L’Imam ‘Alī (as) descrive i muttaqīn [1]
Muĥammad ibn al-Ĥasan ibn Aĥmad ibn al-Walīd, da Muĥammad ibn al-Ĥasan al-Ŝaffār, da °Alī ibn Ĥasan al-Wāsitī, da suo zio °Abdul-Rahmān ibn Kuthayr al-Hāshimī, da Ja°far ibn Muĥammad, da suo padre, che la pace sia su entrambi, ha riportato:
Hamām, uno tra i più devoti compagni del Principe dei Credenti, che la pace sia su di lui, un giorno gli domandò: «O Comandante dei Credenti (Amīr al-Mū’minīn)! Descrivimi il muttaqī come se lo avessi davanti agli occhi». Egli, che la benedizione d’Iddio sia su di lui e sui suoi figli immacolati, dopo un attimo di silenzio, gli rispose:
«O Hamām! Sta’ attento! Temi Iddio e compi opere buone poiché “Iddio è con coloro che mantengono la taqwă e con coloro che compiono il bene” [16:128]».
Hamām volle insistere: «O Comandante dei Credenti! Te lo chiedo per Colui che ti ha onorato ed elevato al di sopra dei tuoi simili, per Colui che ti ha amato e favorito ricolmandoti dei Suoi immensi doni e della Sua Grazia ineffabile, descrivimi il vero muttaqi…».
A quel punto il Comandante dei Credenti, che la pace e la benedizione d’Iddio siano su di lui, si alzò, lodò e pregò Iddio, benedisse il Profeta e la sua famiglia, e quindi così parlò:
«Dunque… Invero Iddio, Onnipotente ed Eccelso, creò tutte le cose senza necessitare in alcun modo della loro obbedienza, essendo totalmente immune dai peccati delle Sue creature: esse infatti non possono nuocerGli, né l’obbedienza [dei Suoi servi devoti] può arrecarGli beneficio alcuno. Egli ha suddiviso tra loro i mezzi di sussistenza ed ha assegnato a ciascuno il proprio stato nel mondo. Iddio scacciò Adamo ed Eva, che la pace sia su entrambi, via dal Giardino come punizione per la loro disobbedienza.[2] In questo basso mondo i muttaqūn si distinguono per le proprie virtù, parlano correttamente, si vestono con modestia e vivono in umiltà. Essi si sottomettono a Iddio, Onnipotente ed Eccelso, in totale estatica obbedienza. Distolgono i loro sguardi da ciò che Iddio ha proibito loro [di vedere] e ascoltano [solamente] ciò da cui possano trarre beneficio. Sono perseveranti nelle difficoltà come fossero agi, poiché [sempre] soddisfatti della Volontà Divina. Se non dipendesse dal periodo [di vita] prefissato da Dio, il loro spirito non rimarrebbe nel corpo neanche il tempo di un battito di ciglia, e ciò a motivo dell’anelito alla ricompensa e del timore della punizione. Le loro anime sono in perenne contemplazione della grandezza del proprio Creatore, tanto che ogni altra cosa appare piccola ai loro occhi. Essi [vivono] come se vedessero il Paradiso e già ne gustassero le benedizioni, e come se vedessero l’Inferno e ne testimoniassero le punizioni. I loro cuori sono tristi ma mondi, i loro corpi sono magri ma parchi, le loro anime sono pure e ciò di cui beneficiano da questo mondo è incommensurabile. Pazientate per pochi e brevi giorni ed avrete un lungo riposo! Si tratta di uno scambio vantaggioso che il Signore Iddio ha facilitato per loro. Questo mondo li vorrebbe ma essi lo rifiutano. Esso li blandisce ma loro non ne fanno parte. Durante la notte sono in fila, ritti sui loro piedi, a leggere parti del Corano, recitandolo con tono cadenzato e con intima tristezza, dandosi la lieta notizia, piangendo con dolore per i propri peccati, cercando un rimedio alla propria sofferenza. Quando leggono un versetto che rammenti la paura [dell’Inferno], costoro lo ascoltano con l’orecchio del cuore, lo vedono, odono i rumori dell’Inferno e i suoi lamenti. Quando leggono un versetto che li fa desiderare [il Paradiso] lo bramano ed è come se fosse davanti ai loro occhi. Essi chinano la schiena, glorificano Iddio, si prosternano sulle loro fronti, i loro palmi, le loro ginocchia e i loro pollici. Le lacrime attraversano le loro guance e pregano Iddio affinché li liberi dalle catene [di questo basso mondo]. Durante il giorno sopportano e apprendono con la virtù dei pii. Il timore [d’Iddio] li ha resi affilati come frecce. Quando qualcuno li guarda sembrano malati nonostante non lo siano, o dicono di loro: “Sono estraniati”. E’ il grande affare [3] a renderli estraniati. Se meditano sulla grandezza d’Iddio e sul potere della Sua autorità, sono rapiti in spirito al ricordo della morte e del terrore del [Giorno del]la Resurrezione: i loro cuori si spaventano, le loro menti si allarmano e i loro animi si agitano. Al risveglio sanno in cuor loro di dover compiere azioni pure a gloria di Dio, non sono mai soddisfatti del proprio operato per quanto virtuoso, sono convinti che, seppur incessantemente impegnati nel perseguire il bene, non sia mai abbastanza e usano grande attenzione in tutto quel che fanno.
Quando qualcuno li biasima (ingiustamente) dicono: “Conosco me stesso meglio degli altri e il mio Signore mi conosce meglio di me stesso. O Iddio mio! Non biasimarmi per quello che dicono e rendimi migliore di quanto suppongono. Perdonami [gli errori] di cui [loro] non sanno. Tu sei il Conoscitore dell’invisibile e Colui che nasconde i difetti”. Fa parte dei loro segni distintivi l’essere saldi nella [osservanza della] religione e determinati nelle difficoltà; la loro fede è certezza, aspirano alla conoscenza e ad un’autentica comprensione di essa senza mai trascurare la clemenza; ciò che ottengono lo utilizzano per il [proprio] sostentamento, la loro intrinseca tenerezza si manifesta in un costante esercizio della carità, sono morigerati nelle ricchezze e durante l’adorazione si sottomettono [con reverenza]; patiscono la fame e pazientano con ardore, la misericordia anima [tutti i loro] sforzi, danno [a ciascuno il suo] secondo giustizia, si sostentano esclusivamente con il proprio guadagno, chiedono [sempre] ciò che è lecito, seguono la retta via, detestano l’avidità, fanno il bene nel rispetto della [propria] integrità [morale] e si tengono al riparo dalle passioni [dell’ego]. [Il muttaqī] non si fa mai ingannare dagli elogi degli ignoranti, né trascura di valutare con severità il proprio operato. Egli giudica ogni [suo] atto privo della necessaria sollecitudine. Nonostante compia azioni pie il timor di Dio non lo abbandona mai. Alla sera è ansioso di ringraziare [il Signore] e al mattino è impegnato nel [Suo] Ricordo.[4] Trascorre la notte con scrupolosità e si sveglia con gioia, meditando sulle proprie negligenze, ma felice dei favori e della misericordia a lui concesse. Seppur sfiancato dall’incessante lotta contro il proprio ego, egli non cede a nulla che possa danneggiarlo, poiché la sua gioia è unicamente fondata su ciò che permane ed è eterno. Il sollievo dei suoi occhi risiede in ciò che è imperituro, il suo desiderio in ciò che non ha fine ed è costantemente dedito all’ascesi. Egli combina la clemenza con la conoscenza e la conoscenza con l’intelletto. La pigrizia non gli appartiene, è sempre attivo, le sue speranze non sono vane, ha pochi difetti, è cosciente della morte incombente, il suo cuore è riverentemente sottomesso, ricorda sempre il suo Signore ed ha paura di cadere nel peccato. La sua anima è appagata, è privo d’ignoranza e [conduce] i suoi affari con facilità; protegge la sua religione, è morto alle passioni, doma la sua furia, il sui modi sono puri, il suo vicino è al sicuro, poco è il suo orgoglio, la sua pazienza è salda, ricorda Iddio frequentemente ed è determinato nell’agire quotidiano. Nelle cose confidenziali sa essere discreto ma al contempo non nega l’evidenza contro i suoi nemici; non agisce con ostentazione, non trascura il pudore, opera sempre nel bene e non è mai fonte di male, quando si trova tra coloro che dimenticano [Iddio] egli viene considerato della schiera di coloro che Lo ricordano, e quando si trova tra coloro che Lo ricordano egli non viene [mai] considerato della schiera di coloro che Lo dimenticano. Egli perdona chi si è comportato ingiustamente con lui donandogli ciò di cui è stato privato e cerca di riallacciare i rapporti [perduti]. La sua sopportazione non viene mai meno e non è affrettato nel valutare le questioni di dubbia natura. È sempre magnanimo con gli errori del prossimo. L’ignoranza non gli appartiene, il suo parlare è corretto, è privo di malvagità, il suo agire è sempre virtuoso, il suo discorso veridico, compie il bene, il bene che fa è [sempre] riscontrabile [in lui] e rifugge incessantemente il male. Nei terremoti e nelle calamità dimostra saldezza, è paziente nelle difficoltà e nei momenti lieti ringrazia [Iddio]. Egli non si abbandona agli eccessi contro il nemico e non pecca per colui che ama. Non pretende ciò che non gli appartiene ma fa valere il proprio diritto. Egli confessa la verità prima che venga testimoniata contro di lui. Egli ha cura di ciò che gli viene affidato e non dimentica [ciò di cui deve ricordarsi]. Non apostrofa il prossimo con appellativi offensivi e non opprime nessuno. Non invidia, non reca danno al vicino e non si rallegra per le disgrazie [altrui]. Egli è sollecito nel compiere la Preghiera rituale entro il tempo stabilito, mantiene la fiducia riposta in lui, pondera con attenzione se costretto ad azioni spiacevoli, esorta [gli altri] a compiere il bene, non prende parte alle attività degli ignoranti e non viene meno al proprio dovere. Se è nel silenzio, il silenzio non lo angoscia; se parla, nel suo eloquio non vi sono errori; se ride non alza la voce più del necessario. Egli è appagato da quel che gli è stato destinato, la sua ira è scevra da qualsivoglia tipo di eccessi, i suoi desideri non riescono a dominarlo, non è avaro e non ambisce a ciò che non gli spetta. Egli si unisce alle genti per imparare, pone domande per comprendere al meglio e investiga [ulteriormente] per apprendere [ancora di più]. Il suo silenzio non mira a suscitare meraviglia e non parla per vanagloria. Se subisce un’ingiustizia pazienta fino a che Iddio non rivendichi [il suo diritto]. Egli domina il proprio ego tramite l’esercizio della pazienza e le persone amano stargli vicino. Egli mette a rischio la propria vita per amore del prossimo e le genti al suo fianco si sentono al sicuro. Egli si isola dagli altri a motivo della sua ascesi ma è vicino a chi è a lui vicino con misericordia. Il suo distacco [dagli altri] non è frutto né di arroganza, né di orgoglio, né d’inganno. In realtà egli cerca di uniformarsi all’esempio virtuoso dei santi uomini che lo hanno preceduto, ossia gli Imam del creato, i migliori tra le genti della bontà».
A quel punto Hammām, preso da un malore improvviso, tutt’a un tratto morì.
Allora il Comandante dei Credenti, che la pace sia su di lui, esclamò: «Lo giuro su Iddio: temevo che ciò sarebbe accaduto!». Quindi ordinò di preparare il funerale e pregò [ossia eseguì la Preghiera funebre] su di lui. Poi disse: «Certe esortazioni hanno un ben determinato effetto su quegli intelletti particolarmente ricettivi [riguardo alle realtà superiori]».
Allora gli fu chiesto: «O Comandante dei Credenti! Come mai tu non sei soggetto a un tale effetto?»
E il Comandante dei Credenti rispose: «Sta’ attento! Per la morte vi è un momento stabilito che non può essere né oltrepassato, né causato [da terzi]. Non si può venir meno [a tale regola]. Non dire più quello che hai detto poiché è Satana che te lo ha posto sulla lingua».
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NOTE
[1] I muttaqin sono coloro che possiedono la Taqwa, uno dei concetti che più ricorrono nel Sacro Corano e nella Sunnah del Profeta (S) e degli Imam della Ahl al-Bayt (as). Per taqwă si intende l’essere coscienti di Dio e dunque si giunge ad ottenere la facoltà di astenersi dal male e dal peccato. Ne consegue che il significato di taqwă va necessariamente correlato a quello di fede. A esso si fa riferimento nella seconda sūrah del Corano (2:1-4): «Questo è il Libro su cui non vi è dubbio [alcuno], [è] una guida per i muttaqīn, coloro che credo-no nell’invisibile, eseguono la preghiera e spendono ciò di cui li abbiamo provvisti, e che credono in ciò che è stato fatto scendere su di te e in ciò che è stato fatto scendere prima di te, e sono certi dell’Aldilà»
[2] Il trentesimo versetto della sura della Giovenca rende chiaro che lo scopo d’Iddio fosse quello di nominare un califfo sulla terra. Ciò significa che Adamo, che la pace sia su di lui, venne creato per vivere in questo mondo e non altrove. Comunque la sua discesa dai regni celesti dovette passare necessariamente da varie tappe nella scala della creazione. Iddio dunque fece stabilire Adamo con la sua consorte Eva, che la pace sia su entrambi, in un giardino speciale nel quale non avrebbero dovuto cibarsi da un determinato albero. Iblīs trasse in inganno Adamo ed Eva, che la pace sia su di loro, facendoli avvicinare all’albero. Essi si resero conto quindi della loro nudità, ossia di possedere, oltre che a qualità spirituali, anche istinti e desideri materiali. Fu così che “scivolarono” nel nostro mondo o, in altre parole, si resero conto della propria natura in accordo alla loro dimensione esistenziale. Alcuni esegeti, basandosi su certe tradizioni, hanno suggerito che l’errore di Adamo, che la pace sia su di lui, venne causato dalla sua invidia nell’osservare il rango dell’Inviato d’Iddio, di ‘Alī, Fāţimah, Ĥasan e Ĥusayn, che la pace sia su tutti loro, mentre realizzava la sua inferiorità. Nell’opera ‘Uyūn Akhbār al-Riđā si narra che l’Imam al-Riđā, che la pace sia su di lui, disse che l’albero proibito fosse, infatti, l’“albero dell’invidia” e nel Tafsīr Imām al-‘Askarī si narra che l’undicesimo Imam, che la pace sia su di lui, disse che si trattasse dell’albero della «conoscenza di Muĥammad e della sua famiglia». Altri esegeti hanno sostenuto l’impossibilità di una tale tesi poiché sarebbe in contraddizione con il sacro Corano nel quale si allude al desiderio di Adamo ed Eva, che la pace sia su di loro, di vivere nel giardino per sempre nel versetto 7:20-21. Dato che non esiste nessuna contraddizione tra il desiderio di Adamo ed Eva, che la pace sia su di loro, di diventare immortale e la realtà che è stata attribuita all’albero proibito in alcune tradizioni, possiamo dire che le due posizioni non si escludano necessariamente a vicenda,
[3] In varie tradizioni gli Imam della Ahl al-Bayt (as) ripongono l’attenzione sul “nostro affare”, il “magnifico affare” o il “grande affare”, intendendo con queste espressioni una realtà di portata spirituale assai profonda, attinente i segreti divini di cui gli Imam sono i depositari, il cui significato viene svelato allo Sciita in accordo al suo livello di percezione spirituale.
[4] Per dhikr, che abbiamo tradotto con l’espressione Ricordo d’Iddio, in genere viene inteso un atto rituale come la Preghiera, la recitazione del Sacro Corano o la recitazione di liturgie particolari includenti i nomi d’Iddio.
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