La vera storia dei “versetti satanici”

La vera storia dei “versetti satanici”
C. Mutti

Nella seconda parte del suo famigerato romanzo, a pagina 125 dell’edizione italiana, Rushdie descrive la scena in cui il Profeta di Jahilia (caricatura parodistica del Profeta Muhammad) recita una serie di versetti che, manipolazioni del romanziere a parte (è Rushdie stesso a dichiarare, nei Ringraziamenti che si trovano al termine del libro, di avere “ritoccato” la traduzione dei versetti coranici da lui utilizzata nel romanzo), corrispondono ai primi venti versetti della coranica Sura della Stella, cioè fino al punto in cui il Testo originale dice: Afara’aytumul-Lat, wa-l-’Uzza, wa Manata-th-thalithata-l-ukhra. Che significa: “Avete visto (ossia: che ne pensate voi di) Lat, di Uzza e di Manat, la terza, l’altra (divinità femminile)?” Nella traduzione di Rushdie, resa in italiano dal traduttore Capriolo: “Hai pensato a Lat e Uzza e Mahat, la terza, l’altra?”

Dopo aver dunque recitati i versetti 19-20, il Profeta, secondo il racconto di Rushdie, avrebbe aggiunto: “Esse sono uccelli eminenti e la loro intercessione è assai auspicata”. Con tale aggiunta, il Profeta avrebbe voluto riconoscere (al fine di essere a sua volta riconosciuto Profeta dai Qurayshiti) la legittimità dei tre feticci femminili Al-Lat, Al-‘Uzza e Al-Manat: definendole “uccelli eminenti”, si conferiva loro lo statuto di angeli, o comunque di esseri celesti.

L’episodio non è un’invenzione di Rushdie. Alcuni commentatori del Corano riferiscono che un giorno, trovandosi ancora a Mecca prima dell’Egira, Muhammad stava guidando l’orazione rituale, pronunciando i versetti coranici ad alta voce. Dopo che ebbe recitati i versetti 19-20 della Sura della Stella, il diavolo avrebbe imitato la sua voce dicendo: “Esse (cioè le tre dee) sono uccelli eminenti eccetera”. Il Profeta aveva proseguito il rito regolarmente, e così gl’idolatri avrebbero creduto in una sua concessione nei riguardi delle loro credenze. Muhammad però negò recisamente di aver pronunciato quell’aggiunta, e quindi i versetti recitati dallo shaytan non entrarono a far parte del Testo coranico.

Molti studiosi hanno ritenuto falsa tutta questa storia e hanno fatto risalire i ‘versetti satanici’ a un periodo posteriore a Muhammad. Tra gli studiosi profani, citiamo l’orientalista Leone Caetani, che ritenne trattarsi di un tentativo di interpolazione posteriore al periodo della Rivelazione. Tra i musulmani menzioneremo l’autore di una relativamente recente biografia del Profeta, Muhammad Husaya Haykal, il quale dedica alla questione alcune pagine della sua opera Hayat Muhammad, giungendo alla conclusione che “questa storia delle dee è una falsificazione, ispirata dai nemici dell’Islam dopo il primo secolo dell’Egira”.

Da parte nostra, mostreremo semplicemente che il contesto della Sura della Stella non consente l’inserimento logico dei “versetti satanici”, sicché sarebbe assurdo che persone dotate del minimo raziocinio li avessero ritenuti, anche solo per breve tempo, parte del Testo coranico. Proviamo infatti a leggere il brano con l’aggiunta dei “versetti satanici” (che traduciamo in caratteri corsivi):

19. Che ne pensate voi di Lat, di ‘Uzza
20. e di Manat, la terza, l’altra?
Esse sono uccelli eminenti. La loro intercessione è auspicabile.
21. Voi dunque avreste i maschi e Lui (Dio) le femmine?
22. Quella sarebbe, allora, una divisione iniqua!
23. Questi non sono altro che i nomi che avete dato loro, voi e i vostri padri, (nomi) per i quali Dio non ha fatto scendere a voi nessuna autorità; costoro non seguono altro che congetture e le passioni dell’animo, mentre già è giunta loro dal Signore la Guida.

E’ evidente il carattere contraddittorio di un testo come questo, che nei “versetti satanici” esalta i tre feticci e nei versetti successivi li condanna.

Un’ultima obiezione, che è quella sollevata a suo tempo da Muhammad ‘Abduh, consiste nel fatto che gli Arabi non hanno mai usato, per simboleggiare le divinità preislamiche, il termine al-gharaniq (plurale di ghurnuq o gharniq), che appare invece nei “versetti satanici”. Gharaniq, vocabolo reso da Rushdie con “uccelli”, designa per la precisione una specie di trampolieri analoga alla gru. L’impiego di questo epiteto sarebbe quindi stato privo di significato per il pubblico arabo di Mecca.

Possiamo dunque concludere affermando che la falsificazione operata da Rushdie è duplice. Primo, perché il Profeta non pronunciò mai i “versetti satanici”. Secondo, perché essi non vennero mai recitati da nessuno prima che iniziasse il secondo secolo dell’Egira.

 

Tratto da: “Orion”, n. 3 dell’anno VI, n. 54, Marzo 1989

 

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Writer : shervin | 0 Comments | Category : Attualità, politica e società , Novità , Sacro Corano e Tafsir (Esegesi)

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