resto dei suoi giorni, senza che venisse condannato a morte poiché un pazzo non poteva in nessun modo essere considerato un ribelle.

La scuola dell’Imam al-Baqir (A) guadagnò sempre più prestigio e ciò, indirettamente, iniziò a rappresentare un vero e proprio pericolo da non sottovalutare per gli Ommaiadi. Fu così che alcuni sicari misero del veleno sulla sua sella da cavallo e, quando vi montò, tutto il suo corpo ne venne afflitto. Egli soffrì in questo stato per alcuni giorni fino al 7 di Dhul-hijjah dell’anno 114 dell’Egira. Egli venne seppellito nel cimitero di Baqi’, accanto all’Imam al-Hasan (A).


L’Imam as-Sadiq (A)


L’Imam Ja’far ibn Muhammad (A), detto anche “as-Sadiq” (il verace), nacque il 17 di Rabi’ al-Awwal dell’anno 83 dell’Egira, in occasione dell’anniversario della nascita dell’Inviato d’Iddio (S). Sua madre era Umm Farwah, figlia di Qasim, a sua volta figlio di Muhammad ibn Abu Bakr. Muhammad ibn Abu Bakr fu il figlio del primo califfo Abu Bakr ma venne adottato dall’Imam ‘Ali (A) poiché Abu Bakr divorziò da sua moglie la quale si sposò poi con ‘Ali (A). In seguito Muhammad ibn Abu Bakr diventò uno dei più fedeli sciiti dell’Imam ‘Ali (A).

Dopo il martirio di Zayd, suo figlio Yahya ibn Zayd cercò di continuare la sua rivolta facendo nuovi proseliti ma anch’egli raggiunse il martirio sulle orme del padre. Intanto, un altro movimento clandestino stava crescendo sempre di più il cui slogan era “ar-Ridha li-Ali Muhammad” (soddisfazione per la famiglia di Muhammad). Con uno slogan così generale, senza la citazione di un nome specifico, il movimento fu in grado di attrarre la gran parte dei gruppi di opposizione al regime degli Ommaiadi.

In realtà alla guida di questo movimento si celava Muhammad ibn ‘Ali ibn ‘Abdullah ibn ‘Abbas, un discendente di ‘Abdullah ibn ‘Abbas che mandava i suoi agenti sparsi in tutta la Persia per fare proselitismo. La Persia, e in ispecie il Khorasan, era infatti la terra in cui migrava la maggior parte degli oppositori anti-Ommaiadi ed era divenuta quindi un centro di ritrovo e di informazione per i potenziali ribelli. Non appena il califfato degli Ommaiadi si rese conto della situazione che vigeva in Persia, riuscì a risalire alla famiglia Abbasside la quale, allarmata, dovette cercare rifugio in Iraq dove venne ospitata da Abu Salmah al-Khallal.

Abu Salmah al-Khallal da tempo aveva aderito alla lotta per “ar-Ridha li-Ali Muhammad” e manteneva stretti legami con il comandante Abu Muslim al-Khurasani, il quale, con il suo esercito e il sostegno popolare, riuscì nell’impresa di sconfiggere gli Ommaiadi, i cui superstiti emigrarono nella Spagna del sud. A questo punto, Abu Salmah al-Khallal, in accordo con Abu Muslim al-Khorasani, mandò una lettera a tutte le prominenti figure tra i discendenti della famiglia del Profeta (S) ivi incluso l’Imam as-Sadiq (A). L’Imam as-Sadiq (A), comunque, rifiutò l’offerta di diventare califfo e rinunciò all’incarico sin da principio. Infatti vi erano troppi contendenti malvagi e con molto potere che, nella pratica, non avrebbero lasciato alcuna voce all’Imam. In definitiva, non c’erano le condizioni per unirsi ad un gruppo di malvagi. Fu così che, infine, la scelta cadde su Abu al-‘Abbas al-Saffah della dinastia degli Abbassidi mentre Abu Salmah al-Khallal e Abu Muslim al-Khorasani divennero dei suoi agenti a tutti gli effetti.

Intanto, l’Imam as-Sadiq (A) preferì concentrarsi sullo sviluppo della scuola iniziata da suo padre e ben quattromila studenti vi si unirono. In tale circolo sapienziale la conoscenza imamita venne per la prima volta insegnata senza pressioni da parte degli Ommaiadi mentre le commemorazioni del martirio dell’Imam al-Husayn (A) iniziavano, lentamente, ad uscire allo scoperto. Oltre alle scienze religiose, l’Imam as-Sadiq (A) insegnava ad alcuni studenti la matematica, la medicina, l’astronomia ed altre materie ancora. Degno di nota è che Jabir ibn Hayyan, il famoso pioniere della fisica del suo tempo, fu un suo discepolo.

Per quanto concerne l’attività politica, con l’Imam as-Sadiq (A) si assiste ad un consolidamento del movimento clandestino sciita. Nonostante fino ad allora tale movimento dimostrò di essere non troppo organizzato, durante il periodo del sesto Imam le cose cambiarono e fu creata una vera e propria rete che lavorava per lui.

Abu al-‘Abbas al-Saffah morì nell’anno 136 dell’Egira lasciando il posto ad Abu Ja’far al-Mansur. Al-Mansur, ben cosciente del potenziale pericolo sciita, si mostrò estremamente ostile nei confronti dell’Ahl al-Bayt e di tutti i seyyed (discendenti del Profeta) e degli sciiti in generale. P Per esempio, egli fece murare vivo Muhammad ibn Ibrahim e fece uccidere a sangue freddo Mu’alla ibn Khunays. Tali persecuzioni scaturirono la reazione di Muhammad ibn ‘Abdullah, detto “nafs al-zakiyyah” (anima pura), il quale si sollevò contro gli Abbassidi ma venne sconfitto e martirizzato e la sua testa fu mandata al padre che si trovava proprio nelle prigioni sotterranee degli Abbassidi.

Purtroppo, anche tra gli sciiti stessi, iniziarono a presentarsi problemi e discordie. Uno dei figli dell’Imam as-Sadiq (A), Isma’il, era molto pio al punto tale che una parte dei seguaci di as-Sadiq (A), sobillati dal figlio stesso di Isma’il, ossia Muhammad ibn Isma’il, credettero che egli fosse il successore dell’Imam. Tale nozione è però errata poiché l’Imam as-Sadiq (A) rifiutò tale credenza e, come se non bastasse, Isma’il morì prima di lui. Un’altra corrente giunse con Abu al-Khattab il quale pretese di essere un’incarnazione divina ma venne maledetto dall’Imam as-Sadiq (A). Egli comunque, in accordo alla sua teoria secondo la quale l’Imam non poteva rivelare i segreti ai non iniziati, ottenne un notevole successo tra alcuni gruppi di individui.

L’Imam as-Sadiq (A) scrisse una dichiarazione ove si diceva che il suo successore sarebbe stato una delle seguenti cinque figure: al-Mansur, Muhammad ibn Sulayman (l’emiro di Medina), Musa al-Kadhim, ‘Abdullah al-Aftah o sua moglie Hamidah Khatun. Egli fece ciò, affinché il vero successore non potesse essere individuato dai Banu ‘Abbas e, quindi, ucciso prima di diventare Imam. Per gli sciiti era abbastanza chiaro che il successore sarebbe stato Musa al-Kadhim (A) o ‘Abdullah al-Aftah.

Due discepoli dell’Imam as-Sadiq (A), Mu’min Taq e Hisham ibn Salim, decisero di mettere alla prova i due figli dell’Imam. ‘Abdullah al-Aftah non seppe rispondere alla una domanda fattagli inerente alla giurisprudenza Islamica mentre Musa al-Kadhim (A) rispose in maniera corretta. Purtroppo alcuni sciiti decisero comunque di seguire ‘Abdullah al-Aftah, perchè di età maggiore, anche se questi morì pochi giorni dopo la morte di suo padre.

Al-Mansur, intanto, doveva fare qualcosa per fermare la crescente popolarità della scuola dell’Imam as-Sadiq (A) la quale aveva raggiunto una notorietà da non sottovalutare. Fu così che all’Imam venne dato un grappolo d’uva avvelenato ed eglì morì il 15 di Shawwal dell’anno 148 dell’Egira. Fu seppellito a Medina nel cimitero di Baqi’.


L’Imam al-Kadhim (A)


L’Imam Musa ibn Ja’far (A), detto anche “al-Kadhim” (colui che sopprime la propria rabbia), nacque il 7 di Safar dell’anno 128 dell’Egira. Sua madre si chiamava Hamida ed era una schiava di origine berbera. Egli fu il maschio terzogenito della sua famiglia: il primo fu Isma’il e il secondo ‘Abdullah al-Aftah. Ciò dimostra che l’imamato si basa sull’integrità morale e religiosa e non necessariamente sulla prima discendenza di sangue.

Il califfo al-Mahdi fu il successore di al-Mansur nella dinastia Abbasside. Questi, inizialmente, non si mostrò ostile nei confronti dell’Imam al-Kadhim (A), nonostante stesse continuando la persecuzione dei seyyed perché “potenzialmente pericolosi”. Nell’anno 164 dell’Egira, al-Mahdi comprese la grande notorietà dell’Imam Musa tra le masse popolari di Medina e per questo motivo decise di portarlo prigioniero a Baghdad. Nel frattempo Baghdad era diventata la nuova capitale dei territori Islamici. Dopo un anno, però, il califfo Abbasside lo lasciò andare a Medina. Il successore di al-Mahdi fu al-Hadi il quale governò per soli tredici mesi. Dopo, nell’anno 170 dell’Egira, fu la volta di Harun al-Rashid che si dimostrò essere estremamente spietato contro i seyyed e gli sciiti.

Al contempo giunse la rivolta anti-Abbasside di Yahya ibn ‘Abdullah ibn Hasan che venne presto placata con la conseguente uccisione di Yahya. Questa rivolta intensificò l’odio di Harun al-Rashid nei confronti dell’Imam al-Kadhim (A) nonostante l’Imam non solo non avesse avuto niente a che fare con quella rivolta, ma avesse anche consigliato a Yahya di non realizzarla.

Intanto ‘Ali ibn Isma’il, il figlio di Isma’il ibn Ja’far, ossia uno dei nipoti del sesto Imam, aveva fatto proseliti dichiarandosi, anche se non pubblicamente, il successore di suo padre. Al contempo, comunque, egli aveva formalmente accettato l’autorità dell’Imam al-Kadhim (A).

‘Ali ibn Isma’il, dopo esser stato contattato dal primo ministro di Harun al-Rashid, Yahya ibn Khalid al-Barmaki, credette di aver trovato l’occasione per la sua ascesa al potere e quindi si accinse ad incontrare Harun al-Rashid. Quindi egli disse all’Imam al-Kadhim (A) di volere andare a Baghdad perché aveva molti debiti da pagare e, nella capitale, avrebbe avuto dei buoni guadagni. L’Imam sapeva già quali fossero le intenzioni di ‘Ali ibn Isma’il e quindi gli disse ch’egli non aveva bisogno di andare a Baghdad poiché sarebbe stato lui stesso a pagargli tutti i suoi debiti. Comunque, ‘Ali ibn Isma’il non lo ascoltò e decise di recarsi nella capitale. Prima di partire, fece visita all’Imam chiedendogli qualche consiglio ma egli prima tacque e poi lo esortò a non diventare una causa della sua morte.

Quando ‘Ali ibn Isma’il giunse a Baghdad, si incontrò con Harun al-Rashid. Egli disse al califfo di non aver mai visto uno Stato governato da due sovrani e che Harun stava governando a Baghdad mentre l’Imam al-Kadhim (A) stava governando a Medina. Harun al-Rashid fu molto contento delle informazioni ricevute e ricompensò ‘Ali ibn Isma’il con un’ingente somma di denaro. Comunque, quella stessa notte, quest’ultimo fu vittima di un improvviso dolore al collo e morì.

Fu così che Harun al-Rashid si recò a Medina per arrestare l’Imam al-Kadhim (A). Non trovandolo a casa, i suoi uomini lo cercarono nei pressi della tomba dell’Inviato d’Iddio (S) ove lo colsero mentre era assorto in uno stato di adorazione dell’Altissimo. Al fine di confondere chi avrebbe potuto tentare un agguato per liberare l’Imam, Harun al-Rashid mandò una pattuglia, che conduceva l’Imam, verso Basra e un’altra pattuglia, senza Imam, verso Baghdad.

Il governante di Basra di quel tempo era ‘Isa ibn Ja’far. Ivi, l’Imam venne imprigionato per un anno intero. Poi, ‘Isa ibn Ja’far iniziò a chiedersi il motivo di tanta precauzione nei suoi confronti e iniziò a spiarlo. Nel notare l’integrità morale della sua condotta e la sua elevata religiosità, ‘Isa confidò a suo cugino il suo stupore. A quel punto Harun al-Rashid si insospettì anche nei confronti di suo cugino e fece trasferire l’Imam a Baghdad sotto alla custodia di Fadhl ibn Rabi’. Quando poi sospettò di Fadhl ibn Rabi’ il quale avrebbe potuto avere una  qualche lontana tendenza sciita, lo pose sotto alla custodia di Yahya ibn Khalid al-Barmaki.

Infine l’Imam venne imprigionato sotto alla custodia del perfido Sindi ibn Shahik. Poi fu avvelenato e morì il 25 di Rajab dell’anno 183 dell’Egira. Egli venne seppellito in un sobborgo di Baghdad che prenderà il nome di “Kadhimiyyah”.


L’Imam ar-Ridha (A)


L’Imam ‘Ali ibn Musa (A), detto anche “ar-Ridha” (colui che è soddisfatto), nacque il 11 di Dhu al-qadha dell’anno 148 dell’Egira. Suo nonno, l’Imam as-Sadiq (A), morì un mese prima della sua nascita. Sua madre era una schiava che si chiamava Umm al-Banin al-Tahirah nota anche come “Najma”.

Dopo il martirio dell’Imam al-Kadhim (A), Harun al-Rashid visse per altri dieci anni. Durante gli ultimi anni della sua vita, i suoi due figli, Amin e Ma’mun, si contendevano la successione del califfato. Amin era il primogenito di Zubaydah, la nipote di Abu Ja’far al-Mansur, e quindi aveva a sostegno l’élite degli arabi. Ma’mun, invece, era nato da una schiava persiana e, di conseguenza, tutta la nobiltà persiana gli era favorevole. Harun al-Rashid, prima di morire, conferì le terre arabe a Amin e la Persia a Ma’mun. Comunque, dopo la morte del padre, i due figli iniziarono una guerra civile che durò per ben quattro anni e, infine, Ma’mun ne uscì vincitore divenendo il nuovo califfo.

Dopo l’uccisione di Amin, Ma’mun doveva conquistarsi sia la fiducia degli arabi che controllare le masse del Khorasan, zona che sin dal tempo degli Ommaiadi era stata il rifugio dei simpatizzanti dell’Ahl al-Bayt. Egli decise quindi di dare sua sorella Umm Habiba in sposa all’Imam ar-Ridha (A). Inoltre egli decise di nominarlo come suo futuro successore. Nonostante l’Imam – cosciente della malvagità di Ma’mun – rifiutò inizialmente l’offerta, in seguito fu costretto ad accettarla per salvare la sua vita  e quella di molti dei suoi sciiti.

In realtà l’élite araba dei Banu ‘Abbas non fu molto contenta della decisione di Ma’mun di nominare come suo successore l’Imam ar-Ridha (A). D’altra parte, il neo-califfo Abbasside – trovandosi in mezzo a due fuochi – non ebbe altra scelta.

L’Imam ar-Ridha (A), lasciò quindi Medina, ivi incluso suo figlio Muhammad Taqi (A) che aveva soli cinque anni, e raggiunse Marw: la capitale del regno di Ma’mun. Fu proprio a Marw che l’Imam comprese definitivamente di non avere altra scelta all’infuori dell’accettazione delle offerte di Ma’mun.

Per quanto concerne il suo viaggio, un dei suoi accompagnatori, Raja’ ibn al-Dhahhak, narra di averlo sentito recitare adhkar (pl. di dhikr, ricordo d’Iddio) in continuazione e di non aver mai incontrato nessuna persona più pia e timorata d’Iddio dell’Imam ar-Ridha (A).

La sapienza e la saggezza dell’Imam ar-Ridha (A) costrinsero Ma’mun a diffondere le scienze anche all’interno della sua corte. Egli invitò vari sapienti appartenenti a differenti branche religiose e scientifiche affinché potessero fermare, in qualche modo, la fama dell’Imam, ma nessuno di essi fu in grado di metterlo in difficoltà e questo, di fatto, aumentò la sua popolarità. La sua conoscenza, infatti, pareva non avere limiti.

Inoltre, nonostante la sua nomina ufficiale, egli non si lasciò mai trarre in inganno dalle lusinghe di questo mondo. Per esempio, invece di riempire la sua abitazione di tappeti e tessuti decorosi, egli si accontentava di avere un tappeto assai ruvido per l’inverno e uno di paglia per l’estate. Inoltre, prima di iniziare a mangiare, si assicurava sempre che tutti i membri della sua famiglia, ivi inclusi gli schiavi, avessero mangiato a sufficienza.

Il modesto stile di vita dell’Imam ar-Ridha (A) e la sua assoluta umiltà stavano attirando sempre di più il supporto delle masse popolari mentre il regime degli Abbassidi si sentiva sempre più minacciato dalla figura dell’Imam. Fu così che Ma’mun decise di far avvelenare l’Imam ar-Ridha (A). La causa del martirio dell’Imam fu un grappolo d’uva avvelenato che gli venne offerto ed egli morì il 17 di Safar dell’anno 203 dell’Egira. Dopo la sua morte, Ma’mun si finse dispiaciuto della perdita dell’Imam e lo fece seppellire vicino a suo padre Harun al-Rashid. Ben presto la città di Marw prese il nome di “Mashhad” che significa “luogo del martirio”.


L’Imam al-Jawad (A)


Muhammad ibn ‘Ali (A), detto anche “al-Taqi” (il timorato d’Iddio) o “al-Jawad” (il magnanimo), nacque il 10 di Rajab dell’anno 195 dell’Egira durante il periodo di governo di Amin a Baghdad. Sua madre si chiamava Sabikah ed era una schiava originaria della Nubia.

Il califfo Ma’mun, al fine di eliminare ogni sospetto che potesse farlo individuare come il mandante dell’omicidio dell’Imam ar-Ridha (A), cercò di mostrarsi incline all’Imam al-Jawad (A) all’occhio pubblico e gli promise in sposa sua figlia Umm Fadhl la quale, tra l’altro, era già promessa sposa ad un uomo di corte.

Varie personalità prominenti criticarono Ma’mun per aver promesso in sposa sua figlia all’Imam al-Jawad (A) che a quel tempo aveva soli nove anni. Ma’mun si giustificò dicendo che l’Imam, nonostante la sua giovanissima età, aveva ereditato tutta la conoscenza di suo padre. Fu così che egli organizzò un incontro pubblico con la massima autorità giuridica di Baghdad: Yahya ibn Akhtam. Ben novecento sapienti si erano riuniti assieme a molte altre importanti figure della classi sociali più ricche. Yahya ibn Akhtam, pensando che l’Imam non potesse essere al corrente delle questioni inerenti al Pellegrinaggio rituale (Hajj) data la sua giovane età, gli chiese quale fosse l’espiazione per chi avesse cacciato in stato di ihram (lo stato di consacrazione che si assume durante il Pellegrinaggio).

L’Imam al-Jawad (A), sorprendendo la folla di presenti, rispose molto sagacemente. Egli disse che la domanda di Yahya ibn Akhtam era assai vaga poiché egli avrebbe dovuto specificare se la preda fosse stata cacciata fuori dalla grande moschea o al suo interno, se il cacciatore era cosciente del peccato o se lo avesse compiuto per sbaglio, se egli fosse un uomo libero o uno schiavo, un adulto o un minorenne, se avesse commesso tale peccato in precedenza o se lo avesse commesso per la prima volta, se la preda fosse un uccello o un altro animale, se il peccatore avesse provato rimorso per il suo peccato oppure no, se avesse cacciato segretamente di notte oppure pubblicamente di giorno e se egli fosse in stato di ihram per l’hajj o l’ ‘umrah. L’Imam chiarì ogni minimo dettaglio davanti a tutti i presenti.

Dopo il suo matrimonio con Umm Fadhl, l’Imam al-Jawad (A) tornò a Medina, anche se saltuariamente veniva chiamato a Baghdad dalle autorità Abbassidi. L’Imam aveva adottato lo stesso umile stile di vita dei suoi padri, cosa abbastanza difficile da accettare per una principessa. Umm Fadhl, infatti, si recò varie volte da suo padre lamentandosi della mancanza di lusso nella sua vita. L’Imam, inoltre, decise di prendersi un’altra sposa, Sumana, affinché potesse continuare la discendenza degli Imam da una famiglia pura e lontana dal peccato. Umm Fadhl si lamentò anche di questo con suo padre ma egli gli rispose che non poteva proibire ciò che Iddio aveva reso lecito.

Le classi più povere e i sinceri studiosi delle scienze Islamiche amavano moltissimo l‘Imam al-Jawad (A) a motivo della sua generosità e del suo semplice stile di vita. Questo fattore continuava a preoccupare sempre di più il regime Abbasside. Ma’mun sperava che, presto o tardi, il giovane Imam si sarebbe lasciato attrarre dalla vita di corte poiché, nonostante la sua immensa conoscenza, non possedeva la stessa età ed esperienza del padre. Ciò però non avvenne.

Nello stesso tempo, un setta deviata di sciiti nota come “waqifiyyah”, la quale riteneva che l’imamato fosse terminato con l’Imam al-Kadhim (A) che si trovava adesso in stato di occultazione, ebbe varie discussioni con l’Imam al-Jawad (A). I loro capi rubarono molti soldi del khums che appartenevano all’Imam ar-Ridha (A). Già l’ottavo Imam riportò diversi membri della “waqifiyyah” a sostenerlo. Comunque fu l’Imam al-Jawad (A), attraverso la sua sapienza, ad indebolire definitivamente questa setta.

Ma’mun, dopo la sua morte, venne succeduto da Mu’taman, noto come “Mu’tasim billah”. Mu’tasim fu una delle figure contrarie al matrimonio dell’Imam al-Jawad (A) con Umm Fadhl. Durante questo periodo, Umm Fadhl intensificò le sue proteste riguardo alla sua insoddisfazione. Alla fine, Mu’tasim fece trasferire definitivamente l’Imam al-Jawad (A) a Baghdad, il quale fu costretto a lasciare il suo unico figlio ‘Ali (A) a Medina.

Il 29 di Dhu al-qa’dha dell’anno 220 dell’Egira, l’Imam al-Jawad (A) fu avvelenato dai sicari di Mu’tasim e venne poi seppellito accanto alla tomba dell’Imam al-Kadhim (A).


L’Imam al-Hadi (A)


L’Imam ‘Ali ibn Muhammad (A), detto anche “al-Hadi” (colui che guida) o “al-Naqi” (colui che è puro), nacque il 5 di Rajab dell’anno 214 dell’Egira. Il nome di sua madre era Sumana. Egli visse vicino a suo padre per soli sei anni, prima di venire trasferito definitivamente a Baghdad.

Quando morì il califfo Mu’tasim, l’Imam al-Hadi (A) era molto giovane. A lui successe il califfo “Wathiq billah” che morì nell’anno 236 dell’Egira. Poi fu la volta dello spietato al-Mutawakkil che morì nell’anno 250 dell’Egira. Dopo di lui, “Muntansir billah” assunse il califfato per sei mesi, poi al-Musta’in, al quale fu tagliata la testa nell’anno 253 dell’Egira, e poi “Mu’taz billah”, il cui regno segnò la fine dell’Imam al-Hadi (A). Sia al-Mu’tasim che Wathiq non fecero molta pressione sull’Imam il quale godette di relativa libertà durante il loro periodo. Il regno di al-Mutawakkil, comunque, rappresentò una nuova escalation di persecuzioni nei confronti dei seguaci dell’Ahl al-Bayt.

Il governante di Medina, ‘Abdullah ibn Hakim, infastidì personalmente l’Imam al-Hadi (A) e scrisse una lettera a Baghdad dove si diceva che i suoi seguaci erano di un numero così elevato che avrebbero potuto rovesciare il regime in qualsiasi momento lo avessero voluto. L’Imam (A), messo al corrente della politica di ‘Abdullah ibn Hakim, scrisse anch’egli ad al-Mutawakkil dicendogli che ‘Abdullah stava soltanto cercando di diffondere i suoi odi personali. Di conseguenza, al-Mutawakkil dismise il governo di ‘Abdullah ibn Hakim, ma mandò Yahya ibn Harthamah a Medina per invitare amichevolmente l’Imam a Baghdad per alcuni giorni. La lettera di al-Mutawakkil all’Imam al-Hadi (A) era molto rispettosa nei suoi confronti. L’Imam, comunque, ben sapeva cosa vi si celava dietro ma non potette rifiutare l’invito del califfo.

La scorta capitanata da Yahya ibn Harthamah condusse poi l’Imam a Samarra come se fosse un ospite gradito ma, di fatto, gli impediva il contatto con i suoi sciiti. Fu proprio per questo motivo che l’Imam, grazie ad alcuni infiltrati alla corte Abbasside, riuscì a mandare una lettera ad alcuni suoi fedelissimi ordinando loro di continuare a gestire la rete clandestina in maniera indipendente.

Inizialmente, la custodia dell’Imam venne affidata ad un uomo di nome Zurafah il quale, ben presto, venne attratto dalla sua attitudine e divenne un suo sciita. Egli fu quindi sostituito da un perfido uomo di nome Sa’id.

Fath ibn Khaqan, uno sciita che ottenne la posizione di ministro nella corte Abbasside, cercò di persuadere al-Mutawakkil a rilasciare l’Imam ma, purtroppo, non riuscì nel suo intento. Durante questo stesso periodo l’Imam al-Hadi (A) si tenne lontano da ogni coinvolgimento mondano, digiunava di giorno e pregava di notte. A volte alcuni uomini inviati dal califfo perquisivano la sua prigione con la pretesa di voler trovare le armi che egli nascondeva.

Oltre a tutto questo, l’Imam doveva sopportare le feste, non troppo distanti da ove risiedeva, che al-Mutawakkil frequentemente organizzava, ove le gente danzava e si ubriacava. Si narra che una volta, il califfo al-Mutawakkil lo fece chiamare per offrirgli un bicchiere di vino ma l’Imam rifiutò dicendo che i suoi padri non si erano mai macchiati di codesto peccato. Allora il califfo gli disse di cantare una canzone per lui ma l’Imam rispose di non conoscere affatto quell’arte. Al-Mutawakkil gli ordinò dunque di recitare una poesia. A quel punto, l’Imam improvvisò alcuni versetti davanti alla folla affermanti l’inevitabile e misero destino dei re tiranni che un giorno diventeranno cibo per vermi. Detto questo, all’Imam fu permesso di ritornare alla sua prigione.

Nel frattempo al-Mutawakkil aveva proibito alle genti di visitare la tomba dell’Imam ‘Ali (A) a Najaf e quella dell’Imam al-Husayn a Karbala (A). Egli inoltre ordinò di radere al suolo i loro mausolei. Molti amanti dell’Ahl al-Bayt continuarono a visitare questi luoghi sacri e vennero condannati a morte. Al-Muntasir, uno dei figli di al-Mutawakkil, ed il suo schiavo Baqir al-Rumi decisero di uccidere suo padre con un colpo di spada mentre dormiva. Dopo la sua morte, al-Muntasir ripristinò la liceità di visitare le tombe degli Imam a Najaf e Karbala. Anche il suo successore, al-Musta’in, pur tenendo sotto stretta sorveglianza l’Imam al-Hadi (A), non si mostrò estremamente ostile nei confronti dell’Ahl al-Bayt.

Nella sua prigione, l’Imam al-Hadi (A), aveva costruito una fossa vicino al suo tappeto che utilizzava per pregare. Quando gli fu chiesto cosa fosse, egli rispose che quella fossa assomigliava ad una tomba e lo aiutava a ricordarsi frequentemente della morte.

Il regime di al-Musta’in dovette testimoniare la rivolta di ‘Umar ibn Yahya ibn Zayd al-‘Alawi a Kufa, l’occupazione del Tabaristan da parte di Hasan ibn Zayd (detto anche “Da’i al-Haqq” o “colui che invita alla verità”) e la rivolta degli schiavi turchi nella stessa Samarra. Al-Musta’in si rifugiò a Baghdad ma venne ucciso da al-Mu’taz. Durante il regno di al-Mu’taz si aggiunse anche l’aggressione Bizantina che fece tremare non poco il regime Abbaside. L’Imam al-Hadi (A) non si unì a questa competizione per il potere e decise di rimanere in disparte. La sua fama di sapiente e la sua umiltà, comunque, rappresentavano pur sempre un potenziale pericolo per il sempre più precario regime Abbasside e al-Mu’taz decise di farlo avvelenare. Egli morì il 3 di Rajab dell’anno 254 dell’Egira. Venne seppellito a Samarra da suo figlio, l’Imam al-’Askari (A).


L’Imam al-’Askari (A)


L’Imam Hasan ibn ‘Ali (A), detto anche “al-‘Askari”, nacque il 10 di Rabi’ al-Thani dell’anno 232 dell’Egira. Sua madre era una schiava di nome Hudhaytha. Egli visse fino all’età di undici anni con suo padre a Medina e, in seguito, con lui si trasferì a Samarra. Visse tutta la sua vita in prigione o in libertà vigilata.

Il califfo Abbasside al-Mu’taz venne succeduto da al-Muhtadi ma, dopo poco più di undici mesi, il califfo al-Mu’tamad salì al trono. Tutti questi califfi ritennero necessario tenere imprigionato l’Imam non solo per timore dell’organizzazione segreta sciita ma anche a motivo di tutte quelle tradizioni profetiche che vedevano nel dodicesimo “emiro”, “califfo” o “Imam” il salvatore dell’umanità che avrebbe guidato e vinto la rivoluzione finale contro gli oppressori, ossia l’Imam atteso dagli sciiti.

Per questo motivo gli Abbassidi isolarono l’undicesimo Imam e lo misero sotto stretta sorveglianza. Nel frattempo i soldi del khums venivano gestiti direttamente dai rappresentanti degli Imam, in accordo alle direttive già fornite in precedenza dall’Imam al-Hadi (A). Era assai raro che uno sciita potesse avere accesso alla prigione di Samarra per poter comunicare con l’Imam al-‘Askari (A); ciò avveniva per lo più per risolvere questioni inerenti allo studio delle scienze Islamiche. Gli stessi rappresentanti dell’Imam vivevano in uno stato di continuo pericolo. Per esempio, ‘Uthman ibn Sa’id e suo figlio Muhammad ibn ‘Uthman aprirono un’impresa commerciale attraverso la quale vendevano oli ma che, in realtà, nascondeva una vera e propria attività clandestina sciita.

Nello stesso tempo, quando al-Mu’tamad chiedeva informazioni ai suoi uomini che facevano visita all’Imam, questi rispondevano che non faceva altro che ricordare Iddio con il continuo movimento della sua lingua, digiunare di giorno e pregare di notte. Questo era lo stesso periodo in cui emerse la celebre figura di Ishaq al-Kindi. Questi volle scrivere un libro sul sacro Corano ma l’Imam al-‘Askari (A), dopo una discussione avuta con alcuni suoi studenti che gli fecero visita, gli consigliò di non sprecare il suo tempo poiché partiva da presupposti sbagliati. In seguito a questo colloquio, al-Kindi deciderà di bruciare tutte le copie dove aveva preservato queste sue idee.

Una volta alcune autorità Abbassidi decisero di affidare la custodia dell’Imam al-‘Askari (A) a Salih ibn Wasif. Questi mandò due uomini crudeli per torturarlo ma, quando tornarono, notò che erano diventati degli uomini religiosi a motivo dell’influenza dell’Imam.

Si narra che l’Imam al-Hadi (A) ordinò al suo schiavo Bashar di partire per Baghdad, comprare una schiava che gli avrebbe descritto e portarla da lui. Dopo aver preso una lettera che avrebbe dovuto consegnare alla schiava, arrivò a Baghdad e notò una prigioniera bizantina che, senza timore alcuno, si rifiutava di vendersi come schiava ad ogni potenziale acquirente. Bashar consegnò la lettera a quella fanciulla la quale, dopo averla letta, si dichiarò disposta a farsi vendere come schiava. Il mercante non potette fare altro che assecondare i suoi desideri.

Questa donna coraggiosa si chiamava Narjis ed era dal suo lato materno una discendente di Simon Pietro. Ella apparteneva alla classe nobile bizantina ed era stata catturata nel corso di una guerra di questi ultimi contro i musulmani. Quando aveva tredici anni l’imperatore di Bisanzio voleva darla in sposa a suo nipote ma, il giorno stesso del matrimonio, giunsero due scosse di terremoto che impedirono la cerimonia. La notte successiva Gesù e i suoi dodici apostoli gli apparvero in sogno assieme all’Inviato d’Iddio (S) il quale la chiese in sposa per l’Imam al-Askari (A). Gesù chiese il permesso a Simon Pietro il quale acconsentì. Dopo quella notte Narjis iniziò a coltivare dentro sé un profondo amore per l’Imam al-‘Askari (A) al punto tale di avere difficoltà a bere e mangiare e rimanere paralizzata, a  causa della debolezza, per un determinato periodo di tempo. Dopo 14 notti Mari, la madre di Gesù, le apparve in sogno assieme a Fatima Zahra (A). Narjis chiese a quest’ultima il motivo per cui non potesse ancora vedere il suo futuro marito, al ché le venne risposto che per far ciò sarebbe stato necessario abbracciare l’Islam. E fu così che Narjis pronunciò la testimonianza di fede e divenne musulmana. Finalmente, attraverso la lettera di Bashar, Narjis capì che si sarebbe presto incontrata di persona con il suo futuro marito.

Quando Narjis giunse a Samarra, si incontrò prima con l’Imam al-Hadi (A) il quale fece poi chiamare sua sorella Hakimah. Hakimah si prese cura di Narjis e le insegnò tutto quello che doveva apprendere riguardo ai segreti dell’Ahl al-Bayt. Sarà proprio grazie ad Hakimah che si verranno a sapere le vicende relative alla nascita del dodicesimo Imam.

Nonostante la sua prigionia, l’Imam al-Askari (A) divenne molto popolare tra gli esegeti sciiti, la cui aspirazione maggiore era quella di poter accedere alla conoscenza coranica dell’Imam. Per esempio, Abu ‘Ali al-Hasan ibn Khalid scrisse un commentario coranico, che purtroppo non è giunto fino ai giorni nostri, alla luce degli insegnamenti dettatigli dall’Imam al-Askari (A). Comunque ci sono pervenuti altri documenti che riportano gli insegnamenti dell’Imam reperibili nelle raccolte di tradizioni e nelle opere storiche anche se, ovviamente, non eccedono in numero.

Al fine di impedire la diffusione degli insegnamenti dell’Ahl al-Bayt, il califfo Abbasside al-Mu’tamad decise di farlo avvelenare. Egli morì il giorno 8 di Rabi’ al-Awwal dell’anno 260 dell’Egira e venne seppellito a Samarra accanto a suo padre.


L’Imam al-Mahdi (AJ)


L’Imam al-Mahdi (AJ) nacque durante la notte del 15 di Sha’ban dell’anno 255 dell’Egira. Sua madre si chiamava Narjis ed era una discendente di Simon Pietro dal suo lato materno. La nobile Hakimah stava per ritirarsi in isolamento quando l’Imam al-‘Askari (A) le disse di rimanere con lui e Narjis poiché, a breve, sarebbe nato il dodicesimo Imam. Narjis non portava con sé nessun segno di gravidanza e questo fece credere agli Abbassidi che essa non fosse la madre dell’ultimo Imam. Hakimah passò l’intera notte in adorazione; poi, per grazia divina, nacque l’Imam al-Mahdi (AJ). Quella notte, soltanto alcuni eletti poterono testimoniare l’evento.

L’Imam al-Mahdi (AJ) passò i primi cinque anni della sua vita nella segretezza, fu trasferito a Medina e affidato a sua nonna Hudhaytha e sotto alla protezione d’Iddio. Egli diventò Imam, dopo il martirio del padre, all’età di cinque anni quando tornò a Samarra. Al fine di poter salvare la propria vita, Iddio lo occultò all’occhio pubblico. Il periodo della sua occultazione si divide in due parti: la prima è l’occultazione minore mentre la seconda è quella maggiore. Durante l’occultazione minore egli mantenne la comunicazione con le masse sciite attraverso quattro luogotenenti che erano in diretto contatto con lui:

–         ‘Uthman ibn Sa’id al-‘Amri, il quale era già un’agente dell’Imam al-Hadi (A) e dell’Imam al-‘Askari (A) (in carica dall’anno 260 H. all’anno 304 H.);

–         Muhammad ibn ‘Uthman ibn Sa’id al-‘Amri, figlio di ‘Uthman ibn Sa’id. Fu anche un agente dell’Imam al-‘Askari (A) (in carica dall’anno 304 H. all’anno 305 H.);

–         Husayn ibn Ruh al-Nawbakhti, noto sapiente ed esperto di scienze Islamiche e astronomia (in carica dall’anno 305 H. all’anno 326 H.);

–         ‘Ali ibn Muhammad al-Samari (in carica dall’anno 326 H. all’anno 329 H.).

Dopo ‘Ali ibn Muhammad al-Samari non vi furono più luogotenenti ed iniziò l’occultazione maggiore. L’anno della morte di ‘Ali ibn Muhammad al-Samari (ossia l’anno 329 dell’Egira) fu anche l’anno della morte di grandi sapienti sciiti quali Shaykh ‘Ali ibn Babawayh al-Qommi (il padre di Shaykh al-Saduq) e Shaykh al-Kulayni (autore dell’opera “al-Kafi”) i quali avevano dedicato la loro intera vita alla diffusione degli insegnamenti dell’Ahl al-Bayt.

Poco prima di occultarsi, l’Imam al-Mahdi (AJ) disse di fare affidamento ai sapienti poiché in tal modo le masse avrebbero potuto mantenersi sulla retta via durante tutto il periodo dell’occultazione maggiore. L’Imam al-Mahdi (AJ), attualmente vivo ed in stato di occultazione, si manifesterà in un tempo stabilito da Iddio per colmare la terra di verità e giustizia e sradicare l’oppressione con l’aiuto dei suoi fedeli sciiti.



 

[1] Questa tradizione è stata narrata da più di venti compagni dell’Inviato d’Iddio (S) ed è stata riportata in molte opere non solo sciite ma anche sunnite quali il “Sahih” di Muslim (vol. 2, p. 238), il “Musnad” di Ahmad ibn Hanbal (vol. 5, pp. 181-182), il “Jami’” di al-Tirmidhi (vol. 2, p. 220) e molte altre ancora.

[2] Questa tradizione è stata narrata da otto compagni dell’Inviato d’Iddio (S) e, anch’essa, è stata riportata in molte opere non solo sciite ma anche sunnite quali il “Mishkat al-Masabih” di Ahmad ibn Hanbal (p. 523) e il “Sawa’iq al-Muhriqah” (p. 234) di Ibn Hajar al-‘Asqalani”.

[3] Si tratta dell’invasione dell’esercito di Abrahah il quale voleva conquistare Mecca ma venne respinto da uno stormo di uccelli mandato da Iddio che lanciava palle infuocate (vedesi la sura al-Fil al riguardo). Questo evento corrisponde al maggio dell’anno 600 d.C..

[4] Abu Talib, infatti, era una delle importanti persone di Mecca. Nonostante le persecuzioni e le uccisioni che avvennero nei confronti dei musulmani, la sua personalità di rilievo impedì ai politeisti di torturare o uccidere l’Inviato d’Iddio (S) fintanto che rimase in vita.

[5] Questa tradizione è stata trasmessa da più di centodieci compagni dell’Inviato d’Iddio (S) ed è stata riportata in molte opere sunnite e sciite.

[6] Tale evento è stato riportato anche da molte autorità sunnite tra cui al-Tabari, al-Suyuti e Ibn Hajar al-‘Asqalani.

Writer : shervin | Comments Off on Biografia dell’Ahl al-Bayt (A) Comments | Category : Storia Islamica

Comments are closed.