Gli aspetti psicofisiologici della preghiera
Alexis Carrel*
La preghiera agisce sul corpo e sulla mente in un modo che sembra dipendere dalla sua qualità, dalla sua intensità e dalla sua frequenza. Mentre è facile stabilire la frequenza della preghiera e, in una certa misura, la sua intensità, la qualità, invece, resta sconosciuta, perché non abbiamo la possibilità di misurare la fede e la capacità di amore degli altri. Tuttavia, il modo di vivere di colui che prega può illuminarci sulla qualità delle invocazioni che egli rivolge a Dio. Persino quando la preghiera non è particolarmente sentita e si limita alla recitazione meccanica di un’orazione, ha comunque un effetto sul comportamento, fortificando, allo stesso tempo, il senso sacro e il senso morale. Nei luoghi presso i quali si prega si respira una certa persistenza del senso del dovere e della responsabilità, una minor gelosia e malvagità, un atteggiamento di bontà e generosità nei confronti del prossimo. A parità di sviluppo intellettuale, il carattere e lo spessore morale sono più elevati negli individui che pregano abitualmente – anche in modo distratto – rispetto a quelli che non lo fanno.
Quando la preghiera è un’abitudine veramente sentita, la sua influenza si fa evidente. Essa è in certo modo paragonabile a quella di una ghiandola a secrezione interna, come la tiroide o la ghiandola surrenale, tanto per fare un esempio. Si assiste, infatti, a una sorta di trasformazione mentale e fisica, che si compie progressivamente. Si può dire che nella profondità della coscienza si accende una fiamma: l’uomo riesce a vedersi così com’è, scopre il suo egoismo, la sua cupidigia, i suoi errori di giudizio, il suo orgoglio si piega all’adempimento del dovere morale e tenta di recuperare l’umiltà intellettuale. Così, dinanzi a lui, si apre il regno della Grazia…che gradualmente gli infine una pacificazione interiore, un’armonia delle attività morali e nervose, una maggiore resistenza alla povertà, alla calunnia, alle preoccupazioni, la capacità di sopportare, senza tormentarsi, la perdita delle persone care, il dolore, la malattia, la morte. Così il medico, quando vede un malato che inizia a pregare, può rallegrarsi. La calma generata dalla preghiera rappresenta un supporto terapeutico fondamentale.
Tuttavia, la preghiera non dev’essere paragonata a una sorta di droga. Poiché essa è determina, insieme alla tranquillità interiore, una sollecitazione delle attività mentali, una specie di fioritura della personalità. Talvolta, addirittura, l’eroismo. Essa imprime nei suoi fedeli un sigillo particolare: la purezza dello sguardo, il contegno, la virilità della condotta e – quando necessario – la serena accettazione della morte del soldato o del martire, rivelano la presenza di un tesoro nascosto nelle profondità dell’anima. Grazie a questa straordinaria e miracolosa influenza anche gli ignoranti, i deboli e i poco dotati riescono a utilizzare al meglio le loro forze intellettuali e morali. La preghiera riesce così a sollevare gli uomini rispetto alla loro statura mentale acquisita per eredità e per educazione. Il contatto con Dio, infatti, li riempie di pace: così la pace si irradia da loro e pace essi portano ovunque vadano. Purtroppo, nel mondo esistono solo pochissimi individui in grado di pregare veramente.
* Alexis Carrel (1873-1944), medico chirurgo, fisiologo e biologo francese. Laureato in scienze e medicina, i suoi lavori sulla sutura dei vasi sanguigni sezionati e la coltura a lunga scadenza di tessuti viventi trasportati fuori del loro ambiente nel 1912 gli valsero il Premio Nobel.
Tratto da: A. Carrel, “La preghiera”, Edizioni La Vela, 2020, pag. 45-47. Si ringrazia l’editore per la gentile concessione.
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