La Battaglia del Fossato (5 H./627 d.C.)
Conosciuta anche come battaglia di Khandaq (fossato, trincea) o battaglia di al-Ahzab (dei coalizzati). Questo evento dà il nome alla 33esima Sura del Sacro Corano, la Sura Al-Ahzab.
Questa fù la terza battaglia scatenata dagli arabi pagani contro il Santo Profeta (S), e fù anche l’ultima sotto il comando delle tribù di Mecca.
La tribù ebraica dei Banu Nadir, era stata allontanata da Medina perché non aveva rispettato i patti di fedeltà e collaborazione stipulati da tutte le tribù in presenza del Profeta (S).
Alcuni di loro cominciarono a percorrere l’Arabia in cerca di alleati, per potersi vendicare.
I Banu Nadir ed i loro alleati non volendo affrontare da soli i musulmani, mandarono dei delegati anche a Mecca per convincere i Quraish.
Dopo la battaglia di Uhud, i capi meccani comandati da Abu Sufyan erano decisi a sconfiggere definitivamente i musulmani, quindi organizzarono congiuntamente un potente esercito per marciare su Medina.
I meccani mobilitarono 4 mila combattenti, integrati da altri 6 mila provenienti dalle tribù dei Ghatafan, Saleem, Banu Nadir ed altre. Quindi 10 mila uomini marciarono verso Medina per conquistarla.
Il Profeta (S), appena sapute le loro intenzioni, radunò i suoi compagni per discutere un piano di difesa. Salman il persiano consigliò uno stratagemma fino ad allora inedito per gli arabi e disse: “Da noi, quando una città è assalita da un esercito numeroso e gli abitanti non hanno forze sufficienti per affrontare sul campo i nemici, si scava intorno alla città un fossato, per impedire l’accesso alla cavalleria”.
Il Messaggero (S) ordinò ai musulmani, che erano circa 3 mila, di cominciare subito i lavori di scavo e lavorando tutti assiduamente giorno e notte, in pochi giorni riuscirono nell’impresa.
Quando l’esercito dei miscredenti fece la sua comparsa davanti a Medina, gli abitanti rimasero costernati. Mai avevano visto un esercito arabo così numeroso e ben equipaggiato.
Quando i miscredenti videro il fossato rimasero perplessi: non avevano esperienza di nulla di simile.
Impossibilitati a varcarlo, cominciarono ad assediare la città. Rimasero per giorni alla porte della città senza riuscire a sferrare un attacco efficace, ed intanto le loro scorte di viveri acqua e foraggio diminuivano. Quando vennero loro in aiuto i Banu Quraidah, una tribù ebraica di Medina che si dichiarò loro alleata.
Questo tradimento sorprese e spaventò molti musulmani, che ora trovavano nemici su due fronti, dentro e fuori la città.
L’esercito politeista al contrario aveva alto il morale, certo dell’imminente vittoria. Medina era assediata ma dopo il tradimento dei Banu Quraidah si prospettava la possibilità di un attacco diretto ed un sostegno all’interno.
Anche se i Banu Quraidah per il momento si limitavano a fornire supporto strategico e logistico non fidandosi completamente dei coalizzati ed aspettando lo svolgimento degli eventi.
I musulmani nella paura
Tra i musulmani c’erano degli ipocriti che approfittarono della situazione per diffondere voci spaventose e questo accrebbe la paura di molti.
Il Sacro Corano ci narra della crisi psicologica che vivevano: “Quando vi assalirono dall’alto e dal basso, si offuscarono i vostri sguardi: avevate il cuore in gola e vi lasciavate andare ad ogni sorta di congettura a proposito di Allah. Furono messi alla prova i credenti e turbati da un urto violento. E (ricorda) quando gli ipocriti e coloro che hanno una malattia nel cuore dicevano: “Allah e il Suo Messaggero ci hanno fatto promesse per ingannarci!” (Sacro Corano 33:10-12)
Allah voleva mettere alla prova i credenti e distinguerli dagli ipocriti, il Sacro Corano dice: “Quando i credenti videro i coalizzati, dissero: “Ciò è quanto Allah e il Suo Messaggero ci avevano promesso: Allah e il Suo Messaggero hanno detto la verità”. E ciò non fece che accrescere la loro fede e la loro sottomissione.”
I credenti fiduciosi stavano giorno e notte sul bordo del fossato a difesa di Medina, mentre gli ipocriti e coloro i cui cuori erano deboli cercavano scuse per poter tornare nelle loro case: “E un gruppo di loro disse: “Gente di Yathrib! Non potete resistere, desistete”, cosicchè una parte di loro chiese al Profeta di poter andare via dicendo: “Le nostre case sono indifese”, mentre non lo erano; volevano solo fuggire. Se fosse stata fatta un incursione dai limiti esterni (della città) e se fosse stato chiesto loro di abiurare, lo avrebbero fatto senza indugio, anche se prima avevano stretto con Allah il patto di non voltare le spalle. Saranno interrogati a proposito del patto con Allah!” (Sacro Corano 33:13-14)
Il Profeta (S) aveva descritto in anticipo la situazione critica, la paura dei medinesi e l’inaspettata vittoria finale; molti increduli, dopo questi accadimenti, si convertirono riconoscendo la veridicità della profezia di Muhammad (S).
L’azione di Amr
Un valoroso combattente arabo della coalizione chiamato Amr ibn Abd Wood, insieme a Dhirar ibn Khattab, Akramah ibn Abu Jahl ed alcuni altri, riuscirono con una sortita ad aprirsi un varco nella difesa musulmana ed a passare il fossato. Subito si disposero a protezione del varco che avrebbe permesso il passaggio degli assedianti.
Uomini dalla fede incrollabile
Mentre molti erano dominati dalla paura e non riuscivano a reagire, altri furono irremovibili e determinati nonostante il pericolo.
La loro fede in Allah e nel Suo Messaggero (S) e la promessa di vittoria, li resero ancora più forti, pronti a sacrificarsi sulla strada della Fede.
Il Sacro Corano ci narra del morale dei vedi credenti:”Tra i credenti vi sono uomini che sono stati fedeli al patto che avevano stretto con Allah. Alcuni di loro hanno raggiunto il termine della vita, altri ancora attendono, ma il loro atteggiamento non cambia” (Sacro Corano 33:23)
Il Sacro Corano non ci informa sul numero di questi credenti, la cui fede era aumentata con l’aumento del pericolo, tuttavia la storia ci ha riportato il nome di uno di loro, grazie ai suoi alti meriti. Quest’uomo era ‘Ali ibn Abu Talib (A).
La risposta di ‘Ali (A)
Amr ibn Wood era conosciuto tra gli arabi per il suo valore e coraggio e lo dimostrò sfondando con pochi uomini le difese dei musulmani. Ora che avevano creato un varco, erano in procinto di attrezzare un passaggio che consentisse a migliaia di soldati di invadere Medina.
‘Ali (A), insieme ad altri compagni, reagì prontamente, dimostrando lucidità mentale e prontezza di reazione, e si scagliarono contro gli assalitori e riuscirono a contenerne l’azione.
Amr scese da cavallo e, come era costume degli arabi, lanciò la sfida per un duello, ma nessuno rispose, così ripetè l’invito ed ‘Ali (A), lasciati i compagni a difendere la posizione, gli andò incontro accettando la sfida. In quel momento il Profeta (S) disse questa storica frase: ”Tutta la fede si trova ad affrontare tutta la miscredenza”.
Amr rispose ad ‘Ali (A) con arroganza: “Perché figlio di mio fratello (Amr era stato amico di Abu Talib)? Non vorrei ucciderti”. ‘Ali (A) rispose: “Per Dio, mi piacerebbe ucciderti!”.
Lo scontro fù breve ma violento ed ‘Ali (A) uccise Amr. I suoi compagni scapparono e cercarono di saltare oltre il fossato, ma la maggior parte vennero uccisi.
‘Ali (A) esclamò: ”Allahu Akbar” (Dio è Grande) e con lui tutti i musulmani.
Importanza del contributo di ‘Ali (A)
‘Ali (A) diede un grosso contributo in questa battaglia, vitale per la sopravvivenza dell’Islam e dopo questo episodio fallirono i piani dei miscredenti che tolsero l’assedio.
Non sarebbe logico sostenere che collettivamente i musulmani non sarebbero stati in grado di uccidere Amr, ma quando questo propose un duello solo ‘Ali (A) si fece avanti.
Né sarebbe corretto affermare che la morte di Amr abbia annullato la potenza bellica del nemico.
Ma sottolineiamo due questioni importanti:
1) L’iniziativa di alcuni credenti guidati da ‘Ali (A) di affrontare prontamente gli invasori e respingerli, salvò sia Medina che tutto l’Islam da una sconfitta rovinosa.
2) La morte di Amr dimostrò all’esercito pagano che, se non era riuscito lui, il miglior combattente, ad aprire un varco nella difesa islamica, altri non sarebbero riusciti.
Con questo gli invasori avevano due alternative: il ritiro o il proseguimento dell’assedio.
Un lungo assedio non era nelle loro possibilità perché, convinti della loro forza, non avevano organizzato una spedizione di lungo termine, con sufficienti viveri, acqua e foraggio per cavalli e cammelli.
I Banu Quraidah non si decidevano ad esporsi ed agire direttamente, perché non si fidavano della determinazione dei coalizzati a proseguire in un lungo assedio.
Inoltre, una tempesta di sabbia stava rendendo difficile la loro permanenza all’aperto.
“O credenti, ricordatevi dei favori che Allah vi ha concesso, quando vi investirono gli armati. Contro di loro mandammo un uragano e schiere che non vedeste. Allah vede perfettamente quello che fate” (Sacro Corano 33:9)
Quindi fecero l’unica cosa possibile, si ritirarono.
Il Profeta (S) affermò a proposito dell’importanza dell’azione eroica di ‘Ali (A): “Il duello di ’Ali ibn Abu Talib contro Amr ibn Abd Wood nella battaglia del fossato, pesa quanto le buone azioni di tutta la mia comunità, fino al Giorno del Giudizio”.
Analisi dell’evento
In questa battaglia, gli elementi della difesa islamica furono gli stessi delle battaglie di Badr e Uhud: la saggia guida e fermezza del Messaggero (S), la determinazione dei credenti e l’eroismo di ‘Ali (A). Un quarto elemento si aggiunse e fù il ruolo strategico di Salman che suggerì lo scavo del fossato.
Il ruolo dell’esercito islamico fu minore che nelle altre due battaglie, ma l’organizzazione della difesa, la rapidità nel preparare il fossato, la guida del Santo Profeta (S) e l’eroismo di ‘Ali (A), diedero la vittoria ai musulmani.
Invece tra le tribù coalizzate mancava coesione, fiducia e coordinazione nell’azione, e pur se in numero altamente superiore dovettero desistere dall’assedio.
Dopo questa vittoria il Profeta (S) affermò: “Dopo oggi, noi possiamo invadere loro e loro non possono invadere noi”.
Traduzione ed elaborazione del testo a cura dell’Associazione Islamica Imam Mahdi (aj).
Fonte dei testi consultati:
“La vita del Profeta Muhammad”, Syyid Sa’eed Akhtar Rizvi (Irfan Edizioni, 2010)
“Vita di Maometto” Muhammad ibn Garir al-Tabari, versione italiana (ediz. Bur)