Col Nome di Dio Clemente e Misericordioso
Quello che segue è l’intervento del Hojjatulislam Seyyed Ebrahimian (direttore del Centro Islamico di Vienna e rappresentante dell’Ayatollah Khamenei in questo paese) in occasione della celebrazione di ‘Ashura realizzata presso il Centro Islamico dell’Associazione Islamica “Imam Mahdi” (aj) a Roma nei giorni 26-27 febbraio 2005.
Una delle questioni più importanti ed ispiratrici dell’episodio di Karbala è conoscere e comprendere lo scopo dell’insurrezione dell’Imam Husayn (A).
Uno degli scopi dell’Imam Husayn (A) fu di rivelare il volto ripugnante di Yazid e di non riconoscerlo quale Califfo della Comunità Islamica.
Yazid era un giovane incurante, libertino, corrotto, lussurioso e sempre ubriaco. Egli diverse volte esternò la sua miscredenza riguardo alla religione e alla Sharia. E in forma di poesia diceva:
“Bani Hashem si è preso gioco del governo e in realtà non c’è stata nessuna rivelazione o profezia di Mohammad”.
Egli era un bevitore di vino e diceva:
“Se nella religione di Ahmad (Mohammad) è vietato bere vino, io lo bevo secondo la religione di Gesù”.
Yazid da parte di madre apparteneva alla tribù Bani Kalb. Prima di convertirsi all’Islam, essi erano cristiani (altre fonti dicono giudei, N.d.R.). Yazid fu allevato fino alla giovane età in questa tribù. Alcuni dei suoi maestri erano quindi cristiani. Yazid, come suo padre Moawiyah, era insolente e infedele. Ma la differenza tra loro era che Moawiyah conservava e rispettava le apparenze islamiche, mentre Yazid, per la sua impertinenza e voluttosità violava pubblicamente persino le regole fondamentali dell’Islam e dimostrava apertamente la sua inclinazione alla corruzione e al peccato, e al momento di bere vino diceva:
“O miei compagni del vino, venite ad ascoltare le canzoni dei musicanti dalla bella voce, bevete il vino, lasciate perdere le discussioni scientifiche, le canzoni e la musica mi evitano di sentire la voce dell’Adhan (la chiamata per la Preghiera)”. (1)
Durante il califfato di Yazid, si diffuse la corruzione e la dissolutezza non solo alla sua corte ma anche in città sante quali la Mecca e Medina. (2)
Egli alla fine morì e fu mandato all’inferno a causa della sua sregolatezza nel bere.
Dopo la morte di Moawiah e la presa del potere da parte di Yazid, questo inviò una lettera a Walid ibn ‘Ubteh, governatore di Medina, dicendogli di esigere la sottomissione (cioè il giuramento di fedeltà) di tre persone, ossia: Husayn ibn ‘Ali (A), ‘Abdollah ibn Omar e ‘Abdollah ibn Zobair.
Egli scrisse: “Essi non giurarono fedeltà a me quando mio padre era in vita. E se non accettano, trattali duramente”.
L’Imam Husayn (A) rifiutò di sottomettersi a Yazid, a motivo della sua dissolutezza e propensione al peccato, e disse:
“O amir (cioè Walid ibn ‘Utbeh) noi siamo la Famiglia dell’Inviato di Dio e la Fonte della Profezia. La nostra Casa è frequentata dagli angeli ed è il luogo di discesa della Misericordia. Yazid è uno che beve vino, un assassino, che mostra pubblicamente la propria dissolutezza. Uno come me non si sottomette ad uno come Yazid.” (3)
L’Imam Husayn (A) nei primi giorni dell’ascesa di Yazid al potere, a Marwan ibn Hakam che gli aveva proposto di giurare fedeltà a Yazid, rispose:
“In verità noi apparteniamo a Dio e a Lui ritorneremo. Con l’ascesa di uno come Yazid al potere, la fine dell’Islam ormai è segnata”.
L’Imam Husayn (A) in risposta all’invito della gente di Kufa (di andare in quella città) disse: “Imam, Guida e Capo della Comunità dei musulmani è colui che pratica il Libro di Dio, che segue la via della giustizia e della Verità e obbedisce con ferma convinzione alla Parola di Dio. (4)
L’Imam Husayn (A) durante il viaggio verso l’Iraq, in una località di nome Baize, rivolto ai soldati che si trovavano sotto il comando di Hurr, riferisce un hadith dell’Inviato di Dio (S) e dice:
“O gente, ogni musulmano che incontra un regnante oppressore che considera lecite le proibizioni di Dio, viola il patto di Dio, calpesta la tradizione, le leggi e le norme emanate dal Profeta di Dio (S), segue la via del peccato e crea inimicizia e ostilità tra i fedeli; se questo musulmano non si oppone a un tale regnante, con le parole e i fatti, Dio lo dovrà punire per non essersi opposto all’oppressione e all’ingiustizia.” (5)
“O gente, sappiate che loro (cioè gli Ommayadi) hanno lasciato l’obbedienza a Dio, hanno reso necessaria a loro stessi l’obbedienza a Satana, hanno diffuso la corruzione, hanno cessato il rispetto delle Leggi di Dio, si considerano possessori esclusivi del bottino, e io a motivo della mia vicinanza al Profeta di Dio, sono più meritevole e degno di essere capo e guida della Comunità”.
L’Imam Husayn (A), prima di partire da Medina, lasciando il testamento a suo fratello Mohammad ibn Hanaffiyah, disse: “Yazid ha cancellato la tradizione del Profeta (S) e ha commesso eresia. E io con l’intento di riformare la comunità di mio nonno, parto per Kufa. Il mio movimento e la mia insurrezione non derivano da egoismo, avventatezza o arroganza.” (6)
L’Imam Husayn (A) era ben consapevole della difficoltà e della durezza dell’impresa, e sapeva quale risultato lo attendeva, ossia il martirio dei suoi compagni e la prigionia dei suoi figli. Egli diceva: “Mio nonno, il Messaggero di Dio, mi ha ordinato di partire per l’Iraq e mi ha informato del mio martirio e della prigionia dei miei figli. Il Profeta di Dio (S) mi disse: “O figlio mio vai, parti per l’Iraq, in verità Dio vuole vederti martire e i tuoi figli prigionieri”. (7)
Quando ‘Umm Salamah, la moglie del Profeta di Dio (S), cercò di proibire all’Imam Husayn (A) di andare a Karbala, ricordando il pericolo del viaggio, l’Imam Husayn (A) rispose: “O madre, so che sarò ucciso e decapitato ingiustamente e per inimicizia”.
L’Imam Husayn (A), pur conoscendo il rischio e le difficoltà, ha dato vita al suo movimento ed era fermamente convinto della sua scelta, dicendo: “Anche se non ci fosse sicurezza e rifugio per me in nessuna parte del mondo, mai mi sottometterò a Yazid”. (8)
E in un’altra parte diceva: “Giuro su Dio, mai stringerò le loro mani abiettamente e mai scapperò da loro come uno schiavo.”
E diceva ancora: “Accetto la morte e il martirio perchè il martirio sulla via di Dio è un onore e mai accetterò la bassezza (e abiezione) e mai riconoscerò il regno corrotto di Yazid”.
“Io considero felicità la morte sulla via di Dio e considero perimento la vita insieme agli oppressori”.
“La morte è meglio della vergogna, e la vergogna è meglio che entrare all’inferno”.
“Questo tizio figlio di Caio mi ha messo di fronte ad un bivio: tra la morte e la viltà. E la viltà è ben lontana da noi!”.
E in una frase, rivolto alle spade e alle frecce, disse: “O spade, o frecce, se la religione di mio nonno, il Profeta di Dio (S), non si consolida se non con la mia uccisione, allora prendetemi e versate il mio sangue.”
[1] – Tadhkirat-ul-khawas di Ibni Jowzi. Pag. 297
[2] – Morawwij-az-Zhahab V. 3 Pag. 61
[3] – Bihar-ul-anwar V. 44 Pag. 324
[4] – Ershad di Sheykh al-Mufid Pag. 204
[5] – Bihar-ul-anwar V. 44 Pag. 381
[6] – Bihar-ul-anwar V. 44 Pag. 328
[7] – Bihar-ul-anwar V. 44 Pag. 364
[8] – Bihar-ul-anwar V. 44 Pag. 328