Commento ad un hadith sull’intelletto
Muhammad ibn Ya’qub, da Muhammad ibn Yahya al-‘Attar, da Ahmad ibn Muhammad, da al-Hasan Ibn Mahbub, da al-‘Ala ibn Razin, da Muhammad ibn Muslim, ha riportato che Abu Ja’far, pace su di lui, abbia detto:
Quando Iddio creò l’intelletto lo interrogò e poi gli disse: “Avvicinati!”. E si avvicinò. Poi gli disse: “Allontanati!”. E si allontanò. Poi disse: “Giuro sul Mio onore e sulla Mia maestà di non aver creato niente che ami più di te. Non ti perfezionerò all’infuori che in coloro che amo. A te sono indirizzate le [Mie] ingiunzioni e le [Mie] proibizioni, e sarà in base a te che punirò [i trasgressori] e ricompenserò [coloro che avranno agito con rettitudine]”.
La catena di trasmissione di questa tradizione è autentica (sahih). Essa è stata riportata anche dell’Imam al-Ridha, pace su di lui, in accordo ad una seconda catena di trasmissione affidabile (mu’aththaq) in cui egli afferma: “Una persona religiosa che non possiede intelletto non ha [alcun] valore”. Quindi gli fu detto da un suo discepolo: “Che la mia anima venga sacrificata al vostro servizio! Tra noi vi sono persone senza pecca [alcuna in materia di religione] ma non possiedono quell’intelletto [di cui parlate]”. L’Imam rispose dicendo: “Costoro non sono tra coloro a cui si riferisce Iddio”. Poi citò le stesse identiche parole dell’Imam al-Baqir, pace su di lui, riguardanti l’origine e la natura dell’intelletto.
Esperti di linguistica e studiosi di svariata origine hanno dato molteplici significati al termine “intelletto”. Secondo alcuni filosofi si tratta di un accidente eterno (jawhar qadim) la cui essenza o il cui movimento non vengono mai contaminati dall’impurità della materia. Tale opinione, alla luce della nobile tradizione, è piuttosto debole. Infatti l’Imam afferma chiaramente “Quando Iddio creò l’intelletto” e cita inoltre le stesse parole del Signore Altissimo dicendo “Giuro sul Mio onore e sulla mia maestà di non aver creato niente che ami più di te”. L’intelletto, quindi, è una creazione dotata di origine, seppur divina, e non è considerata eterna.
Altre persone, soprattutto tra gli esperti di logica, hanno ritenuto che l’intelletto corrisponda alla facoltà umana di pensiero la quale contraddistingue l’uomo dagli altri animali. Per esempio gli animali non sono in grado di comprendere concetti universali (kulliyyat) mentre gli esseri umani, attraverso la propria capacità di pensiero, lo sono. Questa opinione limita il significato di intelletto introdotto dalla nobile tradizione poiché non considera la sua provenienza divina con le relative conseguenze. L’intelletto considerato in tal guisa, invece di essere un riflesso proveniente da elevati stadi metafisici e ontologici, non è altro che il raggiungimento ultimo degli sforzi umani in relazione alla nostra condizione presente in questo mondo. Un discorso simile si può fare anche in relazione all’opinione di chi ha identificato l’intelletto nella facoltà organizzativa la quale è fonte dell’ordine presente in ogni società che si rispetti.
Nel linguaggio gnostico, a volte, all’intelletto viene attribuito lo stesso significato di “anima” (nafs) mentre altre volte viene invece ritenuto un vero e proprio ostacolo che allontana l’individuo dalla comprensione esoterica. Entrambi i casi, seppur diametricamelte opposti, rappresentano una distorsione del significato di intelletto attribuitogli dalla nobile tradizione.
L’anima, nonostante sia soggetta ad influenze e mutamenti di vario tipo, è una realtà individuale e soggettiva che non comporta, in origine, univocità. Ogni singola anima viene dunque creata, fatta morire e poi risorgere. L’intelletto, invece, come dimostra la nobile tradizione, è stato creato univocamente e la molteplicità di intelletti che siamo abituati a concepire è dovuta al loro differente grado di intensità presente negli individui. Ciò significa che il riflesso dell’intelletto presente in un individuo varia in base alla predisposizione e i raggiungimenti della propria anima. Non è quindi corretto identificare l’intelletto con l’anima.
Per quanto riguarda chi ha considerato l’intelletto come un impedimento a raggiungere la comprensione esoterica, questi non ha sicuramente ponderato sul significato reale di questo termine e lo ha considerato esclusivamente come un mezzo per raggiungere gli obiettivi in e di questo mondo. Il contenuto della nobile tradizione, però, ci dice ben altro e conferisce all’intelletto la natura che gli è propria.
Infine alcuni hanno identificato l’intelletto nella facoltà di distinzione tra il bene e il male, altri invece hanno detto che si tratta di quella facoltà che stimola l’individuo verso il bene. Entrambi i significati sono accettabili alla luce della nobile tradizione.
L’intelletto è ciò attraverso il quale Iddio viene obbedito e, quindi, adorato. L’obbedienza incondizionata, infatti, è adorazione e l’adorazione non è altro che obbedienza nei confronti dell’adorato. Se Iddio comanda all’intelletto di “indietreggiare”, questi indietreggia; e se Iddio gli comanda di “avanzare”, questi avanza. Tale obbedienza e adorazione, comunque, non è inconscia e avviene in prossimità della presenza divina.
Ovviamente stiamo alludendo a ciò che avviene in livelli e stati che non possono essere compresi per mezzo esclusivo di espressioni descrittive. Infatti, nella realtà suddetta, il linguaggio umano ed espressioni quali “Avvicinati!” e “Allontanati!” (in riferimento all’intelletto) non significano niente e vengono utilizzate nella nostra condizione presente soltanto in quanto metafore. In maniera analoga non vi è nessuno spostamento spazio-temporale, indietreggiamento o avanzamento, né nessuna forma tangibile attribuibile all’intelletto. Piuttosto ci stiamo riferendo a realtà intelligibili (haqa’iq) che possono essere comprese soltanto attraverso la percezione intuitiva (basirah).
Di conseguenza una persona che utilizza l’intelletto nel suo pieno potenziale sarà totalmente immersa nell’obbedienza e nell’adorazione d’Iddio e non vedrà altri che Lui. Tale è l’intelletto della migliore delle creature, il Sigillo dei Profeti Muhammad (S), seguito immediatamente dai membri della sua Ahl al-Bayt. Il fenomeno suddetto è la causa della loro infallibilità, la quale non è meramente di natura legislativa bensì anche ontologica.
L’infallibilità legislativa (‘ismah takwiniyyah) viene ottenuta attraverso l’auto-edificazione personale riponendo attenzione alla propria condotta, astenendosi da tutto ciò che è proibito, compiendo ogni atto obbligatorio, sforzandosi di compiere gli atti meritori e rinunciando a quelli sconsigliati in accordo ai criteri della legge islamica.
Comunque coloro che perfezionano sé stessi fino a testimoniare direttamente i nomi divini attraverso il loro pieno potenziale intelligibile giungono allo stadio dell’infallibilità ontologica (‘ismah takwiniyyah). Queste persone non compiono sforzo alcuno atto ad evitare ogni sorta di peccato o errore a livello legislativo poiché essi già se ne astengono spontaneamente, essendo troppo impegnate e assorte nel ricordo d’Iddio. Le nozioni di “peccato” ed “errore” a cui queste personalità ripongono particolare attenzione sono per la persona ordinaria di portata troppo sublime ed elevata e questa non è in grado di concentrarvisi in maniera appropriata.
Tale fenomeno è la vera realtà intrinseca dell’Ahl al-Bayt la quale non si basa su alcun legame di parentela. Non è dunque sorprendente constatare che l’Inviato d’Iddio (S) definì Salman al-Farsi come un membro dell’Ahl al-Bayt dicendo: “Salman è uno di noi dell’Ahl al-Bayt”. In maniera analoga il sacro Corano considera Sarah, la moglie del profeta Ibrahim, pace su di lui, appartenente all’Ahl al-Bayt (Hud :73). Ovviamente esistono gradi e livelli di infallibilità ontologica, il più elevato dei quali appartiene all’Inviato d’Iddio (S) e, dopo di lui, a Fatimah al-Zahra, pace su di lei, e ai dodici Imam successori dell’ultimo profeta d’Iddio.