I miracoli (Ayatullah Mesbah Yazdi)

I miracoli


Ayatullah Mesbah Yazdi


Una caratteristica della dottrina religiosa e divina è l’accettazione dell’idea dei miracoli, che invece viene misconosciuta dalla scuola materialista. Questo tema viene usato a pretesto proprio da tali scuole materialiste contro quelle teologiche, in particolare quelle specificatamente religiose, accusandole di violare il principio di causalità. Essi affermano che l’accettazione di tali fenomeni religiosi di fatto costituisce una violazione del principio di causalità: ogni cosa, se possibile, deve venire all’esistenza attraverso la sua propria causa e le proprie condizioni, altrimenti ricade nell’impossibile. «Come potete affermare – essi accusano – che un fenomeno può venire all’esistenza senza avere una causa materiale? È una negazione del principio di causalità». Essi considerano questo un punto debole della scuola divina. Forse alcuni autori marxisti fanno riferimento proprio a questo quando dicono che la scuola religiosa crede nella manifestazione accidentale delle cose, intendendo con ciò i miracoli.


Nonostante il fatto che coloro che credono nel caso sono gli stessi materialisti, visione dalla quale peraltro essi non hanno scampo, vengono ad accusarci di credere in esso. Realizzando che noi ammettiamo la manifestazione di fenomeni cosiddetti eccezionali e miracolosi, essi affermano: in questo caso presentate un fatto accidentale privo di causa e, ammettendolo, rifiutate il principio di causalità in quanto legge necessaria generale. Questo è una delle asserzioni infondate di cui i materialisti accusano i teologi. Quanta verità c’è in tutto ciò? Il principio di causalità è una legge generale che non ammette eccezioni? Se accettiamo questa legge allora dobbiamo negare i miracoli? O la questione può essere risolta in una maniera differente?


Va detto che il principio di causalità è un principio filosofico universale e necessario. Esso non ammette eccezioni. Per spiegare meglio questo soggetto dovremmo addentrarci in una analisi filosofica che, di fatto, andrebbe oltre il limite della presente trattazione. Non è quindi nostra intenzione trattare un tale vasto soggetto filosofico. Se qualche volta ci addentriamo nell’analisi di simili temi, lo facciamo perché essi sono in relazione con certe questioni presenti nel Corano che richiedono delle spiegazioni. Altrimenti cerchiamo di non addentrarci in questioni filosofiche non rilevanti. Il problema, ora, è il seguente: se il principio di causalità è un principio universale e necessario, i miracoli come possono essere giustificati?


Diverse posizioni concernenti i miracoli


1. È la posizione di coloro che considerano i miracoli delle superstizioni, affermando che sono miti e leggende che sono rimasti quali retaggi nella mente umana dalle epoche mitiche e leggendarie. I loro residui sono stati trasportati fino alle successive epoche religiose e restarono profondamente radicate nella mente umana, fino a riemergere sotto forma di miracoli, che non sono più che leggende fantastiche e irreali. Questa è la posizione, in sostanza, dei materialisti e della maggior parte degli scienziati. Tali pensatori fondamentalmente negano tutte le religioni, dal momento che la caratteristica prominente di ogni religione divina è quella di riconoscere i miracoli, in particolare l’Islam, dal momento che il Corano è abbastanza esplicito a riguardo, per cui negare i miracoli è negare il Corano stesso. Ossia, o dobbiamo ammettere che il Corano è un Libro vero, e quindi anche i miracoli sono veri, oppure dire che, dal momento che il Corano è un miracolo, esso è falso. Altrimenti è irrazionale accettare il Corano e negare i miracoli. Le affermazioni del Corano a riguardo sono così estese che non ci possono essere dubbi circa la verità dei miracoli. Essendo questo il caso, alcuni accusano l’Islam di essere una falsa religione perché dice, per esempio, che qualcuno ha lanciato il suo bastone e questo si è trasformato in un serpente. Questo non sarebbe altro che un mito. Come può un pezzo di legno trasformarsi in un serpente? Il Corano afferma: Gettò il bastone ed ecco che si trasformò in un serpente reale [VII, 107; XXVI, 21]. Essi affermano che questo racconto è una leggenda e, di conseguenza, il Corano stesso non è un Libro di verità. Inoltre – essi affermano – secondo il Corano Gesù sarebbe nato senza avere un padre e uno spirito sarebbe apparso a Maria, ma la scienza non accetta queste cose. Quindi il Corano è menzognero. Il Corano – dicono – asserisce che Gesù, un neonato di uno o due giorni, giacente nella sua culla, cominciò a parlare e ad affermare anche di essere un profeta con una scrittura divina. Quando i Figli di Israele accusarono Maria dicendo: O Maria! hai commesso un abominio! O sorella di Aronne! Tuo padre non era un empio né tua madre una libertina. Il loro attacco nei suoi confronti fu molto duro. Ma ella indicò il bimbo nella sua culla: Dissero: «Come potremmo parlare con un infante nella culla?». Ma egli li sorprese e disse: In verità sono un servo di Dio. Mi ha dato la scrittura e ha fatto di me un profeta. Mi ha benedetto ovunque sia e mi ha imposto l’orazione e la decima finché avrò vita e la bontà verso colei che mi ha generato [XIX, 27-32]. Un neonato, parlando in tal modo dalla sua culla, li ha sbalorditi tutti! Ma che storia è questa! Poi il Corano aggiunge che fu un segno divino inviato tra le persone in modo tale che esse potessero conoscere Dio e sapere che Egli è capace di fare ogni cosa e che devono sottomettersi a Lui. Insomma, per i pensatori scientifici queste cose sono impossibili, la scienza non le ha mai dimostrate e non sono altro che superstizioni di cui nel Corano ricorrono molti esempi. Questa prima posizione, dunque, rifiuta il Corano perché contiene e ammette simili cose.


2. Questa posizione è leggermente più moderata della precedente. È la posizione di coloro che esteriormente si presentano come musulmani e sostenitori del Corano, ma che in realtà, pieni di ignoranza o ipocrisia, alla fine ricorrono alla precedente interpretazione di tali versetti. Essi affermano: i significati di quei versetti non sono quelli generalmente compresi da alcune persone, ma presentano diversi significati. A volte anche loro giungano a ritenerle delle mere superstizioni. Essi affermano infatti che il Corano contiene anche dei miti, e queste storie ne sono un esempio. Miti – loro affermano – che presentano dei loro benefici, se correttamente spiegati dai mitologi.


3. Coloro che assumono questa posizione affermano che, sebbene dalle suddette espressioni si evincono i significati che abbiamo visto, in realtà la storia è diversa. Quando si dice che Gesù avrebbe guarito i malati – essi affermano – in realtà si intende dire che li avrebbe curati, dal momento che Gesù era un abile medico. In quell’epoca in cui la medicina era discretamente sviluppata, Gesù era un medico geniale che si dedicava ai deboli e ai poveri. Egli era solito invitare le persone a portare da lui i malati affinché li curasse. Egli voleva offrire i suoi servizi umanitari alla società, non far sfoggio di miracoli: «…e curò il cieco e il lebbroso» significa che egli medicò e curò i malati come qualunque altro medico cercherebbe di fare; «e riportò in vita il morto» significa che Gesù era solito disseppellire alcuni cadaveri. Queste azioni non possono star a significare che egli guariva miracolosamente le malattie o riportava in vita il morto. No, egli riesumava il morto come morto, non vivo! Per quanto riguarda l’episodio in cui i Figli di Israele attraversarono il Mar Rosso, mentre Faraone e i suoi uomini annegarono nel mare, il quale fu uno dei miracoli di Mosè, essi lo interpretano così: avete mal compreso anche questo episodio; Mosè fu cresciuto alla corte del Faraone, e a quel tempo l’astronomia e altre scienze affini erano molto comuni tra le persone; Mosè era un uomo intelligente e di talento, per cui imparò dai saggi del tempo presenti alla corte del Faraone le leggi riguardanti il riflusso del mare e le maree; egli poté calcolare con precisione i periodi di alta e bassa marea, e i suoi calcoli mostrarono che si sarebbe verificata una bassa marea insolita tale che il fondo del mare sarebbe stato visibile e transitabile; egli decise quindi di attraversare il mare con il suo popolo proprio in quel lasso di tempo, per cui quando gli fu detto «colpisci il mare con il tuo bastone…» (XXVI, 63), si trattava proprio di un riferimento a questo fenomeno di bassa marea, e il colpire il mare con il suo bastone si riferiva all’ordine di procedere “tastando” il terreno durante la bassa marea e attraversare così il mare in sicurezza. Dunque non fu altro che un fenomeno naturale. Similmente, anche gli altri miracoli riportati nel Corano possono essere interpretati in simili modi ridicoli o dolorosi. Un eminente esempio di tali ottuse e distorte interpretazioni del Corano è quello del commentatore indiano Sir Ahmad Khan, che ne collezionò diverse. Anche alcuni commentatori egiziani hanno ripreso le sue elucubrazioni, ed è alquanto biasimevole che delle persone che si considerano autori e divulgatori di esegesi coraniche in lingua persiana citino tali nefandezze, facendo di queste addirittura motivo di orgoglio. Questa è una posizione che, di fatto, distorce il Corano. Se vogliamo metterci a giocare con le parole e spiegare le cose in base ai nostri desideri, allora non vi può essere alcun significato specifico per le parole, e ognuno può assegnare loro ogni significato che desidera, come è stato fatto dagli ipocriti, che interpretano i versetti del Corano in tutte le forme che vogliono. Se tale porta viene abbattuta, non si potrà fare affidamento su nessun discorso e nessuna parola può mantenere il suo specifico significato, nel qual caso due significati contrari, uno positivo e l’altro negativo, possono essere ascritti a una singola parola. Se questo è il caso, allora è meglio lasciare da parte il Corano che mettersi a fabbricare simili ridicole interpretazioni di esso. Ogni onesto pensatore con una certa conoscenza della lingua araba può realizzare che assegnare simili significati ai versetti è più disdicevole che negare il Corano tout court. A questo punto è meglio dire che il Corano è una menzogna. Ammettere che il Corano è un Libro divino autentico che è stato inviato all’umanità non può essere in armonia con simili ridicole interpretazioni.


4. Anche questa posizione nei confronti dei miracoli è ambigua. I suoi sostenitori affermano che la verità riguardo ai miracoli è il miracolo della scienza. Ossia, essi affermano: noi accettiamo che Mosè, Gesù e gli altri profeti hanno compiuto cose contrarie ai normali processi naturali, in quanto Dio ha concesso loro un potere che era il segno della loro profezia. Quello che fecero fu straordinario, ma le cause di tali realizzazioni non erano quelle che comunemente si pensa, ma altre. Dio ha dato loro la capacità di conoscere le cause naturali di quei fenomeni, ed essi hanno quindi utilizzato questa loro conoscenza straordinaria di origine divina. L’applicazione di tale conoscenza può sembrare a certe persone un miracolo, l’effetto fu in realtà portato a termine attraverso le leggi naturali. Per esempio, è noto che in chimica ci sono innumerevoli azioni e reazioni con risultati sorprendenti. Coloro che conoscono queste formule, soluzioni, impasti e composti chimici possono manifestare effetti straordinari che sorprenderebbero i profani. Le persone ordinarie pensano che il fuoco e l’acqua non possono mai stare sussistere a contatto, mentre un chimico può facilmente illustrare un esperimento in cui vediamo il fuoco sulla superficie dell’acqua. Tali esempi sono molto comuni in chimica. Quindi, coloro che non conoscono nulla di queste formule pensano che si tratti di miracoli, per cui se qualche illetterato in un deserto compie simili dimostrazioni, queste apparirebbero come miracoli, in quanto gli altri non sanno nulla di queste cose e non saprebbero riprodurle. Successivamente, quando i segreti fondamentali vengono scoperti e ognuno potrebbe riprodurli, questi fenomeni non vengono più considerati dei miracoli. Di conseguenza, un miracolo è una questione relativa. Sotto certe condizioni e in certi luoghi, un atto compiuto da certe persone davanti a certe altre persone sembra un miracolo, dal momento che queste ultime non sanno nulla delle sue cause, non possono riconoscerlo e sono incapaci di riprodurlo. Ma la stessa realizzazione perde la sua natura miracolosa e diviene un fatto ordinario quando tutte le persone possono apprenderlo e hanno tutti i mezzi necessari a loro disposizione per riprodurlo. Cento anni fa, se qualcuno avesse potuto udire una voce proveniente dall’altra parte del mondo, ciò sarebbe stato considerato un miracolo, ma oggi, quando tutti oramai possono far uso del telefono per ascoltare la voce di un proprio amico oltreoceano, non può essere più considerato tale. Così, quando un atto viene compiuto per la prima volta, in particolare se il suo esecutore è privo di ogni insegnamento e conoscenza e si trova ad operare in un contesto di ignoranza diffusa, esso apparirà certamente come un miracolo. I sostenitori di questa tesi affermano che i profeti appartengono a questa categoria di persone. A essi Dio insegnò alcune formule scientifiche che altri ignoravano. Ma successivamente, dopo lo sviluppo e l’avanzamento della scienza e della conoscenza della gente, i fenomeni da loro prodotti cessarono di essere considerati miracoli. Si tratta di un’altra interpretazione dei miracoli, e di un particolare approccio nei confronti delle affermazioni del Corano circa i fenomeni miracolosi compiuti dai profeti.


Ora, il fatto è che tutte queste posizioni sono false. La prima è una negazione del Corano, la seconda una sua distorsione, la terza e la quarta derivano infine dalla incomprensione del Corano stesso. Quello che il Corano e tutte le religioni divine affermano è che ci sono dei fenomeni che si manifestano in questo mondo causati non dalle cause usuali, ma dalla volontà dei profeti e degli uomini di Dio, che ha loro concesso un potere e una speciale conoscenza per governare le leggi naturali. Come dato di fatto, ci sono eventi o fenomeni che assomigliano a dei miracoli e che possono essere scambiati per miracoli, come quelli causati dagli asceti. A ogni modo, anche questi sono reali, oltre a quelli derivanti da pratiche magiche. Ci sono anche individui devoti che riescono a raggiungere, attraverso una ferrea auto-disciplina, certe verità, che possono apparire miracoli agli osservatori poco informati, mentre osservatori più attenti realizzano che tali pratiche possono essere insegnate e imparate, dal momento che esse posseggono preliminari e cause che conducono alla loro manifestazione. Ma questi non sono miracoli. Un miracolo è un qualcosa che viene donato da Dio e che non ha né cause né mezzi materiali, e non è possibile né insegnarlo né apprenderlo. È un potere concesso dalla volontà di Dio a chiunque Egli voglia – il potere di sovrastare la natura. Per quanto riguarda gli atti compiuti dagli asceti, si tratta di possibilità acquisite per mezzo dell’istruzione e della pratica, e possono essere compiuti anche dagli altri, ma un miracolo è un qualcosa di diverso. La realtà dei miracoli è qualcosa che va oltre la magia, l’ascesi, le scienze occulte e simili.


I miracoli non possono essere né appresi né insegnati, in quanto si tratta di capacità conferite da Dio concesse a chiunque Egli desideri e nei limiti da Lui stabiliti.


Ora ci si potrebbe chiedere: accettare il principio dei miracoli come tale costituisce una contraddizione al principio di causalità? La risposta è negativa. In base al principio di causalità, ogni fenomeno e qualsiasi cosa che non sia auto-esistente dipende, nel suo venire all’esistenza, dall’effetto di un altro fattore. Quindi l’auto-esistente, ossia la sacra Essenza di Dio, non ricade nel dominio del principio di causalità, ossia Dio non è un effetto e non necessita di alcuna causa. Come dato di fatto, certamente Dio è a capo del principio di causalità, dal momento che la Sua sacra Essenza è la causa di tutte le cose sebbene sia esterna al dominio di ciò che è causato. Dio non necessita di alcuna causa, perché il principio di causalità, in base alla sua definizione filosofica, significa che l’esistenza di ciò che non è auto-esistente (ossia è contingente) ed è bisognoso dipende da qualcosa d’altro che deve soddisfare i suoi bisogni, mentre Dio è un Essere auto-sufficiente, privo di bisogni, e quindi Egli non rientra nel dominio della causalità.


Secondariamente, il principio di causalità, in quanto principio intellettuale, dice che dietro agli esseri che sono limitati, condizionati e bisognosi, ci deve essere un qualcosa a loro connesso che li soddisfa. Ma per quanto riguarda cosa sia questo qualcosa, che forma abbia e come eserciti il suo effetto, il principio di causalità non ci dice nulla, ossia non è possibile conoscere la causa particolare di ogni fenomeno dal principio di causalità stesso. La legge di causalità è razionale, a priori rispetto all’esperimento e non dipende da esso, laddove riconoscere le cause particolari è una procedura sperimentale e determinata attraverso gli esperimenti. In altre parole, uno scienziato si mette all’opera nel suo laboratorio, cambia le condizioni e le componenti, li analizza fino a ottenere delle nuove scoperte. Quindi, non appena si manifesta un nuovo fenomeno in laboratorio, come il bagliore di una luce, la percezione di un suono o la comparsa di un nuovo fenomeno di natura materiale, egli immediatamente comprende che, in base alla logica, ci deve essere stata una causa per quello che è avvenuto. Ciò, a ogni modo, è comprensibile attraverso la ragione senza dover fare alcun esperimento. Ma per quanto riguarda quale è stata la causa della manifestazione di quel fenomeno, la mente, da sola, non può aiutarci a trovarla, perché altrimenti non ci sarebbe alcun bisogno di ricorrere alla sperimentazione, e la mente ci direbbe cosa ha causato questo o quest’altro fenomeno. La scienza e l’esperimento possono dirci qualcosa sulle cause particolari, mentre la legge causale è un principio filosofico. Al luogo opportuno forniremo una analisi dettagliata di questo argomento.


In questa sede vorrei solo mostrare fin dove la sperimentazione può aiutarci nel trovare la causa di un fenomeno o di un evento. L’esperimento può dirci, sotto determinate condizioni proprie all’esperimento stesso, quale connessione c’è tra un fenomeno (A) e un fenomeno (B), tale che ogniqualvolta (A) è presente anche (B) si manifesta, e ogniqualvota (A) scompare, anche (B) scompare. Solo l’esperimento può dimostrare la connessione. A ogni modo, l’esperimento può mostrarci che (B) non apparirà mai se non attraverso (A)? Quale esperimento può rispondere a questa domanda? Per accendere un fuoco l’uomo ha usato per anni un certo metodo. Aveva forse il diritto di dire che non vi era altro modo di accenderlo? Sarebbe stato infantile affermare una cosa del genere. Egli non aveva alcun diritto di dire che non vi era altro modo di accendere un fuoco oltre a quello da lui utilizzato. Noi solitamente otteniamo calore dal fuoco, ma abbiamo forse il diritto di dire che il calore non può mai essere ottenuto eccetto che in questo modo? Il solo diritto che abbiamo è quello di dire che, in base alla nostra conoscenza finora acquisita, le cause che producono il fuoco sono queste e quest’altre, ma non abbiamo il diritto di confinare esclusivamente i modi di accendere il fuoco solo a quelli che conosciamo, così come non possiamo affermare che non ci possono essere altri fattori che producono il fuoco, in quanto solo un ignorante può affermare una cosa del genere, e non ci si aspetta che un ricercatore trascuri o neghi l’effetto di un fattore impercettibile.


La sperimentazione può dimostrare quello che rientra entro lo scopo della sua funzione, supportata dai sensi dell’uomo, ma non ha alcun diritto di negare quello che si trova oltre il suo dominio. Quindi, asserendo che la scienza nega tali procedimenti come rivendicati dai profeti è un non-senso. La scienza non può negarli. Essa può solo affermare che l’esperimento mostra che un essere umano è venuto all’esistenza attraverso i suoi genitori, ma non ha alcun diritto di affermare che è impossibile che venga all’esistenza in altro modo. Fondamentalmente, l’esperimento non può provare l’impossibilità. L’impossibilità non è un concetto sperimentale, ma filosofico. Se l’impossibilità può essere provata, può esserlo solo attraverso l’argomentazione razionale. Ciò che l’esperimento può provare è la non-manifestazione, non l’impossibilità. Quindi nessuna scienza, per quanto avanzata possa essere, può negare i miracoli e dire che sono impossibili. Ciò che la scienza dimostra non contraddice l’esistenza dei miracoli. Di conseguenza, confermare i miracoli non significa negare la causalità nella loro manifestazione. Di fatto, essi confermano l’esistenza di una causa dietro tutte le cause note agli esseri umani – una causa che è soprannaturale e straordinaria. Essi non negano assolutamente tutte le cause. Quindi il principio di causalità, in quanto necessario e generale, può coesistere con i miracoli e gli eventi straordinari, senza creare alcun problema.


Tratto da: Ayatullah Mesbah Yazdi, The Learnings of Glorious Quran

Writer : shervin | Comments Off on I miracoli (Ayatullah Mesbah Yazdi) Comments | Category : Dottrina

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