La Wilayat e le sue dimensioni (S.M.Rizvi)

LA WILAYAT E LE SUE DIMENSIONI*

Seyyed Muhammad Rizvi

1. Cos’è la Wilayat?

Wilayat”, derivato della parola wila’, significa potere, autorità o un diritto di un determinato tipo. Nella teologia sciita, wilayat è l’autorità della quale sono stati investiti il Profeta (S) e l’Ahlul Bayt(as) come rappresentanti di Dio Onnipotente su questa terra.

Secondo lo scomparso Morteza Motahhari, la wilayat possiede quattro dimensioni:

1) Il diritto all’amore ed alla devozione (wila’-e muhabbat): questo diritto colloca i musulmani sotto l’obbligo di amare l’Ahlul Bayt.

2) L’autorità nella guida spirituale (wila’-e imamat): questo aspetto riflette il potere e l’autorità della Ahlul Bayt nella guida dei propri seguaci nella sfera spirituale.

3) L’autorità nella guida socio-politica (wila’-e zi´amat): questa dimensione della wilayat riflette il diritto della Ahlul Bayt a guidare i musulmani negli aspetti sociali e politici della vita.

4) L’autorità sulla natura universale (wila’-e tasarruf): questa dimensione riflette il potere su tutto l’universo con il quale sono stati investiti il Profeta (S) e la Ahlul Bayt (as) per Grazia di Dio Onnipotente (1).

Usando questa divisione delle dimensioni della wilayat, desidero segnalare le aree nelle quali concordano e discordano i vari gruppi Musulmani.

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La prima dimensione: il diritto all’amore

Tutti i musulmani unanimemente accettano la prima dimensione della wilayat della Ahlul Bayt. Amare la Ahlul Bayt è una delle “dharuriyyat ad-din” (parti essenziali della fede islamica). L’inclusione della salawat (2) nelle Preghiere quotidiane ne è una prova sufficiente. Potete confrontare noti testi anti-sciiti come “as-Sawa’iqu ’l-Muhriqa” di Ibn Hajar al-Makki e “Tuhfa-e Ithna ’Ash‘ariyya” di Shah Abdul Aziz Dehlawi, e comprenderete che i polemisti Sunniti si sforzano duramente per spiegare che sono contro gli Sciiti ma non contro gli Imam della Shi’a, poiché sanno che amare la Ahlul Bayt è parte essenziale della fede islamica.

L’amore per l’Ahlul Bayt è menzionato nel versetto 42:23, che abbiamo già discusso nell’ultimo capitolo. Qui citerò solo un ulteriore hadith delle fonti Sunnite. L’Imam ‘Ali (as) disse: “Per Dio, Colui che ha fatto germogliare il grano ed ha creato l’anima, in verità il Profeta ha detto: “Nessuno mi amerà (ad ‘Ali) se non il credente e non mi odierà se non l’ipocrita”.” (3)

Jabir Ibn Abdullah al-Ansari e Abu Sa’id al-Khudari, due famosi Compagni del Profeta (S), erano soliti dire: “Non identifichiamo gli ipocriti se non per l’odio che nutrono nei confronti di ‘Ali”. (4)

I sapienti Sciiti concordano unanimemente che colui che rifiuta una delle dharuriyyat ad-din[parti essenziali della fede] non sia da considerarsi membro della fede islamica. (5) E’ quindi basandosi su questo principio che i Khawarij e i Nawasib (coloro che esprimono odio o animosità verso la Ahlul Bayt) sono considerati come non-Musulmani dai giuristi Sciiti. (6)

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La seconda dimensione: la guida spirituale

La seconda dimensione della wilayat è una credenza comunemente accettata dagli Sciiti così come dalla maggioranza dei Sunniti che appartengono agli ordini Sufi. Nulla riflette questo aspetto meglio dell’interpretazione fornita da Mawlawi Salamat Ali, un sapiente Sunnita dell’India, dell’hadith di Ghadir. Scrive in “at-Tabsira”: “Gli Ahlu Sunnah non dubitano dell’Imamato dell’Amiru´l Mu`minin [‘Ali]; questa è in realtà l’essenza della fede. E’ senza dubbio necessario che il significato dell’hadith di Ghadir sia l’Imamato spirituale e non [il politico] Khilafat. Questo è il significato desunto dalle dichiarazioni degli Ahlu’s Sunnah e dei sapienti del Sufismo, e conseguentemente l’alleanza di tutti gli ordini Sufi giunge ad ‘Ali ed è attraverso di lui che si ricollegano al Messaggero.” (7)

Con eccezione dell’ordine Naqshbandi, tutti i Sufi tracciano la catena dei loro maestri spirituali agli Imam della Ahlul Bayt, terminando con l’Imam ‘Ali bin Abi Talib (as) come autorità spirituale par excellence dopo il Profeta (S). (8) Gli ordini Naqshbandi tracciano la loro guida spirituale fino all’Imam Jafar Sadiq (as) e poi seguono la linea attraverso sua madre fino a Muhammad bin Abu Bakr, e da qui fino ad Abu Bakr. Questa deviazione dall’Imam Sadiq (as) fino ad Abu Bakr è comunque invalida, perché Muhammad bin Abi Bakr fu cresciuto sin dalla tenera età dall’Imam ´Ali bin Abi Talib (as), il quale si sposò con la madre di Muhammad, Asma`bint Umays, dopo la morte di Abu Bakr. L’unico maestro spirituale che Muhammad bin Abi Bakr conobbe fu l’Imam ´Ali bin Abi Talib (as).

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La terza e quarta dimensione: l’autorità universale e socio-politica

Queste dimensioni della wilaayat sono credenze particolari della Shi´a, e sono considerate come parte delle “dharuriyyat al-madhhab” (parti essenziali della Scuola [Sciita]). E’ un punto di vista comune dei nostri sapienti che chiunque rifiuti una di queste parti essenziali non sia considerato membro della Scuola Sciita.

Il rango della Ahlulbayt tra i Musulmani:

                     Sunniti                    Sufi                Sciiti

Amore per laAhlulbayt Accettato Accettato Accettato
Guida spirituale della Ahlulbayt Negata Accettata Accettata
Guida Politica della Ahlulbayt Negata Negata Accettata
Autorità universale della Ahlulbayt Negata Negata

Accettata

E’ importante sottolineate che quando gli Sciiti utilizzano il termine “Imamato” o “Imam”, essi abbracciano tutte le quattro dimensioni della wilayat. Non escludono né l’autorità spirituale, né quella universale, né quella sociale, né politica. (9) In questo senso, la definizione sciita di “Imamato” o “Imam” è più ampia del termine sunnita “khilafat” o “califfo”. Nei libri che trattano del dibattito Sciita-Sunni sulla guida dopo il Profeta (S), l’attenzione è maggiore sulla guida socio-politica ma non con il fine di negare l’autorità spirituale ed universale dell’Imam. Per tanto, nel leggere o discutere il tema della successione del Profeta Muhammad (S), non bisogna perdere il significato universale del rango di un Imam dal punto di vista Sciita.

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2. La Wilayat universale

Sembra necessario spiegare la quarta dimensione della Wilayat più dettagliatamente a beneficio dei lettori.

La quarta dimensione è l’autorità universale con la quale sono stati investiti il Profeta (S) e laAhlul Bayt (as) da Iddio Onnipotente. E’ un’autorità universale che rende possibile che il wali eserciti il proprio potere su tutto ciò che esiste.

Nelle parole dell’Ayatullah Khomeyni:

E’ una dominio che abbraccia l’intera creazione, in virtù della quale tutti gli atomi dell’universo si umiliano davanti al possessore di questa autorità”. (10)

Questa autorità dei servi scelti di Dio dipendente totalmente dalla Sua discrezione e potere. Non deve esser vista in maniera orizzontale ma verticale rispetto al Potere di Dio Onnipotente.

Finché preserviamo la gerarchia verticale del potere avremo salvaguardato il Tawhid (Unità e Unicità) di Dio.

Ad esempio, tutti i musulmani credono che sia Iddio Colui che da la vita e la morte a tutte le persone. Il Corano stesso dice: “Allah prende le anime al momento della morte.” (39:42)

Ma al tempo stesso il Corano attribuisce la morte anche agli angeli quando dice: Dì: “L’angelo della morte che si occuperà di voi, vi farà morire.” (32:11)

Se collochiamo questi due versetti insieme (orizzontalmente), allora siamo rei di politeismo, ma se li collochiamo in una forma verticale (con il potere degli angeli dipendente dal potere di Dio), allora avremo protetto il Tawhid.

Allo stesso modo, se collochiamo il potere e l’autorità dei Profeti e degli Imam in una forma verticale (con la convinzione che il loro potere sia subordinato e dipendente dal potere di Dio), avremo allora salvaguardato il Tawhid ed anche il rango dei servi scelti di Dio.

Il Corano fornisce vari esempi di persone a cui è stata concessa l’autorità sull’universo.

1. Descrivendo i poteri che Iddio (sia Glorificato ed Esaltato) ha concesso al Profeta Gesù figlio di Maria (as), il Corano si riferisce a lui nella seguente forma:

“In verità, vi reco un segno da parte del vostro Signore. Plasmo per voi un simulacro di uccello nella creta e poi vi soffio sopra e, con il permesso di Dio, diventa un uccello. E per volontà di Dio, guarisco il cieco nato e il lebbroso, e resuscito il morto. E vi informo di quel che mangiate e di quel che accumulate nelle vostre case.” (3: 49)

2. Nel descrivere i poteri concessi al Profeta Salomone (as), il Corano dice:

“Gli assoggettammo il vento, soffiava al suo comando [fin] dove voleva inviarlo, e [gli asservimmo] tutti i jinn, costruttori e nuotatori di ogni specie. E altri ancora incatenati a coppie. “Questo è il Nostro dono, dispensa o tesaurizza, senza [doverne] rendere conto.” In verità egli ha un posto vicino a Noi e un buon luogo di ritorno.” (38: 36-40)

“E [sottomettemmo] il vento impetuoso a Salomone: al suo ordine soffiava sulla terra che abbiamo benedetta. Noi conosciamo ogni cosa. E fra i jinn alcuni si tuffavano per lui e compivano altre opere ancora; eravamo Noi a sorvegliarli.”(21: 81-82)

3. Nel descrivere il potere di Asif bin Barkhiya, il visir del Profeta Salomone (as), il Corano descrive la scena dei momenti precedenti la visita della Regina di Saba e del suo entourage a lui:

Disse [Salomone]: “O notabili, chi di voi mi porterà il suo trono prima che vengano a me sottomessi?”. Un ifrit tra i jinn, disse: “Te lo porterò prima ancora che tu ti sia alzato dal tuo posto, ne sono ben capace e son degno di fiducia”. Uno, che aveva conoscenza del Libro, disse: “Te lo porterò prima ancora che tu possa battere ciglio”. Quando poi [Salomone] lo vide posarsi presso di sé, disse: “Questo è parte della grazia del mio Signore per mettermi alla prova, [e vedere] se sarò riconoscente o ingrato. Quanto a chi è riconoscente, lo è per se stesso, e chi è ingrato… [sappia che] il mio Signore basta a Se Stesso ed è generoso”. (27: 38-40)

In questi tre esempi del Corano, vediamo che Iddio Onnipotente ha benedetto alcuni dei Suoi servi scelti con il potere di dare vita ad un simulacro come animale, resuscitare i morti, curare i ciechi ed il lebbroso, soggiogare i jinn per la loro missione, trasportare un oggetto da una grande distanza in un batter d’occhio, ecc. Questi esempi sono sufficienti per dimostrare che tali poteri possono esser e sono stati concessi da Dio a chi Egli vuole. E’ a questo potere che la teologia sciita si riferisce come “al-wilayah at-takwiniyya” (il potere sull’universo e l’autorità esistenziale universale).

Dio ha conferito vari ranghi ai Profeti ed ai Messaggeri (2:253; 17:55), e tutti i musulmani unanimemente ritengono il Profeta dell’Islam, Muhammad al-Mustafa (S), come quello di più alto rango tra tutti loro (11) Tutti i Profeti e Messaggeri sono venuti per preparare le loro società all’accettazione del Messaggero finale ed universale di Dio, Muhammad (S). Se i profeti come Salomone, David, Gesù e Mosè, ed anche il visir di Salomone, furono benedetti con grandi poteri sulla natura, è allora necessario che il Profeta Muhammad (S) venisse benedetto di maggiore potere sull’universo. Due esempi sono stati menzionati chiaramente nel Corano. La capacità del Profeta dell’Islam (S) di viaggiare nei cieli con il suo corpo umano (17:1; 53:5-18), e quella di dividere la luna nel toccarla con una delle sue dita (54:1). (12)

Gli Sciiti credono che l’Imam ´Ali (as) e gli altri Imam della Ahlul Bayt abbiano un rango più elevato di tutti i Profeti e Messaggeri con l’eccezione del Profeta dell’Islam (S). (13) Per tanto anch’essi possiedono i poteri con i quali è stato benedetto il Profeta (S) da parte di Dio Onnipotente.

A questo punto mi riferirò solamente ad un versetto del Sacro Corano su tale tema. Agli inizi dell’Islam, a Mecca, quando gli adoratori di idoli rifiutavano l’argomento del Profeta (S), Dio rivelò un versetto per consolarlo, il quale recita:

“Dicono i miscredenti: “Tu non sei un inviato”. Rispondi: “Mi basta Dio, testimone tra me e voi, e colui che possiede la Scienza del Libro.” (13: 43)

[Nella parafrasi italiana del Libro Sacro realizzata da H. Piccardo il versetto viene tradotto così: “Mi basta Allah, testimone tra me e voi, Colui Che  possiede la Scienza del Libro”. Il traduttore non ha tenuto conto della presenza della parola araba “wa” (che corrisponde alla nostra “e” di congiunzione), che segue il passo “tra me e voi”, dando così un’interpretazione completamente differente del senso del versetto, n.d.t.]

Il Profeta Muhammad (S) viene consolato in tal modo che non importa se gli idolatri non credano nella sua affermazione; è sufficiente che Dio e “colui che possiede la conoscenza del Libro” siano testimoni della verità della sua affermazione. A chi si riferisce Dio come testimone della verità dell’argomento del Profeta (S)? Chi è questa persona “che possiede la conoscenza del Libro?”Secondo le narrazioni sciite, confermate da fonti sunnite, si riferisce ad ‘Ali bin Abi Talib (as). (14) In modo assoluto non è esistito alcuno tra i Compagni del Profeta che potesse reclamare maggiore conoscenza dell’Islam di ´Ali bin Abi Talib (as).

Come può la descrizione “possedere la conoscenza del Libro” dimostrare l’autorità universale di ‘Ali (as)? Ricordiamo che anche Asif Barkhiya, il visir di Salomone, ebbe molto potere sulla natura attraverso il quale potette trasportare il Trono della Regina di Saba in un batter d’occhio. Asif è stato descritto come colui che ebbe “´ilmun min al-kitab” (conoscenza di una parte del Libro).

In comparazione a questo, l’Imam ´Ali (as) è stato descritto da Dio come colui che possiede´ilmul kitab (la conoscenza del Libro), non solo di una porzione di esso. Non è pertanto difficile concludere che il potere dell’Imam ‘Ali (as) sulla natura debba essere di livello maggiore di quello di Asif Barkhiya che trasportò il trono da un posto così distante in un batter d’occhio.

Devo ricordare nuovamente che questa credenza deve esser presa in forma verticale in relazione al potere di Dio Onnipotente, e solamente in questo modo possiamo preservare il concetto di Tawhid,nel quale Dio è il Potere Assoluto e la Fonte di ogni potere. Esso ci ricorda la dipendenza totale nel potere e nella volontà di Dio dei prescelti, in modo tale che ordina al Profeta (S) di dire: “…Di’: “Non dispongo, da parte mia, né di ciò che mi giova, né di ciò che mi nuoce, eccetto ciò che Dio vuole….” (7:188). Questa non è una negazione del possedere potere; è un’affermazione della credenza secondo cui qualsiasi potere si possiede è in accordo al volere ed al compiacimento di Dio Onnipotente.

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3. Wilayat: spirituale contro politica

L’articolo del menzionato erudito [il prof. Sachedina, a cui l’autore fa riferimento anche in articoli precedenti, tradotti e presenti sul nostro sito, n.d.t.] pubblicato dalla Bio Ethics Encyclopaedia(nella quale scrisse che il Profeta Muhammad “non aveva lasciato istruzione esplicita rispetto alla successione della sua autorità politico-religiosa”) generò un’accalorata discussione nella comunità. Le risposte che egli scrisse per la comunità ed i commenti che fece successivamente nelle riunioni del mese di Muharram del 1419 a Toronto rappresentano la confusione esistente  rispetto al concetto di Wilayat.

(as) “Solamente spirituale, non politica”

Egli dapprima argomenta che la Wilayat del Profeta (S) e degli Imam (as) fu solo spirituale e non politica. Dice:

“A tal proposito, il Profeta (S) mai venne riconosciuto come guida politica. No, non è assolutamente corretto. Egli venne riconosciuto come Rasulullah, Inviato di Dio, Messaggero di Allah (SWT). Non vi era politica, non vi era connesso un linguaggio politico. Non è quello che ci dicono i moderni; l’Iran che ci dice in continuazione che il Profeta era una guida politica. No. Egli fu riconosciuto fondamentalmente ed essenzialmente come un Profeta di Dio”. (15)

“Il compito della Profezia era di guidare la società verso la perfezione. E questa perfezione non si può raggiungere individualmente – doveva esser fatta come membri della comunità, la Ummah-. LaUmmah è la comunità sotto il Profeta come profeta, non come guida politica”.

“Adesso sappiamo perché man kuntu mawlahu fa hadah ‘Aliyun mawlahu significa qualcosa di molto molto importante. Il Profeta (S) poteva aver detto man kuntu khalifa fa hadaha khalifa. Poteva aver detto: man kuntu hakiman fa hadaha hakiman. Non utilizza nulla della terminologia che useremo nel normale senso politico nel portare avanti l’autorità della guida politica…

Osservate la parola scelta da Allah (SWT) per la guida. Dopo di tutto il Profeta è: ‘ma yantiqu’anil hawaa in huwa illa wahyun yuhaa’ (non parla d’impulso, non è altro che una rivelazione ispirata). Gli sono state date istruzioni. ‘Mawlá’: Cosa significa la parola Mawlá? Allah (SWT) dice nel Corano: wal kafirun laysa lahum mawlá (e i miscredenti non hanno mawlà)— Non hanno protettore, non hanno guida, non hanno alcuno che li guida. Questo è il significato di mawlá…”(16)

Questo erudito dice che la nubuwwat (la profezia) non include la guida politica, e che la parolamawlá utilizzata dal Profeta (S) a Ghadir non possiede il significato di califfo (successore politico) ohakim (governante). In altre parole, esclude la terza dimensione della Wilayat del termine “Mawlà” e lo restringe alla seconda dimensione (la guida spirituale). Nel suo intento di convincere gli ascoltatori, costruisce sentenze in arabo ipotetico e grammaticalmente scorretto, prive di senso. Per esempio l’affermazione: “man kuntu [lahu] khalifa fa hadha [lahu] khalifa –di chi io sono successore, questo è il suo successore”. Il Profeta (S) era successore di qualcuno tra la folla? Certamente no; ed è per questo che non utilizzò il termine “califfo” nell’hadith di Ghadir.

Come detto in uno dei capitoli precedenti, per comprendere il significato di “Mawlá” nel senso utilizzato dal Profeta (S) per l’Imam ‘Ali (as), bisogna andare più lontano. Rifletteremo soltanto sulla domanda che egli pose ai musulmani prima di presentare ‘Ali (as) come suo “mawlà”. Egli chiese loro: “Forse non ho maggiore autorità su di voi di quella che avete voi stessi? A lastu awlá bi kum min anfusi kum?”(17) Quando risposero dicendo: “Certamente, o Messaggero di Dio,” allora egli disse: “Man kuntu mawlahu fa hadha ‘Aliyun mawlahu –Di chi io sono sua guida ‘Ali è sua guida–.”

Il Profeta Muhammad (S) in realtà parlava di una guida che possiede più autorità (awlà) sulla gente di quella che essi hanno su loro stessi, e si tratta di un’autorità anche nelle questioni politiche. E per tanto non vi era necessità che il Profeta (S) dicesse: Man kuntu [‘alayhi] hakiman, fa hadha [´alayhi] hakiman.’

L’erudito continua nel suo discorso dicendo:

Quando il Profeta presenta l’autorità dell’Imam ´Ali nella comunità, dice: Man kuntu mawlahu fa hadha ‘Alyun mawlahu.’ Il significato è: “Chi mi considera come un esempio perfetto da seguire verso l’obiettivo finale della salvezza, ‘Ali è l’uomo che dovrà seguire’. Il tema era sull’obbedienza.Mawlá, colui che è degno di esser seguito, colui che non deve esser sottostimato. In questo senso, Allah è Mawlá. Allah è il Mawlá del Din, questo cammino nel quale non si può disobbedire ad Allah (SWT)…”(18)

Questo “seguire” ed “obbedire” sono ristretti agli aspetti spirituali e non includono le questioni socio-politiche?

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L’hadith di Abdullah bin Mas´ûd

Per dimostrare la sua teoria secondo cui la dichiarazione di Ghadir non fu sufficientemente esplicita per assumere il significato di “khilafat” nel senso di successione politica, l’erudito dice:

  “Il Profeta non usò mai coercizione. Poi il Profeta tornò a Medina proveniente da Ghadir, una notte si trovava in casa con Abdullah bin Mas´ûd. Disse ad Abdullah che il Messaggero è giunto e vuole me ne vada che ho ricevuto la notizia della mia morte. Abdullah disse – a proposito,questo avvenne dopo Ghadir – ‘Designa un successore`. Si, questo fu esattamente quello che disse: ´Perché non designi Abu Bakr?’ Il Profeta scosse la testa e disse: ‘no’. Menzionò uno dopo l’altro (Non conosco la validità di questo hadith; Shaykh Mufid lo menziona ed io lo menziono sotto l’autorità di Shaykh Mufid. Non sono qui per esaminare o giudicare il livello di autenticità dell’hadith. Ma vi dico che questo hadith riflette la situazione della comunità. Se è autentico, riflette la situazione nella comunità…(19)). L’hadith di Abdullah continua; e il Profeta domanda: “Che faremo?” Abdullah dice: “Perché non designi ‘Umar, perché non designi Uthman?” E alla fine, Abdullah dice: “Perché non designi ‘Ali?” E il Profeta risponde: è in minoranza adesso. Come vorrei che gli obbedissero, come vorrei che gli obbedissero.” (20)

Primo di tutto, questa conversazione tra il Profeta (S) e Abdullah ibn Mas´ûd non ebbe luogo a Medina dopo la dichiarazione di Ghadir come lo scrittore vuole far credere agli ascoltatori (“a proposito, questo avvenne dopo Ghadir”). All’inizio di questa narrazione, Abdullah dice: “Uscimmo con il Messaggero di Allah (S) la notte della delegazione dei jinn finché giungemmo e ci fermammo a ‘Ula.” ‘Ula è un luogo dove il Profeta si fermò lungo la strada per Tabuk”. (21)

In secondo luogo, l’evento relazionato con la delegazione dei jinn avvenne quando il Profeta (S) si trovava lungo la strada per Tabûk nell’anno 9 dopo l’Egira. (22) E l’evento di Ghadir Khumm ebbe luogo nell’anno decimo dell’Egira.

In terzo luogo, secondo la metodologia degli eruditi occidentali, la sequenza stessa nei nomi suggeriti da Abdullah ibn Mas´ûd non è forse un segno che questo hadith fosse una fabbricazione posteriore?

Perché gli accademici occidentali si affrettano a rifiutare gli ahadith che contengono i nomi degli Imam con una sequenza corretta citati dagli Sciiti ma non trattano con uguale scetticismo gli ahadith citati dai Sunniti? So che una facile risposta sarà: “Ho detto che non conosco il valore del hadith…”. La mia unica domanda è: perché confondere la gente e creare dubbio sull’esplicitezza  della dichiarazione del Profeta (S) a Ghadir citando un hadith così debole?

Per tanto su una base così poco solida, l’erudito conclude dicendo:

“Quindi, apparentemente, vi era una grande questione sul ruolo religioso che giocò il Profeta nella comunità. La comunità vide sé stessa organizzata sotto la guida del Profeta (S). Quando morì, qualcuno doveva sostituirlo nella stessa posizione – nella stessa autorità. Ed è così che oggi ancora ne cerchiamo l’interpretazione”.

Al-hamdulillah, i veri seguaci del Profeta (S) compresero la vera interpretazione nella stessa Ghadir Khumm; voglia Iddio Onnipotente aiutare coloro che cercano la vera interpretazione del termine “mawlá” ed il rango dei “wali-ul-lah”.

Il significato di “Imamato”

Nello stesso discorso l’erudito più avanti spiega il significato dell’Imamato dicendo:

Il sistema di credenze dice che colui che aveva il diritto di esigere l’obbedienza dopo il Profeta Muhammad (S) era ´Ali ibn Abi Talib. Questo è il significato dell’Imamato; non è nulla più di questo. Aprite qualsiasi libro di kalâm, e troverete che i teologi descrivono l’Imam ‘Ali come la persona che aveva il diritto di esser mutã’, obbedito. Perché doveva esser obbedito? Perché è seduto esattamente nel posto del Profeta Muhammad (S)…

L’Imam ´Ali era l’Imam dal giorno in cui il Profeta Muhammad chiuse i suoi occhi, indipendentemente dal fatto che fosse diventato Califfo o no. Come può diventare Imam senza diventare Califfo, senza sedersi sul trono? Questo non era il requisito. Perché l’obbedienza era dovuta alla posizione del Profeta Muhammad (S).”

Per difendere il suo articolo su Bio Ethics Encyclopaedia, questo erudito ha diviso l’“Imamato” ed il “Califfato” in due dimensioni differenti: l’“Imamato” diventa una posizione spirituale mentre il “Califfato” una posizione politica. Egli dice: “l’Imamato non è altro che questo”, e chiede anche in maniera ardita agli ascoltatori di “aprire qualsiasi libro di kalâm [Teologia]…”

Bene, apriamo i libri di kalâm di differenti epoche e troviamo l’affermazione dell’erudito opposta alla credenza sciita tradizionale rispetto al significato e obiettivo dell’“Imamato”.

Shaykh Mufid (morto nell’anno 413 dell’Egira/1022 era cristiana) definisce un “Imam” nella seguente forma: “L’Imam è la persona che possiede la guida totale nelle questioni religiose così come in quelle secolari in quanto successore del Profeta (S).” (23)

‘Allamah Hilli (morto nel 726 dell’Egira/1325 era Cristiana) così definisce l’“Imamato”:L’Imamato è un’autorità universale (riyâsa) nelle cose della religione e del mondo che appartiene ad una persona e deriva dal (niyâba) Profeta.(24)

Abdur-Razaq Lâhiji (morto nel 1072 dell’Egira) definisce l’“Imamato” così: “Sappiate che l’Imamato è un’autorità su tutti coloro che hanno raggiunto l’età legale nelle questioni mondane così come negli affari religiosi basata nella successione del Profeta.” (25)

Allamah Tabatâba`i (morto nel 1981 era Cristiana) scrisse: “Per tanto l’Imamato e la guida religiosa nell’Islam, possono esser studiati da tre prospettive differenti: dalla prospettiva del governo islamico, delle scienze islamiche e norme giuridiche, ed a partire dalla guida rinnovatrice nella vita spirituale. La Shi’a crede che, poiché la società islamica necessita della guida in ognuno di questi tre aspetti, la persona che ha la funzione di fornire l’orientamento ed è la guida della comunità in queste aree di interesse religioso deve esser designata da Dio e dal Profeta.” (26)

Anche Morteza Motahhari dice che quando gli Sciiti utilizzano il termine “Imam”, esso non riflette solamente l’orientamento e la guida spirituale, ma include anche la guida politica e sociale. (27)

Come potete vedere, tutti questi teologi e prominenti sapienti della dottrina sciita definiscono unanimemente l’Imamato come una posizione che unisce la guida spirituale/religiosa e quella socio-politica/mondana. Per uno Sciita, ‘Ali (as) è il primo Imam così come il primo Califfo (successore) del Profeta (S). Uno Sciita non dirà mai che ‘Ali (as) è il primo Imam ma che non è khalifa bila fasl (il successore immediato) del Profeta (S). La differenza tra gli Sciiti ed i Sunniti non riguarda la guida spirituale ma quella politica immediatamente dopo il Profeta (S). Come è stato menzionato precedentemente, il punto di vista secondo cui i membri della Famiglia del Profeta (Ahl-al Bayt) sono “unicamente guide spirituali ma non politiche” è una credenza che si trova tra i Sunniti in generale ed i Sufi in particolare. (28)

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(b) “Anche politica”

Detto ricercatore, il 6 di Muharram del 1419 si contraddice rispetto alla sua precedente affermazione. Egli dice:

“…il fatto è che il Corano concepì il Profeta come la guida di una ummah, una ummah che era religiosa, sociale e politica. In altre parole era una comunità civile e morale guidata da una persona che possedeva un tipo di autorità generale che non era concepibile in questa epoca, nenche per le tribù arabe. Questa fu inoltre la difficoltà affrontata durante Ghadir. Quando avvenne Ghadir, una delle dimensioni sfidate da Ghadir fu l’introduzione del concetto coranico di guida. La Wilayah è questo tipo di guida la quale unisce l’autorità civile e l’autorità morale in una sola persona. Questo significa che non esiste separazione del potere. Non vi è una Chiesa e uno Stato in quanto tali; al contrario l’autorità civile e morale si combina nella persona che svolge il ruolo della Wilayah. Quale era la sua novità? La sua novità era che nella cultura araba non era costume per gli arabi vedere un giovane assumere la guida. Nella cultura araba era impossibile che una persona di trenta anni giungesse ad essere la guida, perché gli arabi credevano che questa responsabilità dovesse ricadere su qualcuno di maggior età…” (29)

Nuovamente, nell’ottavo discorso, lo studioso disse:

La domanda chiave è: ‘L’Islam è un sistema politico o un sistema religioso?’ Esistono due opinioni al riguardo. Molti sapienti sono presenti in questa battaglia, inclusi l’Ayatullah Kho’i, l’Ayatullah Mutahhari, l’Ayatullah Khomeini, in Egitto al-Ashmaawi, al Jaabiri in Marocco…a mio modo di vedere qui esiste un tema di rilevante importanza. Se diciamo che l’Islam non è un sistema politico, e che l’Islam è semplicemente una religione a cui interessa condurre l’umanità verso la propria perfezione e prepararla per l’altra vita, allora stiamo negando un ruolo di grande importanza che giocò il Profeta nello stabilimento della Ummah come tale…

Nove decimi dell’Islam sono mu’amalat, vale a dire norme su come comportarsi gli uni con gli altri, come condurre i vostri affari in questo mondo, perché qualsiasi cosa fai in questo mondo ha un’implicazione per l’akhirat (l’al di là, n.d.t.). Ora dire che l’Islam è semplicemente una religione senza un sistema sociale è negare la realtà della wilayah. A proposito, se voi ricordate il mio discorso nella quinta notte di Muharram, wilayah significa l’autorità civile e morale che può guidarvi al vostro obiettivo finale e l’’obiettivo finale della creazione’ non è solamente pregare cinque volte al giorno e digiunare ma conoscere come vivere da essere umani all’interno di una società. In altro modo, se non esistesse un’autorità civile, il Profeta potrebbe essere ciò che denominiamo an-nabi ar-ruhi…” (30)

Questo è vero. Perché allora questo erudito disse nel secondo discorso: “Il Profeta mai venne riconosciuto come una guida politica?” E’ bene che egli abbia chiarito che il Profeta (S) non fu soltanto una guida religiosa ma anche guida politica. Dopo la Prima Guerra Mondiale si ebbe un intenso dibattito in Egitto sul tema dell’occidentalizzazione di fronte all’Islam, ed alcuni intellettuali, influenzati dalle idee occidentali, cercarono di secolarizzare l’Islam restringendo il khilafat solo a temi spirituali e separandolo dall’ordinamento politico della Ummah. Alí Abdu-Razaq scrisse al-Islam wa Usulul-Hukum (1925) proponendo la totale separazione della religione e dello Stato nell’Islam. (31)

Idee simili ultimamente stanno emergendo nuovamente negli scritti di alcuni intellettuali musulmani influenzati dalle idee liberali/secolari dell’Occidente.

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4. Najaf e Qom possiedono forse punti di vista differenti rispetto al ruolo degli Imam?

Nel nono discorso questo studioso dell’Islam si concentra sul ruolo spirituale di fronte al ruolo politico del Profeta (S) e degli Imam (as). E ora sorprendentemente sostiene che perfino i grandi sapienti di Qom e Najaf possiedono punti di vista differenti. Egli dice:

“…Najaf e Qom sono divisi sull’intero dibattito del ruolo politico del Profeta. Najaf, come uno dei centri religiosi più importanti di conoscenza sciita, e Qom, attualmente il più importante centro di conoscenza sciita, hanno mantenuto due punti di vista differenti rispetto al ruolo dell’Imamato…Najaf sostiene un’attitudine conservatrice rispetto al ruolo dell’Imam. Crede che la religione abbia una funzione morale, una funzione etica ma non una funzione politica, incluso l’Ayatullah Kho’i, le cui opinioni sono state ben espresse. Egli non crede che la wilayah dell’Imam ‘Ali ibn Abi Talib (as) abbia necessità di manifestarsi politicamente perché l’Imam continua ad esser Imam come guida spirituale, morale, etica, indipendentemente dal fatto che la gente gli rendesse fedeltà o no. Queste opinioni sono state contestate per la prima volta dall’Ayatullah Khomeini…” (32)

Questo erudito dell’Islam vuole lasciare l’impressione, nelle menti dei suoi ascoltatori, che anche gli ulamà di Qom e Najaf differiscano rispetto al ruolo dell’Imam quando dice che Najaf lo confina ad una dimensione spirituale mentre Qom lo espande fino ad una sfera politica.

Nulla può esser più lontano dalla realtà. Gli ulamà sciiti di Najaf (rappresentati dal defunto al-Kho’i) e Qom (rappresentati dal defunto al-Khomeyni) possiedono punti di vista identici rispetto allawilayah del Profeta e degli Imam. La differenza tra essi non attiene la Wilayat degli Imam ma sull’estensione della Wilayat al-faqih, l’autorità di un giurista. Inoltre, sul tema della Wilayat al-faqih, la divisione non è tra Qom e Najaf, esistendo sapienti di entrambi i lati tanto a Qom quanto a Najaf.

Come discusso precedentemente, tutte le quattro dimensioni della Wilayat del Profeta e degli Imam si trovano tra i dharûriyyat al-madhhab (i fondamenti dell’Islam Sciita). Allora come potrebbero le grandi autorità del mondo sciita possedere differenze al riguardo?

Quanto alla visione dello scomparso Ayatullah Khomeyni sulla Wilayat del Profeta e della sua Ahlul Bayt (AS) cito dal suo discorso sulla “Wilayat al-faqih”. Dice:

Dimostrare che il governo e l’autorità appartengono all’Imam non implica che l’Imam non possieda rango spirituale. L’Imam possiede in realtà certe dimensioni spirituali che non sono collegate con la sua funzione di governante. Il rango spirituale dell’Imam è la vice-reggenza divina universale che alcune volte è stata menzionata dagli Imam (la pace sia con essi). E’ una vice-reggenza che appartiene a tutta la creazione, per virtù della quali tutti gli atomi nell’universo si umiliano di fronte al possessore di questa autorità. E’ una delle credenze essenziali della nostra scuola di pensiero sciita riconoscere che nessuno può raggiungere il rango spirituale degli Imam. Di fatto, secondo le Tradizioni che ci sono state trasmesse, il Più nobile Messaggero e gli Imam esistevano prima della creazione del mondo sotto forma di luci situate attorno al trono divino; erano superiori agli altri uomini anche nello sperma dal quale crebbero e nella loro composizione fisica. La loro elevata stazione è limitata solamente dalla volontà divina, come indica il detto di Gabriele registrato nelle narrazioni del Mi’râj: ‘Se io mi avvicinassi poco più come la distanza di un dito, sarei certamente disintegrato.” (33)

L’Ayatullah Khomeyni, mentre afferma la guida politica del Profeta e degli Imam, non nega la loroWilayat universale.

Arrivando alla visione dello scomparso Ayatullah al-Kho’i sulla Wilayat del Profeta e della Ahlul Bayt, cito dalla trascrizione delle sue lezioni nelle quali egli dice:

Quanto al primo tipo di Wilayat [takwiniya, universale], ovviamente non vi è dubbio nella loro autorità su tutta la creazione come risulta chiaro negli ahadith, perché essi sono il collegamento nella creazione, attraverso essi [continua] l’esistenza, e sono la ragione della creazione [dell’universo]; se non fosse stato per essi, Allah non avrebbe creato l’umanità, l’umanità venne creata per essi, è per essi che esiste l’umanità, e sono i mezzi di effusione [della Grazia divina]”.

 “Effettivamente, possiedono l’autorità universale subito dopo quella del Creatore stesso; questa autorità, comunque, è più debole comparata all’autorità di Allah Onnipotente sulla creazione.” (34)

Poi al-Kho’i parla anche riguardo l’autorità civile/politica del Profeta e degli Imam, e dice:

Quanto alla seconda dimensione della loro Wilayat legislativa (at-tashri`iyya), nel senso che possiedono l’autorità per amministrare indipendentemente le proprietà e le vite delle persone – ovviamente non vi è disputa sulla loro autorità di questo tipo…Essa è dimostrata dagli ahadith molto veridici, e nel Sermone di Addio [il Profeta disse]: “Di chi io sono la sua guida ‘Ali è la sua guida. Forse non ho più autorità su di voi di voi stessi?”. Dissero: “Si…”(35)

L’Ayatullah al-Kho’i, mentre afferma la Wilayat universale del Profeta e degli Imam, non nega la loro autorità politica. In realtà va oltre e dice:

E la supposizione che la storia è contraria a questo [nel senso che gli Imam storicamente non esercitarono la loro autorità politica]… è invalida.”

Poi conclude:

Quindi non esercitare [l’autorità in senso storico] non prova la non-esistenza dell’autorità come è ovvio.”(36)

Nell’essenza, i due grandi giuristi del mondo sciita contemporaneo che rappresentano Qom e Najaf possiedono punti di vista identici riguardo la Wilayat degli Imam della Ahlul Bayt (as). Entrambi credono in tutte le dimensioni della Wilayat – spirituale, socio-politica e universale – del Profeta e degli Imam. La differenza che esistette tra loro due fu soltanto sui limiti dell’autorità di un faqih (mujtahid,giurista) durante l’occultazione dell’attuale Imam (AJ). Come può questo studioso dell’Islam, che ha scritto “The Just Ruler” sull’autorità del giurista, non conoscere la differenza tra la Wilayat degli Imam (unanimemente accettata dai giuristi sciiti) e la Wilayat del faqih (sulla quale esistono differenze sui suoi limiti tra i giuristi sciiti)?

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5. La Wilayat è parte della fede?

Facendo riferimento alla controversia attorno al suo articolo apparso su Ethics Encyclopeadia, questo ricercatore dell’Islam fece il seguente commento nel suo quarto discorso nel mese di Muharram del 1419:

Come può qualcosa simile dividere la comunità quando è una parte così triviale, e non è neanche una parte della fede?”

Riferendosi all’avvenimento di Ghadir Khumm, egli dice: “Questo evento storico possiede qualche connessione con il nostro credo? Se nel mio articolo ho detto che il Profeta (S) non lasciò un’istruzione esplicita riguardo il suo successore, sto percorrendo un cammino che è pericoloso per la sopravvivenza della religione della Ahlul Bayt (as)? O esercito il mio diritto come ricercatore per vedere quanto dicono i documenti?”

Come ho spiegato precedentemente in questo capitolo, nell’Islam esiste un termine chiamatodharûry (pl. Dharûriyyat)il quale si riferisce a quelle questioni che sono parte essenziale della nostra religione. I dharûriyyat si dividono in due: “dharûriyya ad-din” – le parti essenziali della fede islamica – e “dhaûriyya al-madhhab” – le parti essenziali della scuola sciita. E’ un punto di vista comune dei nostri sapienti che chi rifiuti uno dei dharûriyya ad-din non venga considerato un membro della fede islamica; e chiunque rifiuti uno dei dharûriyyat al-madhhab non sarà più considerato un membro della scuola Shi`a Ithna-´Ashari (Imamita o Duodecimana).

Quale è il rango della credenza nella Wilayat dell’Ahlul Bayt: è uno dei dharûriyyat o no? Quando discuteva il rango dei Musulmani che non sono Sciiti, l’Ayatullah al-Khu’i definì la Wilayat(nel senso di amore per la Ahlul Bayt) come uno dei dharûriyyat ad-din e la Wilayat (nel senso dikhilafat e guida politica) come uno dei dharûriyyat al-madhhab. Lo scomparso Ayatullah disse:

La dimensione della Wilayat che è essenziale [per il din] è la Wilayat nel significato di amore e devozione, ed essi [i Sunniti] non la negano in questo senso ma esprimono piuttosto il loro amore per la Ahlul Bayt (as)

Sicuramente, la Wilayat nel significato di successione (khilafat) è una delle parti essenziali della madhhab [della Shi’a], ma non delle parti essenziali del din.” (37)

Per tanto secondo l’Ayatullah al-Khoi’, la Wilayat e l’Imamato nel significato di successione (khilafat) sono una parte essenziale (dharûriy) della Shi’a; chiunque rifiuti questa dimensione dellaWilayat non è considerato uno sciita..sarà un musulmano ma non uno sciita.

Rispetto alla domanda se, negando l’esplicitezza della designazione dell’Imam ‘Ali (as), questo studioso dell’Islam stia “percorrendo un cammino pericoloso per la sopravvivenza della religione dell’Ahlul Bayt”?

Bene, la religione della Ahlul Bayt sicuramente sopravvivrà perché ha un Imam che la protegge sebbene sia occulto; ma è anche certo che tali pronunciamenti indeboliscono la fede della gente comune e dei giovani rispetto alla Wilayat degli Imam. Voi dovete vedere dove porteranno simili dichiarazioni: questo minimizza il danno fatto contro la Ahlul Bayt e da una parvenza di legittimità al punto di vista sunnita. Un sunnita allargherebbe questo argomento un poco più dicendo che, visto che il Profeta (S) non chiarì le cose, i Compagni fecero quello che credevano fosse meglio per l’Islam! Uno sciita che ha assistito ai discorsi di questo studioso dell’Islam diceva: “Quale è il problema se crediamo che ‘Ali è il primo Imam (nel senso spirituale) ed il quarto califfo (nel senso socio-politico)”! Con simili amici non abbiamo bisogno di un nemico.

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6. La correzione finale

Giusto prima di giungere a Toronto nel 1998 per il mese di Muharram (1419), detto erudito inviò la seguente correzione agli editori della Bio-Ethics Encyclopaedia:

Muhammad morì nell’1nno 632 dopo Cristo, avendo portato tutta l’Arabia sotto il governo di Medina. Comunque, anche se esplicitamente aveva designato suo cugino e genero ‘Ali a succedergli, non lasciò istruzioni scritte riguardo il processo politico.”

Aveva inviato per fax questo passo ad alcuni dei membri della nostra comunità a Toronto e lo aveva inoltre menzionato in uno dei suoi discorsi nel Muharram del 1419.

Questi sono i nostri commenti rispetto alla correzione: in primo luogo, anche la correzione è problematica. Egli ha cercato di dividere la successione in due: religiosa e politica. Rispetto al tema della successione religiosa scrive che il Profeta esplicitamente aveva designato ‘Ali affinché fosse suo successore. Poi immediatamente qualifica la designazione come esplicita ed esclude la designazione politica scrivendo: “Non lasciò istruzioni scritte riguardo il processo politico”. Nel quarto discorso di Muharram del 1419 dice: “Si, Ghadir è una designazione esplicita, questo non significa un’istruzioneesplicita riguardo il processo politico. Nessuna storia appoggia questo”.

Da quando le “istruzioni scritte” diventano così importanti nello stabilimento degli insegnamenti islamici? Non è l’intera struttura del sistema islamico basata sulla trasmissione orale: il Corano e laSunna? Non esistono assolutamente istruzioni scritte lasciate dal Profeta a qualcuno, quindi perché creare un nuovo pretesto per i sunniti nella loro difesa contro gli sciiti attraverso l’attesa di un’istruzione “scritta” sul tema del califfato? Cosa ne è di tutti i detti del Profeta (S) sulla designazione dell’Imam ‘Ali ibn Abi Talib (as) come suo califfo?

Forse il valore delle istruzioni “orali” del Profeta è inferiore alle sue istruzioni “scritte”? O forse sarà meno grave disobbedire alle sue istruzioni “orali” che alle sue istruzioni “scritte”? Dio Onnipotente dice: “O credenti, non alzate la vostra voce al di sopra di quella del Profeta…(49:2)

Se detto studioso dell’Islam voleva narrare la storia del Qirtãs nel quale il Profeta (S) chiese un calamo ed una carta, allora avrebbe dovuto scrivere l’intera storia indicando la persona responsabile di non aver lasciato scrivere nulla al Profeta.

In secondo luogo, giocare con parole come “designazione” e “istruzione” è fastidioso. A Ghadir, il Profeta (S) parla dell’avvicinarsi della morte, ottiene il riconoscimento dei musulmani rispetto al livello della sua autorità su di essi, e poi dichiara: “Di colui di cui io sono la guida questo ‘Ali è la sua guida. Poi dice: “Lascio tra voi due cose: il Libro di Allah e la mia discendenza: finché vi afferrerete ad entrambi mai vi devierete”. Poi istruisce i suoi Compagni affinché si avvicinino e salutino l’Imam ‘Ali (as), rivolgendosi a lui con il titolo di “Amir – Guida”. Quando voi vedete tutto il contesto dell’evento di Ghadir, non è forse un’istruzione chiara, la designazione, indicazione, inclinazione, segnalazione – o come volete chiamarlo – per la guida dell’Imam ‘Ali dopo la morte del Profeta (S)?

Credere che il Profeta (S) non lasciò alcuna istruzione esplicita riguardo il suo successore politico equivale a legittimare il Califfato Sunnita. Se il Profeta (S) non avesse detto qualcosa riguardo questo argomento, come possono allora gli sciiti reclamare che Abu Bakr usurpò il diritto di ‘Ali bin Abi Talib (as)? Questa affermazione non aiuta a nessun altro che ai sunniti.

In terzo luogo, in base a quanto detto da questo studioso dell’Islam, si potrebbe affermare che ‘Ali è l’“Imam” (successore religioso/spirituale) ma non il “Califfo” (successore politico). Io non so ciò che egli direbbe rispetto alla dichiarazione del Profeta (S) nella Da’wat Dhul’Ashira dove il Profeta (S) disse: “’Ali è mio successore – khalifatì-.”

Nella teologia Sciita, come è stato detto in precedenza, non vi è differenza tra l’“Imamato” ed il “Califfato”. L’implicazione di questi due titoli è semplice: ‘Ali, in relazione al Profeta (S), è suo califfo e successore, e ‘Ali, in relazione all’Ummah è suo Imam e guida. Per tanto l’“Imamato” come successione religiosa ed il “califfato” come successione politica vanno contro le implicazioni di “Imam” e Califfo”. ‘Ali è l’Imam della Ummah Islamica nelle questioni religiose come in quelle politiche e similmente ‘Ali è il Califfo del Profeta nelle questioni religiose e politiche. L’esser ingiustamente privato della sua posizione politica non sminuì la realtà della verità. Nelle parole di Sayyid al-Kho’i: “Il non esercitare [l’autorità] non dimostra la non-esistenza della Wilayat”.

Il Profeta Muhammad (S)

Successore

(Califfo)

 

‘Ali

Imam

(Guida)

Ummah

La divisione della guida in religioso e politico in realtà ebbe luogo nella versione sunnita della storia islamica. I primi quattro califfi assunsero la guida politica e religiosa che è descritta come “al-khilafatu rashida” (il califfato ben guidato). Dopo di questo, i califfi assunsero la guida politica ma la guida religiosa venne assunta da altri. Nella Giurisprudenza (fiqh), per esempio, i quattro Imam emersero come guide anche quando esistevano i califfi che governavano nelle loro rispettive epoche. Nella teologia, emersero come guide Abul Hasan al-Ashari e Abu Mansur al-Maturidi. Nella spiritualità, vari maestri (e anche alcuni Imam Sciiti) furono accettati come guide e maestri dagli ordini Sufi.

Gli Sciiti non poterono sottoscrivere la divisione della guida nel campo politico e religioso; gli Imam sono le loro ultime guide e capi in tutte le sfere della vita: religiosa e politica, giuridica e teologica. Per tanto, l’Imam Jafar Sadiq (as) per esempio, non è solo una guida giuridica per gli sciiti: egli è loro guida nel senso integrale del termine, sebbene alcune dimensioni della sua guida non si manifestarono.

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NOTE

  1. Cfr. Murtaza Mutahhari, Wilayah: the Station of the Master (Wala’ ha wa wilayat ha), Tr. Yahya Cooper, Tehran: World Organisation for Islamic Services, 1982.[Cfr. anche Master and Mastership]
  2. Salãwãt significa pregare per la benedizione di Allah sul Profeta Muhammad e la sua Ahlul Bayt. Questa invocazione è inclusa nelle preghiere rituali quotidiane di tutti i musulmani.
  3. Un hadith autentico e sahih narrato da an-Nasã’í, Khasã’is Amiri ‘l-Mu’minín ‘Ali bin Abi Tãlib(Beirut: Daru ‘l-Kitãb, 1987) p. 101-102 (versione inglese: An-Nassa’iy, “Virtues of Ameerol Mo’minin Ali ibn Abi Talib”, Ansariyan Publications, Qom, Iran, 2009); l’annotatore, al-Athari, ha fornito maggiori citazioni dal Sahih di Muslim, Saiíh di at-Tirmidhi, e altri.
  4. Narrato da Ahmad bin Hanbal e at-Tirmidhi, entrambi nella sezione al-manãqib, come citato da Muhibbu ‘d-Dín at-Tabari, in Dhakhã’iru ‘l-‘Uqba fi Manãqib Dhawi ‘l-Qurba, ed. Akram al-Bushi (Jeddah: Maktabatu ‘s-Sahãba, 1995) p. 165.
  5. Sul rifiuto dei dharûriyyãt, cfr. al-Majlisi, “Risãlah fi ‘l-I’tiqãdãt,” Manãhiju ‘l-Haqq wa ‘n-Najãt, ed. Sayyid Hasan Bani Tabã (Qum: Markaz-e Ãthãr Shí’a, 1372 solar AH) p. 308-309; Sayyid Muhammad Kãdhim al-Yazdi, al-‘Urwatu ‘l-Wuthqa (Tehran: Dãr al-Kutub al-Islamiyya, 1392) p. 24.
  6. As-Sadûq, I’tiqãdãtu ‘l-Imãmiyya, p. 94; nella traduzione inglese, The Shi’ite Creed, p. 85. Vedere anche qualsiasi testo di base di giurisprudenza sciita nella sezione “najãsãt” sotto “kãfir“.
  7. Come citato dallo scomparso ‘Allãmah Mir Hãmid Husayn al-Musawi che lo ha poi confutato per provare l’imamato universale dell’Imam ‘Ali attraverso l’hadith di Ghadir. Cfr. al-Milãni,Nafahãtu ‘l-Azhar fi Khulãsati ‘Abaqãti ‘l-Anwãr, vol. 9 (Beirut: Dãru ‘l-Mu’arrikhi ‘l-‘Arabi, 1995) p. 311.
  8. Sayyid Hussain Nasr, “Shí’ism and Sufism” p. 103. (Si tratta di un capitolo originariamente presente nell’opera “Sufism”, inspiegabilmente rimosso nella sua traduzione italiana del 1989, apparso con il titolo “Il sufismo” ed edito da Rusconi. A Iddio piacendo verrà presto pubblicato sul nostro sito, n.d.t.)
  9. Cfr. Mutahhari, Wilayah, p. 72; cfr. inoltre, sempre di Mutahhari, Imamat wa Rahbari, p. 163, come citato dal nostro insegnante Sayyid Muhsin al-Kharrazi, Bidayatu ‘l-Ma’arifi ‘l-Ilahiyya, vol. 2, p. 12-16.
  10. La citazione completa verrà riportata in questo capitolo più avanti.
  11. As-Sadûq, I’tiqãdãt, p. 92-93; nella traduzione inglese, The Shi’ite Creed, p. 84-85; al-Majlisi, “Risãla fi ‘l-I’tiqãdãt,” p. 310.
  12. Sulla divisione della luna, per le fonti sciite cfr.: at-Tabrasi, Majma’u ‘l-Bayãn, vol. 5, p. 186; at-Tabãtabã’í, al-Mizãn fi Tafsíri ‘l-Qur’ãn, vol. 19, p. 60-72 che confuta anche le obiezioni sollevate da musulmani dalla mentalità materialista che cercano di interpretare tutti i versetti simili in senso metaforico. Tra le fonti sunnite, cfr. al-Fakhr ar-Rãzi, at-Tafsíru ‘l-Kabír, vol. 15, p. 26; as-Suyûti, ad-Durru ‘l-Manthûr, vol. 6, p. 133; Mawdûdi, Tafhímu ‘l-Qur’ãn, vol. 5, p. 230-231.
  13. As-Sadûq, I’tiqãdãt, p. 92-93; tradotto in inglese come The Shi’ite Creed, p. 84-85; al-Majlisi, “Risãla fi ‘l-I’tiqãdãt,” p. 310.
  14. Tra le fonti sunnite, cfr. Ibn al-Maghãzili ash-Shãfi’í, Manãqib al-Imam ‘Ali bin Abí Tãlib, p. 313 (hadíth n. 358); as-Suyûti, ad-Durru ‘l-Manthûr, vol. 4 (Beirut: Dar al-Fikr, n.d.) p. 669; al-Qandûzi, Yanãbí’u ‘l-Muwaddah (Beirut:, 1390/1970) p. 121. Per maggiori riferimenti, cfr. ash-Shahíd at-Tustari, Ihqãqu ‘l-Haqq, vol. 3, p. 280, vol. 14, p. 362-365, vol. 20, p. 75-77. Per una rassegna critica delle narrazioni citate da alcuni eruditi sunniti, cfr. at-Tabãtabã’í, al-Mizãn, vol. 11, p. 423-428.
  15. Questo è un altro esempio di sostenere una cosa nel suo operato accademico e affermarne un’altra quando si rivolge alla comunità sciita. Il Dr. Sachedina, come menzionato precedentemente, ha scritto nel suo “Islamic Messianism” che l’Islam iniziò come movimento politico e successivamente acquisì enfasi religiosa; adesso afferma che il Profeta venne riconosciuto fondamentalmente come un profeta di Dio e mai come capo politico.
  16. Il secondo discorso del Dr. Sachedina durante il Muharram 1419 a Toronto. Egli ha innavvertitamente citato il versetto coranico erroneamente; esso non è ‘wal kãfirun laysa lahum mawla’, ma ‘wa anna ‘l-kãfirín la mawla lahum.’ (47:11)
  17. Questa domanda del Profeta è basata sul versetto 33:6 del Corano.
  18. Secondo discorso a Toronto, Muharram 1419.
  19. Sebbene questa frase sia ‘ammorbidita’ con la scappatoia del “se è autentico”, essa crea maggiori domande: durante gli ultimi giorni di Ramadhãn 1418, il Dr. Sachedina fece la seguente dichiarazione su Internet: “Colgo questa occasione per affermare nei termini più ASSOLUTI che non solo credo nell’inequivocabile autenticità dell’evento di al-Ghadir…, io credo che la dichiarazione del Profeta ‘Di chiunque io sono la guida, anche ‘Ali è sua guida’, è una designazione esplicita dell’Imam ‘Ali alla funzione di Guida della Comunità Islamica, come confermato dalla fede Sciita Duodecimana.” Poi, meno di quattro mesi dopo, nel Muharram 1419, egli rilascia simili dichiarazioni che seminano il dubbio sull’esplicità della dichiarazione di Ghadir Khumm.
  20. Il secondo discorso del Muhammad 1419 a Toronto.
  21. At-Turayhi, al-Majma’u ‘l-Bahrayn, ed. Mahmûd ‘Ãdil, vol. 3 (Tehran: Daftar-e Nashr-e Farhang-e Islami, 1408) p. 242.
  22. Al-Mufíd, Ãmãli, vol. 13 (Musannafãt Shaykh al-Mufíd) p. 35.
  23. Al-Mufid, an-Nukatu ‘l-I’tiqãdiyya nel vol. 10 di Musannafãt ash-Shaykh al-Mufid (Qum: Mu’assasa Ãli ‘l-Bayt, 1413 AH) p. 39.
  24. Al-Hilli, al-Bãbu ‘l-Hãdi ‘Ashar [Qum: Nashr Nawid, 1368 AH solar] p. 184; cfr. Anche la traduzione inglese “A Treatise on the Principles of Shí’ite Thought”, tr. William Miller (London: Royal Asiatic Society, 1958) p. 62.
  25. Lahíji, Sarmãya-e Imãn (Qum: Intishãrãt-e az-Zahra, 1372 AH solar) p. 107.
  26. Tabãtabã’í, Shí’a Islam, tr. Nasr (Qum: Ansariyan, 1989) p. 173. (Testo tradotto in italiano e pubblicato dalle Edizioni Semar con il titolo “La Shi’ah nell’Islam).
  27. Mutahhari, Wilãya, p. 72.
  28. Cfr. p. 90-91.
  29. Nel sesto discorso del Muharram 1419 a Toronto.
  30. Nell’ottavo discorso del Muharram 1419 a Toronto.
  31. Sul libro di ‘Abdu ‘r-Rãziq e la relativa risposta di al-Bakhit, cfr. Hourani, Arabic Thought, pp. 184-192; sulla risposta di Rashid Radha, cfr. Kerr, Islamic Reform, pp. 179-185.
  32. Il nono discorso del Muharram 1419 a Toronto.
  33. Khomeini, Islam and Revolution, tr. Hamid Algar (Berkeley: Mizan Press, 1981) p. 64-65.
  34. At-Tawhidi, Muhammad ‘Ali, Misbãhu ‘l-Faqãhah, vol. 5 (Qum: Intishãrat-e Wijdani, 1368 A.H. solar) p. 35.
  35. Ibid, p. 38-39.
  36. Ibid, p. 39.
  37. Al-Gharawi, Mirza ‘Ali, at-Tanqíh fi Sharhi ‘l-‘Urwati ‘l-Wuthqa, vol. 2 (Qum: Dar al-Hadi, 1410 AH) p. 86.

* Il presente articolo costituisce il sesto capitolo del libro “Shi’ism: Imamate and Wilayat” dell’Hujjatulislam Seyyed Muhammad Rizvi (http://al-islam.org/wilayat/). Altri capitoli tratti dallo stesso libro sono già stati tradotti e pubblicati sul nostro sito. Dell’autore, figlio del noto Allamah Seyyed Said Akhtar Rizvi, il gruppo di traduzione della nostra Associazione ha inoltre già tradotto e stampato in italiano i seguenti libri: “Il Khums”, “Un’introduzione alla Shariah Islamica” e “Matrimonio e morale nell’Islam”. Chiunque desideri riceverli può contattarci al nostro indirizzo di posta elettronica o postale.

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Writer : shervin | Comments Off on La Wilayat e le sue dimensioni (S.M.Rizvi) Comments | Category : La scuola dell’Ahlul-Bayt

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