I concetti di interiorità (bâtin) ed esteriorità (zâhir) nell’interpretazione gnostica del Corano
Fin dalla sua compilazione, il Corano è stato oggetto di numerosi commentari teologici, letterari e giurisprudenziali, nonché di commentari con una vocazione più filosofica o addirittura mistica, il cui obiettivo è quello di evidenziare l’aspetto “interiore” (bâtini) e i significati nascosti del Corano. Tali commentari si basano sulla stessa idea centrale: la Parola di Dio contiene sia un aspetto apparente (zâhir) che uno nascosto (bâtin). A livello epistemologico, implicano anche che i mistici abbiano accesso a una comprensione della rivelazione coranica attraverso un tipo specifico di conoscenza basata non su concetti, ma su un ordine presente (huzuri) e visionario. A livello linguistico, questi commentari si basano sul principio del ta’wîl, con l’idea che il significato di ogni parola sia molteplice e possa essere ridotto a un significato primario (awwal), che costituisce il suo significato profondo al di là di quello apparente.
La dimensione apparente e nascosta del mondo secondo gli gnostici (‘ârifân)
Da un punto di vista gnostico, il mondo della creazione è una sorta di libro cosmico (kitâb takvini) contenente segreti nascosti a cui si può accedere attraverso uno sforzo di purificazione interiore, consentendo il passaggio dall’apparenza del “mondo del visibile” al cuore del “mondo dell’invisibile”. Un versetto del Corano evoca così: “Conoscono un aspetto (zâhiran) della vita presente, mentre sono disattenti (ghâfilun) all’aldilà” (30:7). Ciò che emerge da questo versetto è che l’aldilà è nascosto nella dimensione interiore (batn) di questo mondo, e che la condizione per acquisirne consapevolezza è andare oltre le apparenze (zawâhir) del mondo. Secondo gli gnostici, tutte le creature del mondo hanno una forma (surat) e un significato (ma’nâ), corrispondenti a questo aspetto nascosto. Questa concezione fa parte di una visione del cosmo pensata come composta da più mondi, tra cui quelli di nâsût e lâhût, che corrispondono alla dimensione apparente e nascosta della creazione.
La questione della creazione e il principio della manifestazione (tajalli) secondo la visione gnostica (‘irfâni)
La questione della manifestazione dell’essere nella gnosi speculativa è legata a quella delle epifanie divine sotto forma di diversi stadi o gradi. La nozione di apparenza o manifestazione (tajalli) implica le idee di chiarezza, scoperta e abbandono di un aspetto nascosto e celato. Nella gnosi, la nozione di apparenza si riferisce a quella della manifestazione dell’Essenza assoluta della Verità, in particolare attraverso l’a’yân-e thâbeteh, una sorta di prototipo divino fisso o essenza eterna. Ritroviamo questa idea nel pensiero di Ibn Arabi e di Abdol-Razzâq Kâshâni, ma anche, con alcune sfumature, all’interno della teosofia di Mollâ Sadrâ e della sua concezione della manifestazione dell’essere secondo diversi gradi di maggiore o minore intensità (sheddat). Questa apparenza dell’essere è strettamente associata alla nozione di amore (‘eshq). Così, alla domanda sul perché sia avvenuta la rivelazione originaria dell’Essere, sul legame tra l’Essenza divina, i suoi attributi e i Nomi divini con il mondo creato, nonché sul modo in cui la molteplicità procede dall’unità, gli gnostici rispondono che se non ci fosse stato questo amore, nulla sarebbe stato creato.
Per spiegare questa connessione, gli gnostici sostengono che il fondamento e l’anima del mondo è Dio, che è identico al Vero (Haqq). Questo Vero è puro Bene e bellezza assoluta, e il concomitante necessario di questa bellezza è manifestarsi. Pertanto, secondo questa regola, il mondo creato emerge al termine di un processo di manifestazione dell’Essenza divina inseparabile dalla rivelazione di un amore divino. La creazione non nasce quindi da un nulla assoluto (‘adam mahz), ma costituisce la manifestazione di un’Unità semplice e indeterminata – il Vero – attraverso le apparenze (mazâhir) e gli esseri possibili.
Il legame tra la questione della manifestazione e il principio della dimensione apparente (zâhir) e nascosta (bâtin) del mondo
Il mondo creato nasce quindi dalla manifestazione dell’Essenza divina in più fasi. Le manifestazioni o apparizioni del Vero non devono essere intese nel senso di una ripetizione o duplicazione di unità numeriche. La gnosi speculativa si basa quindi su una regola secondo la quale “non c’è ripetizione nella manifestazione” (lâ tikrâr fil-tajalli), nel senso che ogni manifestazione non costituisce una nuova creazione. Come richiede la loro essenza, gli esseri creati e possibili si trasformano in ogni momento, vivono e muoiono, e assumono nuovamente le vesti dell’essere grazie all’anima misericordiosa. In altre parole, in ogni momento, il mondo dell’essere passa da uno stato nascosto (botun) a uno stato manifesto (zuhur), e dallo stato manifesto a quello nascosto. Questo mondo è quindi costituito e animato da una logica di costante scomparsa e apparizione. È in questo senso che possiamo comprendere questo versetto: “Ogni giorno compie una nuova opera” (55:29): in ogni momento, il mondo dell’essere beneficia di una nuova effusione nel quadro delle manifestazioni divine. Il pensiero di Ibn Arabi o anche di Shabestari sostiene quindi questa idea che in ogni momento, il mondo passa dal nascosto (botun) all’apparente (zuhur) e dall’apparente al nascosto, come l’atto del respiro che consiste in un’inspirazione e un’espirazione.
La divisione delle manifestazioni secondo i nomi “l’Apparente” (al-zâhir) e “l’Occulto” (al-bâtin)
L’Essenza Divina contiene in sé molti attributi e nomi. Il mondo creato è costituito dalla totalità delle apparenze di questi nomi e attributi. Quando Dio è considerato indipendentemente dalle Sue relazioni e dalla Sua creazione, nella Sua assoluta Unità (ahadiyat), è chiamato “Nascosto” (bâtin) o “Primo” (awwal). Ma quando è considerato secondo il Suo aspetto manifestato nei diversi gradi dell’essere (wâhidiyat), è chiamato “Apparente” (zâhir) o “Ultimo” (âkhar). Ecco perché le due coppie Primo/Ultimo e Nascosto/Apparente includono i quattro nomi che esprimono il processo dell’apparizione di Dio: “Egli è il Primo e l’Ultimo, l’Apparente e il Nascosto ed è Onnisciente” (57:3).
Secondo gli gnostici, i nomi Primo e Nascosto sono i primi nomi ad apparire. Sulla base di questi due nomi e attraverso l’effusione divina, cioè l’apparizione di Dio dalla Sua essenza e dalla Sua dimensione nascosta, le essenze eterne vengono all’esistenza. I due nomi Apparente e Ultimo appaiono poi in fasi diverse all’interno di questo mondo. Queste due coppie di nomi sono anche chiamate rispettivamente “chiave dell’invisibile” (miftâh al-ghaib) e “chiave del manifesto” (miftâhal-shahâdat). Su questa base, tutte le cose nel mondo sono, in un modo o nell’altro, il luogo di manifestazione (mazhar) di questi quattro nomi. Questa modalità di manifestazione è tale che, dal punto di vista della loro esistenza esterna, le cose si trovano o nel dominio del nome dell’Apparente e dell’Ultimo, oppure, dal punto di vista della loro esistenza immateriale e come essenze non attualizzate, nel dominio dell’Occulto e del Primo. Sulla base di questa visione, ogni apparenza ha un volto che è il luogo di apparizione del nome al-Bâtin. E poiché la sua Essenza eterna esisteva in precedenza nella scienza divina invisibile (ghaibal-‘ilmi), essa era allora una manifestazione del nome “Primo”; tuttavia, in seguito alla sua manifestazione, divenne un’epifania dell'”Apparente”.
Questo mondo, un libro cosmico divino
Gli gnostici a volte si riferiscono a questo mondo come “orizzonti”, o il libro cosmico divino. Come il Corano, questo libro include versetti, parole e lettere. Un versetto del Corano afferma: “Mostreremo loro i Nostri segni nell’universo e in loro stessi, finché non diventi loro chiaro che Egli è la Verità. Non è forse sufficiente che il vostro Signore sia testimone di tutte le cose?” (41:53). I segni si riferiscono alle parole e alle lettere insite in ogni libro e confermano l’idea che questo mondo creato sia simile a un libro che deve essere decifrato.
Per ogni pellegrino impegnato nella via gnostica, questo mondo è come un libro che include tutti i Nomi e gli Attributi divini. Ogni essere fa parte sia degli esseri del mondo invisibile che di quello manifesto, ed è una delle parole di Dio che rimanda a un significato particolare dei nomi divini; una parola che, grazie al Soffio del Misericordioso (nafas rahmâni), è passata dallo stato nascosto a quello apparente, proprio come, sotto l’impulso della volontà dell’anima, le parole dell’uomo emergono dalle profondità della sua persona e appaiono grazie all’atto della parola.
Dio e l’uomo sono le creature più centrali del Corano. Secondo alcuni studiosi, solo due parole compaiono effettivamente nel Corano: Dio e uomo. Tutti i significati, la conoscenza e le verità ivi menzionati si riferiscono o ai Nomi di Dio e al loro aspetto, o agli attributi e alle azioni divine, o agli individui e alle diverse fasi dell’evoluzione spirituale dell’uomo, comprese le sue perfezioni e i suoi vizi. I versetti dedicati ai profeti e ai loro nemici, così come le questioni dedicate alla profezia, alla wilayat, alla resurrezione, alla morale o ai principi della legge: tutto ciò riguarda ed è in ultima analisi legato all’uomo. Quest’ultimo è egli stesso il luogo in cui si manifestano la maestà divina (jalâl) e la bellezza (jamâl). Pertanto, si potrebbe persino dire che il Corano contenga in definitiva una sola parola: la Verità e le sue manifestazioni (mazâhir). All’interno della creazione, il mondo è il sistema migliore, il Corano è la parola migliore e l’uomo è la migliore delle creature. Secondo gli gnostici, il Corano è la forma scritta dell’uomo e del mondo; il mondo è la forma cosmica dell’uomo e del Corano, e l’uomo è a sua volta la forma dell’anima del mondo e del Corano.
La corrispondenza tra il Libro Cosmico e il Libro Rivelato
L’idea di tale corrispondenza è molto presente nel pensiero gnostico, ed è espressa in numerose occasioni nell’opera di Shabestari Golshan-e Râz. Anche lo gnostico Seyyed Haydar Amoli ha menzionato questo tema: secondo lui, il libro del Corano corrisponde al libro cosmico, cioè al mondo delle forme, e ciascuno di questi due mondi è composto da 19 stadi (martabeh). I diversi stadi del libro cosmico sono l’intelletto (‘aql), l’anima (nafs), le nove sfere, i quattro elementi, i tre tipi di creature non umane (l’inanimato, il vegetale e l’animale) e l’uomo. Questi elementi corrispondono ai diciannove stadi del mondo spirituale, che sono i sette poli (Adamo, Noè, Abramo, Mosè, Davide, Gesù e Muhammad), i dodici Amici (awliyâ) di Dio, i sette profeti e i dodici Imam.
L’aspetto apparente e nascosto del Corano
Come abbiamo accennato, gli gnostici hanno una visione unica del Corano. Tuttavia, la loro visione si basa e trova la sua fonte nei versetti coranici, così come nella struttura stessa del Libro. Il Corano è considerato un miracolo, per la sua chiarezza e il suo modo di esprimersi carico di metafore, nonché per il suo ricco simbolismo, spesso carico di mistero. Esso parla anche di sé stesso, in particolare in questi termini: “Ed è certamente un nobile Corano, in un libro ben custodito, che solo i purificati toccano” (56:77-79), o ancora “Ne abbiamo fatto un Corano arabo affinché possiate ragionare. È presso di Noi, nella Madre Scrittura, sublime e pieno di saggezza” (43:3-4). Sulla base di queste caratteristiche, gli gnostici sostengono l’idea che il Corano non può essere limitato alla sua apparenza apparente, che non può condurre l’uomo alla causa originale della sua rivelazione. In altre parole, la realtà del Corano sta oltre l’apparenza delle parole. Gli gnostici credono anche che Dio si riveli attraverso le Sue parole, e poiché Egli è chiamato Apparente e Nascosto, il Corano ha necessariamente sia una dimensione apparente che una più nascosta. Secondo loro, l’apparenza del Corano riguarda l’aspetto manifesto del divino nella sua dimensione più apparente, mentre la sua dimensione nascosta corrisponde all’aspetto più segreto e sfuggente di Dio. Come accennato all’inizio, la distinzione tra zâhir e bâtin costituisce quindi la base dell’esegesi specifica dei mistici, secondo l’idea che una riflessione profonda a partire dai significati più evidenti permetterà di accedere a significati nascosti, fino ai sette distinti livelli di significato, o anche di più. Lo gnostico Abu Nasr Sarâj ha riflettuto sulla questione della dimensione apparente e nascosta del Corano, dove spiega questa idea secondo cui tutto ha una dimensione apparente e nascosta: non solo il Corano, ma anche le tradizioni che contengono le parole e le azioni degli Immacolati; infine, al di là della dimensione apparente della conoscenza, esiste una scienza nascosta e occulta ispirata, riservata ai Puri e agli Amici di Dio. Basandosi su diverse tradizioni che evocano l’esistenza di una dimensione apparente e nascosta del Corano, Abu Taleb Makki insiste sulla preminenza della conoscenza nascosta (‘ilmal-bâtin) del Corano rispetto alla conoscenza apparente. Analogamente, nella sua opera intitolata Ma’âref, dopo aver menzionato che il Corano possiede sette dimensioni nascoste, Soltân Valad sostiene che “cogliere le sette dimensioni nascoste è molto difficile, e gli Amici di Dio (awliyâ) hanno raggiunto solo la quarta“. Questo tema è presente anche nell’opera di Mowlânâ Rumi, che traccia un parallelo tra l’aspetto del Corano, che assomiglia a quello di un uomo visibile nella sua corporeità e il cui principio vitale, l’anima, rimane nascosto alla vista. Nella sua poesia insiste anche sul fatto che limitare lo sguardo all’apparenza conduce l’uomo alla sua rovina, e questa fu anche la causa dell’errore di Iblis: vedere solo l’aspetto dell’uomo e limitarlo a una semplice forma impastata con l’argilla.
Anche Ibn Arabi affrontò questo tema, in particolare in Al-Futuhat al-Makkiyya: “Ogni versetto del Libro rivelato ha due aspetti, un aspetto bâtini, che la Gente della Verità (Ahlal-Haqq) contempla nello specchio della sua coppa, e un altro aspetto, che sono le parole, le frasi e i versetti, situati al di fuori delle anime della Gente della Verità“, che corrisponde ai significati apparenti. Secondo Ibn ‘Arabi, così come la rivelazione del Corano dipende da Dio, la comprensione dei significati nascosti del Corano è strettamente legata alla volontà del Creatore di conferirli ai cuori dei credenti; l’idea di fondo è che l’effusione divina non conosce mai interruzioni. Anche Mullâ Sadrâ sviluppò una ricca riflessione sui diversi livelli di significato del Corano.
Tuttavia, questo tipo di commento deve rispettare alcune regole fondamentali per non indurre a interpretazioni soggettive ed erronee, e in particolare che il significato nascosto abbia un legame con il significato apparente. Pertanto, pur potendo condurre molto lontano, l’esegesi gnostica richiede sempre che venga preservata una relazione, anche simbolica, tra l’apparente e il nascosto, che insieme costituiscono un’unica e irripetibile realtà.
Tratto da: Mohsen Qasempour-Mohammad Ali Mahdavi Râd “Les concepts d’intériorité (bâten) et d’extériorité (zâher) dans l’interprétation gnostique du Coran”, in “La Revue de Teheran”, n. 169, dicembre 2019
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