L’Imam Mahdi e l’escatologia sciita
R. Arcadi
Da qualche tempo a questa parte è dato d’assistere nel mondo occidentale all’inquietante spettacolo di tutto un ribollire variegato di pulsioni millenaristiche ed escatologiche, cui fa da contraltare, in altri ambienti, una completa rimozione di questa medesima problematica, se non altro nei suoi aspetti più concreti, attuali, operativi, laddove essa non abbia a ridursi ad una mera disputa accademica ed erudita. Da un lato dunque il moltiplicarsi di gesti scomposti, di empiti confusi, di torbide emozioni, di visioni, speranze, terrori, di cui è tipico esempio un certo protestantesimo americano fondamentalista e settario; dall’altro canto, un razionalismo modernista, oggi accettato anche dalle gerarchie cattoliche, che si sforza di rimuovere ogni riferimento concreto a questo medesimo riguardo, senza peraltro sottrarsi, quando ciò gli abbisogni, dal prendere atto, in modo del tutto incidentale e strumentale, delle difficoltà che si oppongono al presunto progresso spontaneo e indefinito dell’uomo verso la felicità meramente terrena.
Stando così le cose, quale potrà essere, in ragione delle sue peculiarità costitutive, il ruolo che l’escatologia sciita duodecimana è chiamata ad assumere nei confronti di questi due eccessi, a nostro avviso vere e proprie aberrazioni del mondo occidentale contemporaneo? In primo luogo è di fondamentale importanza rilevare che essa, incentrata com’è sulla persona dell’Imam Mahdi è e non è, sotto un certo riguardo, un’escatologia, per lo meno se si assume quest’ultima locuzione in un senso limitativo, letterale e non traslato. Il fatto è che il Mahdi (che Allah affretti la sua Manifestazione), l’Imam Occulto sul cui ritorno dall’occultamento alla manifestazione sono incentrate le speranze di riscatto non soltanto della comunità sciita, ma dell’intera Umma islamica e di tutti i nobili e oppressi, dei diseredati della terra, questi altri non è se non l’Imam Vivente (AJ), persona concretamente presente nel nostro mondo, anima e corpo, realmente, e non in un senso traslato, analogico o figurato che sia. Ecco perché abbiamo detto poc’anzi che se ne festeggia il genetliaco, piuttosto che l’anniversario della nascita. Ed in effetti, secondo la dottrina sciita, l’Imam Mahdi (AJ) non si è affatto allontanato dal nostro mondo, non è morto, non è asceso al cielo, non si è sottratto alla vista degli uomini per oltrepassare in uno qualsiasi degli indefiniti stati possibili dell’individualità umana noti all’onnipotenza del Signore dei Mondi, ma è vivo e presente in tutta la sua corporeità alla comunità dei credenti, quantunque essi non se ne avvedano, nel pieno esercizio della sua funzione di Guida, di Polo, ed in tutta la pienezza della condizione spirituale propria a ciascuno dei 14 purissimi (AS), a ciascuna delle 14 Luci che Iddio pose attorno al Suo Trono prima della creazione del mondo.
A questo riguardo, non sarà fuor di luogo rilevare come questo particolare stato del 12° Imam (AJ) distingua nettamente l’Islam sciita dalle altre tradizioni spirituali del genere umano. Questo non per una ricerca di particolarità, d’innovazione, di differenza fine a sé stessa, quale quella propria all’individualismo della modernità occidentale, quanto piuttosto al fine di prendere atto di un dato di fatto d’ordine sia fisico che metafisico che consente di dar ragione, in un senso corretto ed eminente, dell’universalità stessa della Scia duodecimana. Giacché anche altre tradizioni conobbero figure (quali Re Artù, Re Sebastiano, Federico Barbarossa, Amfortas, il Kalki Avatara, Balder, il Budda Maytreya, Saoshyant, ecc.), che verranno o torneranno ad assicurare il trionfo della giustizia contro le forze dell’empietà e della miscredenza, ma nessuna di loro è un individuo concreto e vivente come l’Imam Occulto (aj), trattandosi di personaggi che o resusciteranno da morte, o si risveglieranno dal sonno debilitante nel quale sono per ora immersi o verranno dal cielo, o da esso torneranno dopo esservi state assunti, o nasceranno ex novo. Si tratta pertanto sempre di un passaggio da una condizione di assenza ad una condizione di presenza, laddove al contrario l’Imam Occulto (aj) continua ad esser presente in tutta la concretezza della sua stessa corporeità, essendo appunto questa sua presenza ad assicurare quella continuità tra il mondo divino ed il mondo umano che procede dal fissarsi della Rivelazione nell’umanità del Profeta (S) prima, ed in quella degli Imam (as) suoi successori poi. A questo medesimo riguardo abbiamo parlato di uno stato di fatto, e non di una credenza, per contraddistinguere questo carattere peculiare della Scia, per sottolineare come si tratti di una concezione fondata su di una realtà effettuale che procede da una necessità, dalla necessità della continuità non soltanto orizzontale, temporale, della Rivelazione Profetica, relativa alla sua trasmissione nel mondo degli uomini, ma anche verticale, ontologica, in rapporto alla sua contiguità ed apertura al dominio metafisico, garantita solo dalla mediazione degli Intimi di Dio (as).
E’ dunque questo carattere particolare a render ragione della peculiarità della Scia Duodecimana, e dunque della sua eminenza sia ontologica, che ne riporta l’universalità al dominio sovraformale della spiritualità pura, contro la sciattezza e la banalità d’ogni piatto indifferentismo ecumenico, sia escatologica. E rientrano qui in gioco le nostre precedenti considerazioni. Si era detto dianzi che quella della Scia, se riferita alla figura dell’Imam Occulto (aj), è e non è nel contempo, sotto differenti riguardi, un’escatologia. Ed in effetti, laddove questa espressione la si intenda in riferimento alla dottrina delle cose ultime, dei destini dell’uomo e del mondo, in un senso strettamente temporale, sarà pur vero che la funzione dell’Imam (aj), in ragione della sua portata trascendente, ha senso qui ed ora, in seno al nostro mondo ed alla sua attualità temporale, invece di rimandare ad un tempo futuro. L’Imam (AJ) è garante della Rivelazione Profetica, quantunque non ne sia il promulgatore, e ne garantisce la continuità metafisica all’intera comunità dei credenti, ed il magistero esoterico alla cerchia più ristretta degli gnostici. Gli uomini non si avvedono della sua presenza solo in ragione del loro indurimento spirituale, e soltanto agli eletti è dato d’avere rapporti con la sua persona, e di rimirarne la stessa presenza sensibile. A questa stregua, quella dell’Imam Occulto (aj) è una dottrina, più che dei destini ultimi, della primordialità ontologica della trascendenza divina rispetto all’uomo ed al mondo, il rapporto con la quale è assicurato, come si è già detto poc’anzi, dalla dignità spirituale e dalla funzione polare del Mahdi (aj), dell’Imam Vivente (aj). Ma se d’altra parte nel Principio Divino la causa efficiente coincide appieno con la causa finale, ecco che il Creatore è anche il fine ultimo del creato, ed a questo patto, intendendo questa medesima locuzione in senso traslato, l’escatologia sciita è anche in senso metafisico una dottrina del fine ultimo dell’uomo, della sua destinazione, del suo rapporto col Divino, che gli viene assicurato dalla mediazione degli intimi di Dio, dei Purissimi, e nella fattispecie della funzione polare dell’Imam Occulto (aj). Ma se inoltre quello che è il fine ultimo in senso trascendente si riflette a suo modo nel dominio storico, temporale, e se l’Islam è la legge della sottomissione dell’uomo e dell’intero creato alla Volontà Divina, ecco come la figura del Mahdi (aj), che è destinato ad assicurare la vittoria finale dell’Islam sull’empietà e sulla miscredenza, si ripropone in una prospettiva escatologica che non rinvia solo al piano metafisico, ma anche a quello che è il livello del nostro mondo, al piano della concreta effettualità storica.
Questa duplice prospettiva, e questo duplice ordine di realtà a cui essa si ricollega, fanno dell’escatologia imamica propria alla Scia Duodecimana un qualcosa d’assolutamente diverso da quei due estremi di cui s’era parlato all’inizio, di cui essa viene a rappresentare il mezzo verace che rifugge da entrambi gli eccessi, come richiesto dalla stessa necessità della legge di natura. Non empito emozionale confuso e torbido, dunque, né strumentale rimozione razionalistica, ma autenticità e radicamento metafisico che non soltanto permette d’intravedere la necessità del raddrizzamento finale del nostro mondo al di là della sua degenerazione, ma dà ragione d’ogni sforzo d’andare avanti in direzione di un tale fine a procedere dal fondamento ontologico dell’Islam e dalla sua universalità, dalla sottomissione alla Volontà Divina e dalla conformità alla Sua Legge. Ecco come i due ordini suddetti, trascendente e temporale, divino e umano, si legano nella prassi stessa della Scia Duodecimana, giacché la sua stessa azione storica, la sua stessa iniziativa rivoluzionaria, procedono dalla realtà concreta della persona e della funzione dell’Imam Vivente (AJ), e quindi dal dominio dei principi primi, dalla stessa Volontà Divina. Nulla pertanto ch’abbia a che vedere con una fede cieca pronta a giustificare ogni sua aberrazione, ma azione consapevole del suo radicamento metafisico che fa sì che essa si ricolleghi a quello che sarà l’intervento finale che Dio opererà nel nostro mondo tramite il Suo Inviato (aj). Questo noi crediamo che sia, alla luce della figura di quell’Imam Mahdi (aj) che oggi qui onoriamo, il senso della lotta che l’Islam Sciita ha intrapreso oggigiorno contro l’arroganza globale dell’imperialismo mondialista, a procedere dall’opera dell’Imam Khomeyni e dalla vittoria della Rivoluzione Islamica in Iran. E questo è a nostro avviso il messaggio della Scia al mondo contemporaneo: l’uomo può e deve combattere contro l’oppressione e l’ingiustizia, a patto di ricollegarsi, ciascuno secondo il suo rango spirituale, alla presenza concreta, vivente e corporea nel nostro mondo dell’Imam Occulto, di quel Mahdi (aj) che assicurerà la vittoria definitiva dell’Islam, della Volontà e della Legge Divina, contro la miscredenza e la sovversione, nel dominio stesso della storia, ovverosia di quel tempo di cui il Sovrano dei Mondi gli ha conferito la Signoria.
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