Due colloqui dell’Imam Alì (as) con Kumayl

 DUE COLLOQUI DELL’IMAM ‘ALI (AS) CON KUMAYL

 

Qui ci riferiamo in particolare a due colloqui del primo Imam (AS) con Kumayl Ibn Ziyad che fu uno dei suoi discepoli e compagni insigni. Il primo di questi colloqui, per il proposito che perseguiamo, fa in qualche modo da introduzione al secondo. Questi due testi sono fra quelli che ci possono illustrare nel miglior modo possibile, il senso e la posta in gioco della lotta spirituale secondo il pensiero dell’Imam e, nello stesso tempo, quale cavalleria spirituale è in grado di sostenerla.

Nel corso del primo di questi colloqui, Kumayl chiede all’Imam (AS): “Che cosa è la gnosi?”

L’Imam, per provarlo, risponde: “Che cosa hai a che fare tu con la gnosi?” e gli spiega perché sarebbe dannoso, sia all’uno che all’altro, che dalla propria persona egli riversasse un tale segreto: un vaso non può contenere più della sua capacità e l’Imam ha l’ordine di mettere ogni cosa al suo posto.

Kumayl allora invoca precisamente questa disposizione: “Qualcuno come te” egli dice all’Imam “può deludere l’attesa di colui che l’interroga? Qualcuno del tuo rango quanto alle alte conoscenze delle realtà spirituali e quanto al discernimento dell’attitudine di ognuno può frustrare colui che l’interroga, rifiutargli il suo diritto, fare che la sua meta gli resti interdetta, perché egli si è astenuto dal rispondergli? No, il precetto divino <Quanto a colui che domanda non lo respingere (Surat ad-Duha 93:10)> ti fa dovere di rispondere prendendo per massima quella del Profeta <Parlando alle persone, parlate ad ognuno secondo la sua propria intelligenza>”.

Allora l’Imam (AS) accetta la richiesta e inizia a spiegare: “La gnosi è lo svelamento degli oratori della maestà divina senza che nulla si possa mostrarne”

“Spiegami ancora” disse Kumayl.

“E’ la cancellazione di tutto ciò che è congettura, è serenità del conosciuto in totale certezza” rispose l’Imam (AS).

“Spiegami ancora” disse Kumayl.

“Il velo è lacerato, il segreto ha trionfato” rispose l’Imam (AS).

“Spiegami ancora” disse Kumayl.

“Una luce si leva dall’alba della preeternità. Essa brilla nei templi del Tawhid” rispose l’Imam (AS).

“Spiegami ancora” disse Kumayl.

“Spegni il lume, è sorta l’aurora” rispose l’Imam (AS).

Dopo di ciò l’Imam (AS) osservò il silenzio.

Un simile testo dovrebbe essere sufficiente di per sé stesso per indicarci che l’insegnamento degli Imam, sorgente della teosofia sciita, ci mette alla presenza di qualcosa che differisce sostanzialmente sia dalla dialettica degli scolastici dell’Islam (motakallimun), sia dal metodo dimostrativo dei filosofi ellenizzanti (falasifa) e sia dall’atteggiamento dei pii asceti a riguardo della conoscenza. Si tratta di una forma di insegnamento tipico, in generale troppo poco considerato presso di noi quando si parla di Islam, di modo che ci si è ingannati al punto che si parla della Shi’a come una religione “autoritaria” nel senso che questo termine ha in Occidente; tanto si è perduto il senso di ciò che è l’iniziazione spirituale.

L’Imam (AS), chiaramente, non impone alcuna forma dogmatica. La scienza che l’Imam insegna viene caratterizzata dai nostri autori come una scienza ereditata dall’anima (‘Ilm Irthi). E’ un’eredità alla quale l’anima ha diritto, e della quale entra in possesso, nella misura della sua capacità. L’erede è colui che è capace di comprendere, egli non ha da conquistare la sua eredità con gli sforzi d’una dialettica concettuale. E’ il suo grado di comprensione che assicura il suo diritto alla “successione” e che fa di lui qualcuno a cui il “deposito confidato” può essere rimesso: è ciò stesso che ha fatto valere Kumayl pregando l’Imam (AS) di rispondergli.

Certo, il testo del colloquio è difficile. Esso ha sollecitato lunghe disquisizioni. Haydar Amoli che lo commenterà lungamente si limita ad osservare, citandola una prima volta, che il significato ultimo di questo discorso è nel tratto finale: “Dopo di ciò l’Imam (AS) osservò il silenzio“. Il che per lui vuole dire: Kumayl, condotto fino al livello della via mistica può vedere ormai con i suoi propri occhi. Dopo di ciò non vi è più da porre la questione di dialettica razionale, poiché la dialettica è come la lampada in rapporto al sole. Le cose che vengono acquisite dalla rivelazione interiore e dall’esperienza mistica non possono essere infine né espresse né mostrate, come dice allusivamente l’Imam (AS) fin dall’inizio.

Haydar Amoli ne trae una doppia conseguenza. Innanzitutto è nel silenzio che lo gnostico raggiunge il fine della sua ricerca con un’esperienza spirituale che è il supremo grado possibile del raggiungimento di Dio. In secondo luogo, se gli Imam (AS) hanno divulgato questi segreti divini (asrar ilahiya) ai più eminenti dei loro discepoli e familiari, vuol dire che non è permesso a nessuno di esporli davanti agli indegni e ai profani. Qui si ripropone nuovamente un richiamo solenne al precetto concernente il “deposito confidato”. Coloro quindi che, di generazione in generazione, assumono la custodia e la trasmissione di questo deposito, chi sono?

Un secondo colloquio dell’Imam (AS) con Kumayl si situa in una solitudine solenne. L’Imam (AS) prende Kumayl per la mano, lo conduce fuori della città, nel deserto, e là, avendo esalato un profondo sospiro, dichiara:

“O Kumayl Ibn Ziyad! I cuori sono dei vasi, tra di loro i migliori sono quelli la cui capacità è la più grande. Tieni a mente ciò che ti sto per dire. Gli uomini sono di tre categorie: vi è il saggio divino (alim rabbani, il teosofo perfetto); vi sono poi coloro che ricevendo il suo insegnamento sono condotti alla Liberazione; infine vi è la massa della gente comune, che insegue non importa quale agitatore e gira nel senso di non importa quale vento. Costoro non sono affatto rischiarati dalla Conoscenza e non s’appoggiano certo su un saldo pilastro. O Kumayl! La Conoscenza vale più dei beni materiali. E’ la Conoscenza che veglia su di te, mentre tu, tu vegli sui beni materiali. La ricchezza si riduce dispensandola, la Conoscenza si accresce prodigandola. La Conoscenza è ciò che giudica; la ricchezza è ciò che è giudicato. O Kumayl! Il tesoro dei beni materiali perisce, mentre gli gnostici sono dei viventi di una vita che permane nei secoli dei secoli. Le loro persone fisiche scompaiono; ma altri che hanno il “cuore” simile ne prendono il posto. E l’Imam, designando con un gesto della mano il suo proprio cuore, prosegue: “Vi è qui una gnosi sovrabbondante. Se solamente trovassi degli uomini tanto forti da portarla! Certo, m’accade di incontrare qualche spirito sottile, ma non posso dargli la mia confidenza, poiché le cose religiose sono per lui un “mezzo” che egli mette al servizio degli interessi di questo mondo; per lui i doni di Dio sono un pretesto per prevalere sui servitori di Dio e le sorgenti del sapere sono per lui un pretesto per avere il sopravvento sugli amici di Dio. Nella migliore situazione m’accade di incontrare qualche spirito docile, specie fra i dottori, ma che nel suo conformismo è totalmente sprovvisto di visione interiore e il dubbio penetra nel suo cuore alla prima difficoltà che si presenta. Ebbene no! Né questo né quello (sono degni della mia confidenza né degni della mia gnosi). Altre volte ancora incontro qualche insaziabile a proposito del piacere che si lascia docilmente condurre dai suoi appetiti carnali; o tal altro con la passione d’accumulare e tesaurizzare. Non possono essere in alcun modo né l’uno né l’altro dei pastori della religione: lungi da ciò. Quello che a loro assomiglia maggiormente è il bestiame da pascolo. Bisogna dunque che in tale epoca muoia la gnosi quando muoiono coloro che ne sono i supporti? Ebbene no! Mai, in effetti, la terra è sprovvista di uomini che, rispondendo per Dio, s’assumono il mantenimento delle sue testimonianze, che lo facciano allo scoperto e senza velo, o che dimorino nascosti e totalmente sconosciuti. Ed è grazie a tali uomini che le testimonianze divine e la comprensione del loro senso non sono annientate. Quanti sono? Dove sono? Io attesto Dio! Il loro numero è infimo, ma il loro rango è sublime. E’ per essi che Dio conserva le Sue testimonianze e i Suoi segni in questo mondo affinché essi li trasmettano ai loro adepti e ne affidino la semenza ai cuori di quelli che a loro assomigliano. A loro, la gnosi si mostra  subito secondo tutta la verità della visione interiore. Essi mettono in opera la gioia della certezza. Essi trovano facile ciò che i tiepidi trovano ardito. Essi hanno confidenza con ciò che sgomenta gli ignoranti. Essi sono in questo mondo in compagnia a dei corpi i cui spiriti che li animano restano sospesi alla Dimora Suprema. O Kumayl! Quest’ultimi sono i califfi di Dio sulla Sua terra, coloro che chiamano alla Sua vera Religione. Ah! Quale ardente desiderio io avrei di vederli!”

Se si giustappone questa dichiarazione solenne del primo Imam (AS) a quella dell’Imam Ja’far (AS) che è stata ricordata alla fine del paragrafo precedente si constata che, l’uno dopo l’altro, gli Imam (AS) della Shi’a hanno proposto il medesimo insegnamento fondamentale. Sia dall’una che dall’altra dichiarazione, come da una moltitudine di dichiarazioni similari, noi raccogliamo una triplice certezza, e cioè:

– che la Shi’a costituisce fondamentalmente e in pieno diritto l’esoterismo e il senso interiore della religione islamica;

– che questo esoterismo e questo senso interiore è inizialmente e integralmente l’insegnamento al quale gli Imam (AS) hanno iniziato i loro discepoli e quello che questi ultimi hanno trasmesso;

– che dalla dispensazione di questo insegnamento, dalla sua accettazione per gli uni e dal suo rifiuto per gli altri, deriva spontaneamente la ripartizione degli umani in tre categorie.

Su questi tre punti il miglior commento alla elevata dichiarazione fatta dal primo Imam (AS) a Kumayl Ibn Ziyad, si trova negli ahadith degli Imam (AS) che riprendono lo stesso tema. Noi non ne indichiamo qui che alcuni. L’insieme è di un’importanza decisiva. Definendo la vocazione della Shi’a come iniziazione ad una dottrina superiore, in quanto “esoterismo”, queste tradizioni degli Imam (AS) mettono rispettivamente di fronte alle loro responsabilità sia coloro tra gli sciiti che pretendono di mettere in disparte questo esoterismo, che coloro tra i sufi che vogliono continuare ad ignorare l’origine ed il supporto della loro stessa gnosi. L’idea di questi testimoni che, sebbene completamente ignorati dalla massa degli uomini, di generazione in generazione “rispondono per” Dio in questo mondo, comporta l’idea di una comunità spirituale la cui gerarchia è fondata non sulle classi di un ordine sociale esteriore ma unicamente sulle qualificazioni dell’essere interiore. Così quest’idea sfugge ad ogni materializzazione e ad ogni socializzazione.

I “Califfi (Reggenti) di Dio” sulla terra dei quali parla il primo Imam (AS), furono in primo luogo gli undici Imam (AS) suoi successori e più lontano ancora, tutti coloro la cui successione invisibile mantiene la pura gerarchia spirituale attorno a quello che è il “polo” mistico, l’ “Imam nascosto”, fino alla fine del nostro Aion (Eone). Senza di loro l’umanità, che lo sappia o meno, non potrebbe continuare a sussistere. Ed è qui, infine, che si decidono il senso e la posta in gioco della lotta spirituale della Shi’a.

Fra gli ahadith che sottolineano espressamente, assieme a ciò che ne è la ragione, l’essenza esoterica della Shi’a, ricordiamo ancora quello citato qui, poiché esso è la costante che, con alcune varianti, continuamente ricompare. Esso figura in parecchie raccolte e gli stessi Imam (AS) ne hanno sottolineato l’importanza decisiva.

“La nostra causa è difficile; essa impone uno sforzo intenso; possono assumersela soltanto un angelo prossimo a Dio (malak moqarrab), un Profeta inviato (nabi morsal) o un adepto fedele del quale Dio avrà provato il cuore con la fede”

Il discepolo che riporta questa frase dell’Imam Ja’far (AS) precisa ancora:

“Fra gli angeli vi sono dei ravvicinati e dei non ravvicinati. Fra i Profeti vi sono degli inviati e dei non-inviati. Fra i credenti vi sono dei provati e dei non-provati. Questa causa che vi è proposta è stata proposta agli angeli: non l’hanno assunta che i ravvicinati (i prossimi). E’ stata proposta ai Profeti: non l’hanno assunta che gli inviati. E’ stata proposta ai credenti: non l’hanno assunta che i credenti provati”

Già il quinto Imam Muhammad Baqir (AS), riportando la stessa frase ad uno dei suoi familiari, aggiungeva:

“Non comprendi che la difficoltà della nostra causa si mostra nel fatto che Dio ha scelto di farla assumere fra gli angeli, all’angelo prossimo a lui; tra i profeti al profeta inviato; tra i credenti, al credente dal cuore provato”

E un commentatore dell’epoca Safavide rimarca: “L’intenzione di questo racconto e di altri simili è quella di escludere la possibilità di poter assumere perfettamente questa causa, senza ardente desiderio, senza sentimento e amore perfetto verso la purezza immacolata (‘ismat) dei nostri Imam”.

Il sesto Imam Ja’far (AS) fa d’altra parte ad uno dei suoi familiari una dichiarazione che propone ripetutamente la parola “sirr” (segreto). Si scorgeranno in essa tutte le risonanze, se ci si ricorda che il termine “sirr” designa contemporaneamente un segreto, una cosa nascosta, e uno degli organi psico-spirituali sottili: il pensiero segreto, la sopra-coscienza o transcoscienza. Noi rivedremo questa dichiarazione assieme alla precedente più avanti alla luce dell’ermeneutica del Corano. L’Imam (AS) dunque dichiara:

“La nostra causa è un segreto velato in un segreto (sirr mastur fi sirr), è il segreto di qualcosa che resta velato, è un segreto che solo un altro segreto può insegnare. E’ un segreto su un segreto che resta velato da un segreto”

O ancora:

“La nostra causa è la verità della verità (haqq-al-haqq); è l’essoterico, e l’esoterico dell’esoterico (batin-al-zahir) ed è l’esoterico dell’esoterico. E’ il segreto, il segreto di qualche cosa che resta velato: un segreto che è velato da un segreto”

Ci sono ancora da meditare qui in modo del tutto particolare, alcuni versi di un poema del quarto Imam Ali Zain-al-Abidin (AS):

“Della mia conoscenza io nascondo i gioielli per paura che un ignorante, vedendo la verità, non ci annienti… O Signore! Se io divulgassi una perla della mia gnosi mi si direbbe:- Tu sei dunque un adoratore degli idoli?-. E vi sarebbero dei musulmani che troverebbero lecito che si versasse del mio sangue! Essi trovano abominevole ciò che si presenta a loro di più bello”

Che uno dei Santi Imam (AS) abbia potuto proferire tali cose indica che vi è una testimonianza senza reticenza su ciò che concerne la scienza esoterica della Shi’a e la posta in gioco della sua lotta.

 

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Writer : shervin | Comments Off on Due colloqui dell’Imam Alì (as) con Kumayl Comments | Category : Via Spirituale

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