Perché l’UE non può pronunciare la parola apartheid?
Ali Abunimah – 29 aprile 2021
All’inizio di questa settimana Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto fondamentale in cui concludeva che Israele commette i crimini di apartheid e persecuzione [1] contro il popolo palestinese.
Israele ha “perseguito l’intento di mantenere il dominio degli ebrei israeliani sui palestinesi in tutto il territorio che controlla”, afferma il gruppo.
Il crimine di apartheid [2] è uno dei crimini contro l’umanità enumerati [3] nello Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Corte Penale Internazionale, che lo colloca nella stessa categoria della schiavitù e dello sterminio.
Con il suo rapporto, Human Rights Watch si unisce alle crescenti richieste di un approccio basato sui diritti e sulla responsabilità, piuttosto che sul “processo di pace” morto da tempo che per decenni ha fornito un alibi per l’inerzia internazionale mentre Israele rafforza la sua presa coloniale sul popolo palestinese e sulla sua terra.
Ma se qualcuno pensa che questo cambiamento di paradigma – anche da parte di un’organizzazione così ‘mainstream’ come Human Rights Watch – intaccherà l’impegno fondamentale dell’Unione Europea a mantenere lo status quo brutalmente ingiusto in Palestina, rimarrà profondamente deluso.
Ho scritto al portavoce della politica estera dell’UE Peter Stano per chiedere la reazione dell’Unione al rapporto di Human Rights Watch.
Ho notato che sono passati mesi da quando anche B’Tselem – un gruppo israeliano per i diritti umani finanziato dall’Unione europea [4] – ha finalmente raggiunto la conclusione che Israele è colpevole di apartheid. [5]
La risposta di Stano è arrivata in 160 parole, e nessuna di esse contiene il termine “apartheid”.
“Stiamo prestando la dovuta attenzione al rapporto di Human Rights Watch”, ha affermato Stano.
Poi è seguita una lunga recitazione sul presunto impegno dell’UE per i diritti umani, il diritto internazionale e per “una soluzione negoziata dei due Stati”.
Alla ricerca di questo miraggio sempre più sfuggente, Stano ha concluso che “l’UE si impegnerà a tal fine con Israele, con i palestinesi e con i nostri partner internazionali e regionali”.
Ciò suona sospettosamente come l'”impegno costruttivo” [6] che il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e il primo ministro britannico Margaret Thatcher [7] sostenevano negli anni ’80 nel tentativo di evitare pressioni e sanzioni internazionali contro il regime di apartheid di supremazia bianca del Sud Africa.
Come esercizio per usare un torrente di parole per non dire sostanzialmente assolutamente nulla, l’affermazione di Stano renderebbe Sir Humphrey Appleby – l’ offuscante funzionario civile [8] della classica serie comica britannica Yes Minister e Yes Prime Minister – orgoglioso.
Sfortunatamente questa non è tuttavia una commedia, e l’ostinato rifiuto dell’Unione Europea di ritenere Israele responsabile ai palestinesi costa la vita.
Ho girato la risposta di Stano a Omar Shakir, il principale autore del rapporto di Human Rights Watch [9] e direttore del gruppo per Israele e Palestina.
“Non vediamo l’ora di impegnarci con l’UE e i suoi Stati membri sui nostri risultati e raccomandazioni”, ha scritto Shakir in modo piuttosto diplomatico, osservando che l’UE ha “ripetutamente promesso il suo impegno nei confronti della giurisprudenza dei diritti umani e dei suoi meccanismi”.
“Siamo quindi fermamente convinti che l’UE dovrebbe, come punto di partenza, riconoscere la realtà dell’apartheid e della persecuzione sul campo, e adottare le raccomandazioni delineate nel nostro rapporto”, ha aggiunto Shakir.
Eppure, nonostante il crescente riconoscimento che Israele è un regime di apartheid, l’UE sta facendo l’equivalente diplomatico del mettersi le dita nelle orecchie, chiudere gli occhi e mormorare il più forte possibile per evitare di vedere e sentire [10] ciò che accade intorno a sé.
Giovedì scorso, l’UE ha annunciato [11] la nomina di un nuovo “rappresentante speciale per il processo di pace in Medio Oriente” incaricato di “fornire un contributo attivo alla soluzione finale del conflitto israelo-palestinese basata sulla soluzione dei due Stati“.
Sven Koopmans, un diplomatico olandese, sostituirà la connazionale Susanna Terstal che nello stesso ruolo ha tenuto riunioni segrete [12] con gruppi di lobby israeliane, facendo pubblicamente da eco alle posizioni anti-palestinesi, senza ottenere nulla per la “pace”.
Nonostante la sua implacabile propaganda su quanto ami i diritti umani, l’UE è – insieme agli Stati Uniti – il più grande promotore dell’apartheid israeliano, e quindi un nemico della libertà, della giustizia e dell’equità per i palestinesi.
NOTE
[3] Cfr. https://www.icc-cpi.int/NR/rdonlyres/EA9AEFF7-5752-4F84-BE94-0A655EB30E16/0/Rome_Statute_English.pdf
[4] Cfr. https://www.btselem.org/about_btselem/donors
[7] Cfr. https://www.pri.org/stories/2013-04-08/margaret-thatcher-few-tears-shed-south-africa
[8] Cfr. https://www.youtube.com/watch?v=k_Ozj0m3FAo
[12] Cfr. https://electronicintifada.net/blogs/david-cronin/eu-peace-envoy-has-secret-chats-israel-lobby
Tratto da: https://electronicintifada.net/blogs/ali-abunimah/why-cant-eu-say-word-apartheid
Traduzione a cura di Islamshia.org © È autorizzata la riproduzione citando la fonte