Hujjatulislam Kazem Ghazi Zadeh
Se esaminiamo lo sviluppo del pensiero politico nell’Islam, concluderemo che i sapienti musulmani, da un secolo a questa parte, hanno sviluppato, in un modo che non ha precedenti, nuove teorie nel campo del pensiero politico islamico. Senza dubbio alcuni di essi non hanno avuto successo nello sviluppare teorie adeguate a dirigere gli affari delle loro società. Ma l’Imam Khomeyni è riuscito a causare una Rivoluzione e a fondare la Repubblica Islamica dell’Iran. È quindi necessario scavare nelle sue idee ed esaminare il suo pensiero politico, per varie ragioni: (a) Il pensiero dell’Imam Khomeyni ha gettato le basi di un grande movimento, vale a dire, la Rivoluzione Islamica dell’Iran; (b) Con l’apogeo della Rivoluzione Islamica in Iran i popoli oppressi del mondo in generale, e gli Iraniani in particolare, hanno ansiosamente sperato di raccogliere i frutti di tale movimento; per questo deve essere studiato minuziosamente; (c) inoltre, al fine di delineare la storia di questo movimento, è necessario elaborare le idee di questo Mujtahid che, alla luce degli insegnamenti islamici, ha potuto iniziare una Rivoluzione che portò a stabilire un sistema islamico, assumendo egli stesso la guida dello Stato per dieci anni.
Il presente saggio desidera delucidare i principi generali del pensiero politico dell’Imam Khomeyni. Sono apparse alcune opere sulla sua vita, i suoi scritti, il suo movimento, i suoi detti e discorsi; ma finora non è apparsa pressoché nessuna opera seria sul pensiero politico dell’Imam.
Speriamo che il presente scritto riesca a gettare luce sul pensiero politico dell’Imam Khomeyni, che ha generato un nuovo dinamismo in seno al mondo islamico.
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I principi fondamentali del pensiero politico dell’Imam Khomeyni devono essere studiati partendo dal suo approccio ai concetti di religione e politica. Egli ha reso pubbliche le sue idee su questi due concetti in differenti occasioni e riunioni, fin dall’inizio del movimento islamico in Iran.
L’Imam Khomeyni non concepisce la politica come una scienza del potere o una specie di tecnica per sfruttare la gente con il proposito di renderla sottomessa a determinati governanti [1]. Anche Mois Devoji aderisce a questa opinione [2]. Egli crede che generalmente i governanti ingiusti posseggono tali caratteristiche. L’Imam Khomeyni qualifica tale politica come satanica e crede che questa non abbia niente a che fare con la religione. In uno dei suoi discorsi, dopo esser stato liberato dalla prigione, disse:
“Un uomo, il cui nome non desidero menzionare, venne da me una volta e disse: ‘La politica non è altro che menzogne e imbrogli; pertanto è meglio per te che la lasci a noi’. Gli risposi che io non ero mai stato coinvolto in tale politica” [3].
D’altra parte, secondo l’opinione dell’Imam, la religione non si limita a stabilire relazioni tra l’uomo e Dio, né è confinata alla felicità celeste dell’uomo. L’Imam Khomeyni dissente con ambedue gli approcci ed è dell’opinione che relegare la religione agli affari mondani è un approccio materialista, così come il limitarla agli aspetti spirituali dell’uomo è un approccio pseudo-mistico.
I materialisti solitamente riducono tutti gli insegnamenti della religione a nozioni materialiste; anche i miracoli e le rivelazioni sono da loro interpretati in termini di nozioni materiali. Ma l’Imam Khomeyni vede la realtà dell’Islam al di là di tutti questi argomenti. [4].
Dopo aver confutato tali approcci verso l’Islam e la politica, che naturalmente conducono all’idea di una separazione tra la religione e la politica, egli manifesta la propria opinione riferendosi a differenti aspetti dell’uomo e della società. Comparando le sue idee con altre, l’Imam Khomeyni dice:
“La politica della quale sto parlando è la politica del nostro paese. E’ la forma politica perfetta che il Profeta dell’Islam (S) e le nostre guide islamiche praticarono. Essi guidarono la gente e la condussero verso i loro reali interessi. La politica significa guidare la gente ed avere in conto tutti gli interessi della società e dell’uomo. Questa è la politica dei Profeti che gli altri sono incapaci di realizzare” [5].
Questa politica che mira a condurre la gente verso Dio e a realizzare la sua felicità è stata realizzata dai Profeti e dai loro seguaci.
L’Imam Khomeyni difende tale politica e si oppone a certe persone di mentalità ristretta che riducono l’Islam ai suoi riti e precetti morali. Nella sua opera “Kitab-ul Bay” (“Libro della Compravendita”), quando si riferisce al tema della Wilayat-ul Faqih (l’Autorità del Giurisperito), scrive:
“Se uno guarda i differenti insegnamenti dell’Islam, incluse le sue dimensioni sociali; se uno si concentra sui riti come le orazioni e il hajj (pellegrinaggio), i quali attengono alla relazione dell’uomo con Dio, e considera le leggi sociali, economiche, politiche e giuridiche dell’Islam, concluderà che l’Islam non tratta solo di argomenti rituali e morali…ma si propone di stabilire un governo giusto e possiede specifiche norme relative a imposte, finanze pubbliche, argomenti giuridici, jihad (lotta per la causa di Dio), così come per le relazioni internazionali” [6].
L’Imam Khomeyni sostiene che ciò non è esclusivo dell’Islam, ma anche del Cristianesimo; Gesù, sicuramente, non ignorò i temi sociali, nonostante i suoi seguaci lo considerino un simbolo di pietà che si mantenne distaccato dalle questioni mondane. Sin dall’inizio della sua vita, Gesù dichiarò di aver portato il Libro (Sura Maryam, versetto 30). In questo modo, fin dal principio egli lanciò una campagna contro l’ingiustizia [7].
Gli insegnamenti dell’Islam abbracciano tutti gli aspetti della vita umana. Stabilendo un governo giusto, i musulmani possono raggiungere la giustizia sociale. Pertanto si può dire che la politica islamica, considerando tutte le dimensioni fisiche e spirituali dell’uomo, si propone di guidarlo verso la perfezione.
L’Imam Khomeyni è dell’opinione che la politica possa trarre beneficio dai precetti religiosi; allo stesso modo, anche essi sono collegati con la politica [8]. A questo riguardo dice:
“Dire che non abbiamo niente a che vedere con la politica, equivale a mantenere l’Islam nell’isolamento. Giuro su Dio, che l’Islam, in tutti i suoi aspetti, tratta di politica. L’Islam è stato, di fatto, mal compreso [9]”.
Sembra che Mudarris, il celebre sapiente iraniano, condivida lo stesso punto di vista dell’Imam Khomeyni. Egli disse: “La nostra politica è la nostra religione e la nostra religione è la nostra politica”.
Bisogna chiarire, quindi, se l’Islam tratti solo certi principi generali [10], o se abbracci anche particolarità riguardanti gli argomenti politici, presentando una teoria politica indipendente.
Per quanto concerne la questione della teoria politica, non abbiamo bisogno di prestiti da altre teorie per sviluppare una teoria sulla politica, giacché la religione in sé stessa può provvedere tutte le particolarità di una teoria politica. Senza dubbio questo non significa che tutte le particolarità di ogni epoca siano contenute nella religione, ma che uno può riferirsi alle fonti religiose per sviluppare una teoria politica perfetta in ogni epoca particolare.
Esistono alcune figure politiche musulmane che difendono la prima idea, vale a dire che l’Islam abbracci soltanto i principi generali. Per esempio, l’autore dell’opera “Marz-e miyan-e Din wa Siyasat”, dice:
“La religione fornisce i principi della politica e chiarisce gli obiettivi di un governo senza toccare i particolari” [11].
Ci sono inoltre altre persone che pongono in dubbio la possibilità della realizzazione delle norme islamiche nei tempi presenti. Essi sono dell’opinione che dobbiamo trovare un sostituto all’approccio religioso al fine di governare il paese adeguatamente. Di conseguenza, dopo la Rivoluzione Islamica dell’Iran, essi iniziarono ad opporsi all’idea della Wilayat-ul Faqih (Autorità del Giurisperito), alla legge islamica del qisas (taglione), ecc. [12]
Contrariamente, l’Imam Khomeyni aveva una ferma convinzione che l’Islam fosse una religione onnicomprensiva in grado di fornire una teoria politica per la società. Nel suo testamento politico scrive:
“A differenza delle scuole di pensiero atee, l’Islam contempla tutti gli aspetti della vita umana, tanto quelli individuali, quanto quelli sociali, fisici, spirituali, culturali, politici, economici e militari. L’Islam tocca tutti gli argomenti utili per lo sviluppo materiale e spirituale dell’uomo e della società. L’Islam riflette sugli ostacoli a tale sviluppo sociale ed insegna come rimuoverli” [13].
L’Imam Khomeyni prende le distanze anche da coloro che tentano di giustificare il pensiero politico dell’Islam con l’aiuto di fonti non-islamiche. A questo riguardo scrive:
“Siate sicuri che l’Islam può provvedere giustizia, indipendenza, libertà, equità economica, senza attenersi agli insegnamenti di altre scuole di pensiero” [14].
L’Imam Khomeyni basa le sue idee su ragioni teologiche. Egli si riferisce ad alcuni versetti coranici ed a tradizioni degli Imam infallibili (A). Nei suoi discorsi egli afferma che l’ordinamento politico ed economico dell’Islam non è stato sviluppato sufficientemente [15].
Egli si riferisce ai seguenti versetti del Corano per appoggiare il suo punto di vista:
“Non abbiamo dimenticato nulla nel Libro, poi tutti saranno ricondotti verso il loro Signore.” (An‘am; 6:38)
“…[non v’è nulla] che non sia [scritto] in un libro chiaro” (An‘am; 6:59)
Esistono inoltre alcune narrazioni che indicano che le norme necessarie non sono delegate all’uomo [16]. Tenendo in considerazioni questi versetti e tradizioni, alcuni esperti del Corano hanno concluso che è possibile proporre teorie politiche o economiche [17]. Senza dubbio questo non significa che dobbiamo ignorare i risultati dei lavori scientifici che possono incidere nel nostro lavoro.
Al fine di comprendere le caratteristiche particolari di una religione, bisogna riferirsi al suo elemento dominante. Con questa opinione in mente, l’Imam Khomeyni ha elaborato una prospettiva esauriente, alla luce del quale ha esercitato il suo Ijtihad e ha sviluppato il suo pensiero politico. Quindi, al fine di studiare le opinioni dell’Imam sulla relazione tra la religione e la politica, bisogna studiare il suo punto di vista generale. Nel suo “Tahrir Al-Wasilah”, scrive:
“L’Islam è la religione della politica in tutte le sue dimensioni. Ciò è molto chiaro per coloro che abbiano la minima conoscenza degli aspetti politici, economici e sociali dell’Islam. In questo modo, chiunque sostiene che la religione è separata dalla politica, non ha conoscenza né della religione, né della politica” [18].
Secondo l’Imam Khomeyni, il Corano contiene più argomenti politici e sociali che argomenti etici e rituali (personali) [19]. Anche i riti menzionati nel Sacro Corano sono orientati politicamente. Così, si può affermare che la politica è intrecciata con i riti, e viceversa [20]. Prendiamo in considerazione per esempio, il seguente precetto etico dell’Islam: “Tutti i credenti sono fratelli” (Sacro Corano; 49: 10); questo è un comandamento socio-politico. Tale fratellanza non è limitata ad un paese, ma comprende tutti i musulmani del mondo. Vale a dire, se tutti i musulmani stabiliscono la fratellanza gli uni con gli altri, potranno facilmente vincere i nemici [21].
I riti nell’Islam si identificano con i temi politici. Le orazioni del Venerdì e il Hajj (Pellegrinaggio), che costituiscono due importanti riti, sono, in effetti, politicamente significativi per una società islamica. Sulla necessità di compiere il sermone delle orazioni del Venerdì, l’Imam Khomeyni dice:
“E’ dovere di un Imam della Preghiera del Venerdì parlare sugli interessi religiosi e mondani dei musulmani durante i suoi sermoni nella Preghiera del Venerdì, e informarli della condizione dei musulmani negli altri paesi, così come portare notizie che siano di loro interesse. Dovrebbe parlare con loro riguardo alle questioni religiose e mondane, riferirsi a temi economici e politici, informarli sulle relazioni con gli altri paesi, e indicare l’intromissione delle potenze coloniali nei loro paesi” [22].
Gli aspetti politici e sociali dell’Hajj (Pellegrinaggio) sono molto evidenti. I seguenti versetti del Corano confermano questo punto: “…per partecipare ai benefici che sono stati loro concessi…ed invocare il Nome di Dio…” (Al-Hajj; 22:28)
L’Imam Khomeyni parla diffusamente sull’importanza del Hajj. In uno dei suoi discorsi dice:
“L’Hajj senza la bara’ah (manifestare la dissociazione dai miscredenti) non è un vero Hajj. I musulmani in un così grande raduno devono dichiarare la propria disponibilità a combattere le superpotenze e a sostenersi a vicenda” [23].
Generalmente, i fondatori di ogni religione sono considerati paradigmi di comportamento all’interno di tale fede. Un rapido sguardo alle vite delle guide religiose in generale, e del Profeta (S) e degli Imam (A) in particolare, indicherà come essi non rimasero lontani dalla politica durante la loro vita. In riferimento al modo di vita del Profeta (S), l’Imam Khomeyni dice:
“Le linee di condotta del Profeta sui temi interni ed esterni indicano che uno dei suoi compiti fu l’attività politica” [24].
Ai tempi del Profeta (S), le funzioni di guida politica e spirituale non erano separate, ma più tardi esse divennero indipendenti [25].
L’esempio più evidente della vita politica del Profeta (S) fu la formazione di un governo in Medina e la sua estensione alla Jazirat-ul ‘Arab (Penisola Arabica). Perfino dopo aver stabilito un governo in Medina iniziò a inviare lettere a differenti paesi. Nel settimo anno dell’Egira, inviò alcuni rappresentanti in Iran, Abissinia (Etiopia), Egitto e Bahrein, come parte della sua missione [26].
Un altro aspetto che evidenzia la vita politica del Profeta (S) è la sua preoccupazione sul futuro dei musulmani dopo la sua dipartita da questo mondo. Per questa ragione presentò alla gente il suo rappresentante in differenti occasioni, e fece la sua dichiarazione ufficiale rispetto al suo successore a Ghadir Khum. Il Corano dichiara che se il Profeta (S) non avesse promulgato quanto ordinatogli, non avrebbe compiuto il suo Messaggio e la religione sarebbe rimasta incompleta. L’interpretazione di ‘Allamah Tabataba’i di questo versetto del Corano è notevole [27]. A questo riguardo l’Imam Khomeyni dice:
“La designazione dell’Imam Alì a primo califfo dei musulmani da parte del Profeta (S) fu una forma di delega del potere del Profeta (S) all’Imam Alì (A). Anche gli Imam infallibili intervennero nella politica durante la loro vita. Sebbene alcuni di essi dedicassero il proprio tempo soltanto ad offrire preghiere o ad insegnare, il fatto è che per mezzo di tali gesti, essi cercavano di riformare la società” [28].
Secondo l’Imam Khomeyni, oltre al Profeta dell’Islam (S), tutti i Profeti (A) compirono attività politiche. In realtà, la struttura delle religioni tawhidi (monoteiste) è intrecciata con le attività politiche e sociali. [29]
Riguardo al Profeta Gesù (A), che sembra essere, agli occhi dei suoi seguaci, un uomo di preghiera estraneo alla politica, l’Imam Khomeyni dice:
“Anche il Profeta Gesù (A), considerato dai suoi seguaci solamente come un uomo spirituale, fin dall’inizio tentò di lottare. Anche quando nacque, dichiarò che aveva portato il Libro. Una simile persona non sarebbe rimasta inattiva. Se cercava solamente di insegnare, per quale ragione fu perseguitato?”
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Se osserviamo i differenti insegnamenti dell’Islam, vediamo che non ha soltanto presentato certi principi generali relativi a differenti aspetti della vita umana, ma ha anche esposto alcune norme e regole per condurre gli affari della società. Consideriamo, per esempio, la zakat, il khums e la legge di prescrivere il bene e proibire il male. In realtà, la principale ragione di tutti questi ordini, in particolare le disposizioni sociali, è di realizzare la giustizia sociale. Come dice l’Imam Khomeyni:
“L’Islam è identico al governo islamico; le disposizioni islamiche sono segni del governo islamico perché sono mezzi per la formazione di un governo islamico”.
Tenendo presente il modo di vita delle guide religiose, è necessario studiare la sviante idea di separare la religione dalla politica. E’ inoltre necessario studiare i fattori principali dell’idea di separare la religione dalla politica ed i motivi dietro tali idee. Dobbiamo scoprire anche l’inizio della formazione delle stesse ed i metodi seguiti dai propugnatori di questa idea.
Sembra che tanto fattori esterni quanto interni siano responsabili dello sviluppo di questa idea. I fattori interni si riferiscono ad approcci superficiali e pseudo-mistici alla religione.
I fattori esterni sono legati alle potenze coloniali. Come è risaputo, l’idea della separazione della religione dalla politica iniziò con l’intento dell’Occidente di limitare il potere della Chiesa e del clero nella società, per preparare il terreno alla fondazione di uno Stato secolare. Poi cercarono di imporre la stessa politica negli altri paesi che si trovavano sotto la loro influenza.
Così, riuscirono a impedire la partecipazione agli affari politici alle guide religiose, che erano coloro che avevano a cuore i veri interessi della gente. Grazie agli intellettuali intossicati dall’Occidente, le potenze coloniali portano a compimento la loro missione con successo, come dice l’Imam Khomeyni:
“Gli astuti saccheggiatori hanno cercato di isolare l’Islam per mezzo dei loro agenti mascherati da intellettuali, come fecero con il Cristianesimo, mantenendo i sapienti religiosi occupati con i riti”. [30]
L’Imam Khomeyni è dell’opinione che i fattori esterni siano stati più efficaci di quelli interni nel separare la religione dalla politica.
In questa maniera, l’idea della separazione della religione dalla politica ebbe origine. Dal punto di vista storico, approcci superficiali alla religione non sono cosa nuova, ma l’idea della separazione della religione dalla politica ha preso forza negli ultimi tre secoli.
I fattori interni sorsero dalla errata interpretazione degli insegnamenti islamici. E’ per questo che essi rappresentano un pericolo minore per l’Islam, comparati ai fattori esterni [31].
I pensatori politici sono dell’idea che esiste una relazione diretta tra lo sviluppo di una società e la guida di un sapiente in un paese.
In risposta all’allusione dei Khavarij [30] al versetto del Corano che dice: “Il giudizio appartiene solo a Dio” (6: 57), l’Imam Alì (A) dice: “Esiste un limite per ogni governo, ma alla fine giungerà al potere un governo giusto per rivendicare i diritti degli oppressi” [32].
Ibn Khaldun dice:
“La guida ed il governo sono gli elementi necessari di una civiltà. Se la gente non appoggia un leader, la civiltà e lo sviluppo non saranno possibili” [33].
L’argomento sopra menzionato è molto chiaro e può esser facilmente dimostrato. Tuttavia, alcuni fuqaha (giuristi islamici) sono dell’opinione che non è permesso costituire un governo in assenza dell’Imam (aj). Questa attitudine verso un governo nell’Islam ha influenzato le idee dei sostenitori di questa posizione anche in relazione alla zakat ed il khums. Alcuni dei fuqaha giunsero al punto di seppellire la zakat ed il khums perché pensavano che non fosse permesso utilizzarli in assenza dell’Imam (aj). L’idea di Shaykh Tusi al riguardo è particolarmente notevole [34].
Analizzando le idee politiche di alcuni fuqaha sulla formazione del governo islamico durante l’occultazione dell’Imam Mahdi (aj), Hamid Algar scrive:
“Dopo l’occultazione dell’Imam Mahdi (aj), gli Sciiti pensarono che la durata dell’occultazione dell’Imam sarebbe stata breve. Per questo, non erano preoccupati per la formazione di una leadership. Così, dopo la scomparsa dei quattro Nawwab (delegati dell’Imam Mahdi), i sapienti musulmani si limitarono a narrare ahadith (tradizioni), senza interferire negli argomenti finanziari. Più tardi, col prolungarsi dell’occultazione, i musulmani sentirono la necessità di erigere una leadership complessiva. Per questo, trovò considerazione l’idea di accettare gli ‘ulama come rappresentanti dell’Imam Mahdi (aj)” [35].
Coloro che sostengono che non è permesso stabilire un governo alle persone non infallibili basano la propria idea su un hadith (tradizione) sulla riapparizione dell’Imam Mahdi (ag). Il loro giudizio errato su questo hadith fu alla radice di un’altra idea, che qualifica come illecito qualsiasi movimento prima della riapparizione dell’Imam Mahdi (ag). In realtà, tali ahadith si riferiscono a quei movimenti che si rivolsero contro gli Imam infallibili (A) o ai movimenti che ritenevano di esser il movimento dell’Imam Mahdi (ag) [36].
L’Imam Khomeyni sostiene che non deve separarsi la religione dalla politica. Egli afferma che non solo è necessario cercare di stabilire un governo islamico, ma che ciò è un dovere indefettibile per tutti i musulmani, in alcune circostanze.
Riferendosi agli stessi punti che utilizzano gli oppositori nei loro argomenti per rifiutare la necessità della formazione di un governo da parte di uomini fallibili, l’Imam Khomeyni dice:
“Credere nella necessità di formare un governo e stabilire un sistema esecutivo è parte della wilayat (supremazia delegata divinamente). Allo stesso modo, qualsiasi intento in questa direzione è parte della fede nella wilayat. Noi crediamo nella wilayat e sosteniamo che il Profeta (S) designò un califfo in obbedienza a Dio. Per tanto, dobbiamo credere che è necessario per i musulmani formare un governo…Lottare per stabilire uno Stato Islamico è uno dei fondamenti della credenza nella wilayat” [37].
La frase menzionata è un argomento kalami (teologico) sulla wilayat degli Imam (A); la credenza nella wilayat è equivalente a quella dell’accettazione della leadership degli Imam infallibili (A). Ma una profonda comprensione della designazione di una guida dei musulmani da parte del Profeta (S), metterà in chiaro che non è permesso alle persone non qualificate di governare i musulmani. In questo modo, chiunque crede nella wilayat, deve evitare di affidare lo Stato a persone non qualificate in assenza dell’Imam Mahdi (ag).
Inoltre, l’Imam Khomeyni basa le proprie idee relative allo stabilire uno Stato Islamico sulla natura delle leggi islamiche:
“La natura del governo islamico indica che è possibile formare un governo e gestire gli affari culturali, economici e politici di una società. In primo luogo va considerato il carattere esaustivo delle leggi islamiche – che comprendono norme relative alle relazioni con i vicini, i figli, la famiglia, gli affari privati, gli affari matrimoniali, la guerra, la pace, le relazioni con gli altri paesi, l’economia, il commercio, l’industria e l’agricoltura – tutto è inteso allo scopo di dirigere gli affari della società. Questi punti indicano che l’Islam abbraccia seriamente gli affari politici ed economici. In secondo luogo, un rapido sguardo alla natura delle disposizioni religiose dimostrerà che è necessario formare un governo al fine di rendere esecutive queste leggi. Senza la formazione di un governo questo non sarà possibile” [38].
Secondo l’opinione dell’Imam Khomeyni, la fondazione di uno Stato è così importante che l’Islam è considerato sinonimo di “governo islamico”. Stabilendo un governo islamico l’uomo può conseguire la giustizia e eseguire i precetti divini. Questo aspetto particolare dell’Islam non si riferisce solo all’epoca del Profeta (S), ma è applicabile in altri tempi, incluso il periodo d’assenza dell’Imam Mahdi (ag) [39].
Secondo l’Imam Khomeyni, il colonialismo è il responsabile della separazione dell’Islam dalla politica, soprattutto nell’epoca contemporanea. Egli sostiene che le potenze coloniali hanno instillato nella nostra mente il concetto che non esiste alcuna forma di governo nell’Islam. Ed anche supponendo che si possa stabilire una certa forma di governo nell’Islam, le potenze coloniali cercarono di inculcare nella mente dei musulmani che non c’è una persona qualificata per dirigere il governo islamico [40].
Le tendenze interioriste tra i musulmani hanno costituito parte delle ragioni per le quali i musulmani si sono astenuti dallo stabilire un governo [41].
L’Imam Khomeyni ha spiegato in dettaglio le ragioni dell’astensione dei musulmani dal formare un governo nella sua opera Hukumat-e Eslami (in italiano “Il Governo Islamico”, Il Cerchio, Rimini, 2006, ndt), in cui sviluppa vari aspetti di tale governo.
Concludiamo questa sezione dando uno sguardo a un hadith dell’Imam Ar-Rida (A).
“Alcune delle ragioni della nomina di Ulil ‘Amr (Possessori dell’Autorità) da parte di Dio e del fatto che sia obbligatorio l’obbedire loro, sono le seguenti: in primo luogo, la gente si sentirà moralmente obbligata a seguire certe norme che la salveranno dalla corruzione. Non è possibile seguire tali norme a meno che il potere sia consegnato ad un governante fidato. In secondo luogo, la prosperità delle nazioni dipende dall’esistenza di governanti che cercano di risolvere i loro problemi temporali e spirituali. Dio, il Sapiente, mai lascia le Sue creature senza una guida. La terza ragione è che in assenza di una guida retta, i precetti e ordini religiosi precipiteranno” [42].
Come è stato detto, secondo l’Imam Khomeyni c’è una stretta connessione tra la religione e la politica. Inoltre, la fondazione di un governo islamico è una necessità religiosa tanto in presenza dell’Imam Mahdi (ag), quanto in sua assenza.
Quali sono le fonti della necessità della legittimità di un governo islamico? Per rispondere a questa domanda, prima di tutto, deve esser chiarito cosa significa Mashru’yyah (legittimità).
Quando discutiamo la legittimità di un sistema dal punto di vista politico, ci riferiamo agli aspetti particolari di questo governo che lo legittimano affinché la gente sia moralmente obbligata ad obbedirgli. Per esempio, quando un governante è eletto dalla gente, gli elettori, che sono la gente stessa, acquisiscono un obbligo morale di obbedirgli.
Sicuramente questo tipo di legittimità può esser adattabile alla Shari’ah (Legge Sacra). Infatti i musulmani davvero raccomandano un governo religioso legittimo.
L’idea della legittimità è un concetto fondamentale nella scienza politica, oggetto di seri dibattiti tanto da parte della gente quanto da parte dei governanti.
Le fonti della legittimità del governo, e i criteri per stabilire la stessa, differiscono secondo le opinioni dei differenti pensatori. Per primo, tratteremo le seguenti teorie di legittimità:
“Chiunque prenda il potere con la spada (forza), dal momento che è chiamato califfo e comandante dei credenti, che si comporti bene o male, non è permesso a nessuno disobbedirgli. In questo modo, egli sarà il loro custode” [45].
Generalmente i dittatori iniziano il loro governo valendosi della forza [46].
A volte la legittimità divina mette da parte la legittimità popolare e porta con sé la nozione secondo cui il re è l’ombra di Dio, è designato da Dio, responsabile davanti a Dio e, per tanto, è necessario che la gente gli obbedisca [48].
Questa idea, tra i sapienti musulmani, è stata spesso mal utilizzata. Khwaja Nizam Al-Mulk, a questo riguardo dice:
“In ogni epoca l’Altissimo sceglie un uomo tra gli uomini e lo arricchisce con certe arti di governo, lo protegge contro qualunque corruzione e sedizione, e diffonde la sua grandezza tra la gente” [49].
Malgrado i numerosi casi nella storia che indicano il cattivo utilizzo di tale teoria, in ogni caso non desideriamo confutarla. Durante i tempi del Profeta (S) e degli Imam (A) il governo fu stabilito sulle basi della volontà di Dio. Ma questo mai implicò l’ignorare i diritti della gente. Per tanto, questo mai portò all’ingiustizia nella società.
“Gli unici elementi che possono costruire le basi di un potere legittimo e un vero governo sono patti in cui concordano entrambe le parti” [50].
Storicamente, questa teoria si è opposta alla legittimità divina. L’Occidente difende questa teoria per opporsi alle dittature a carattere religioso e di altro tipo. Le teorie di riforma e rivoluzione sono state sviluppate per negare la legittimità della forza.
Secondo l’Imam Khomeyni, né la forza né l’eredità possono costituire una fonte per la legittimità di un governo islamico.
Egli prende in conto due fattori per la legittimità di un governo islamico: la legittimità divina e il sostegno popolare.
Non vi è dubbio che il sistema di governo sotto il Profeta Muhammad (S) e l’Imam ‘Alì (A) fosse basato sulla legittimità divina. Iddio è il reale possessore di tutto ed ha designato il Profeta e gli Imam per governare sulla società. Alludendo al seguente versetto coranico, l’Imam Khomeyni dice: “Credenti! Obbedite a Dio, al Profeta e a coloro che possiedono l’autorità tra di voi” (4: 59).
I musulmani hanno accettato che il Profeta (S) trae la legittimità del suo governo da Dio. Tuttavia, essi differiscono sulla guida dei musulmani dopo la morte del Profeta (S).
La Shi’a sostiene che il Profeta (S) e gli Imam (A) furono designati secondo prescrizione divina. Alcuni dei sapienti della Shi’a, incluso l’Imam Khomeyni, sono inoltre dell’idea che i fuqaha sono qualificati e autorizzati a formare un governo poiché esercitano la delega degli Imam infallibili (A), che furono designati da Dio.
Il metodo di ragionamento dell’Imam Khomeyni nei suoi libri “Kitab Al-Bay’” (Il Libro della Compravendita), “Kashf-e Ansar” (Lo svelamento dei segreti), “Tahrir-ul Wasilah” e nei suoi discorsi, indica che la designazione dei Wali-ul Amr (detentori di autorità) è un compito divino. Nella sua opera Tahrir-ul Wasilah”, scrive:
“Solo gli Imam infallibili e le persone designate da loro sono autorizzate a farsi carico degli affari politici. In loro assenza, i loro rappresentanti, vale a dire i giurisperiti qualificati, sono i responsabili nel dirigere gli affari politici” [51].
La politica dell’Imam Khomeyni durante i dieci anni della sua guida conferma queste premesse. In alcune delle sue dissertazioni, egli considera anche il governo più democratico come Taghuti (tirannico) se non è sotto il comando di un faqih. Egli sostiene:
“In assenza della sovranità esercitata da un giurisperito (wilayat-ul faqih) e di un ordine divino, il taghut (tiranno) prevarrà. Se il presidente non è designato da un faqih, sarà illegittimo. Un presidente illegittimo equivale a un taghut. Il taghut alla fine sarà sconfitto quando sarà designato un governante giusto, per grazia di Dio” [52].
In alcune lettere, designando i diplomatici della Repubblica Islamica dell’Iran e nominando il primo ministro dell’Iran [53], in rapporto a questo punto, l’Imam Khomeyni dice:
“Come persona che possiede la wilayat della religione sacra, io nomino lui […]; qualunque opposizione a questo governo equivale ad opporsi alla Shari’ah (Legge Islamica)” [54].
Ma in altre occasioni, egli fece riferimento all’opinione della gente e prese in conto il loro parere. Nel suo incontro con il rappresentante del Papa Paolo VI, che cercava di mediare la liberazione dei prigionieri americani in Iran, dice:
“Il sign. Papa dovrebbe sapere che io non posso risolvere personalmente questo problema. Io non desidero imporre (la mia volontà) sulla mia gente, e l’Islam non ci permette di stabilire una dittatura. Seguiamo la voce della nostra nazione ed agiamo secondo le sue opinioni. Non abbiamo diritto, Dio non ci ha conferito tale diritto, ed il Profeta (S) mai ci permise di imporre le nostre idee sui musulmani” [55].
In molti casi si osserva come l’Imam Khomeyni ebbe un totale rispetto per il diritto della gente e sosteneva che essa è la fonte legittima di un governo. Allo stesso tempo, non lasciava da parte la legittimità divina. Secondo l’Imam Khomeyni, Dio e il Profeta (S) non permettono al governante di opporsi all’opinione della gente.
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La formazione del governo islamico: la Wilayat-ul Faqih al-Mutlaqah (Autorità Assoluta del Giurisperito)
La particolarità più evidente del pensiero politico dell’Imam Khomeyni è la dottrina della Wilayat-ul Faqih. Questo concetto non ricevette la dovuta attenzione e non era stato elaborato in una maniera adeguata dai sapienti della Shi’a prima di lui. Questo concetto è così prominente nel suo pensiero, che la maggioranza delle sue idee politiche devono essere interpretate avendolo come riferimento.
Storicamente, nel Fiqh sciita, questo argomento non è stato toccato fino all’epoca dello scomparso Naraqi, che scrisse l’opera “’Awaid-ul Ayyam”. Prima di Naraqi, il tema della Wilayat-ul Faqih e l’argomento della sovranità in una società islamica non era stato considerato sotto titoli specifici nel Fiqh.
Durante i secoli dodicesimo e tredicesimo, lo scomparso Naraqi dedicò al tema della Wilayat-ul Faqih e ad i suoi differenti aspetti un capitolo a parte. Dopo di lui, Mir Fattah Husaini Maraghei nella sua opera “’Anawin”, Muhammad Hasan Najafi nel suo “Jawahir-ul Kalam” e il Shaykh Murtada nel suo “Makasib”, trattarono questo argomento. Più tardi, alcuni Fuqaha, orientando il loro studio su “Al-Makasib”, gradualmente elaborarono poi le loro idee.
Negli ultimi decenni l’Imam Khomeyni discusse il tema nella sua opera “Kitab Al-Bay’” (Il Libro della Compravendita”), e lo trattò nelle sue lezioni di Kharij (corsi superiori negli studi religiosi) a Najaf (Irak). Malgrado il fatto che l’Imam Khomeyni, così come altri Fuqaha, avesse trattato questo argomento nella sua opera “Al-Bay’”, egli lo affrontò altre volte molto seriamente al fine di incoraggiare gli altri a sviluppare le proprie teorie su questo tema.
L’Imam Khomeyni sviluppò la sua idea di Wilayat-ul Faqih nel corso dei seguenti quattro periodi:
Il primo periodo: Elaborò i lineamenti del concetto di Wilayat-ul Faqih nella sua opera “Kashf-ul Asrar”[56] nella forma di risposte all’autore di “Asrar-e Hizar Saleh”. Una delle questioni che l’Imam pone in rilievo in questa opera è:
“Sarebbe stato meglio che ci fossero stati fuqaha nella nostra assemblea costituente che designò lo Shah” [57].
In questa opera, l’Imam Khomeyni non espose la propria teoria sulla Wilayat-ul Faqih, ma si riferì alla teoria di Na’ini sul “Nazarat-ul Fiqh” (Supervisione del Giurisperito).
Ma sembra che già durante quel periodo egli sostenesse l’idea di Wilayat-ul Faqih e non di Nizarat-ul Faqih [58].
Il secondo periodo: La forma compiuta della Wilayat-ul Faqih apparve nei tre libri dell’Imam, chiamati “Ar-Rasa’il”, “Tahrir-ul Wasilah” e “Al-Bay’”. Questi libri furono scritti nel 1954, 1964 e 1970. Egli scrisse questi libri in un’atmosfera accademica, quando non si trovava direttamente coinvolto nella direzione dello Stato. Le prime sessanta pagine di “Al-Bay’” costituiscono il maggior lavoro dell’Imam Khomeyni sulla Wilayat-ul Faqih. Inoltre svolse molte lezioni su questo argomento, le quali furono pubblicate più tardi sotto il titolo di Hukumat-e Eslami (Il Governo Islamico). Questo è la migliore opera che sviluppa le idee dell’Imam Khomeyni sulla Wilayat-ul Faqih.
Il terzo periodo: Durante gli anni 1978-1980, l’Imam Khomeni non parlò direttamente del termine Wilayat-ul Faqih e neppure lo menzionò nelle sue dichiarazioni. Benché si basasse sul suo status religioso per designare ufficiali di alto rango in Iran, non si riferì al concetto di Wilayat-ul Faqih nella Costituzione. Ad ogni modo, fu costituita la prima Assemblea degli Esperti ed i membri di questa chiarirono il ruolo del Wilayat-ul Faqih nel governo islamico. Dopo l’incorporazione del termine Wilayat-ul Faqih nella Costituzione, alcune correnti politiche lo descrissero come una forma di dittatura.
Allora l’Imam Khomeyni sentì che fosse necessario chiarire la differenza tra il concetto di Wilayat-ul Faqih e quello di dittatura:
“Il tema della Wilayat-ul Faqih non è un’invenzione dell’Assemblea degli Esperti. È stato ordinato da Dio…Voi non dovete inquietarvi per la Wilayat-ul Faqih. Un faqih non può trasformarsi in un dittatore. Se un faqih tenta di diventare un dittatore non può avere la wilayat (sovranità o supremazia) sulla gente” [59].
Il quarto periodo: Durante questo periodo l’Imam Khomeyni cercò di definire la sfera di azione dell’autorità del faqih. In questo periodo l’Imam non risparmiò sforzi per chiarire l’autorità del faqih e ripudiare le false opinioni sulla nozione di Wilayat-ul Faqih. Questo periodo iniziò con la risposta ad un’interrogazione dell’allora Ministro del Lavoro, il 7 dicembre 1988.
Dopo tale interrogazione, nel Tribunale Costituzionale iniziarono discussioni sulla giurisdizione della Wilayat-ul Faqih. Il tribunale scrisse quattro lettere all’Imam Khomeyni a questo riguardo. Una delle lettere si riferiva al discorso dell’allora Presidente, l’Ayatullah Khamenei, nel sermone della preghiera del Venerdì. Nella lettera l’Imam Khomeyni chiariva che le leggi di Stato hanno preminenza sui “al-ahkam ul-auwaliyah waz-zanawiyah” (precetti primari e secondari). Una parte della lettera dice quanto segue:
“Quello che è stato detto o si sta dicendo (sulla Wilayat-ul Faqih), proviene dalla mancanza di conoscenza sulla Wilayat Divina assoluta”.
I requisiti di colui che occupa la posizione di Wilayat-ul Faqih sono stati descritti nella lettera dell’Imam al Presidente del Tribunale Costituzionale incaricato dell’emendamento alla Costituzione della Repubblica Islamica dell’Iran [60].
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Coloro che espongono la Wilayat-ul Faqih nel pensiero Shi’ita si riferiscono alle seguenti ragioni, basate sia sull’intelletto che sulle tradizioni riportate, le quali difendono la fondazione di un sistema di governo basato sulla Wilayatul Faqih: (a) ragioni riguardanti gli argomenti Hasbiyah; (b) ahadith particolari sulla Wilayat-ul Faqih; (c) ragioni filosofiche e teologiche; (d) la deduzione attraverso le tradizioni.
Gli ‘Ulama Shi’iti possiedono idee differenti sull’utilizzazione del primo argomento. Generalmente, essi assegnano gli argomenti Hasbiyah ad alcuni casi particolari come la tutela degli orfani, degli assenti e dei divorziati [61], mentre altri ‘Ulama sono dell’opinione che la principale particolarità degli argomenti Hasbiyah è di tentare di stabilire un governo. Questo progetto è il cammino più facile per dimostrare il concetto di Wilayat-ul Faqih [62].
L’Imam Khomeyni non sostiene il tema della Wilayat-ul Faqih attraverso questo argomento, ma ciò non significa che egli fosse contrario alla fondazione di un governo islamico di fuqaha [63]. Piuttosto, egli cercava di far riferimento a ragioni più solide, che potessero conferire maggiore autorità ad un giureconsulto.
Il quarto argomento si riferisce ad alcuni ahadith. Questo è il metodo dello scomparso Ayatullah Burujerdi. In riferimento alla struttura generale della religione e alla necessità di applicare le leggi religiose in assenza di un Imam infallibile (A), egli sosteneva che sebbene gli Imam (A) non abbiano designato nessuno come guardiano della gente, ci sarebbero alcuni ahadith degli Imam (A) che dimostrano la necessità della funzione di guardiano da parte dei fuqaha [64]. Egli riuscì a citare alcuni ahadith su questo tema [65].
Mentre altri ‘ulama cercarono di riferirsi agli ahadith, l’Imam Khomeyni pose particolare enfasi sugli argomenti filosofici e teologici. Egli credeva che la questione della realizzazione di un governo islamico fosse particolarmente evidente. Solo secondariamente quindi fece riferimento anche ad alcuni ahadith.
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Alcuni cenni sulle argomentazioni dell’Imam Khomeyni sulla Wilayat-ul Faqih
L’Imam Khomeyni iniziò la propria argomentazione sul tema nella seguente maniera:
L’argomento sopra menzionato appoggia l’idea della formazione di un governo in assenza dell’Imam (A). Lo scomparso Ayatullah Burujerdi sostenne opinioni simili a quelle dell’Imam Khomeyni su questo tema fondamentale.
La caratteristica saliente del punto di vista dell’Imam Khomeyni sull’argomento, è che egli abbia derivato le qualità della guida di uno Stato islamico come corollario delle sue argomentazioni. Bisogna notare che tale ragionamento non significa che qualsiasi faqih giusto possa divenire capo della società islamica. L’Imam non si dilungò sui metodi di selezione del governante tra i fuqaha [67]. Ma la giurisdizione dell’autorità di controllo dei fuqaha è limitata alla risoluzione di argomenti secondari durante il governo di un governante ingiusto (taghut).
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Ci sono molti ahadith (detti del Profeta e degli Imam) che si riferiscono all’argomento della wilayat-ul faqih, ma l’unico versetto coranico che si riferisce a questo argomento è: “O Credenti! Obbedite a Dio, obbedite all’Inviato ed a coloro che possiedono l’autorità tra voi” (An-Nisa; 4: 59).
L’Imam Khomeyni ha interpretato il versetto citato facendo riferimento agli ahadith autentici narrati da ‘Umar ibn Hanzalah [68]. Ma egli non si basò su di essa come se fosse una ragione indipendente ed unica.
Giacché vi è ambiguità sul concetto di Ulul ‘Amr (“Possessori di Autorità”), molti esegeti, incluso ‘Allamah Tabatabai, hanno dedotto che con “possessori di autorità” si allude agli Imam infallibili (A) [69]. Alcuni degli ‘Ulema Sunniti considerano qualsiasi governante come Ulul ‘Amr (Possessore di Autorità) [70]. Di fatto, è necessario riferirsi a certi ahadith e non confinare l’argomento al versetto coranico. Nonostante ciò, ci sono alcuni giuristi contemporanei che si riferiscono solamente al versetto sopra menzionato per appoggiare l’idea della Wilayat-ul Faqih [71].
L’Imam Khomeyni si basa sui seguenti ahadith per appoggiare l’idea della Wilayat-ul Faqih:
Tra gli ahadith, l’autenticità dei primi due è stata messa in dubbio. Gli altri sono raccomandati e considerati autentici.
L’Imam Khomeyni si riferisce ai seguenti ahadith come autentici: Hadith di Jami’ul Akbar del Profeta (S), Hadith di ‘Abdul Wahab Amadi dell’Imam ‘Ali (A) e Hadith di Tuhaful ‘Uqul dell’Imam Husain (A).
La preparazione teologica dell’Imam Khomeyni influì sul suo punto di vista sugli ahadith menzionati e lo distinse dagli altri giuristi. Per esempio, rispetto al hadith: “O Dio, abbi misericordia dei nostri Khulafa (rappresentanti o successori)”, egli dice: “Non vi è dubbio che la parola Khalifah menzionata dal Profeta (S) si riferisce a coloro a cui spetta la Wilayat ed il governo” [77]. Sul seguente hadith: “Sicuramente i sapienti sono gli eredi dei Profeti”, egli dice che alcuni dei profeti, come il Profeta dell’Islam (S), godono della posizione della Wilayah. Essere eredi dei profeti significa ereditare ciò che essi possiedono e possono trasferire. E non vi è dubbio che la funzione di guida sia trasferibile [78]. Tali affermazioni possono essere confrontate con le idee di Shaykh Al-Ansari. Egli dice:
“Dopo aver studiato vari aspetti delle narrazioni (sul governo), uno può concludere chiaramente che tali narrazioni si riferiscono ai doveri degli ‘Ulama (sapienti religiosi) in relazione alla spiegazione delle norme islamiche. I Profeti e gli Imam possiedono la funzione di guardiano sulle proprietà della gente” [79].
Riassumendo, l’Imam Khomeyni avanza due solide ragioni, basate su argomenti kalami (teologici) e ahadith trasmessi, per la funzione di guida dei giureconsulti in assenza degli Imam infallibili (A). Egli si è anche riferito alla condizione e giurisdizione dei possessori di autorità. Getteremo maggiore luce su questi due argomenti e ci riferiremo ad altri aspetti delle opinioni dell’Imam rispetto a tale questione.
Esistono varie condizioni enumerate dai fuqaha per rivestire la funzione di guardiano. Alcuni sapienti Sunniti e Sciiti menzionano dieci condizioni [80].
L’Imam Khomeyni enfatizza due requisiti: fiqahat (padronanza del fiqh) e l’esser giusto. Tuttavia, in assenza dell’Imam infallibile (A), i giureconsulti qualificati che possono emettere verdetti sono da lui raccomandati per esercitare la funzione di Guida dei musulmani [81]. Le due condizioni menzionate non solo sono basate sul Taqlid (imitazione di un sapiente nei doveri religiosi), ma anche su motivi razionali. L’Imam Khomeyni a questo riguardo dice:
“Il governo islamico è un governo legale volto ad applicare la legge divina. Il suo obiettivo è quello di stabilire la giustizia ed applicare le leggi divine tra la gente. Quindi il capo di tale Stato deve soddisfare due condizioni, considerate come le basi dello Stato: essere conoscitore della legge ed essere giusto. L’aspetto dell’efficienza ed abilità di amministrare è incluso nella conoscenza di un governante. Questa può essere considerata come una terza condizione…Quindi la guida appartiene ad un faqih giusto” [82].
Cosa si intende per fiqahat (padronanza del fiqh) secondo l’Imam Khomeyni? Significa forse la conoscenza degli argomenti comuni del fiqh? Esiste qualche altra condizione necessaria per i “possessori di autorità”? L’Imam Khomeyni, nella sua opera Hukumat-e Islami, scrive:
“Il governante deve essere il sapiente più versato negli insegnamenti religiosi” [83].
D’altra parte, in assenza degli Imam infallibili (A), la conoscenza degli argomenti legislativi e la capacità di emettere decreti sono considerati i due requisiti essenziali di un Qadi (Giudice), mentre la profonda conoscenza religiosa è necessaria per giungere ad essere un Mufti (capace di effettuare responsi religiosi). Di conseguenza, secondo l’opinione dell’Imam Khomeyni, un “possessore di Autorità” deve esser giurisperito, così come anche qualificato nell’ambito degli studi religiosi islamici. Tuttavia, durante gli ultimi giorni della sua vita, l’Imam Khomeyni, in una lettera al Presidente del Tribunale Costituzionale, scrisse:
“Dal principio fui dell’idea che la Marja’iyat (o condizione di fonte degli argomenti religiosi) non fosse un requisito necessario (per la Guida). Un Mujtahid giusto, che sia raccomandato dall’Assemblea degli Esperti, può assumere la Guida della società islamica…Io menzionai questo punto quando gli esperti stavano preparando la Costituzione; essi insistettero sulla Marja’iyat come condizione necessaria (per la Guida). Quindi ho accettato la loro proposta. A quel tempo ero sicuro che tale condizione non avrebbe potuto essere soddisfatta in futuro” [84].
Sembra che dall’inizio della Rivoluzione Islamica, Imam Khomeyni non credesse che il possessore di autorità nella società islamica dovesse essere il più sapiente (a’lam) degli ‘ulama.
Apparentemente esiste discordia tra gli scritti precedenti dell’Imam e le sue ultime dichiarazioni. Pare che egli abbia cambiato la sua posizione. Ma se studiamo le sue opinioni, ci accorgeremo che non esiste contraddizione alcuna.
Rispetto al Ijtihad (capacità di estrarre le leggi islamiche dalle fonti pertinenti) negli argomenti sociali, l’Imam Khomeyni addusse idee interessanti. Riferiamoci ad uno dei suoi discorsi a questo riguardo:
“L’Ijtihad, nel senso prevalente nei centri religiosi, non è sufficiente per i possessori di autorità. Vale a dire, se una persona è la più sapiente negli studi religiosi, ma è incapace di riconoscere gli interessi della società o di distinguere tra persone utili e inutili per la società, vale a dire, se non possiede un discernimento sociale adeguato, in realtà non è mujtahid e non può emettere decreti sugli argomenti socio-politici. Di conseguenza, non sarà idoneo a possedere l’autorità” [85].
Tenendo in conto questo punto e quelli menzionati prima, possiamo concludere che la fiqahat include tanto l’efficienza quanto la capacità dell’amministrazione. E’ ovvio che la a’lamiyah (essere il sapiente islamico maggiormente qualificato) negli affari politici e sociali è differente dalla ‘alamiyah nei temi puramente religiosi, per il quale il criterio è quello di essere il più sapiente marja’ taqlid (fonte religiosa dei musulmani). Quello che non è necessario, secondo l’Imam, è la marja’iyah o a’lamiyah nel suo senso prevalente. Ma la ‘alamiyah nel senso di avere conoscenza del fiqh, e discernimento e disposizione per la politica ed il sociale, sono i requisiti necessari per una Guida. Questo punto è stato incorporato nella Costituzione della Repubblica Islamica dell’Iran [86].
In relazione alla condizione della giustizia e della religiosità come requisiti di una Guida, l’Imam Khomeyni dice:
“Una persona che pretenda di esser il governante dei musulmani ed il successore del Comandante dei Credenti, non deve esser attaccato agli affari mondani. Se si abbandona agli affari mondani, non può esser accreditato e affidabile per la gente” [87].
L’Imam Khomeyni considera l’allontanamento degli affari mondani come una condizione necessaria per un marja’ [88].
Alcune di queste condizioni sono accettate da tutti i fuqaha (giuristi) contemporanei, dato che essi credono nella necessità di considerare gli argomenti Hasbiyah relativi da parte di giuristi qualificati in assenza dell’Imam (A).
A questo riguardo, l’Imam Khomeyni, come altri sapienti, raccomanda tale legittimità per il potere del Wali-ul Faqih (Autorità del Giurisperito).Ovviamente, la funzione di sorveglianza sui precetti tashri’i (riferiti alla legge divina) appartiene ai Profeti (A). Quando gli Imam (A) cercano di spiegare i precetti religiosi complicati, cercano di gettare luce su ciò che il Profeta (S) ha lasciato agli altri. Parlando su questo concetto, l’Imam Khomeyni disse:
“In uno Stato Islamico, Dio è Sovrano, ed i Profeti ed i loro successori sono gli esecutori delle norme di Dio. Non devono proporre mai nessuna legge che si opponga alla legge di Dio. Comunque, essi fanno uso della propria autorità quando non vi è alcun principio (rivelato) chiaro” [89].
In qualunque caso, secondo l’Imam Khomeyni, un faqih, oltre ad utilizzare la propria autorità sugli argomenti hasbiyah, possiede l’autorità per comminare pene obbligatorie e discrezionali, sanzioni penali, ordinare il bene e vietare il male. Egli inoltre esercita la guida sullo Stato e la politica all’interno delle leggi religiose, delle leggi civili, così come nell’adempimento delle norme islamiche.
Riferiamoci ora alle seguenti due questioni fondamentali:
Non vi è dubbio che ogni musulmano deve seguire le norme religiose primarie e secondarie. Queste norme costituiscono la forma esterna della sottomissione alla religione, che determina le cose da fare o da non fare. D’altra parte, stabilire uno Stato in un’epoca particolare richiede esperienza e metodologia. Così, un governante religioso, oltre a trattare di norme religiose, deve egli stesso trattare norme di Stato. In alcuni casi una norma di Stato implica eseguire leggi primarie o secondarie, distinguere i loro ambiti di applicazione, o farsi carico di alcuni temi religiosi. Qui un giurisperito può utilizzare la propria autorità, ma in alcuni casi le leggi primarie o secondarie trattano di questioni lecite e illecite, come il dovere del pellegrinaggio (hajj) o l’illegalità dell’usura, ecc. La domanda è se può un Wali-ul Faqih emettere un decreto contro tali regole a beneficio dei musulmani e impedire la loro esecuzione?
Nella sua argomentazione, l’Imam Khomeyni sostiene che l’autorità di governo di un Wali-ul Faqih e quella degli Imam infallibili (A) è identica. Solo in certi casi gli Imam infallibili godono di un’autorità particolare che non ha nulla a che fare con la guida sulla società, come nel caso del jihad offensivo il quale è probabilmente di pertinenza esclusiva degli Imam infallibili (A) [90]. Nella sua opera, egli non si riferì alla giurisdizione governativa degli Imam infallibili (A) e ha solo citato alcuni esempi come:
“Il Profeta (S) usò le frustate come mezzo di punizione innumerevoli volte. Similmente, gli Imam (A) e un Wali-ul Faqih possono praticare questa punizione. Similmente essi raccolgono le tasse religiose (come la zakat ed il khums) e le utilizzano a beneficio della gente, ed è dovere della gente obbedire loro” [91].
Sicuramente abbiamo una riferimento alla wilayat assoluta e generale [92] nella sua opera “Al-Bay’” (Il Libro della Compravendita), ma non vi è una chiara spiegazione delle relazioni tra l’autorità di un Wali-ul Faqih e le norme primarie e secondarie.
In una lettera all’allora Ministro del Lavoro, l’Imam Khomeyni chiarì la giurisdizione di un faqih in quel che concerne i precetti religiosi e l’autorità del governo nel disporre le condizioni necessarie per le parti contrattuali.
A seguito di tale dichiarazione, iniziò una polemica tra i funzionari di alto rango. Allora l’Imam, in una lettera, scrisse:
“Si dice che io sostenga che il governo possieda autorità soltanto all’interno del regime delle norme divine. Tale affermazione è contro le mie idee. Se l’autorità dello Stato si trova contenuta nei precetti di origine divina, allora, la disposizione divina della supremazia assoluta del Profeta (S) non avrebbe senso…Lo Stato è un ramo della supremazia assoluta del Profeta. E’ una delle norme primarie dell’Islam ed è prioritaria su tutti i precetti derivati, come la preghiera, il digiuno, il pellegrinaggio…Lo Stato può porre il veto a qualsiasi pratica, rituale o meno, se è diventata contraria agli interessi dell’Islam” [93].
Questa dichiarazione indica che l’autorità di un Wali-ul Faqih è illimitata, fino al punto che egli può sospendere temporaneamente le norme primarie e secondarie se egli comprende che queste vanno contro gli interessi dei musulmani. Elaborando il tema dell’autorità del Wali-ul Faqih, nella sua opera “Al-Bay’”, l’Imam Khomeyni mise in risalto che l’autorità del Wali-ul Faqih è illimitata.
Secondo l’Imam Khomeyni, i precetti governativi non sono precetti secondari, ma sono primari [94]. Conseguentemente, la sovranità sulle norme governative non dipende dalla necessità, dai casi di emergenza, ecc., ma dagli interessi dei musulmani [95].
Tuttavia l’Imam Khomeyni non enunciò alcuna formula in particolare per determinare gli interessi dei musulmani, ma durante la sua vita politica considerò l’Assemblea degli Esperti [96] come un’autorità per identificare questi interessi. Solitamente consultava gli esperti, ma era lui che emetteva il decreto finale.
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Le leggi civili sono di due tipi: leggi costituzionali e convenzionali. Le leggi costituzionali sono superiori alle convenzionali. Se approfondiamo le relazioni tra l’autorità del Wali-ul Faqih e la legge costituzionale, anche le relazioni tra il Wali-ul Faqih e le leggi convenzionali saranno chiarite.
Nella Costituzione della Repubblica Islamica dell’Iran l’autorità del Wali-ul Faqih è limitata (Articolo 110). Prima dell’emandamento della Costituzione, il termine supremazia assoluta non fu menzionato in nessuna parte della Costituzione. Ma secondo l’Imam, la Costituzione non è superiore alle norme religiose. Così come il Wali-ul Faqih possiede un’autorità sulle norme derivate, egli possiede la stessa autorità sulla Costituzione. Certamente, in una società islamica, la Costituzione è basata sulle norme islamiche. I Fuqaha, in particolare l’Imam Khomeyni, hanno approvato la Costituzione della Repubblica Islamica dell’Iran come compatibile con gli insegnamenti islamici.
Durante i suoi dieci anni di Guida della Repubblica Islamica dell’Iran, l’Imam Khomeyni in certi casi non si attenne alla Costituzione. Ad esempio, egli ordinò la formazione di una corte speciale per processare i religiosi; inoltre stabilì il “Consiglio per il Discernimento dell’Interesse Superiore dello Stato”. E’ abbastanza chiaro in questi casi che la giurisdizione del Wali-ul Faqih si pone al di sopra della Costituzione.
Quando il “Consiglio per il Discernimento dell’Interesse Superiore dello Stato” non si attenne alle leggi costituzionali, un gruppo di rappresentanti del Majlis (Parlamento) scrisse una lettera all’Imam Khomeyni e protestò contro le decisioni del Consiglio. In risposta, l’Imam disse:
“Quanto avete scritto è corretto. Spero che sia creata un’atmosfera nella quale tutti agiscano in accordo alla Costituzione. Quello che è successo negli ultimi anni, è stato connesso all’emergenza dei tempi di guerra. Gli interessi dell’Islam ed il sistema esigono che risolviamo i problemi prontamente” [97].
La ragione dietro l’inosservanza della Costituzione è che l’Imam Khomeyni considerava che le norme governative possiedono preminenza sulle norme religiose primarie e secondarie. Anche nella sua lettera, l’Imam Khomeyni parla della propria intenzione di “fare questo o quest’altro”; egli non parla della necessità di seguire la Costituzione. Possiamo dedurre dalla sua vita e dai suoi discorsi che, nei tempi di emergenza, egli considera le norme governative superiori alla Costituzione. Ma, normalmente, la violazione delle leggi costituzionali non è permessa. Quali sono i criteri per identificare gli interessi dei musulmani? Quale è la situazione di emergenza? Questi sono interrogativi che non sono stati specificati dall’Imam Khomeyni.
Sicuramente l’autorità precedentemente menzionata del Wali-ul Faqih è valida quando il Wali-ul Faqih è designato da un Imam infallibile (A). Se il Wali-ul Faqih è eletto dalla gente, per esempio, la sua legittimità deriva dal voto della gente, ma la sua autorità non sarà, probabilmente, quanto quella stabilita da un Imam infallibile (A). La sua autorità in questo caso sarà determinata sulle basi della lealtà della gente verso di lui.
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NOTE
45 Qadi Abi Yali, Al-ahkam al-sultaniyyah, Maktab al-Alam al-Islami, seconda edizione, 1406, p. 20.
72) L’hadith Mursal è quello privo della catena di narratori o nel quale uno dei narratori non è affatto menzionato nella catena. L’hadith Mursal viene a sua volta diviso in differenti categorie (al-Marfu’, al-Mawquf e al-Maqtu), i cui dettagli si trovano nelle opere della Scienza degli hadith (‘ilm al-hadith) e nella Scienza dei narratori (‘ilm al-rijal).
73) L’hadith muazzaq è quello la cui catena di trasmissione è composta da almeno una persona che, sebbene affidabile, non è imamita duodecimano, come nel caso di as-Sukuni, che era sunnita.
74) Questo hadith è noto tra i giurisperiti sciiti come tawqi’ al-sharif (il nobile decreto siglato) ed è stato menzionato da grandi ed eminenti sapienti sciiti come Shaykh Saduq nel suo Ikmal al-Din. Questo ‘decreto siglato’ è la risposta dell’Imam Mahdi (aj) ad una lettera inviatagli da Ishaq ibn Ya’qub che conteneva diverse questioni, una delle quali era “Cosa dobbiamo fare per ciò che attiene alle questioni sociali (al-hawadith al-waqi’ah) durante il periodo dell’occultazione?” Nel rispondere l’Imam (aj) disse: “Nel caso delle questioni sociali, cercate la guida di coloro che narrano da noi, perché essi sono il mio argomento (hujjah) contro di voi e io sono l’argomento di Dio contro di loro.”
75) L’hadith sahih è quello su cui non vi è alcuna obiezione, né sul suo dalalah (senso espressivo), né sul suo sanad (catena di trasmissione). L’hadith sahih, dal punto di vista sciita, è a sua volta classificato in diverse categorie (A’la, Awsat e Adna) i cui dettagli si trovano nelle opere della Scienza degli hadith (‘ilm al-hadith) e nella Scienza dei narratori (‘ilm al-rijal).
76) Kitab al-Bay`, op. cit., pp. 467-486.
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