Un Imam sta ancora chiamando…
Arsalan Rizvi
Con la faccia coperta da una maschera, il cavaliere cavalcava trionfante per le vie di Kufa dove echeggiavano le grida di giubilo: “Allahu Akbar” e “Ya Husayn!”. Mentre l’uomo si avvicinava al palazzo del governatore, sembrava che tutta la città fosse uscita in segno di amore e sostegno. Dopo averlo chiamato tante volte, finalmente l’Imam era insorto. Ognuno di loro sembrava pronto a giurargli fedeltà, ad unirsi alla lotta del proprio Imam contro il tiranno Yazid, a sacrificare la propria vita in difesa dell’Imam. In mezzo a questo eccitamento, improvvisamente l’uomo si tolse la maschera dal viso: un silenzio assordante scese sulla folla. Osservando ciascuno di loro con un sorriso crudele e ingannevole non c’era il loro Imam, bensì il governatore infame di Basra, Ubaydullah ibn Ziyad.
Allarmato dal crescente sostegno per Muslim ibn Aqil a Kufa, Yazid aveva nominato il governatore di Basra, Ibn Ziyad, come nuovo governatore di Kufa. Ibn Ziyad giunse a Kufa con un esiguo seguito di soldati e il viso coperto. Dopo aver orgogliosamente proclamato la loro fedeltà all’Imam Husayn (as) tramite Muslim, la gente di Kufa si radunò nelle strade al colmo della gioia pensando che l’Imam avesse finalmente risposto al loro invito. Tuttavia quando Ibn Ziyad si tolse il velo dal viso, restarono scioccati nello scoprire che avevano scambiato il governatore di Yazid per l’Imam del loro tempo.
Con l’inizio di un governo basato sul terrore a Kufa, l’appoggio a Muslim ibn Aqil iniziò a diminuire. La strategia di Ibn Ziyad era semplice ma efficace: una borsa d’oro in una mano e una spada nell’altra. Coloro che non potevano essere minacciati con la morte, venivano comprati con alcune monete d’oro e d’argento. Una settimana dopo, il rappresentante designato dell’Imam, che una volta guidava la Preghiera di decine di migliaia di persone nella moschea di Kufa, si nascondeva ora nei vicoli e nelle case abbandonate.
Alcuni potrebbero rifiutare il paragone tra noi stessi e la gente incostante e traditrice di Kufa. Tuttavia, siamo davvero così diversi? Come il popolo di Kufa invitiamo il nostro Imam (aj) a tornare e iniziare il suo jihad. Come la gente di Kufa pensiamo di essere pronti a sopportare dolore e sacrifici. Come la gente di Kufa, pensiamo di essere disposti ad andare oltre la banale routine e il semplice rituale della Preghiera e del digiuno per attuare la giustizia politica e sociale nel mondo.
Ci dimentichiamo però di chiederci: potremmo anche noi ripetere gli errori commessi dagli abitanti di Kufa? La gente di Kufa non era di per sé cattiva o malvagia. Il loro errore principale fu piuttosto quello di invitare il loro Imam ad insorgere senza essere mentalmente e spiritualmente preparati. Perciò dovettero affrontare un governatore come Ibn Ziyad: metà di loro si sottomise alla sua spada e l’altra metà alle sue borse di oro e d’argento. All’improvviso non era più così importante instaurare la giustizia sociale e combattere l’oppressione. Improvvisamente, restituire i diritti ai figli di Fatima (as) non sembrava più così vitale. All’improvviso il rituale della Preghiera e del digiuno sembravano più che sufficienti per guadagnarsi la salvezza eterna. Improvvisamente, la spada di Ibn Ziyad appariva troppo affilata e le borse d’argento troppo allettanti.
Chiediamo a noi stessi: siamo spiritualmente e mentalmente pronti ad unirci al jihad del nostro Imam (aj)? Siamo dotati della corretta conoscenza per quanto riguarda il credo, la giurisprudenza, la storia e l’etica? Siamo disposti a sacrificare noi stessi, le nostre famiglie, le nostre ricchezze e le nostre vite tranquille e confortevoli per amor suo? Siamo disposti a sottometterci pacificamente ad ogni suo singolo ordine? Inoltre, stiamo giurando la nostra fedeltà e appoggiando i suoi rappresentati, i marjà? Siamo disposti a fronteggiare le ferite da spada e la tentazione dell’oro e dell’argento? Siamo in grado di distinguere il nostro vero Imam (aj) dagli impostori mascherati che scambiamo per i nostri salvatori? Siamo davvero disposti e capaci di andare oltre i riti superficiali?
La gente di Kufa lo pensava, ma la storia ha dimostrato altrimenti. Mentre il regno del terrore investiva Kufa, la passione e la spinta volte alla giustizia sociale furono sostituite da un’apatia facilmente appagata da rituali vuoti. Il 9 di Dhil hajjah, 60 dell’Egira, Muslim ib Aqil, il rappresentante dell’Imam a Kufa, fu arrestato, trascinato per le vie, torturato e decapitato. Il suo corpo fu appeso nel bazar di Kufa affinché tutti lo potessero vedere. Il giorno successivo gli abitanti di Kufa accorsero allegramente ad offrire la loro Preghiera dell’Id, concedendo solo pochi sguardi pietosi al cadavere.
Un mese dopo, mentre nella piana di Karbalà si sentiva l’ultimo grido di aiuto dell’Imam Husayn (as), metà degli abitanti di Kufa si occupava tranquillamente delle proprie Preghiere e digiuni, mentre l’altra metà rispondeva alla sua chiamata con frecce, pietre e lance.
Ogni giorno è Ashurà, ogni luogo è Karbalà. Mille e quattrocento anni dopo un Imam (aj) sta ancora chiamando i suoi fedeli seguaci…
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