Al-Quds: Gerusalemme tra attualità ed eternità (R.Arcadi)

Al-Quds: Gerusalemme fra attualità ed eternità

R.Arcadi

Sempre più gravi ed inquietanti si vanno facendo di giorno in giorno le notizie provenienti dalla Palestina occupata. Assai rimarchevole a questo riguardo è la circostanza che l’atteggiamento dei mezzi d’informazione occidentali sull’argomento del cosiddetto “processo di pace” sia andato rapidamente mutando: ben lontana appare oramai la pur recente euforia, e i veri e propri accenti trionfalistici con cui tutti costoro avevano salutato all’unisono il tentativo artificioso e velleitario di normalizzare con ogni sorta di acrobazie politiche e diplomatiche una situazione che sfugge ad ogni banale accomodamento, ivi inclusa la pretesa temeraria di dare una soluzione definitiva a quello che in un contesto siffatto s’impone come il più spinoso e cruciale dei problemi, ovverosia alla questione di Al-Quds (Gerusalemme).

Appare sempre più evidente come le potenze occidentali ed i loro numerosi alleati abbiano clamorosamente sbagliato i loro calcoli. Ma perché ciò è avvenuto? Quali sono le ragioni profonde di quello che sempre più si configura come uno scacco clamoroso dell’arroganza dei poteri mondani? E quali potrebbero essere a questo riguardo le prospettive future, quale il significato profondo della sempre maggiore aggressività sionista?

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Sembrerebbe a prima vista che ad occidentali e sionisti altro non possa venire rimproverato se non un approccio errato al problema, non avendo essi tenuto conto di alcune delle variabili indipendenti che, per avvalerci di una similitudine matematica, ne danno una descrizione esauriente consentendone la risoluzione. Se invero lo strapotere economico, militare e politico di costoro appare sin troppo manifesto ad una considerazione sia pur superficiale, così come la materiale limitatezza delle forze a disposizione dei loro avversari; è d’altra parte pur vero che il dominio dal quale il fronte opposto trae il suo vigore è innanzitutto quello della fede religiosa, della Rivelazione Profetica, dei principi metafisici.

In questo ordine di considerazioni, si può rilevare come quello che sino a pochi anni or sono sembrava essere il nemico principale dell’Occidente, il comunismo marxista, fosse in realtà un avversario fittizio, meramente funzionale, ponentesi al suo medesimo livello materiale, ed atto a garantirne a suo modo la sopravvivenza, in un complesso equilibrio d’interazioni la cui artificiosità ed instabilità non potevano essere dissimulate dalla stessa propaganda delle due parti, al punto che non si aveva nessuna remora a parlare apertamente di “equilibrio del terrore”.

Ora invece gli occidentali si troverebbero al cospetto di una realtà a loro affatto estranea ed inaccessibile, che sfugge del tutto alle loro limitate capacità di comprensione, e tale da fare apparire i loro sforzi simili all’agitarsi di un mostro immane, ma cieco, del tutto incapace, in tutta la sua possanza, di coordinare i movimenti in modo da dirigerli contro un bersaglio. Questa sarebbe in generale la chiave della spiegazione di tutte le amare disillusioni e dei cocenti fallimenti a cui costoro sono andati incontro nella loro velleitaria, folle e ottusa lotta contro l’Islam, dal trionfo della Rivoluzione Iraniana, sino alle recenti vicende del Libano e della Palestina.

Noi siamo convinti che ci sia molto di vero in tutto questo. Americani ed occidentali in genere, assieme a tutti i loro satelliti, grandi o piccoli, zelanti o tiepidi che siano, mostrano d’impostare ogni loro comportamento secondo canoni meramente economicistici, o più in generale materiali, al cui cospetto tutte le roboanti prese di posizione di principio su valori tanto conclamati quali la democrazia, i diritti dell’uomo, e via dicendo, si riducono a pure e semplici sovrastrutture ideologiche affatto prive di contenuto proprio. Paradossalmente, ci si troverebbe a questo riguardo di fronte all’inveramento più completo e coerente della teoria marxista.

Da un simile punto di vista, il radicamento metafisico della realtà islamica appare affatto inintelligibile, ed è appunto questo difetto d’intellezione a portare tutti costoro a commettere errori fatali, destinati a compromettere sempre più le loro macchinazioni, per estesi, possenti e sofisticati che possano essere i loro mezzi esteriori. Non solo, ma un siffatto ordine d’idee spiega anche l’apparente paradosso per cui l’Occidente, a dispetto del suo enorme potere materiale, ha pur sempre bisogno per sorreggersi di un avversario qualsiasi, nulla importa se fittizio o reale. Questa è invero la conseguenza diretta della mancanza di autentici principi superiori, di un centro del proprio essere, che per la contingenza e l’insufficienza a sé medesima della mera dimensione mondana, va ovviamente ricercato nel dominio del sovramondo, nel Dio Unico fonte d’ogni esistenza.

Questo bisogno d’un nemico esteriore a guisa d’appoggio con cui sostenere la propria precarietà ed inconsistenza ontologica, e per il cui tramite sfogare le proprie magagne interne, conduce agli ovvi corollari delle guerre d’aggressione, dell’espansionismo politico, dello sfruttamento economico, e più in generale, alla ricerca dell’obiettivo del conseguimento del massimo profitto per mezzo dell’eliminazione completa dell’avversario nella duplice guisa di un’omologazione subdola, penetrante, sottile, d’ordine soprattutto culturale, o di un vero e proprio attacco frontale, di una brutale aggressione demolitrice: solo in questo modo sarà dato ad una simile realtà di impiegare appieno le sue potenzialità distruttive, evitando che esse abbiano a scaricarsi al suo interno.

Tutto ciò è all’origine di un vero e proprio circolo vizioso, dato che un universo siffatto non può in alcun modo tollerare l’esistenza di un elemento esterno inassimilabile che potrebbe rivelarsi fatale per la sua inconsistenza ontologica, ed avendo questa medesima inconsistenza necessariamente bisogno di un sostegno esteriore.

Al contrario l’Islam, in virtù del suo radicamento metafisico, non deve certo ricorrere ad un nemico per esistere, giacché la sua esistenza gli viene direttamente da Dio, ed in grazia dell’armonia e della consistenza ontologica che gli derivano da un principio siffatto, non deve scaricare all’esterno squilibri e potenzialità distruttive, che nulla hanno a che vedere con la sua enorme forza espansiva, d’ordine eminentemente spirituale, né a questa stregua ha alcun bisogno di distruggere gli avversari esterni, da cui nulla ha da temere.

Ora, come abbiamo già accennato poc’anzi, il fatto che tutto ciò sia a suo modo vero, non vieta che a questo medesimo riguardo possa entrare in gioco un altro ordine di considerazioni. Non si tratta peraltro di riconoscere all’Occidente moderno, alla sua arroganza, al suo espansionismo, al suo materialismo teorico e pratico, una qualsivoglia dignità spirituale, un ricollegamento diretto al Principio dell’essere, oramai perduto, come dimostra la sua stessa effettualità attuale, assolutamente incompatibile con un simile ordine di realtà.

Quel che ci preme di rilevare a questo proposito, al di là delle apparenti opposizioni di ogni piatta superficialità bidimensionale, è la dimensione del profondo soggiacente ad una realtà siffatta, affatto indifferente alle strategie pacifiste o belliciste adottate di volta in volta, a prescindere peraltro da ogni facile riduzionismo unilaterale, che non tenga conto della presenza sia pur minoritaria all’interno di questo medesimo mondo di elementi umani non omologabili.

Quando le legittime guide dell’Islam ravvisano nell’Occidente e nel suo comportamento il marchio manifesto del Nemico dell’Uomo, intendono senz’altro riferirsi ad un siffatto ordine di realtà e considerazioni. Tutto questo nulla ha a che vedere con un facile complottismo, che ignori di fatto, a prescindere da prese di posizione teoriche di facciata, la dimensione suddetta, riducendosi ad un coacervo incoerente d’assunzioni arbitrarie, di dettagli accozzati sulla base di somiglianze esteriori ed accidentali, atte a dare nel loro insieme l’illusoria impressione di un coordinamento volto al conseguimento di determinati obiettivi: nulla che abbia veramente a che vedere con una torbida logica del profondo. Questo è il limite e lo scacco a cui vanno incontro tutte le varie elucubrazioni su tutte le più svariate “congiure”.

D’altra parte questo è anche il limite delle riprensioni rivolte ad un atteggiamento siffatto, quando s’ostinino caparbiamente ad ignorare, o non siano capaci di pervenire al bandolo della matassa, a quel che tira le fila della parte nella vana pretesa d’accaparrarsi il tutto, nella sua opposizione illusoria all’Uno da cui tutto procede ed a cui tutto si riconduce, coscientemente o incoscientemente, per libera scelta o no che sia.

Giacché l’esteriorità bidimensionale propria al mero dominio della storia, dell’economia, della politica, e più in generale al mondo della naturalità materiale con tutti i suoi correlati, altro non è se non il luogo di scontro delle proiezioni delle due dimensioni dell’infimo e del sublime, dato che un dominio siffatto di per sé stesso non abbia nessuna consistenza, e non sia in grado di dare compiutamente ragione d’alcunché.

Da una parte dunque il Nemico dell’Uomo, dall’altra il Principio Supremo e Sovrano di cui l’uomo è riflesso in questo nostro mondo, al quale invero né l’uno né l’altro appartengono. Opposizione peraltro niente affatto biunivoca, dal momento che se l’uno ha la sua ragion d’essere solo e soltanto in essa l’altro ha dalla sua la compiuta sufficienza del suo essere, dall’infinità della cui perfezione promana ogni esistenza, ivi inclusa quella di un’opposizione siffatta, reale al suo livello ontologico, che è quello del nostro mondo, ma affatto illusoria se riferita all’armonia universale e al suo Principio. Le considerazioni svolte sinora, preliminari ma peraltro essenziali, ci consentono di ritornare al punto donde esse avevano preso le mosse, ovverosia alla questione di Al-Quds e della Palestina.

Si era detto all’inizio che il tentativo israeliano ed occidentale di pervenire ad una normalizzazione della questione palestinese si sta rivelando sempre più fallimentare. Ha mancato il suo obiettivo in un primo momento, il tentativo di demolire con la violenza, il terrore e le stragi l’opposizione araba e islamica, ed in secondo tempo il subdolo progetto, tanto più insidioso quanto più camuffato con gli speciosi belletti dei luoghi comuni dell’umanitarismo occidentale, di pervenire ad un assorbimento indolore dell’avversario, tramite la penetrazione economica e culturale, e ricorrendo alla cooptazione della classi dirigenti arabe.

In tutte queste mene, l’ostacolo principale è sempre stato quello di Al-Quds. Si è già visto come una delle cause dello scacco subito è indubbiamente da ravvisarsi in quello che per gli occidentali moderni è un difetto costitutivo, ovverosia la sottovalutazione o l’ignoranza più completa del fattore religioso come motivo delle azioni umane.

Ed invero, l’intera Palestina è Terra Santa dell’Islam, ed a maggior ragione lo è la sua capitale indivisibile, prima Qiblah e terza città santa dopo La Mecca e Medina, e luogo dal quale, dalla medesima roccia del sacrificio di Abramo (as), il Profeta Muhammad (S), ascese al Trono di Dio.

Ogni buon Musulmano deve essere pronto a dare anche la propria vita per Al-Quds, Gerusalemme, ed ignorarlo significa non avere adito alla più elementare conoscenza dell’universo islamico. Non si tratta a questa stregua di pulsioni emotive dovute a condizionamenti storici e culturali. Si tratta piuttosto del radicamento metafisico che è alla base della realtà viva dell’Islam, nella sua qualità di Legge Divina che è anche norma dell’umana natura nel suo significato più autentico.

Ma dall’altro canto, quel che ci deve mettere in guardia a questo riguardo, per farci sospettare l’esistenza di un altro aspetto del problema, è l’altrettanto irriducibile caparbietà israeliana, e più in generale ebraica, su questa medesima questione. Neppure questa intransigenza affatto assurda sotto il profilo storico, politico, etnico e religioso, è spiegabile con criteri meramente umani. A ciò si aggiunga la forza magnetica con cui il movimento sionista si è mostrato capace di trascinarsi dietro l’intero mondo occidentale con tutti i suoi satelliti.

Esaminiamo in breve la consistenza degli argomenti e dei motivi accampati a favore della presenza sionista in Palestina. Da punto di vista politico e giuridico, nessuna norma o consuetudine del diritto delle genti può giustificare la pretesa di rivendicare il possesso e la sovranità su di un territorio appartenuto per quasi 2000 anni ad un altro popolo, che per parte sua lo abitava da tempo immemorabile, dato che non bisogna dimenticare come la stessa Bibbia ci dica che l’occupazione della Palestina venne iniziata dai Giudici e terminata dai Re, che espugnarono Gerusalemme facendone la propria capitale, senza che peraltro la conquista ponesse fine alla presenza sul territorio di popolazioni non ebraiche.

L’attuazione di tali pretese, che ha portato nel nostro secolo ad una spietata “pulizia etnica” di una parte del territorio, ed all’assoggettamento della restante porzione (peraltro in attesa di una seconda fase di giudaizzazione, come dimostra la politica degli insediamenti perseguita senza soluzione di continuità di tutti i governi israeliani), va peraltro inequivocabilmente e senza appello denunziata come un atto di pura e semplice prevaricazione, compiuto in spregio ad ogni legge umana e divina.

Anche dal punto di vista etnico, nulla dimostra che gli ebrei attuali siano i diretti discendenti di quelli d’allora. L’Ebraismo tende oggi più che mai a configurarsi come una categoria culturale e caratteriale, e non in termini razziali o nazionali, e solo in subordine come fede religiosa. A questa stregua, ogni pretesa basata su di una continuità siffatta, anche a voler prescindere dall’assurdità manifesta degli argomenti d’ordine storico e giuridico, non ha nessuna consistenza.

L’ultima trincea a difesa delle rivendicazioni sioniste sembrerebbe esser data dall’elemento religioso. Anche a prescindere da continuità d’altra specie, resterebbe pur sempre la continuità religiosa, e la conseguente necessità di assicurare un luogo di sopravvivenza ad una comunità tanto perseguitata ed oltraggiata nel corso della storia. Ora, in primo luogo è evidente come un argomento siffatto non sia in grado d’inficiare la validità delle precedenti argomentazioni, ed in secondo luogo questa pretesa si scontra con un dettaglio niente affatto trascurabile: la circostanza che oggigiorno non esiste più una vera e propria religione ebraica!

Il fulcro del Giudaismo sino alla distruzione di Gerusalemme era costituito dal Tempio (che aveva inglobato l’Arca dell’Alleanza ponendo fine alle sue peregrinazioni), in cui veniva officiato dai leviti della schiatta d’Aronne il sacrificio animale, atto centrale del culto. Ma ora, dov’è finito il Tempio, dove il lignaggio d’Aronne e di Levi, dove il sacrificio che essi rendevano possibile e che era il suggello dell’alleanza tra Dio e il popolo ebraico?

Nulla resta di tutto ciò, se non una speranza caparbia d’ottenere alfine quanto è stato perduto, con tutto il resto del sovrappiù, come conseguenza di un’interpretazione delle profezie messianiche che, invertendone lo spirito e la lettera, è assolutamente priva di autentiche prospettive spirituali, e fa sì che esse vengano lette come la promessa di concedere al preteso “popolo eletto” il dominio del mondo intero, con tutte le sue genti e tutte le sue ricchezze. E sembra purtroppo che costoro siano bene avviati su di una strada siffatta!

A questo medesimo riguardo, è necessario riprendere il discorso delle persecuzioni subite dagli ebrei. Dal punto di vista emotivo è questo l’argomento principale a favore della sovranità ebraica sulla Palestina. Quand’anche questa non abbia fondamento, sarà pur sempre assai convincente per i più il proposito di dare finalmente pace e sicurezza ad una comunità vittima innocente da tempo immemorabile di persecuzione efferate e di discriminazioni d’ogni genere.

Quel che è da rilevarsi in primo luogo a questo proposito, è che gli ebrei amano presentarsi agli occhi del mondo come un gregge di diseredati e di oppressi d’immacolata virtù, la cui connaturata mitezza impedisce loro d’opporsi alle prevaricazioni di cui sono vittime, frutto del dispotismo, dell’intolleranza, dell’ignoranza. Ora, nessuno vuole negare l’esistenza storica di queste persecuzioni, ma va da sé che altri popoli hanno subito tribolazioni interminabili, o sono stati del tutto annientati, senza che ci si dia molta pena per la loro sorte.

E d’altra parte, il ruolo di perenni vittime è smentito dal fatto che sono frequentissimi i casi in cui gli ebrei hanno rivestito i panni dei privilegiati, degli oppressori, dei carnefici: basti pensare a questo proposito alle imprese odierne dei sionisti, per tacere del ruolo di privilegio culturale, finanziario, politico, professionale con cui costoro si sono sempre imposti in ogni dove.

Resta la spinosa questione del cosiddetto “olocausto”, argomento principe a sostegno del diritto alla Palestina, e vera e propria spina nel fianco per tutti coloro che intendono opporsi alle prevaricazioni del sedicente “popolo eletto”. A questo riguardo, è inevitabile rilevare come ci si trovi di fronte ad un fenomeno di pseudo-sacralizzazione parodistica dai tratti sinistri e inquietanti, con i suoi dogmi, le sue liturgie, ed il suo oggetto di culto.

Il tutto sembra basarsi su due assunzioni affatto arbitrarie, che in taluni casi vengono salvaguardate anche con sanzioni penali, ovverosia sulla pretesa incontrovertibilità storica dei fatti quali vengono riferiti dalle versioni ufficiali, e sull’asserita incomparabilità delle sofferenze ebraiche con quelle di qualsivoglia altra gente nel corso della storia. Ogni tentativo di riesaminare obiettivamente gli eventi e di ridimensionare queste pretensioni gratuite e spropositate viene ostracizzato pubblicamente e perseguito penalmente, per tacere delle intimidazioni e delle aggressioni terroristiche benevolmente tollerate dalle autorità del “libero” occidente democratico!

Ora, quel che è possibile evincere dalle ricostruzioni storiche obiettive, è che il ruolo di vittime degli ebrei durante il II conflitto mondiale è stato enormemente esagerato. Nulla prova che sia mai stato concepito e tanto meno attuato un disegno di sterminio. L’unica circostanza verificabile storicamente è che è stato attuato un piano di deportazione, al fine precipuo di adibire gli elementi ebraici, equiparati a sudditi nemici in ragione delle posizioni assunte dal Congresso Mondiale Ebraico, al lavoro coatto, analogamente a quanto avvenuto nei paesi belligeranti del fronte avverso (si pensi ad esempio ai provvedimenti presi negli USA contro gli immigrati giapponesi).

I decessi verificatisi in questi frangenti, il cui numero non è neanche lontanamente paragonabile a quello dei dati della propaganda ufficiale, furono dovuti a cause accidentali, segnatamente alle difficoltà di vettovagliamento alimentare e sanitario dell’ultimo periodo di guerra, e solo sporadicamente a singoli abusi. Con tutto ciò, l’intera vicenda ha assunto i connotati grotteschi di una pseudosacralizzazione parodistica, che sta portando ad una vera e propria divinizzazione del popolo ebraico, anche in grazia dell’uso esterno, riservato ai non ebrei, del termine “olocausto”, che nelle traduzioni greche della Bibbia designa il sacrificio animale, atto centrale del culto.

Un’accezione siffatta è particolarmente significativa per il mondo cristiano, che accettando il dogma del sacrificio di Cristo (as), che avrebbe sostituito l’olocausto mosaico, è portato surrettiziamente, in questo periodo di crisi spirituale, a soppiantare il sacrificio del Calvario e Cristo stesso (as) con l’“olocausto” del “popolo eletto” trasformato in “popolo Dio”. Tutto questo sull’onda di una vera e propria manipolazione psicologica portata avanti dai mezzi d’informazioni e dalle centrali della cultura ufficiale.

Si sta tentando di imporre all’Occidente, e per suo tramite al mondo intero, la pseudo religione dell’“olocausto” come unica fede ufficiale e universale.

D’altro canto, a prescindere dal fatto che nessuna sofferenza, nessuna persecuzione potrebbe giustificare politicamente e moralmente l’occupazione della Palestina e i crimini ivi perpetrati ai danni di un popolo che non ne è neanche lontanamente corresponsabile, va da sé che la stessa pretesa di dare un asilo agli Ebrei perseguitati è affatto inconsistente, data la limitata estensione del territorio, che mai potrebbe ospitarli tutti, per tacere del fatto che essi per parte loro preferiscono nella stragrande maggioranza lidi ben più sicuri e proficui all’avventura del Vicino Oriente!

Al termine di questa breve disamina, possiamo affermare pertanto con irrefutabile certezza che le pretese ebraiche sulla Palestina non sono riconducibili ad alcun fattore meramente umano. A cosa è dunque dovuta la caparbietà sionista? Entrano qui in gioco considerazioni di ordine metafisico, in ragione del principio di ragione sufficiente. Intendiamo qui l’aggettivo “metafisico” in senso lato, e non in senso stretto, riferendolo a tutto l’insieme degli ordini di realtà che non si identificano con il nostro livello d’esistenza.

Ora, si era già detto in precedenza che un insieme siffatto sia in definitiva duplice, essendo riconducibile all’opposizione fondamentale, quantunque sostanzialmente illusoria e non biunivoca, tra Tradizione e sovversione, avente la sua radice nella sussistenza dell’Essere e nell’insussistenza del nulla. Il Nemico dell’Uomo è oggi più che mai una realtà di fatto, la quale a dispetto della sua fondamentale impotenza ontologica, sta dispiegando nel nostro mondo tutto il suo potenziale di illusione, seduzione e corruzione.

A prescindere da una dimensione siffatta, le vicende di Palestina appaiono invero completamente prive di ragione sufficiente ed assolutamente inintelligibili. Giacché nessun elemento empirico può dare giustificazione della caparbietà, del fanatismo, della perspicacia luciferina degli ambienti sionisti, disposti a perseguire i propri fini perversi a costo di coinvolgere le proprie e le altrui vite in un immane bagno di sangue, in un atroce sacrificio collettivo. Questo è il loro ricatto. Non si tratta a questa stregua di un collegamento indiretto con la suddetta dimensione.

Il materialismo moderno costituisce invero una realtà effettuale i cui particolari fanno parte di una totalità a suo modo coerente, che solo riconnettendosi nella sua globalità ad un elemento ulteriore, denunzia il suo marchio e le sue radici. Nel caso in questione invece, non si hanno ragioni umane mediatrici di un ricollegamento con un ambito non umano. La connessione è qui evidente, immediata. Si tratta di una vicenda nel quale il Nemico dell’Uomo mostra di intervenire direttamente, a prescindere da una concatenazione di cause seconde.

Anche la caparbietà ebraica è a suo modo d’ordine metafisico. Essa si contrappone all’Islam in questa medesima prospettiva, seppur per inversione.

Al-Quds viene ad essere in questi frangenti il centro di una lotta cosmica e metafisica. Al-Quds, capo della Palestina, e la Palestina, corpo di Al-Quds, affatto inscindibili ed inconcepibili l’una senza l’altra, città santa capitale indivisibile di una terra santa, luogo di rivelazione primordiale e di tradizione profetica. Ma anche luogo d’abominazione, sovversione e apostasia.

Il monte di Sion, già consacrato al sacrifico d’Abramo (as), venne in seguito eletto a punto di partenza dell’ascesa al Trono di Dio del Sigillo dei Profeti (S) lungo l’asse celeste della croce simbolica dell’Uomo Universale.

Ianua Coeli dunque, da cui l’Onnipotenza Divina effonde i suoi doni e le sue benedizioni, e che quindi finisce col riconnettersi provvidenzialmente agli atti esteriori della missione profetica, ma che rischia anche di venire trasformata in Ianua Inferi dell’empietà e della prevaricazione.

A questo riguardo va in primo luogo rammentato che l’Islam, sigillo della Rivelazione Profetica ed ultima Legge, ultima Tradizione, è manifestamente destinato a dare battaglia in campo aperto alle forze della sovversione nei tempi ultimi, sino all’avvento del Mahdi, che Iddio affretti la Sua Manifestazione.

Ora, l’Islam ha tre principali città sante, due delle quali, La Mecca e Medina, sono luoghi interni, inaccessibili nel loro intimo alle forze della sovversione, a dispetto di tutte le vicende esteriori, di tutte le usurpazioni, di tutti i tradimenti. Al-Quds invece si è sempre trovata a suo modo sul confine tra il Dar al-Islam e il Dar al-Harb, ed è sempre stata rivendicata come luogo santo anche dalle altre genti del Libro.

A questa stregua, l’attacco ad Al-Quds da parte di un’empietà prevaricatrice come il sionismo viene ad avere due aspetti complementari. Il primo è la pretesa di togliere al Principio dell’essere un luogo privilegiato d’effusione ontologica, che è tale in ragione del puro culto monoteistico ivi legittimamente officiato dall’Islam, a ciò provvidenzialmente deputato in quanto Sigillo della Rivelazione.

Ma poiché una tale azione del Principio s’estende a tutti i livelli d’esistenza, ecco che occupandogli un luogo d’elezione e sbarrandogli le porte del cielo, queste medesime forze si ripromettono per ciò stesso di spalancare quelle degli inferi, mettendo le mani su quel prolungamento del raggio della luce celeste, su quella parte dell’asse del mondo che attraverso questo centro s’estende ai mondi tenebrosi posti al di sotto del nostro livello ontologico. Pretesa assurda invero, ma non per questo meno pericolosa. Da qui, in secondo luogo, la miscredenza si ripromette, così rafforzata, di scatenare l’assalto definitivo contro l’Islam e il suo centro ulteriore, il suo centro interno; l’Islam, lo ripetiamo, in quanto suggello della Rivelazione, roccaforte e baluardo divino contro le forze dell’empietà e della sovversione.

Forze queste ultime oggigiorno incarnate in una guida eminente proprio dal sionismo prevaricatore, ovverosia da quell’ebraismo degenerato completamente staccato dalla Tradizione primordiale, ma tanto più pericoloso, in quanto conservando quella medesima forma esteriore che fu già ricettacolo di Rivelazione e che ha chiuso all’Influsso Divino, ne ha fatto per ciò stesso il luogo privilegiato d’effusione degli influssi della Scimmia di Dio, dei mondi inferi in quanto parodia e contraffazione dei mondi celesti.

Il marchio della luce tende così a trasmutarsi in marchio della sua inversione speculare, delle tenebre, che per suo tramite si sforzano d’irrompere nel nostro mondo.

Costoro pertanto si spingono ormai alla conquista definitiva di Al-Quds, che consentirebbe di dare alla loro azione d’inversione antitradizionale una portata pressoché universale, trascinandosi dietro in questa impresa l’Occidente ateo e materialista, o tutt’al più dedito alla manipolazione degli psichismi tellurici di tradizioni morte, o moribonde, o immaginarie, le cui genti, ormai lontane dalla Via di Dio, ed affatto incapaci di retto discernimento, sono facile preda di un’azione devastante di pervertimento delle coscienze, facente leva sui bassifondi emotivi di individui oramai abbandonati a sé stessi, chiusi come sono ad ogni lume celeste che possa illustrarne l’intelletto consentendo di mettere le briglie agli psichismi inferiori. Al loro cospetto, al di là di tutte le deviazioni, di tutte le usurpazioni, di tutti i tradimenti, rimane schierato in campo aperto soltanto l’Islam, termine e compimento del ciclo della Tradizione.

E’ questo a nostro avviso, a prescindere dagli altri aspetti esteriori, il nocciolo della questione di Al-Quds, sospesa tra attualità ed eternità, campo di battaglia privilegiato di una lotta cosmica e metafisica, luogo precipuo d’opposizione tra Dio e Satana, Luce e tenebre, Essere e nulla.

Noi sappiamo chi trionferà, giacché solo Dio è Vincitore. Ma è pur sempre nostro dovere prendere parte, schierarci di fatto e non solo teoricamente, di là da ogni indolenza e titubanza, per non dovere alfine rendere conto della nostra ignavia al cospetto di Colui che giudica.

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Writer : shervin | 0 Comments | Category : Attualità, politica e società , Il pensiero islamico

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