Il Tahrif, versetti abroganti e abrogati

IL TAHRIF, VERSETTI ABROGANTI E ABROGATI

 

La questione del tahrif, ossia dell’alterazione o possibilità di alterazione del testo coranico, è stata ampiamente discussa sia dagli studiosi musulmani sia dagli orientalisti. Linguisticamente la radice “ha-ra-fa” indica il limite o il confine di qualcosa. Nel passo 22:11 il termine harf viene utilizzato proprio in questo senso, biasimando coloro che professano la religione a parole ma mancano di vera fede. Zamakhshari eloquentemente spiega che il loro esempio è come quello di chi marcia nelle ultime file di un esercito: se vince prende parte allo spartirsi del bottino e se perde è il primo a fuggire.[1]

I versetti 4:46 e 5:13 presentano il termine in forma verbale, avente il significato di “alterare”. “Alterazione” in questa sede potrebbe indicare sia “alterazione del testo scritto” che “alterazione dei significati”. Più precisamente si possono introdurre vari tipi di alterazione che elenchiamo di seguito:

– Alterazione del significato di una parola o di una frase: ciò implica l’errata interpretazione di uno o più passi coranici.

– Alterazione nella sequenza dei passi o delle sure: vale a dire inserire un passo o una sura in una posizione differente dall’ordine in cui sono stati rivelati.

– Alterazione nella recitazione: poiché sin dai primi tempi dell’Islam si è assistito a vari stili di recitazione del Corano. Al giorno d’oggi la documentazione storica ne riporta sette più noti, tre addizionali meno diffusi ed altri quattro più rari per un totale di quattordici recitazioni.

– Alterazione nella pronuncia: poiché ogni clan e tribù aveva un proprio dialetto diverso da quello quraiscita.

– Alterazione delle singole parole: ossia il cambiamento di una parola, presumibilmente difficilmente pronunciabile per qualcuno, con un suo sinonimo.

– Alterazione attraverso parti aggiuntive: inerente all’aggiunta di frasi addizionali, spesso considerate però come interpretazioni dei versetti o chiarificatrici delle cause della rivelazione e quindi non parte integrante del testo coranico.

– Alterazione attraverso l’omissione di parti testuali: ciò implica la perdita di passi rilevanti del Corano di cui non si avrebbe più notizia.

Le controversie maggiori inerenti alla questione del tahrif si sono avute in relazione all’ultimo tipo menzionato. Alcuni studiosi hanno effettivamente pensato alla possibilità di questo tipo di tahrif mentre la quasi totalità dei sapienti e degli studiosi musulmani ha rigettato questa idea.

L’eresiografo egiziano Muhammad Abdul-Latif, noto come Ibn al-Khatib, pubblicò nel 1948 un’opera intitolata “al-Furqan” dove cerca di provare l’alterazione del Corano ritenendo che già prima del califfato di Uthman il testo coranico sarebbe stato manomesso. La natura controversa dell’opera in un contesto come quello egiziano ne causò subito la messa al bando. In maniera analoga lo Shaykh iraniano Muhammad Husayn Nuri Tabrisi (d. 1902) scrisse “Fasl al-Kitab fi Tahrif Kitab Rabb al-Arbab” riportando una serie di narrazioni sia da fonti sunnite che sciite che proverebbero l’alterazione del testo coranico.

 

Alcune narrazioni sul tahrif

Nel “Sahih” di Bukhari si parla di un passo coranico inerente alla lapidazione. Ciò nonostante che il testo coranico a disposizione non riporti niente di simile. La questione della lapidazione viene infatti discussa sulla base di alcune narrazioni ed in ambito giuridico ma non su prove coraniche. Secondo quanto riportato da Ibn Abbas nel Bukhari si evince però che Umar Ibn al-Khattab ritenesse che vi fosse un versetto inerente alla lapidazione che un tempo fu memorizzato e compreso.[2]

In un’altra narrazione sempre presente nel Bukhari, Umar ricorda di recitare dal Corano il seguente passo, che non troviamo però presente nel Libro: “O gente! Non dite di discendere da altri che i vostri padri, che è miscredenza ritenere di discendere da altri che il proprio padre”.[3]

Nel “Sahih” di Muslim si cita Abu Musa al-Ash’ari che parla di una sura da lui dimenticata lunga come la sura al-Tawba e di un’altra lunga come una delle Musabbihat. Si tratta comunque di un hadith qudsi che Abu Musa potrebbe aver confuso ritenendolo parte del Corano poiché lo stesso Muslim lo riporta come hadith qudsi nel medesimo capitolo.[4]

Muslim riporta anche una narrazione da Aisha secondo la quale il legame di parentela tra una balia e un neonato sarebbe stato di dieci poppate finché non venne rivelato l’essere di cinque poppate. Aisha poi afferma che il passo delle cinque poppate si trovava ancora nel Corano nel momento della dipartita del Profeta.[5]

Infine nell’opera “al-Kafi” c’è un capitolo in cui si dice che solo Ali e i suoi successori abbiano raccolto il Corano come è stato rivelato[6] ed in un altro capitolo si afferma che il Corano rivelato a Muhammad sia stato di 17.000 versetti.[7]

Gli studiosi musulmani hanno in genere scartato sempre l’idea che nel Corano vi fossero parti mancanti: a volte rifiutando l’autenticità di simili narrazioni ed a volte fornendone una più plausibile interpretazione.

 

Prove a favore dell’integrità del testo coranico

– L’evidenza storica: sin dagli inizi il Corano era accessibile sia ai fedeli che ai miscredenti. I passi venivano memorizzati dal Profeta e dai suoi compagni e poi venivano messi per iscritto dagli scribi. Il fatto che il Corano sfidi i miscredenti a produrre una sura o un versetto simile ad esso è prova dell’accessibilità anche da parte dei non-musulmani (al tempo sempre pronti a criticarne la portata) limitandone così il rischio di alterazione. Inoltre sin dai primi tempi il Corano venne studiato e analizzato in terra islamica da tutti i ricercatori nei vari campi: letterari, filosofi, storici, botanici, medici, si dedicarono tutti allo studio del Corano, nessuno dei quali ha mai parlato di sure mancanti.

– Il tawatur del Corano: il Corano è stato riportato attraverso numerose catene di trasmissione e non sarebbe logico pensare che tutti i trasmettitori, anche quelli che non si conoscevano o che erano in lite tra loro, si fossero messi d’accordo per apportare una versione unica del Corano.

– La parola coranica: molti studiosi musulmani, riponendo fede nel Corano, citano spesso il seguente versetto onde sostenere l’integrità del Corano: “Invero Noi abbiamo rivelato il Ricordo e Noi ne siamo i custodi” (15:9).

 

Versetti abroganti e versetti abrogati

E’ necessario a questo punto distinguere tra alterazione del Corano e abrogazione di alcuni versetti. Secondo molti studiosi infatti è possibile che il Corano abbia stabilito una determinata norma che poi sia stata abrogata in un secondo momento attraverso la rivelazione di un nuovo versetto. Ciò non implica alterazione o errore del testo coranico ma riguarda piuttosto uno sviluppo normativo dettato da circostanze contestuali. 

In ambito teologico è difficile, se non impossibile, concepire il fatto che Dio abbia rivelato una legge imperfetta che necessiti di cambiamenti. Ne consegue quindi che le abrogazioni non rappresentano in realtà un cambiamento nel volere di Dio bensì mirino a fornire un apprendimento graduale di certe questioni religiose all’essere umano.

L’opinione degli studiosi sui versetti abrogati nel Corano varia. Al-Suyuti nell’opera “al-Itqan” cita ventinove esempi di abrogazione nel Corano. Shah Wali Allah (d.1175 H.) però ne accetta cinque mentre Sayyid al-Khu’i soltanto uno.

L’opinione varia anche riguardo al passo 2:206 che molti studiosi hanno attribuito all’abrogazione (naskh) di un versetto o di una legge con un altro/altra. Secondi alcuni l’abrogazione non sarebbe limitata al Corano ma anche alle Scritture precedenti come nel caso della direzione della qiblah verso Gerusalemme che il Corano abroga con l’ingiunzione di pregare verso Mecca (2:144). Altri hanno ritenuto che il passo in questione, e in ispecie il termine “ayah”, invece faccia riferimento ai miracoli profetici e non ai versetti coranici.

Nell’analizzare il significato di “segno” riferito ad un passo coranico Allamah Tabatabai afferma: “Il passo coranico viene definito ‘segno’ che implica un’indicazione verso qualcosa altro. Una volta abrogato il passo rimane esistente ma perde la sua qualità di segno, non riferendosi più ad un comando che adesso è stato abrogato”.[8]

 

Le condizioni del naskh

– Il passo abrogato (mansukh) deve essere una legge rivelata, mentre non può trattarsi di un principio razionale, una verità morale o un evento storico. Comunque è necessario distinguere tra abrogazione e specificazione (takhsis) in quanto spesso i versetti sono varianti o eccezioni particolari di una regola generale già citata altrove.

– La situazione e i fattori del passo abrogante e di quello abrogato devono essere le medesime poiché è possibile che due diverse leggi siano rispettivamente appropriate in due diverse circostanze.

– Il passo abrogato non deve riguardare una legge in vigore soltanto per un periodo limitato di tempo altrimenti, nel caso suddetto, non si può parlare di abrogazione.

– I due passi in questione devono escludersi a vicenda, nel senso che non possono riguardare due leggi in vigore nello stesso momento.

– L’abrogazione è un argomento che riguarda il Corano e la Sunna e non riguarda leggi derivate dall’intelletto, inferenze mentali, consenso dei sapienti, eccetera. Di conseguenza non si parla di abrogazione dopo la dipartita del Profeta e la rivelazione del Corano.

 

Tipologie del naskh

– Abrogazione della recitazione e della regola (naskh al-tilawah wa al-hukm):

° Questo tipo di abrogazione riguarda un passo rivelato poi conseguentemente abrogato (cancellato) la cui legge è stata anch’essa abrogata. Un esempio di questo tipo di abrogazione accettato da alcuni sapienti è quello inerente la narrazione delle poppate riportata da Aisha.

– Abrogazione unicamente della recitazione (naskh al-tilawah):

° Questo tipo di abrogazione riguarda un passo rivelato che veniva un tempo recitato ma che poi è stato abrogato (cancellato) ma la cui regola è sempre rimasta in vigore. Secondo alcuni studiosi un esempio potrebbe essere quello inerente alla narrazione della lapidazione riportato da Umar Ibn al-Khattab.

– Abrogazione soltanto della regola (naskh al-hukm):

° Questo tipo di abrogazione riguarda una regola abrogata il cui passo inerente continua ad essere recitato e mantenuto nel testo coranico. A tal riguardo si hanno tre casi:

a) Il passo viene abrogato da una valida narrazione profetica come è stato detto da alcuni studiosi in riferimento al versetto 2:240 che parla di un anno di mantenimento per le vedove. Il passo coranico 4:12 stipula il diritto di eredità per le vedove e il passo 2:234 stipula il periodo di attesa (’idda) a quattro mesi; stando a diverse narrazioni il contenuto del primo passo venne abrogato.

b) Il passo viene abrogato da un altro passo che si riferisce alla stessa questione come nel caso del versetto 58:12 che viene poi abrogato dal versetto 58:13.

c) Il passo viene abrogato da un altro passo che non si riferisce alla stessa questione, come nel caso del passo 8:72, da cui si deduce una regola inerente l’eredità tra parenti che poi viene abrogata da una regola dedotta dal passo 33:6 che limita l’eredità tra i parenti più stretti.

Al-Shaf’i e Ahmad Ibn Hanbal non accettano in nessun caso la prima tipologia di abrogazione mentre Sayyid Khu’i dice che una narrazione mutawatir può in teoria abrogare un passo coranico anche se nella pratica non avviene. In riferimento al passo 2:240 al-Khu’i afferma che si riferisce ad una raccomandazione, non ad un ordine, evidenziando l’espressione “e se escono…”. Egli dunque non trova alcuna contraddizione tra il primo passo e gli altri due che presumibilmente l’avrebbero abrogato. Rifiuta inoltre anche l’idea secondo la quale nel Corano vi sarebbero abrogazioni tra i versetti, rifiutando dunque così la terza tipologia di abrogazione. L’unico caso sarebbe quello inerente ai passi 58:12 e 58:13 con lo scopo di provare la superiorità di Ali nei confronti degli altri compagni del Profeta [9].

 

NOTE

[1] Zamakhshari, al-Kashaf, vol, 2, p. 142.

[2] al-Bukhari, Sahih, vol. 8, hadith 816.

[3] al-Bukhari, Sahih, vol. 8, hadith 817.

[4] Muslim, Sahih, vol. 8, h. 2586.

[5] Muslim, Sahih, vol. 8, h. 3421.

[6] Kulayni, al-Kafi, vol. 1, p. 498.

[7] Kulayni, al-Kafi, vol. 2, p. 456.

[8] Tabatabai, al-Mizan, vol. 2, p. 260.

[9] Il primo versetto rivelato afferma che Dio abbia sancito l’obbligo di fare una donazione prima di incontrarsi con il Profeta. Al che solo Ali lo fece mentre gli altri compagni non richiesero più alcun incontro privato col Profeta. Al che venne rivelato il secondo versetto che esonera i credenti dall’obbligo di donare la sadaqa prima di incontrarsi privatamente col Profeta.

 

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Writer : shervin | 0 Comments | Category : Islam , Scienze coraniche