L’umiliazione di Israele sotto gli occhi di Imad Mughniyeh
Latifa Al-Husseiny
Non si è mai a corto di storie sulla Liberazione [del Sud del Libano]. È come una sorgente d’acqua fresca che da un’alta montagna si riversa verso terra. Vent’anni interi di Jihad da parte di Imad Mughniyeh e dei suoi compagni. Vi è stata la pianificazione, l’attuazione e poi il raggiungimento di una vittoria araba che era difficile solo nel dizionario dei deboli.
È il 18 maggio 2000. Inizia a palesarsi l’inizio del ritiro israeliano dal Libano meridionale. La Resistenza e i suoi mujahidin sono preparati e consapevoli di ciò che sta accadendo. La dirigenza militare e i suoi quadri si incontrano in un villaggio.
L’obiettivo è valutare costantemente la situazione per sviluppare ipotetici scenari in caso di un’importante ritirata del nemico. Hajj Imad è a capo della riunione. Insieme agli ufficiali della Resistenza sta fornendo delle considerazioni mentre esaminano gli ipotetici, potenziali piani, che i sionisti potrebbero adottare. Davanti ai presenti egli ripete la parola d’ordine: il nemico israeliano deve andarsene umiliato e sotto tiro.
A tal fine si svolgono numerosi incontri con il comando delle operazioni militari e delle forze di mobilitazione. Vari gruppi di fuoco, tra cui l’artiglieria, sono di stanza nella zona meridionale. La ricognizione dei movimenti e dei soldati del nemico viene una settimana prima della liberazione del sud, soprattutto alla luce delle evacuazioni che stanno avvenendo lungo alcune postazioni. Tutto sotto la supervisione personale di Hajj Imad.
La ritirata del nemico prosegue. Qantara, Al-Qoussair, Deir Siriane e Tayibe vengono liberati dall’occupazione sotto gli attacchi dei mujahidin.
La dirigenza della Resistenza elabora piani alternativi su come colpire l’esercito collaborazionista di Lahad in quel momento, dispiegando proprie forze nei villaggi del confine meridionale per prevenire qualsiasi problema durante la fuga israeliana.
Alcune forze Lahad si arrendono ad Adaisseh, mentre altre fuggono sotto il fuoco della Resistenza. Bint Jbeil e le città di quel distretto vengono liberate. La liberazione rimbomba da Tayibe a Hula a Beit Yahoun fino al crollo della mini-cintura di sicurezza, allestita dall’allora ministro della Guerra sionista Ehud Barak per proteggere gli insediamenti settentrionali.
Un capo della Resistenza Islamica racconta ad “al-Ahed” di quei giorni: “Siamo rimasti nel sud osservando da vicino come gli israeliani fuggivano. Hajj Imad ha gestito le missioni militari e distribuito i compiti. Quando sono iniziate le operazioni, era lui al timone. È andato al confine palestinese senza scorta”.
Il 23 e il 24 maggio i soldati israeliani proseguono nel loro ritiro. Da Ainatha a Kfar Tibnit al centro di detenzione di Khiam, i sionisti si ritirano sconfitti. Hajj Imad attende, mentre gli uomini della Resistenza prendono posizione e li bersagliano.
L’ultimo giorno della cacciata degli occupanti la battaglia si conclude alla Porta di Fatima, al confine. L’ultimo soldato israeliano fugge da lì. E’ un momento storico.
Mentre Benny Gantz, il comandante della cosiddetta Unità di collegamento col Libano dell’esercito israeliano, chiude il cancello e mette la chiave sotto una delle rocce, Hajj Imad è a pochi metri di distanza e osserva come gli israeliani vengono umiliati.
Si trova di fronte alla Porta di Fatima, mentre la Resistenza si schiera e protegge tutti i villaggi. Inalando il respiro della libertà e il profumo della Palestina non gli importa delle persone che da anni lo cercano e inseguono. Quelle persone ora fuggono distrutte, cercando un rifugio per nascondere i loro fallimenti e arrendersi. Hajj Imad sfida tutti loro per dare un’occhiata alla Galilea e oltre. Ha compiuto il primo passo dell’inevitabile liberazione.
Sei anni dopo la liberazione del sud del 2000 scoppia la Guerra di Luglio. Hajj Imad guida i 33 giorni di scontri con il nemico sionista. È un’altra vittoria divina sulla strada per la Palestina. Irritato dalla sconfitta, Israele decide di vendicarsi, e a tal fine utilizza i suoi strumenti e agenti. L’incontro è in Siria.
Lontano dal trambusto del mondo, un gruppo di capi dell’Asse della Resistenza si è riunito in uno dei centri del movimento nella zona di Kafr Souseh a Damasco.
La sera del 12 febbraio 2008 un gruppo di responsabili delle Guardie della Rivoluzione Islamica, guidato dal Comandante della Forza Quds Hajj Qassem Soleimani, incontra i capi della Resistenza Islamica libanese, guidati da Hajj Imad Mughniyeh.
Il vertice militare dura circa un’ora. Uno dei responsabili che partecipa alla riunione spiegherà poi che il motivo principale dell’incontro era quello di condurre una valutazione sulla situazione generale dei gruppi della Resistenza. Il rapporto speciale tra Hajj Imad e Hajj Qassem è tuttavia quello che dà il tono all’incontro.
Ci sono risate e sorrisi, come se ci fosse la percezione che si tratterà di un addio. Hajj Qassem dice al nostro interlocutore: “Eseguo quello che dice Hajj Imad. Sono un soldato di Hajj Imad Mughniyeh“. Quando quest’ultimo ode quella frase si affretta a dire: “No, siamo fratelli“.
L’incontro è terminato ed è ora di partire. Hajj Qassem Soleimani si trova nell’ascensore e abbraccia Hajj Imad con grande affetto. Quel momento rimarrà impresso nella memoria delle persone presenti. E’ la prova che il rapporto tra i due uomini supera perfino la causa comune. E’ un legame di spirito e sacrificio, simile a quello tra l’Imam Hussayn e al-Abbas. Condividono la volontà di riscatto, il peso della responsabilità e una visione e condotta guerriera (jihadi).
Cinque minuti dopo anche Hajj Imad se ne va, per svolgere un’importante missione. Quando arriva alla sua macchina raggiunge il martirio.
Hajj Qassem non conosce la destinazione di Hajj Imad. Sente solo una forte esplosione e viene informato della notizia. Torna indietro, per trovare il suo compagno ucciso.
È una dolorosa separazione. Dodici anni dopo è però lo spirito di Hajj Qassem a unirsi al regno supremo, in modo simile. Il sangue di entrambi i martiri è versato sulla strada per la Palestina, per la causa di Al-Quds (Gerusalemme).
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