Il deposito tradizionale sciita:
LA “GNOSI” DELL’ISLAM
Di fatto il deposito tradizionale conservato dalla Shi’a come pure il suo ‘sapere’ sono quasi totalmente sconosciuti al di fuori dei confini naturali nei quali essa ha trovato naturale sviluppo. Le poche cose che si sanno di ciò in Occidente si basano fondamentalmente su quello che di essa hanno detto i suoi detrattori. Su tali fonti si basano generalmente anche i ricercatori accademici e perciò le ricerche condotte sinora nelle nostre università non hanno aiutato a chiarire le reali istanze che stanno alla base della contrapposizione fra “sciismo” e “sunnismo”. Un caso a parte è l’opera dello studioso francese Henry Corbin che per 20 anni è stato a stretto contatto con le genti fra le quali tale Tradizione è ancor viva.
Che la Shi’a sia, nella sua essenza, l’esoterismo dell’Islam è una constatazione che scaturisce dai testi stessi, in primo luogo dall’insegnamento degli Imam (AS).
Ecco ad esempio, l’interpretazione del versetto coranico 33:72:
“Noi proponemmo il deposito dei nostri segreti (al-amana) ai cieli, alla terra e ai monti: tutti rifiutarono di assumerselo, tutti tremarono al pensiero di riceverlo. Ma l’uomo accettò di incaricarsene; è un violento, un incosciente”
Il significato di questo versetto grandioso, che fonda, per il pensiero islamico, il tema “de dignitate hominis”, non suscita dubbi nei commentatori sciiti. Il versetto fa allusione ai segreti divini, all’esoterico della profezia che i santi Imam (AS) hanno trasmesso ai loro adepti. Questa esegesi può appellarsi a una esplicita dichiarazione del sesto Imam (AS), secondo la quale ciò che si intende in questo versetto è la walayat di cui l’Imam è fonte. E gli esegeti sciiti si applicano a dimostrare che in questo caso la violenza e l’incoscienza dell’uomo non vanno affatto a suo biasimo, ma a sua lode, poiché era necessario un atto di sublime follia per assumersi quel deposito divino.
L’uomo, simboleggiato in Adamo (AS), ha la forza di portare quel temibile fardello soltanto finché ignora l’esistenza di altro che Dio. Quando egli cede alla coscienza che esiste altro che Dio, tradisce il deposito: o lo respinge abbandonandolo a chi ne è indegno, o semplicemente ne nega l’esistenza. Nel secondo caso egli riduce tutto alla lettera apparente. Nel primo caso egli infrange la “disciplina dell’arcano” ordinata dagli Imam, conformemente alla prescrizione del versetto 4:61:
“Dio vi ordina di restituire i depositi ricevuti a coloro cui appartengono”
Ciò significa: Dio vi ordina di non trasmettere se non a colui che ne è degno, colui che è un “erede”, il deposito divino della gnosi. La nozione di una scienza che è eredità spirituale si trova qui già chiaramente delineata. Per questa ragione il quinto Imam, Mohammad Baqir (AS), dichiarava (e tutti gli Imam lo hanno ripetuto dopo di lui):
“La nostra causa è difficile, essa impone un duro sforzo, soltanto un angelo del più alto rango, un profeta inviato o un adepto fedele cui Dio abbia messo alla prova il cuore per fortificarne la fede, possono assumerselo”
Il sesto Imam Jafar as-Sadiq (AS) precisava ulteriormente:
“La nostra causa è un segreto (sirr) dentro un segreto, il segreto di qualcosa che rimane velato, un segreto che solo un altro segreto può spiegare: è un segreto su di un segreto che si appaga di un segreto”
O ancora:
“La nostra causa è la verità e la verità della verità; è l’essoterico, ed è l’esoterico dell’essoterico, ed è l’esoterico dell’esoterico. E’ il segreto di qualcosa che rimane velato, un segreto che si appaga di un segreto”
Alcuni versi del quarto Imam, ‘Ali Zaynu al-Abidin (AS), preannunciavano già la portata di queste dichiarazioni:
“Della mia conoscenza io celo le gemme – Per paura che un ignorante vedendo la verità ci schiacci… O Signore! Se io divulgassi una perla della mia gnosi – Mi direbbero: sei dunque un adoratore degli idoli? – E quanti musulmani troverebbero lecito che il mio sangue venisse versato – Essi trovano abominevole quanto di più bello si presenta loro”
Gli sciiti veri sono dunque coloro che si assumono i segreti degli Imam (AS). Tutti coloro che invece pretendono di limitare l’insegnamento degli Imam all’essoterico, a questioni di diritto e di rituale, mutilano ciò che è la vera essenza della Shi’a.
L’affermazione dell’esoterico non significa abolizione pura e semplice della shari’ah, della lettera e dell’essoterico (zahir); essa significa che, privata della realtà spirituale (haqiqat) e dell’esoterico (batin), la religione positiva è opacità e servitù; essa si riduce a un catalogo di dogmi o a un catechismo, invece di rimanere aperta allo schiudersi di significati nuovi e imprevedibili.
L’esoterismo si muove attorno ai due poli della shari’ah e della haqiqat, la religione della Legge, religione sociale, e la religione mistica, quella che si fa guidare dal Senso Spirituale della Rivelazione Coranica.
Molti ricercatori farebbero bene a chiedersi quindi come mai in tutti questi secoli siamo stati così lontani o forse meglio – siamo stati tenuti così lontani – dallo Spirito e dai Fondamenti dell’Islam, nella sua integrità. Una vera onestà intellettuale è indispensabile per comprendere ciò che è in gioco con la Shi’a e per accostarsi, senza pregiudizi, alle fonti originarie dell’Islam. La Shi’a non è certo una “setta eretica” come alcuni sedicenti “eruditi” affermano sulla base di informazioni infondate e pretestuose poiché essa conserva e manifesta il Deposito integrale dell'”Eredità della Conoscenza profetica” che i “veri credenti” (mu’minin) riconoscono.
L’Imam ‘Ali (AS) in un suo colloquio con Kumayl ha detto:
“O Kumayl Ibn Ziyad! I cuori sono dei vasi, i migliori sono quelli la cui capacità è più grande. Tieni a mente ciò che ti sto per dire. Gli uomini sono di tre categorie: vi è il saggio divino (alim rabbani); vi sono coloro che ricevendo il suo insegnamento, sono condotti alla liberazione; è vi è infine la massa della gente comune, che segue un qualsiasi agitatore e gira nel senso di non si sa quale vento, costoro non sono affatto rischiarati dalla conoscenza e non s’appoggiano certo su di un saldo pilastro.
O Kumayl! La conoscenza (la gnosi) val più di tutti i beni materiali; è essa che veglia su di te mentre vegli sui beni materiali. La ricchezza si riduce nel dispensarla mentre la conoscenza s’accresce nel prodigarla: la conoscenza è ‘ciò che giudica’, la ricchezza è ‘ciò che è giudicato’.
O Kumayl! Il tesoro dei beni materiali perisce mentre gli gnostici sono ‘viventi’ d’una vita che perdura nei secoli dei secoli. Le loro persone fisiche scompaiono, ma altri i cui ‘cuori’ sono simili ai loro ne prendono il posto.”
L’Imam a quel punto designando con un gesto della mano il suo proprio cuore, prosegue:
“Vi è qui una ‘gnosi’ sovrabbondante. Se solo trovassi degli uomini tanto forti da sopportarla! Certo, talvolta m’accade di incontrare qualche spirito sottile, ma non posso dargli la mia confidenza, poiché le cose religiose per lui sono un ‘mezzo’ ch’egli mette al servizio degli interessi di questo mondo: per lui i doni di Dio sono un pretesto per prevalere sui servitori di Dio, e le risorse del sapere un pretesto per avere il sopravvento sugli amici di Dio. M’accade talvolta d’incontrare qualche spirito docile fra i dottori ma che nel suo conformismo è totalmente sprovvisto di visione interiore e il dubbio penetra nel suo cuore alla prima difficoltà che gli si presenta. No! Né questo né quello son degni della mia confidenza e della mia gnosi. Altre volte incontro qualcuno che non è mai sazio del piacere e che si lascia condurre docilmente dai suoi appetiti carnali, oppure talaltro con la passione d’accumulare e tausarizzare. Né gli uni né gli altri possono essere in qualche modo dei pastori della religione: lungi da ciò. Quello che assomiglia maggiormente a loro è il bestiame al pascolo. Bisogna allora che in quest’epoca muoia la ‘conoscenza’ (la gnosi), poiché muoiono coloro che ne sono i supporti? Ebbene no! Mai la terra è sprovvista di uomini che rispondendo per Dio, s’assumono mantenimento della Sua testimonianza, che lo facciano allo scoperto e senza velo, o che lo facciano restando nascosti e totalmente sconosciuti. E’ grazie a loro che le testimonianze divine e la comprensione del loro senso proprio non vengono mai annientate. Quanti sono? Dove sono? Chiamo Dio a Testimone! Il loro numero è infimo, ma il loro rango è sublime. E’ per essi che Dio conserva le Sue testimonianze e Suoi segni in questo mondo, affinché essi li trasmettano ai loro ‘amici’ e ne affidino i semi ai cuori di coloro che si assomigliano. A costoro, la gnosi si mostra d’un subito, secondo tutta la verità della visione interiore. Essi mettono in opera la gioia della certezza. Essi trovano facile ciò che i ‘tiepidi’ trovano arduo. Essi hanno confidenza con ciò che sgomenta gli ignoranti. Essi sono in questo mondo in compagnia di corpi i cui spiriti rimangono sospesi nella dimora suprema.
O Kumayl! Quest’ultimi sono i califfi di Dio sulla Sua terra, coloro che chiamano alla Sua vera religione. Ah! Quale ardente desiderio avrei di vederli!”
Per questo l’Imam disse in un’altra occasione:
“Noi (gli Imam) siamo i Sapienti che impartiscono l’insegnamento. Il resto, ahimè, è la schiuma trascinata dal torrente”.
A cura di Islamshia.org © E’ autorizzata la riproduzione citando la fonte