Adorazione (Ibadat) e Preghiera (Salat)
Martire Ayatullah M.Motahhari
La lode appartiene esclusivamente a Iddio, Signore dei mondi. La pace e le benedizioni di Dio siano sul Suo Profeta Prescelto, Muhammad ibn Abdillah, e sulla sua pura e immacolata Famiglia.
“O voi che credete, ricordate spesso il Nome di Dio e glorificateLo al mattino e alla fine del giorno.” (Sacro Corano, Al-Ahzab, 41-42)
A volte, negli insegnamenti islamici, incontriamo aspetti che pongono in evidenza molte questioni connesse con gli atti di adorazione. Per esempio, rispetto alla Preghiera (as-Salat), si cita che tanto il Nobile Profeta (S) quanto i Puri Imam (as) abbiano affermato: “La Preghiera è il fondamento della religione”, e se pensiamo ad una religione come ad una tenda, è stato inoltre detto: “La Preghiera è il pilastro che la mantiene in piedi”. Si narra inoltre questa Tradizione attribuita al Profeta (S): “Affinché vengano accettate le altre azioni, è necessario che prima venga accettata la Preghiera”. In altre parole, se un essere umano compie delle buone azioni ma non compie la Preghiera, o prega ma non in maniera corretta, o comunque la sua Preghiera non viene accettata, anche le sue buone azioni non saranno accettate. Quindi la condizione affinché siano accettate le sue buone azioni è che vengano accettate le sue Preghiere.
Un’altra Tradizione dice: “La Preghiera è un mezzo per avvicinarsi a Dio”. E un’altra Tradizione afferma che Satana è sempre adirato e rifugge da un credente che è attento e protegge la sua Preghiera. Abbiamo molti altri hadith simili e anche il Sacro Corano evidenzia l’importanza della Preghiera in molti dei suoi versetti.
Alcuni hanno però sostenuto che almeno alcune di queste Tradizioni riguardanti la Preghiera sono state fabbricate, che non sono affidabili e non vennero proferite dal Profeta (S) o dagli Imam (as). Sarebbero probabilmente state introdotte da qualche asceta desideroso di diffondere l’ascetismo, particolarmente nei secoli II° e III° dell’Egira, quando la questione dell’adorazione si era manifestata con tale eccesso da sfociare più o meno nel monachesimo e nel sufismo.
Vediamo che alcune persone concentrano tutti i loro sforzi negli atti di adorazione al punto da giungere a dimenticare e ignorare gli altri doveri religiosi. Per esempio tra i compagni di ‘Ali (as) c’era un uomo chiamato Rabi’ Ibn Khasim, oggi conosciuto come il celebre Khoje Rabi e la cui tomba si troverebbe a Mashhad. E’ noto come uno degli otto maggiori asceti del mondo islamico e fu così distaccato da questo basso mondo e dalle sue attrazioni da aver scavato la propria tomba molto prima della sua morte. Si dice inoltre che per venti anni mai pronunciò una sola parola sulle questioni mondane. A volte entrava nella tomba che aveva scavato per sé per ricordarsi che quella sarebbe stata la sua prossima dimora. Le uniche parole che gli si udirono pronunciare, oltre a quelle necessarie per gli atti di adorazione (come la Preghiera o la lettura del Corano), fu quando apprese del martirio di Husayn ibn ‘Ali, l’amato ‘figlio’ del Profeta. In quell’occasione disse: “La vergogna ricada su coloro che hanno assassinato l’amato nipote del Profeta”. Si narra che successivamente si pentì di aver pronunciato perfino queste parole non dedicate al ricordo di Dio.
Egli era stato un membro dell’esercito durante l’epoca dell’Amir al-Muminin (l’Imam ‘Ali), e si narra che un giorno andò a vederlo e gli disse: “Abbiamo dubbi su questa guerra. Abbiamo paura che non sia legittima perché combattiamo contro uomini che pregano con il volto rivolto verso La Mecca e pronunciano la testimonianza di fede islamica.” Dall’altra parte era un seguace di ‘Ali (as) e non voleva abbandonarlo. Disse: “O Amir al-Muminin, ti prego di affidarmi un altro incarico sul quale non nutra dubbi. Inviami in una missione rispetto alla quale non sia perplesso”. L’Imam ‘Ali (as) disse: “Va bene. Se hai dubbi ti invierò altrove”. E venne inviato in una delle frontiere, sempre come combattente, ma per fronteggiare i miscredenti o gli idolatri.
Questo uomo fu un grande asceta, ma che valore aveva il suo ascetismo? E’ inutile essere seguace di un uomo come ‘Ali (as) e, al tempo stesso, avere dubbi sul cammino che egli indicò come una lotta sacra (jihad). In senso analogo, capita di sentire alcune persone che a volte affermano: “Perché dobbiamo osservare il digiuno se abbiamo dubbi? E’ inutile e privo di valore!”. Ma l’Islam richiede discernimento e visione combinati con l’azione e la prassi, mentre Khojah Rabi’ non aveva questo discernimento. Viveva nell’epoca di un tiranno come Mu’awiyah e di un tiranno ancora maggiore come Yazid: Mu’awiyah che distruggeva la religione di Dio e Yazid che commetteva il più grande crimine della storia dell’Islam mentre tutti gli sforzi e sofferenze del Profeta stavano andando perduti. Non gli interessavano affatto i problemi dei musulmani e della comunità islamica, ed era solito ritirarsi in un angolo a pregare giorno e notte, non pronunciando altro che il Nome di Dio, e pentendosi di ciò che aveva detto nel condannare la morte dell’Imam Husayn (as).
Ciò non corrisponde assolutamente ai veri insegnamenti islamici, e come recita saggiamente il detto: “Una persona ignorante è quella che va troppo velocemente o troppo lentamente”.
Alcuni sono soliti dire che la Tradizione “La Preghiera è il pilastro della religione” non è in armonia con gli insegnamenti islamici visto che l’Islam presta maggiore attenzione alle questioni sociali rispetto a qualsiasi altra. Dice il Corano: “In verità Iddio ha ordinato la giustizia e la benevolenza” (16:90); e dice inoltre: “Invero inviammo i Nostri messaggeri con prove inequivocabili, e facemmo scendere con loro la Scrittura e la Bilancia, affinché gli uomini osservassero l’equità” (57:25). L’Islam è la religione dell’ordinare il bene e vietare il male (3:110). E quelli che pensano così aggiungono che, poiché l’Islam è una religione che accorda grande importanza alle questioni sociali, la sua è una dottrina di attività e lavoro e le abitudini dell’adorazione e della Preghiera non sono significative. Secondo tali persone bisognerebbe abbandonare gli atti di adorazione e seguire solamente gli insegnamenti sociali, lasciando questi atti di culto alla gente oziosa che non ha altro da fare.
Ma tali opinioni e pensieri sono errati e molto pericolosi. L’Islam deve essere riconosciuto così come è. Sottolineo questo punto perché vedo che la nostra società sta soffrendo al riguardo una seria malattia. Sfortunatamente coloro che possiedono vocazione religiosa nella nostra società sono divisi in due gruppi: un gruppo che segue il cammino di Rabi’, pensando che l’Islam non sia altro che la Preghiera, le invocazioni, il dhikr, gli atti supererogatori e la Ziyarat Ashura, confinando quindi l’Islam al Mafatiah al-Jinan (1). Sono persone che, come Rabi’, credono di non avere nulla a che vedere con il mondo, con le leggi sociali, con i principi islamici e l’educazione.
E come reazione alla “lentezza” di questo gruppo, ne appare un altro che si muove troppo velocemente. Si tratta di coloro che prestano maggiore attenzione alle questioni sociali, che è qualcosa di valore, ma ignorando completamente gli atti di adorazione. Ho incontrato persone che possono adempiere perfettamente al dovere religioso del Pellegrinaggio (Hajj), ma non lo fanno (3). Trascurano inoltre le Preghiere doverose, e non gli interessa l’argomento dell’imitazione (taqlid) del mujtahid sapiente. Opinano che i problemi vincolati con gli atti di adorazione devono essere risolti da soli, senza la necessità della guida degli altri. Così ognuno di essi ritiene di essere un esperto nelle questioni religiose o nella giurisprudenza islamica. E’ come se ognuno diventasse così medico di sé stesso e non avesse più bisogno di consultare un dottore o uno specialista. Ci sono alcuni che sono negligenti nella realizzazione del digiuno, nell’osservare le sue condizioni quando sono in viaggio o residenti, e non credono nella necessità di realizzare atti di riparazione per gli atti di adorazione non compiuti nel tempo e nella forma richiesti (4).
Entrambi i gruppi si definiscono musulmani perfetti, ma non lo sono affatto né gli uni né gli altri. L’Islam condanna chiaramente il prendere una parte e lasciare l’altra, laddove il Sacro Corano condanna l’affermazione di alcuni ipocriti che dicevano: “Crediamo in una parte e rifiutiamo l’altra” (4:150). Non si può accettare l’adorazione unita al rifiuto di certi doveri etici o sociali, o viceversa. Voi potete vedere, per esempio, che quasi in ogni passo dove il Sacro Corano ordina “realizzate la Preghiera” aggiunge immediatamente a continuazione “e pagate la zakat (carità o imposta per purificare la ricchezza)”.
La prima disposizione (vale a dire la Preghiera) riguarda la relazione tra la creatura e Dio, e la seconda (la zakat o carità) mostra la relazione della creatura con le altre. Così un musulmano ha una doppia responsabilità permanente: verso Dio da una parte e verso gli esseri umani e la sua società dall’altra. Nessuna società islamica può essere costruita senza adorazione, Preghiera, digiuno e ricordo (dhikr) di Dio. Parimenti nessuna società sana può esistere veramente senza ordinare il bene e vietare il male e senza relazioni amichevoli tra le persone, anche se ogni persona fosse pia.
Se guardate da una prospettiva ‘Ali ibn Abi Talib (as) lo vedete come il più pio degli uomini, al punto che i suoi atti di adorazione sono proverbiali. Una devozione non limitata ai riti esterni ma accompagnata da amore, gioia e lacrime. Dopo la sua morte un uomo chiamato Zirar si incontrò con Mu’awiah, che sapeva fosse uno dei compagni e seguaci di ‘Ali, e gli chiese di descriverlo. Disse allora Zirar: “Una notte lo vidi nel suo mihrab assorto nell’adorazione e nella preghiera. Tremava per il timore di Dio come un uomo morso da un serpente e singhiozzava con profonda tristezza dicendo: “O fuoco dell’Inferno!”.” Si dice che Mu’awiah pianse nell’ascoltare ciò.
Dopo la morte di ‘Ali (as), Mu’awiah si incontrò con Addas ibn Hatam e cercò di provocarlo contro l’Imam, chiedendogli dei suoi tre figli che erano morti lottando insieme ad ‘Ali (as). Desiderava ascoltare da Addas una maledizione contro l’Imam, e per questo gli chiese: “’Ali non è stato giusto tenendo lontani dal campo di battaglia i suoi figli Hasan e Husayn ma mandando a morire i tuoi figli”. Addas rispose: “Sono io ad esser stato ingiusto verso di lui. Se fossi giusto, non dovrei essere vivo mentre lui si trova sottoterra.” Vedendo frustrata la sua intenzione, Mu’awiah chiese allora ad Addas di descrivergli ‘Ali (as). Questi lo fece e quando finì la narrazione, notò le lacrime che scorrevano tra la barba di Mu’awiah, che mentre si asciugava con la manica diceva: “Ohi! Il tempo è troppo sterile per produrre un altro uomo come ‘Ali”. Vedete come la verità viene alla luce da sola.
Ma ‘Ali fu solo un uomo pio, sempre chiuso in moschea? No. Lo vediamo anche come l’uomo più preoccupato per le questioni sociali, come una persona sempre ben consapevole della situazione dei poveri e bisognosi, così come di tutti coloro che gli facevano giungere la loro denuncia. Sebbene fosse il califfo, camminava tra la gente, percorreva i mercati e si informava delle questioni di tutti. Una volta incontrò con alcuni commercianti e gridò loro: “Andate prima ad apprendere le norme islamiche sul commercio”. In altre parole, prima di occuparsi del commercio essi dovevano conoscere le disposizioni divine che lo regolano e che stabiliscono ciò che è lecito ed illecito in questa attività. Si narra inoltre che a chi chiedeva l’elemosina, quando vedeva che questa persona era capace di lavorare e invece aveva scelto come attività quella di mendicare, diceva: “Riprenditi il tuo onore e dignità, vai a cercare il tuo lavoro e sostentamento”. Questo è l’esempio completo di un vero musulmano. Nell’adorazione è il più pio; nella posizione di giudice è il più giusto; nel campo di battaglia è un combattente coraggioso e un comandante di primo grado, che presentava sé stesso come una persona che aveva esperienza con il combattimento sin dalla gioventù; quando teneva un discorso era il migliore degli oratori; quando insegnava, era il migliore maestro, ed eccelleva in qualsiasi virtù. Questo è l’esempio completo dell’Islam.
L’Islam non ha mai approvato un’accettazione parziale delle sue disposizioni e norme, il prenderne alcune e lasciarne altre. Questo è un cammino errato che hanno intrapreso alcuni presunti asceti che considerano l’Islam composto unicamente dalle invocazioni; ed è anche l’errore di coloro che trascurano totalmente e negano l’adorazione e la sua importanza e si vogliono dedicare solo alle questioni sociali dell’Islam.
Dice il Sacro Corano: “Muhammad è il Messaggero di Dio e coloro che sono con lui sono duri con i miscredenti e misericordiosi fra loro” (48: 29). In questo versetto vengono ritratte fedelmente le caratteristiche di una Comunità islamica. Nella prima parte si evidenzia l’importanza della fede e del seguire il Profeta (S), e nella seconda la questione di rimanere fermi contro i miscredenti. Insomma, questi apparenti devoti che fanno della moschea la loro casa mentre un soldato da solo può spingere mille di loro, non sono musulmani. La caratteristica più importante di un musulmano secondo il Sacro Corano è mostrare fermezza e forza contro il nemico.
Dice il Sacro Corano: “Non perdetevi d’animo, non vi affliggete: se siete credenti avrete il sopravvento” (3:13). Non esiste la debolezza nell’Islam. Will Durant, nel suo “Storia della Civiltà”, dice che nessuna religione quanto l’Islam sollecita i suoi seguaci ad essere forti e fermi.
Piegare il collo, vestirsi in modo disordinato e in maniera sporca, fare la vittima e camminare trascinandosi, pretendendo di essere indifferenti e lontani da tutto ciò che ci circonda, sospira e geme, tutto questo è contrario all’Islam. Dice il Sacro Corano: “e proclama la grazia del tuo Signore.” (93:11). Dio ci ha donato benedizioni come salute e forza. Perché allora dobbiamo mostrarci invalidi? Questa è ingratitudine. ‘Ali (as) non fu mai una persona così. Egli si erse fermo e risoluto contro i miscredenti.
E quanto all’essere amorevoli e compassionevoli con gli altri? A volte incontriamo alcuni di questi presunti devoti che non sono mai gentili e che in generale sono asociali e scontrosi. Non ridono mai e sorridono raramente, come se tutta l’umanità fosse in debito con loro. Non sono musulmani, si ritengono tali!
Essere duri con i miscredenti e benevoli con i musulmani è sufficiente per essere musulmano? La risposta è no. Il versetto continua così: “Li vedrai inchinarsi e prosternarsi, bramando la grazia di Dio e il Suo compiacimento. Il loro segno è, sui loro volti, la traccia della prosternazione” (48:29) Esso parla chiaramente a coloro che hanno questa tenacia contro l’empietà e compassione con i credenti, sebbene siano gente di preghiera, nella quale si immergono così profondamente e con tanto ardore che sui loro volti può essere notato il segno della loro virtù e devozione.
Narrò il Profeta (S) che i discepoli di Gesù (as) gli chiesero chi bisognasse frequentare, ed egli rispose: “Sedetevi con coloro che, nel guardarli, vi ricordano Dio, nell’ascoltarli aumentano la vostra conoscenza e la cui condotta vi conduce a fare del bene”. Il versetto precedente continua: “un seme che fa uscire il suo germoglio, poi lo rafforza e lo ingrossa, ed esso si erge sul suo stelo nell’ammirazione dei seminatori. Tramite loro Dio fa corrucciare i miscredenti.” (48:29)
Una nazione, una comunità, che possiede tutti gli attributi qui menzionati, sarà senza dubbio prospera. Adesso ditemi: perché i musulmani sono diventati così decadenti, docili e miserabili? Quali delle qualità menzionate in questi versetti possediamo realmente? Cosa dobbiamo aspettare? Sebbene ammettiamo che l’Islam sia una dottrina sociale, perché dobbiamo sottovalutare l’adorazione, la Preghiera e la comunione con Dio? Vi assicuro che prendere la Preghiera alla leggera è una mancanza tanto grave quanto ignorarla.
Quando morì l’Imam Ja’far as-Sadiq (as), Abu Bassir andò ad offrire le proprie condoglianze a Umm al-Hanida. Quest’ultima pianse e così fece anche Abu Bassir. Umm al-Hanida allora gli narrò quanto era accaduto negli ultimi momenti della vita dell’Imam. Gli disse che egli era entrato in estasi, poi aprì gli occhi e chiese che tutti i parenti fossero presenti. Quando tutti si erano lì riuniti, l’Imam gli rivolse la seguente raccomandazione e poi morì: “Coloro che prendono la Preghiera (as-Salat) alla leggera, non godranno mai della nostra intercessione”. Osservate bene che egli non parlò di coloro che ignorano in modo assoluto la Preghiera, giacché la conseguenza di ciò è ovvia. Cosa significa ‘prendere alla leggera la Preghiera’? Significa che nonostante si abbia tempo e possibilità di fare la Preghiera con calma e tranquillità, una persona non la compie e la posticipa fino all’ultimo momento (prima della fine del suo tempo), realizzandola poi con fretta e senza attenzione, senza avere sufficiente tranquillità e concentrazione, mettendo via subito il tappetino senza recitare le formule e riti meritori introduttivi e conclusivi. Realizzare la Preghiera come una consuetudine, questo significa prenderla alla leggera.
Questo tipo di approccio alla Preghiera è molto diverso da quello della persona che va ella stessa verso la Preghiera, che all’inizio del suo tempo stabilito si reca a fare l’abluzione con tutta calma e tranquillità, che recita l’Adhan (Chiamata alla Preghiera) e l’Iqamah, che realizza la Salat con tranquillità e presenza del cuore, e dopo averla completata non corre via ma rimane per recitare le invocazioni meritorie e lo dhikr. Questo è il segno che dimostra che la Preghiera in quella casa viene rispettata.
L’esperienza dimostra che i figli di coloro che prendono alla leggera la loro Preghiera, che la posticipano fino alla fine del suo tempo prestabilito e la recitano in modo affrettato, abbandoneranno la Preghiera. Se volete essere davvero tra le Genti della Preghiera ed avere figli devoti, dovete rispettare la Preghiera. Non dico che dovete fare la Preghiera, ma molto di più. Bisognerebbe scegliere un posto nella propria casa dedicato agli atti di adorazione come la Preghiera, o se è possibile una stanza speciale separata per tale fine, come faceva il Profeta (S); se non avete però una stanza da riservare alla Preghiera, scegliete un punto nella vostra stanza dove realizzarla. Quando fate l’abluzione, non realizzatela in fretta. Stendete un tappetino pulito, con un tabsih per lo dhikr di Dio. Noi pretendiamo di essere Sciiti di ’Ali (as). ‘Ali (as) è colui che iniziava l’abluzione dicendo: “Col Nome di Dio e con Dio. Mio Dio, annoverami tra coloro che si pentono e purificano”.
Due notti fa ho parlato riguardo il pentimento (tawba) ed ho spiegato che esso significa purificare sé stessi. ‘Ali (as) nella sua abluzione, mentre passava l’acqua sul proprio viso – poiché l’acqua è il segreto della purificazione egli si ricordava della tawba – implorava Dio affinché illuminasse il suo volto nel Giorno della Resurrezione, Giorno in cui secondo quanto afferma il Sacro Corano ci saranno volti oscurati dalla vergogna e dal peccato. Nel purificare la sua mano si ricorda della purificazione dello spirito. Quindi ci sta dicendo che quando, mediante l’acqua che Iddio ci ha donato come mezzo di purificazione, purifichiamo le nostre mani dobbiamo comprendere che vi è anche un altro livello di purificazione e un altro tipo di acqua che purifica lo spirito, e quell’acqua è quella della tawba.
Poi, nel compiere l’abluzione della mano destra, diceva: “Dio mio! Colloca (il libro) delle azioni nella mia mano destra” (perché le azioni dei giusti verranno consegnate nella mano destra), e nel fare l’abluzione della sinistra diceva: “Dio mio! Non darmi il libro nella mano sinistra, né dalle spalle e non permettere che la mia mano venga legata al mio collo. Cerco rifugio in Te dal fuoco dell’Inferno!”. Poi, nel passare la sua mano umida sui capelli diceva: “Sommergimi nella Tua misericordia e nelle Tue benedizioni!”. E in ultimo, quando passava la mano sui piedi, diceva: “Dio mio! Dirigi saldamente i miei passi lungo quel sentiero in cui in quel Giorno le gambe tremeranno e fai sì che le mie azioni avvengano in quella Via nella quale vi è il Tuo compiacimento”.
Un’abluzione così, accompagnata da concentrazione, invocazioni e suppliche possiede un valore e un merito molto differente da quelle che abitualmente realizziamo noi. Non dovremmo prendere alla leggera tutti questi riti e limitarci solamente all’esecuzione di quanto strettamente obbligatorio (wajibat).
Andiamo allora a vedere cosa dicono i Marja Taqlid (le massime autorità sciite nella giurisprudenza, n.d.t.). Dobbiamo ripetere la frase “Glorificato sia Dio. La lode appartiene a Dio. Non c’è altra divinità al di fuori di Dio. Dio è Grande” tre volte o è sufficiente una sola volta? Il Mujtahid deve ovviamente dare la sua fatwa e naturalmente dirà che basta una volta, e che è precauzione meritoria (ihtiat mustahab) ripeterla tre volte. Siccome hanno detto che è sufficiente una volta, dobbiamo allora limitarci a questo? Quando il Mujtahid ci dice che recitarlo una volta è obbligatorio e tre è meritorio, dovremmo approfittare dell’opportunità (per ricevere la ricompensa) e recitarlo tre volte.
Analogamente anche il digiuno può essere preso alla leggera. Lo dico scherzando, ma se fossi Dio non accetterei tali digiuni. Conosco alcune persone che rimangono sveglie tutte le notti del mese di Ramadan non per gli atti di devozione e le preghiere, ma per bere thè, fumare e mangiare frutta. All’alba compiono la Preghiera prescritta e poi vanno a dormire; dormono tutto il giorno e si svegliano solo poco prima del tramonto del sole per offrire le loro Preghiere obbligatorie rapidamente (prima che finisca il loro orario) ed essere pronti a rompere immediatamente il digiuno. Che tipo di digiuno è questo in cui si rimane svegli la notte e si dorme il giorno per non patire la fame? Non si tratta di un’offesa al digiuno? Secondo me è come insultarlo. E’ come dire al digiuno “Ti odio così tanto che non voglio vederti”.
E lo stesso accade se andiamo al Pellegrinaggio e realizziamo tutti i riti con leggerezza, nello stesso modo in cui effettuiamo le Preghiere e il digiuno.
Lo stesso potrebbe dirsi della Chiamata alla Preghiera (Adhan), che può essere presa alla leggera. E’ noto che l’Adhan deve essere recitato con voce melodica, per attrarre e invitare la gente alla Preghiera; anche il Corano deve essere recitato chiaramente, con una voce piacevole e sonora. Alcune persone possiedono una voce bella e melodica, ma se gli si chiede di recitare la Chiamata alla Preghiera, considerano disdicevole il venir conosciuti come muaddhin (la persona che recita la Chiamata alla Preghiera nella moschea). Signori! Dovete sentirvi onorati di essere muaddhin. ‘Ali (as) lo faceva anche da califfo! Non esiste nessuna disgrazia legata a questo compito, né alcuna nobiltà nell’evitarlo.
Vediamo quindi che nessun atto di adorazione deve essere preso alla leggera. Il merito dell’Islam è radicato nella sua completezza ed equilibrio, non nell’essere assorbito nella devozione al punto di ignorare ogni altra responsabilità, né nel coinvolgersi così tanto negli affari sociali da dimenticare gli atti di adorazione e umiliare i riti. Poiché la Preghiera è a nostro beneficio ed è il mezzo di avvicinamento a Dio, se trascuriamo e neghiamo l’adorazione falliremo anche negli altri doveri. L’adorazione è il potere esecutivo e la garanzia del rispetto delle altre norme islamiche.
Termino qui il mio discorso invocando Dio di annoverarci tra i veri devoti, di donarci la comprensione dell’Islam per renderci musulmani con il cuore. Che ci doni intenzioni pure, perdoni i nostri errori in queste notti benedette e che doni la salvezza ai nostri defunti.
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NOTE
1) Il “Mafatih a-Jinan” (Le chiavi del Paradiso) è una celebre raccolta di preghiere, invocazioni e altri atti devozionali prescritti per ogni giorno della settimana e ogni mese del calendario islamico realizzata da Shaykh Abbas al-Qummi. L’autore era un uomo molto pio e scrisse varie opere riportando le tradizioni del Profeta Muhammad (S) e della sua famiglia. Quando iniziò a scrivere il “Mafatih al-Jinan”, alcuni sapienti di Qom lo esortarono ad utilizzare la sua vasta conoscenza per commentare opere giuridiche complesse come il “Kifayatul-Usul” di Akhund Khorasani o “al-Makasib” di Shaykh Murtada Ansari. Una volta uno di loro gli disse: “Hai intenzione di scrivere soltanto un libro di invocazioni?”. Egli rispose dicendo: “Continuerò a scrivere il Mafatih in quanto ho dedicato la ricompensa per la stesura di questa opera all’anima di Fatima Zahra (as) e, con le sue benedizioni, diverrà le chiavi del paradiso”.
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*Tratto da “Goftaraye Manavi” (Discorsi spirituali), una raccolta di sermoni dell’Ayatullah Shahid Motahhari.
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