Il Profeta Ibrahim (Abramo): l’eroe del Corano

Il Profeta Ibrahim: l’eroe del Corano

.

“E quando Ibrahim venne messo alla prova dal suo Signore attraverso [alcune] parole ed egli le portò a compimento, Egli disse:- Invero ti nomino Imam per gli uomini-” (al-Baqarah: 124)

Il sacro Corano afferma che il profeta Ibrahim (A) è stato la prima persona a chiamare “musulmani” (muslim) i seguaci della religione divina: “Ibrahim: egli vi ha chiamato musulmani” (al-Hajj: 78).

Secondo le tradizioni egli trascorse la sua infanzia in una caverna a causa della persecuzione inflittagli dal re del suo tempo, il quale lo vide in sogno come portavoce di un messaggio assolutamente antitetico al suo. Quando divenne adolescente, Ibrahim (A) cercò di convincere i membri della sua famiglia a non adorare gli idoli: “Quando disse a suo padre:- Padre! Perché adori ciò che non sente e non vede e non ti è utile in nessun modo? Padre! Invero mi è giunta una conoscenza che non è arrivata a te. Seguimi affinché ti guida sulla retta via. Padre! Non adorare Satana. Invero Satana disobbedisce al Clemente. Padre! Temo che ti giunga una punizione dal Clemente e che tu diventi un complice di Satana-” (Maryam: 42-45).

In accordo alla dottrina sciita, l’albero genealogico dei profeti, dalla parte paterna, non include dei politeisti1 . Di conseguenza il “padre” di Ibrahim (A), chiamato Azar, citato nel versetto, non può essere il suo vero padre. Ciò non solo viene provato dalle tradizioni degli Imam dell’Ahl al-Bayt, ma dal sacro Corano stesso. Bisogna innanzitutto tenere in considerazione che il termine arabo “abat”, che viene generalmente tradotto come “padre”, può significare anche “zio” o “padre adottivo”. Il problema, nel nostro caso, consiste nell’individuare se lo abat di Ibrahim (A) fosse suo padre naturale oppure no.

Il “padre” di Ibrahim (A) risponde all’invito divino nel seguente modo: “Ibrahim! Stai forse rinunciando ai miei dei? Se non desisti, ti lapiderò. Tieniti lontano da me per un periodo” (Maryam: 46). A questo punto Ibrahim (A) disse: “La pace sia con te! Chiederò al mio Signore di perdonarti. Invero egli è benevolo nei miei confronti. Io mi dissocio da voi e da tutto ciò che invocate all’infuori d’Iddio” (Maryam: 47-48).

In genere l’Islam proibisce l’atto di chiedere perdono per i politeisti: “Il Profeta e i credenti non possono chiedere perdono per i politeisti, anche se tra questi vi sono i propri parenti, dopo che è diventato palese che essi risiederanno all’inferno. La richiesta di perdono di Ibrahim per suo padre avvenne soltanto per mantenere una promessa che egli fece con lui. Quando divenne palese che egli era un nemico d’Iddio, lo ripudiò” (al-Tawbah: 113-114).

Ciò significa che nel caso di Ibrahim (A) si è trattato di un’eccezione e ciò viene testimoniato anche nel versetto seguente: “Vi è certamente un buon esempio per voi in Ibrahim e in coloro che erano con lui quando dissero alla loro gente:- Invero vi ripudiamo e [ripudiamo] ciò che adorate all’infuori d’Iddio- eccezion fatta per Ibrahim quando disse a suo padre:- Chiederò perdono per te nonostante io non abbia alcun potere innanzi a Iddio-” (al-Mumtahnah: 4).

L’atto del ripudio (tabarra’) indica un dissociamento totale che dovrà essere mantenuto fino al Giorno della Resurrezione. Degno di nota è il fatto che la prima volta Ibrahim (A) disse a suo “padre” “io mi dissocio da voi” (a’tazilukum) senza implicare nessun ripudio. E’ stato soltanto quando lo stato di ottusità del “padre” di Ibrahim divenne chiaro che egli gli disse: “Quando divenne palese che egli era un nemico d’Iddio, lo ripudiò [tabarra’a minhu]” (al-Tawbah:114). Dopo il ripudio, infatti, non è permesso, in nessun modo, chiedere perdono per un politeista, poiché esso altro non è che una maledizione.

Il punto cruciale della discussione risiede nella seguente invocazione che Ibrahim (A) compie negli ultimi momenti della sua vita: “O mio Signore! Perdona me, i miei genitori e tutti i credenti nel Giorno del Rendiconto” (Ibrahim: 74). Questa ultima invocazione di Ibrahim (A) non è conforme all’idea che il suo vero padre fosse un politeista, poiché tale atto, dopo averlo ripudiato, gli era proibito.

Durante la sua predicazione ad Azar, Iddio mostrò ad Ibrahim il malakut dei cieli e della terra, il regno superiore in cui ogni cosa viene vista provenire direttamente da Iddio: “Quando Ibrahim disse ad Azar, suo padre:- Consideri gli idoli invece d’Iddio? Invero noto te e la tua gente in errore evidente-. E così mostrammo ad Ibrahim il malakut dei cieli e della terra affinché fosse tra coloro che possiedono la certezza” (al-An’am:75).

Comunque, la tecnica utilizzata da Ibrahim (A) per predicare pubblicamente il messaggio Islamico inizialmente non venne protratta in maniera diretta: “Quando calò la notte, egli vide una stella e disse:- Questo è il mio Signore!-. Ma quando scomparve disse:- Non mi piace chi scompare-. Poi, quando vide crescere la luna disse:- Questo è il mio Signore!-. Ma quando scomparve disse:- Se il mio Signore non mi avesse guidato, sarei stato uno dei traviati-. Poi vide sorgere il sole e disse:- Questo è i mio Signore! Questo è più grande!-. Ma quando scomparve disse:- O popol mio! Invero ripudio ciò che [Gli] attribuite. Invero volgo il mio volto verso Colui che ha creato i cieli e la terra come un hanif e non sono uno dei politeisti” (al-An’am: 76-79).

Alcuni interpreti hanno cercato di commentare questi versetti fornendo una spiegazione assai pedagogica ed affermando che Ibrahim (A) stesse, lentamente e gradualmente, scoprendo la verità. Ovviamente è assai difficile ritenere che un profeta d’Iddio sia soggetto ad un tale processo nel bel mezzo della sua missione. Inoltre Ibrahim (A) era già un monoteista in accordo ai versetti sopra menzionati: “Invero mi è giunta una conoscenza che non è arrivata a te. Seguimi affinché ti guida sulla retta via” (Maryam: 43) e “E così mostrammo ad Ibrahim il malakut dei cieli e della terra affinché fosse tra coloro che possiedono la certezza” (al-An’am: 75).

Ciò che piuttosto Ibrahim (A) stava cercando di fare era mostrare alla sua gente la verità in accordo alla loro percezione comune, al fine di rivelargli ch’egli non fosse altro che un hanif, che significa “una persona che si mantiene salda sulla retta via”.

Dopo aver ricevuto il messaggio divino da parte di Ibrahim (A), le genti di Babilonia rimasero sbalordite e obiettarono contro il profeta2 fino a che non lo portarono davanti alla corte del perfido re Nimrod: “Non hai visto colui che obiettò con Ibrahim riguardo al suo Signore poiché Iddio gli ebbe conferito il regno? Quando Ibrahim disse:- Il mio Signore è colui che dà la vita e dà la morte-. Egli rispose:- Io dò la vita e la morte-. Ibrahim disse: -Invero Iddio fa sorgere il sole da oriente, tu fallo sorgere da occidente-. Quindi il miscredente rimase esterrefatto” (al-Baqarah: 258).

Fu così che Ibrahim (A) continuò a diffondere il messaggio divino dicendo: “Cosa sono queste immagini alle quali siete così attaccati?” (al-Anbiya’: 52). Le genti gli risposero: “Abbiamo visto i nostri padri adorarle” (al-Anbiya’: 52).

A questo punto Ibrahim (A) escogitò un piano3 contro i politeisti. A Babilonia esisteva una tradizione superstiziosa in accordo alla quale, in un determinato giorno dell’anno, l’intera popolazione doveva lasciare la città poiché se vi fosse rimasta sarebbe andata incontro alla sfortuna. Facendo uso delle tecniche astronomiche del suo tempo, Ibrahim (A) osservò le stelle e da esse dedusse che egli si sarebbe ammalato proprio quel giorno particolare4 . Di conseguenza egli rimase solo nella sua città. La prima cosa che fece fu quella di dirigersi verso il tempio degli idoli per distruggerli: “Poi andò dai loro idoli e disse:- Non mangiate? Perché non parlate?-. Poi li colpì e li distrusse con violenza” (al-Saffat: 91-93).

Quando le genti fecero ritorno nella città trovarono il tempio distrutto ed accusarono Ibrahim (A), che era l’unico presente. Ibrahim (A) non distrusse comunque l’idolo maggiore e si prese gioco dei politeisti dicendo: “Piuttosto è stato l’idolo più grande di essi! Chiedete loro, casomai riuscissero a parlare” (Anbiya’: 63). Le autorità idolatre andarono su tutte le furie e dissero: “Costruite qualcosa per lui affinché lo gettiate in un grande fuoco!” (al-Saffat: 97). Ma non appena Ibrahim (A) entrò nel fuoco, Iddio lo rese freddo: “Dicemmo:- O fuoco! Raffreddati e metti al sicuro Ibrahim!-” (al-Anbiya’: 69).

Dopo quest’episodio, Ibrahim (A) fuggì da Babilonia con il profeta Lut (A), che sempre lo aveva sostenuto, e si diresse verso la terra santa della Palestina: “Lo facemmo giungere con Lut in una terra che abbiamo benedetto per tutte le nazioni” (al-Anbiya’: 71). Le terre di Mecca e Palestina possiedono un’importanza particolare nella tradizione Islamica, poiché sono state benedette direttamente da Iddio senza l’intermediazione di un profeta o un Imam (come, ad esempio, Medina, Kufa, Karbala, Najaf, ecc.).

In questo periodo, Iddio mostrò altri Suoi segni ad Ibrahim (A) come narra il versetto seguente: “E quando Ibrahim disse:- Mio Signore! Mostrami come ridai vita ai morti-. Egli disse:- Non credi [forse]?.. Egli disse:- Si, ma affinché il mio cuore si tranquillizzi-. Egli disse:- Prendi quattro uccelli. Tagliali a pezzi e piazzali ognuno di loro su di una montagna, poi chiamali: giungeranno a te di corsa-” (al-Baqarah: 260). Nel frattempo Lut (A) era stato mandato nella città di Sodoma per diffondere il messaggio divino.

La moglie di Ibrahim (A) si chiamava Sara ed era sterile. Per questa ragione concordò nel dare a suo marito una schiava, di nome Hajar, attraverso la quale avrebbe avuto una discendenza. Il profeta Isma’il nacque proprio grazie all’unione di Ibrahim (A) con Hajar. Nella Bibbia si narra che Sara era invidiosa di Hajar e, per questo motivo, esortò il marito ad abbandonarla col figlio nel deserto5 . Questa versione della storia non viene comunque approvata dal sacro Corano, il quale considera Sara una donna benedetta e appartenente alla Ahl al-Bayt di Ibrahim (A) 6 . Piuttosto, l’ordine di portare Hajar e suo figlio Isma’il a Mecca fu un vero e proprio ordine divino.

Fu proprio a Mecca che la sacra casa d’Iddio, la santa Ka’bah la cui funzione di luogo di culto era ormai stata abbandonata da secoli, venne ricostruita da Ibrahim (A) e Isma’il (A) 7 . Fu così che i riti dell’hajj, il Pellegrinaggio Islamico, vennero nuovamente ristabiliti8 . Il sacro Corano afferma: “Ed incaricammo Ibrahim e Isma’il di purificare la Mia casa per coloro che vi circombulano, per chi si vi si ritira in isolamento e per chi vi si inchina e prostra” (al-Baqarah: 125).

Una delle invocazioni che Ibrahim (A) fece nella sacra casa viene presentata in due modi differenti: “Mio Signore! Rendi questa, una città sicura!” (al-Baqarah: 126) e “Mio Signore! Rendi questa città sicura” (Ibrahim: 35). Dato che a quel tempo non vi era nessuna città a Mecca ma bensì soltanto un pezzo di deserto, è possibile che Iddio abbia concesso ad Ibrahim (A) la visione della Ka’bah nel futuro e, quindi, piena di idoli. Per questo motivo egli avrebbe considerato Mecca già una città nella seconda invocazione.

Poi Ibrahim (A) supplicò il suo Signore dicendo: “Nostro Signore! Nomina tra loro un messaggero che reciti loro i Tuoi segni, gli insegni il Libro e la saggezza e li purifichi” (al-Baqarah: 129). Di conseguenza è possibile dedurre che il nobile Profeta Muhammad (S) sia la realizzazione dell’invocazione di Ibrahim (A).

Un’altra delle invocazioni di Ibrahim (A) è la seguente: “Mio Signore! Fammi rispettare la preghiera e [anche] alla mia progenie. O nostro Signore! Accetta la mia supplica” (Ibrahim: 40). A tal riguardo si potrebbe dire che Iddio non abbia accettato questa invocazione di Ibrahim (A) poiché molti dei suoi discendenti non possono venire in nessun modo considerati tra le persone pie. E’ comunque assai più probabile che Ibrahim (A) si stesse riferendo alla discendenza della sua Ahl al-Bayt e non nella sua interezza genealogica.

Poi Ibrahim (A) ricevete l’ordine di lasciare Hajar e Isma’il (A) nel deserto e di ritornare da Sara. Successivamente Isma’il (A) sposerà una donna araba attraverso la quale si possono ricavare le origini della razza araba moderna (‘arab al-musta’ribah). Gli arabi antecedenti ad Isma’il (A) vengono invece definiti “arabi puri” (‘arab al-‘aribah).

Quando Ibrahim (A) tornò da sua moglie ricevette alcuni ospiti inattesi e se ne intimorì, in ispecie dopo che essi rifiutarono di mangiare il vitello arrostito che offrì loro. Questi ospiti, comunque, gli dissero: “Non temere!” (al-Dhariyat: 28). Essi erano infatti angeli che erano stati mandati a lui per “dargli la notizia di un figlio sapiente”9 . Sara, che era sterile, udì la notizia da un’altra stanza o da dietro a un velo: “Poi sua moglie si fece avanti piangendo [di gioia], si colpì il volto e disse:- Una donna vecchia e sterile!-” (al-Dhariyat: 29). Degno di nota è il fatto che, in seguito la notizia gli venne data anche direttamente dagli angeli: “Sua moglie, in piedi, rise non appena Le demmo la notizia di Ishaq e di Ya’qub dopo Ishaq” (Hud: 71). La notizia della nascita di Ishaq (A) da parte di Ibrahim (A) e Sara venne considerata una vera benedizione10 anche se “tra i loro discendenti alcuni saranno pii e altri trasgrediranno” (al-Saffat: 113).

Poi Ibrahim (A) venne informato della missione dei suoi ospiti, la quale non si limitava a quella visita ma bensì proseguiva verso Sodoma. Essi dissero: “Siamo stati mandati [anche] alla gente di Lut” (Hud: 70). Ciò significava che la gente di Sodoma sarebbe stata punita violentemente a causa della propria trasgressione. Ibrahim (A) sperò fino all’ultimo che gli abitanti di Sodoma potessero essere condotti lungo la retta via e cercò di trattenere gli angeli e farli acconsentire ad una dilazione della punizione, ma essi dissero: “Ibrahim! Lascia perdere questa questione! L’editto del tuo Signore è già giunto ed una punizione irrevocabile ormai li attende!” (Hud: 76).

Quando Isma’il (A) era ancora giovane, suo padre Ibrahim (A) gli fece visita nella città santa di Mecca. In quell’occasione a quest’ultimo fu rivelato in sogno di dover sacrificare suo figlio: “Egli disse:- Figlio mio! Ho visto in sogno che devo sacrificarti. Cosa pensi?-. Egli disse:- Padre! Fai ciò che ti è stato ordinato di fare. Se Iddio vuole sarò paziente-” (al-Saffat: 102). Comunque, quando i due si sottomisero al volere divino e Ibrahim (A) stava per sacrificare suo figlio uccidendolo, Iddio cambiò l’ordine e rivelò ai due profeti che era Sua intenzione metterli alla prova: “Quindi quando si sottomisero entrambi [al volere divino] e lui lo distese prendendolo per la fronte, lo chiamammo:- Oh Ibrahim! Hai realizzato la visione! Invero Noi premiamo chi compie il bene. Questa si trattava di una prova evidente-” (al-Saffat: 103-107).

Il “sacrificio immenso” che viene citato in questo versetto è stato detto essere un sacrificio simbolico di una pecora, il quale viene compiuto ogni anno dal credente durante un dei riti dell’hajj. Comunque limitare questo sacrificio ad un’interpretazione quantitativa inerente al numero delle pecore e attribuirla al sacro Corano è assai problematico. Infatti tutte le pecore che sono state sacrificate a Mecca negli anni passati in aggiunta a tutte quelle che verranno sacrificate in futuro non potranno mai rappresentare un “riscatto” per la nobile anima del profeta Isma’il (A). Per questo motivo un’interpretazione più plausibile farebbe pensare al “sacrificio immenso” dell’Imam al-Husayn (as) a Karbala , il quale è un suo diretto discendente.

.

Note

1“Tafsir al-Safi”, vol. 3, p. 282.
2 Vedi: al-An’am: 80.
3 Vedi: al-Anbiya’: 57.
4 Vedi: al-Saffat: 89.
5 Genesi, 21:10-14.
6 Vedi: Hud:73.
7 Vedi: al-Baqarah:127.
8 Vedi: al-Hajj:26-28.
9 Vedi: al-Dhariyat:28.
10 Vedi: al-Saffat:113.

Writer : shervin | Comments Off on Il Profeta Ibrahim (Abramo): l’eroe del Corano Comments | Category : Islam

Comments are closed.