LA RACCOLTA DEL CORANO
Si riporta che il Profeta stesso si occupò della raccolta delle pagine del Corano. Secondo alcune fonti però la raccolta ufficiale si ebbe dopo la sua dipartita, in ispecie una versione ufficiale venne redatta durante il periodo del terzo califfo Uthman Ibn Affan. La documentazione è varia e potrebbe presentare contraddizioni apparenti necessitando dunque di uno scrutinio appropriato.
Quel che è chiaro è che sin dal tempo del Profeta vennero prese alcune misure onde preservare il Corano e non perderlo, come avvenne per le Scritture precedenti. Tra esse citiamo le seguenti:
1) Dopo aver ricevuto una rivelazione, il Profeta la recitava prima ad un gruppo di suoi compagni e poi, una seconda volta, ad un altro gruppo che includeva anche le donne.[1]
2) Il Profeta enfatizzò molto l’importanza della memorizzazione del Corano. Si riporta che disse: “Il migliore tra voi è chi apprende il Corano e lo insegna agli altri”.[2] E disse anche: “Ripassate quello che avete memorizzato del Corano perché è facile che sfugga più di un cammello slegato”.[3]
3) I musulmani avevano l’obbligo di memorizzare alcune parti del Corano onde compiere le Preghiere quotidiane. Inoltre si riporta che il Profeta disse che il più degno di guidare i credenti durante la Preghiera è colui che ha memorizzato più parti del Corano.[4]
4) In alcune narrazioni si esortano i musulmani a leggere il Corano dal testo scritto.[5] Se ciò è avvenuto al tempo del Profeta, inevitabilmente fogli e papiri scritti del Corano sono rimasti in circolazione sin dall’imminente periodo post-profetico.
5) Ai nuovi musulmani emigrati a Medina veniva assegnato un compagno per insegnar loro il Corano. L’insegnamento del Corano apportava una costante e udibile recitazione nella moschea di Medina al punto tale che il Profeta chiese ai credenti di recitare a bassa voce onde non disturbare gli altri.[6]
La raccolta del Corano al tempo del Profeta
Secondo varie fonti il Corano, oltre che ad essere stato memorizzato, sarebbe stato anche redatto in forma scritta al tempo del Profeta. Ciò viene confermato dal fatto che egli recitava direttamente da fogli: “un inviato da Iddio che recita fogli purissimi” (98:2). Inoltre Ibn Nadim menziona nell’opera “al-Fihrist” i seguenti scribi del Corano durante il periodo profetico: Ali Ibn Abi Talib, Sa’d Ibn Amr Ibn Zayd, Abu Darda’, Ma’adh Ibn Jabal, Abu Zayd Ibn Nu’man, Ubayy Ibn Ka’b e Zayd Ibn Thabit.
In una narrazione Ibn Abbas riporta che quando il Profeta fu in punto di morte alcuni compagni iniziarono a litigare in sua presenza in quanto egli voleva lasciare un documento scritto prima della sua dipartita. A quel punto Umar Ibn al-Khattab disse: “Avete il Corano tra voi. Il Libro d’Iddio ci è sufficiente”.[7]
Anche la famosa narrazione al-thaqalayn può essere utilizzata a tal riguardo, ove il Profeta afferma: “Lascio tra voi due cose preziose: il Libro d’Iddio e la mia famiglia”.[8]
La raccolta del Corano al tempo di Abu Bakr
Nonostante il Profeta ordinò ai suoi compagni di mettere per iscritto il Corano, è plausibile che durante la sua presenza non vi fosse ancora un unico codice di facile accesso per i fedeli. Ali Ibn Abi Talib dichiarò che non avrebbe più indossato il suo mantello (con l’intento di uscire di casa), all’infuori che per la Preghiera del venerdì, prima di aver raccolto il Corano.[9] Lo fece in sei mesi compilando una versione inclusiva della spiegazione dei versetti e delle cause della loro rivelazione.
Durante la battaglia di Yamama[10] ottanta, o quattrocento secondo alcune fonti, huffaz (memorizzatori del Corano) persero la vita preoccupando Abu Bakr sul destino del Corano e sul pericolo di perderlo o dimenticarlo. Fu così che commissionò Zayd Ibn Thabit di raccoglierlo “dai cuori di coloro che lo hanno memorizzato” per fornire un unico volume univocamente accettato ed in circolazione in terra musulmana. Si narra che fu Umar a fare presente ad Abu Bakr l’elevato numero di vittime tra gli huffaz ed a consigliargli di raccogliere i vari fogli sparsi del Corano. Inizialmente Abu Bakr rimase scettico, in quanto non voleva fare qualcosa che il Profeta non avesse fatto prima di lui, ma poi “Dio gli aprì il cuore” ed incaricò Zayd della missione.[11]
Degno di nota è il fatto che dalla stessa narrazione presente in Bukhari si evince che non vi fu fretta di avere una versione codificata del Corano in quanto la raccolta di Zayd passò personalmente ad Umar e poi a sua figlia Hafsa. Ciò potrebbe dimostrare che il Corano fosse già diffuso tra i musulmani del tempo e che la copia ricevuta da Hafsa fosse stata redatta nel malaugurato caso il Corano potesse andare perduto.
La raccolta al tempo di Uthman
Nel ventesimo anno dell’Egira quattro versioni codificate del Corano erano in utilizzo in quattro diverse zone: la versione di Ubayy Ibn Ka’b a Damasco, quella di Abdullah Ibn Mas’ud a Kufa, quella di Abu Musa al-Ash’ari a Basra e quella di Miqdad Ibn Amr a Hums.[12]
Inoltre si riporta che alcuni fedeli si lamentarono presso il califfo Uthman dopo aver sentito la recitazione del Corano da parte di alcuni non-arabi che non pronunciavano bene le parole, cambiandone così addirittura il significato. Fu così che Uthman, dopo essersi consultato con alcuni compagni a Medina, decise di redigere una versione del Corano codificata. Dopo essersi fatto fornire la versione di Hafsa riunì Zayd Ibn Thabit, Abdullah Ibn Zubayr, Sa’id Ibn al-As, Abdul-Rahman Ibn Harith Ibn Hisham per copiarla e fornire una copia finale e in caso di divergenza con Zayd si sarebbe dovuto rispettare il dialetto quraiscita. La copia venne infine ufficializzata e inviata nelle capitali di ogni regione.[13]
Apparentemente la copia di Hafsa venne usata come strumento di supporto o comparativo con le altre versioni. Si riporta inoltre che poco dopo aver formato la squadra di lavoro, si necessitò di altre persone: con Ubayy Ibn Ka’b a capo e altri sette che si unirono, il numero dei raccoglitori raggiunse dodici esperti. A volte la squadra ebbe il compito di correggere errori presenti nelle copie personali in circolazione come quanto riportato dal servo di Uthman, Abdullah Ibn Hani al-Barbari, il quale afferma di aver testimoniato ad alcune sessioni della raccolta ed aver visto Ubayy Ibn Ka’b apportare alcune correzioni.[14]
Così nel 25 dell’Egira cinque copie furono pronte. Uthman venne criticato per aver bruciato o distrutto alcune copie ma questa sua azione fu il risultato di una consultazione avuta con vari compagni. Ali Ibn Abi Talib disse a riguardo: “Giuro su Dio che Uthman non ha fatto niente sulla questione del mushaf senza il nostro consenso unanime” e “Se fossi stato il responsabile della codificazione del Corano non avrei agito differentemente”.[15]
Copie ufficiali vennero spedite poi a Kufa, Basra, Damasco e Mecca mentre la copia originale, chiamata anche “copia dell’Imam” venne tenuta a Medina.[16] Secondo alcune fonti delle copie vennero inviate anche in Yemen e Bahrain.[17]
L’ordine delle sure
Le sure del Corano non sono state raccolte con criterio cronologico; spesso si possono anzi notare le sure rivelate a Medina all’inizio e quelle rivelate a Mecca alla fine. Ci sono due opinioni prevalenti riguardo l’ordine delle sure: la prima sostiene sia stato fornito sotto istruzione del Profeta stesso (ordine tawfiqi) e la seconda attraverso le delibere dei compagni (ordine ijtihadi). Alcuni studiosi sono giunti alla conclusione che l’ordine della gran parte delle sure sia tawqifi ed il resto ijtihadi.
I sostenitori dell’ordine tawqifi forniscono ragioni come le seguenti:
1) E’ risaputo che il Corano veniva recitato al tempo del Profeta. Per far ciò naturalmente si necessitava di un ordine delle sure per la recitazione. Inoltre è riportato che compagni quali Abdullah Ibn Mas’ud e Ubayy Ibn Ka’b recitarono l’intero Corano in presenza del Profeta.
2) Le sure del Corano non sono in ordine cronologico né in ordine di lunghezza. Ne consegue che non vi sia un ordine ben preciso. Se i compagni del Profeta avessero ordinato le sure, avrebbero utilizzato un criterio di più facile identificazione. Al-Suyuti scrive: “Per provare che l’ordine delle sure del Corano basti pensare che le Hawamim (40-46) e le Tawasin (26-28) sono in sequenza ma le Musabbihat (17-57-59-61-62-64-87) non lo sono. Inoltre nelle Tawasin la sura al-Naml è la più lunga ma si trova in mezzo alle altre due”.[18]
3) Non esiste nessuna documentazione specifica che parli di discussioni dei compagni sull’ordine dei capitoli. Da ciò si deduce che un ordine stabilito esisteva sin dal tempo del Profeta.
I sostenitori dell’ordine ijtihadi invece affermano quanto segue:
1) L’ordine delle sure non è una questione importante per il fedele. Per esempio la versione di Ali fu scritta in ordine cronologico ma non quella di Abdullah Ibn Mas’ud o Ubayy Ibn Ka’b. Queste differenze provano che al tempo del Profeta non ci fosse stato un unico criterio riguardo l’ordine.
2) Fintanto che il Profeta era in vita c’era sempre la possibilità che altri passi o altre sure venissero rivelati. Dunque l’ordine di tutte le sure è stato effettuato dopo la sua dipartita. Alcuni studiosi ritengono che il presente ordine venne stabilito durante il califfato di Uthman Ibn Affan.
3) L’ordine delle sure non segue l’ordine cronologico della rivelazione e per questo motivo deve essere stato stabilito in un tempo successivo a quello profetico.
NOTE
[1] Azami, History of Qur’anic Text, p. 62.
[2] Bukhari, Sahih, vol. 6, p. 545.
[3] Muslim, Sahih, vol. 4, p.174.
[4] Ibn Sa’d, al-Tabaqat, vol. 8, p. 89.
[5] Kulayni, al-Kafi, vo. 2, p. 639.
[6] Khu’i, al-Bayan, p. 274.
[7] Muslim, Sahih, vol. 3, p. 399.
[8] Muslim, Sahih, vol. 3, p. 501.
[9] Suyuti, al-Itqan, vol. 1, p. 99.
[10] Si tratta della battaglia contro il falso profeta Musaylama nell’anno 11 dell’Egira in cui 960 musulmani persero la vita (vedesi Tarikh al-Tabari, vol. 2, p. 516).
[11] al-Bukhari, Sahih, vol. 9, hadith 301.
[12] Dr. Ramyar, Tarikh-e-Qur’an, p. 337 (citando Ibn Athir).
[13] Bukhari, Sahih, vol. 6, hadith 510.
[14] Suyuti, al-Itqan, vol. 1, p. 197.
[15] Suyuti, al-Itqan, p. 138.
[16] Suyuti, al-Itqan, vol. 1, p. 188.
[17] Quran dar Islam, p. 16.
[18] Suyuti, al-Itqan, vol. 1, p. 219.
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