“Saluto le persone libere del mondo”: Yahya Sinwar nelle sue stesse parole
di Khaled Hroub*
Le dichiarazioni del defunto capo di Hamas sono indicative di un leader sofisticato, che contraddice l’immagine superficiale e malvagia presentata dai media occidentali.
Il defunto leader di Hamas a Gaza, che ha trascorso 22 anni in una prigione israeliana dal 1989 fino al suo rilascio nel 2011 come parte di uno scambio di prigionieri, è stato denigrato dai media mainstream israeliani, americani e occidentali. La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha persino elogiato l’uccisione di Sinwar, che aveva 61 anni, da parte dell’esercito israeliano. Hamas è proscritto come gruppo terroristico negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell’UE.
La rappresentazione occidentale dei leader della Resistenza come “terroristi” non è una novità, ma un’eredità ripugnante dei tempi coloniali. In Palestina, i primi colonialisti britannici, i loro surrogati sionisti e il successivo stato israeliano descrivevano ogni leader nazionalista palestinese come un terrorista.
Ma per i palestinesi, tali etichette di “terrorismo” sono semplicemente inutili. Per loro, Sinwar appartiene a una lunga lista di eroi della Resistenza palestinese che vissero e morirono combattendo contro il colonialismo e l’occupazione britannica e, in seguito, israeliana, cercando la liberazione e l’autodeterminazione.
Mente politica
Per contrastare quello che i palestinesi considerano un martirio onorevole, ovvero morire mentre si combatte sul campo di battaglia, sono rapidamente emersi diversi resoconti discutibili che tentavano di disonorare Sinwar e la sua vita.
In effetti, questo trattamento dei leader palestinesi è tipico dei media occidentali, che spesso riciclano le narrazioni israeliane nei loro confronti.
In un prossimo aggiornamento del mio libro, Hamas: A Beginner’s Guide, inserirò varie citazioni di Sinwar, tradotte dai discorsi arabi in inglese, che rivelano un netto contrasto tra la sua persona e la rappresentazione diffusa dai media israeliani e occidentali.
Un momento chiave che è ampiamente sfuggito all’attenzione anche di coloro che studiano attentamente Hamas è stata la conferenza stampa tenuta da Sinwar il 26 maggio 2021, pochi giorni dopo lo scontro di 11 giorni con Israele battezzato “Spade di Gerusalemme”, scoppiato il 10 maggio.
In un’ora e 43 minuti, Sinwar ha risposto a tutti i tipi di domande, consentendo un viaggio approfondito nella sua mente politica e militare.
Ha parlato della priorità della resistenza pacifica e popolare rispetto all’azione militare, ha lamentato il tradimento da parte dei governi americani e occidentali dei palestinesi e ha esplorato il potenziale per una tregua a lungo termine con Israele e una pace completa nella regione.
Sinwar ha anche ribadito il suo avvertimento che Gaza era una pentola a pressione sul punto di esplodere se le condizioni fossero rimaste invariate. A posteriori, un’analisi delle sue osservazioni in quella conferenza stampa avrebbe portato a una conclusione: l’impasse di Gaza sta per implodere, con Hamas al centro.
Per celebrare la sua morte, ho tradotto alcune delle dichiarazioni da lui rilasciate durante quella conferenza stampa. Mentre gli estratti qui sotto rappresentano solo un sunto del suo discorso, potrebbero forse aiutare a bilanciare alcune delle raffigurazioni malvagie nei resoconti occidentali.
“Free, Free Palestine“
Sinwar ha iniziato salutando i palestinesi, gli arabi e coloro che hanno manifestato esprimendo solidarietà internazionale, per il loro sostegno alla Palestina.
Si è rivolto per la prima volta ai cittadini palestinesi di Israele: “Saluti a voi, grandi donne e uomini della nostra terra occupata nel 1948, mentre vi aggrappate alla vostra identità palestinese, islamica e cristiana, e non volete far parte di questa entità aliena [Israele]“.
Dopo aver ringraziato gli arabi scesi in piazza a sostegno della Palestina e gli abitanti del quartiere Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est occupata, ha rivolto la sua attenzione ai sostenitori internazionali: “Saluti alle persone libere del mondo, provenienti da tutti i paesi, razze e nazioni, che sono scese in piazza gridando ‘Free Free Palestine’ e denunciando i crimini dell’occupazione contro i nostri bambini, le nostre donne e i nostri civili”.
Sull’unità e la Resistenza
Sinwar era noto per elogiare i leader militari di altri movimenti palestinesi, tra cui Fatah, il principale rivale di Hamas, e per i suoi sforzi onde raggiungere l’unità tra di loro.
Nel suo discorso, Sinwar si è rivolto al defunto leader palestinese Yasser Arafat, giurando che Hamas avrebbe continuato la lotta di liberazione da lui iniziata: “Tutti i saluti all’anima del leader Abu Ammar [Arafat]. In questa occasione gli dico: ‘Dormi profondamente e in pace, Abu Ammar. Sei morto mentre cercavi di rafforzare le capacità di combattimento del nostro popolo‘.”
Parole simili e calorose sono state rivolte ad altri leader defunti, tra cui Fathi Shaqaqi del Jihad islamico palestinese, assassinato da Israele nel 1995, e Abu Ali Mustafa del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), anch’egli ucciso da Israele nel 2001.
“Con l’aiuto di Dio, siamo riusciti a unire il nostro popolo palestinese dopo anni di divisione. Tutti sono usciti insieme: Hamas, Fatah, FPLP, Jihad islamico – affiliati e non affiliati alle fazioni, tutti a gridare per la Resistenza.
“Tutti cantano con anima e sangue per difendere al-Aqsa. Uomini e donne, religiosi e non religiosi, cantavano: ‘Mettiamo la spada davanti alla spada, siamo tutti uomini di Muhammad Deif [comandante dell’ala militare di Hamas]’.“
Sinwar ha inoltre accennato alla futura operazione di rappresaglia del 7 ottobre 2023 pianificata dai gruppi di Resistenza palestinesi, lanciando un agghiacciante avvertimento a Israele qualora avesse continuato le sue profanazioni contro la moschea di al-Aqsa:
“La moschea di Al-Aqsa e Gerusalemme sono una linea rossa. Se volete restare più a lungo, allora state lontano dalla moschea di al-Aqsa e da Gerusalemme. La decisione di eliminare il vostro stato dipende se intendete implementare i vostri piani per la moschea di al-Aqsa e Gerusalemme. [Siamo] pronti e abbiamo un piano che è già stato provato [lo scontro della “Spada di al-Aqsa”]. Gaza lancerà la sua Resistenza con tutta la sua forza e la Cisgiordania esploderà con tutta la sua potenza“.
Gli avvertimenti di Sinwar a Israele continuarono, mentre condannava le terribili condizioni economiche a Gaza causate dal pesante blocco:
“Noi, la dirigenza della Resistenza, ci impegniamo affinché quest’anno, per volontà di Dio, non passi senza una svolta importante nella vita economica e umanitaria della Striscia di Gaza. Quest’anno non trascorrerà e i problemi a Gaza, causati dal blocco, dalla guerra e dalla distruzione, non rimarranno come sono. Che il mondo intero ascolti: bruceremo tutto, verde e secco, se i problemi di Gaza non saranno risolti ora“.
Dare priorità alla non violenza
Nonostante le minacce di resistenza armata, Sinwar ha sottolineato l’importanza di dare priorità alla resistenza non violenta, ricordando le proteste pacifiche della Grande Marcia del Ritorno di Gaza da lui ideate:
“Per risparmiare al nostro popolo gli orrori della guerra, crediamo fermamente – e lo abbiamo sempre creduto – che il nostro popolo debba combinare diversi mezzi di resistenza: la resistenza pacifica e popolare… insieme alla resistenza armata nelle sue varie forme, oltre agli sforzi politici e diplomatici.
“Tutti sanno e riconoscono che noi, insieme agli altri movimenti della Resistenza palestinese e agli altri gruppi del nostro popolo, da marzo 2018 a marzo 2020, abbiamo partecipato a quelle meravigliose, pacifiche e popolari dimostrazioni di resistenza: la Grande Marcia del Ritorno. Per grazia di Dio, abbiamo ritratto un’immagine incredibilmente bella attraverso queste marce, mostrando un popolo civile impegnato in una resistenza pacifica e popolare, che a volte ha comportato metodi più duri.
“Speravamo che il mondo libero e civile e le organizzazioni internazionali avrebbero risposto su due fronti: primo, apprezzando questo movimento pacifico e frenando l’uso eccessivo della forza e della violenza mortale da parte del nemico contro il nostro popolo; secondo, speravamo che avrebbero fatto pressione sul nemico e sull’occupazione per soddisfare le richieste e i diritti della nostra popolazione. Ma sfortunatamente, per più di due anni, la macchina da guerra sionista ha continuato a colpire i nostri figli e le nostre figlie con i cecchini dell’esercito di occupazione, uccidendoli”.
Soluzioni politiche
Pur mantenendo le sue linee rosse, Sinwar espresse il suo impegno a offrire al suo popolo una soluzione pacifica a lungo termine, che includeva una possibile tregua con Israele:
“Uno dei reporter di una rete americana mi ha chiesto: ‘Qual è il tuo messaggio per il presidente Biden?’. Ho risposto con una frase: costringere l’occupazione ad aderire al diritto internazionale e alle risoluzioni internazionali. Se l’occupazione li rispetta, c’è la possibilità di una tregua a lungo termine, che duri quattro anni, cinque anni o più.
“Se il mondo riuscisse a fare pressione sull’occupazione affinché si ritiri dalla Cisgiordania, smantelli gli insediamenti in Cisgiordania e si ritiri da Gerusalemme Est, allora un cessate il fuoco a lungo termine sarebbe possibile.
“Se [Israele] rispetta il diritto internazionale e le risoluzioni internazionali, allora è possibile una tregua a lungo termine.
“Chiediamo anche il rilascio dei prigionieri, la revoca del blocco su Gaza, il permesso di tenere le nostre elezioni a Gerusalemme e la creazione del nostro Stato palestinese su una parte della nostra terra. Ciò aprirebbe sicuramente la porta alla possibilità di una tregua relativamente a lungo termine, che posticipi il conflitto e raggiunga un livello di stabilità nella regione.
“Il mondo fa sul serio nel fare pressione sull’occupazione per raggiungere questo obiettivo? Ci auguriamo che l’ultimo round [di aggressione israeliana] abbia portato a un cambiamento nella consapevolezza dei leader internazionali per spingere verso un simile scenario”.
Queste citazioni dal discorso di Sinwar sono indicative di un leader sofisticato, e contraddicono l’immagine superficiale e denigratoria presentata dai media occidentali.
Chi lo conosceva da vicino ammirava la sua umiltà e il suo carattere prodigo, che lo rendevano caro ai comuni palestinesi di Gaza. Un post sui social media di un palestinese, Ayman al-Hafi, ha catturato i pensieri e i sentimenti della maggior parte dei palestinesi:
“Non si nascondeva in un tunnel, né era tra gli sfollati nelle tende, i malati negli ospedali o i civili nelle loro case. Era dove si trovavano i combattenti più feroci, quelli più determinati e abili in battaglia. Non cercava sicurezza o lusso. Se avesse voluto comodità e sicurezza, non avrebbe mai ordinato ai suoi uomini di attaccare Be’eri e Re’im [due insediamenti kibbutz al confine israeliano di Gaza attaccati da Hamas il 7 ottobre 2023].
“Sembrava notevolmente magro, poiché la fame e le uccisioni che hanno colpito il suo popolo hanno colpito anche lui e la sua famiglia. Le sue decisioni e azioni del 7 ottobre erano solo alla ricerca di ciò che era meglio per il suo popolo e la sua causa“.
*Khaled Hroub è professore di studi mediorientali alla Northwestern University in Qatar e autore di due libri su Hamas, uno dei quali tradotto anche in italiano: “Hamas. Un movimento tra lotta armata e governo della Palestina raccontato da un giornalista di Al Jazeera”, Bruno Mondadori, 2006.
Traduzione a cura di Islamshia.org © È autorizzata la riproduzione citando la fonte