Le ragioni del Jihad Islamico*
Seyyed Mousavi Lari
Lo scopo dell’Islam, nel quadro della sua battaglia e del complessivo movimento contro il politeismo, non era né la conquista né l’espansionismo né il colonialismo né lo sfruttamento delle altrui risorse economiche. In questo ambito, l’Islam differisce da tutte le altre dottrine. Ciò che esso persegue, è ciò che esiste di più umano e di più elevato.
Fin dalla sua apparizione, l’Islam ha minacciato, grazie al suo spirito costruttivo e al suo vivace sviluppo, i privilegi degli oligarchi, dei prepotenti e degli oppressori. Le forze nemiche si sono dunque mobilitate al fine di impedire che la nuova dottrina, ovvero la religione islamica, potesse espandersi. Esse hanno impegnato tutti i loro mezzi e le loro forze materiali contro l’Islam. Coloro che avevano aderito alla verità affermata da questa dottrina o che si erano convertiti, furono anche torturati in maniera abominevole.
I Quraysh interruppero le loro relazioni con i discepoli del Profeta (S). Questi ultimi si erano rifugiati per tre anni sulle montagne della Mecca, sopportando ogni sorta di difficoltà e mancando persino del minimo necessario alla sopravvivenza.
Il Profeta (S) dell’Islam si stabilirà a Medina e formerà, contro i politeisti, una potente comunità, ma questi ultimi non cesseranno di minacciare i musulmani. Di fronte a questa situazione, i musulmani riceveranno l’ordine di difendersi.
La maggior parte delle guerre condotte dal sommo Profeta (S) erano difensive, così come le spedizioni inviate per reprimere e disperdere le coalizioni militari che cercavano di attaccare Medina, con l’obiettivo di soffocare il movimento anti-islamico ancor prima che nascesse. I versetti che seguono, costituiscono il primo fondamento legittimante del Jihad, il quale non è altro che la risposta alle aggressioni dei nemici e degli oppressori.
“Ogni autorizzazione è data a coloro che sono aggrediti, poiché, in verità, essi sono lesi e Dio è capace di soccorrerli, nonché a coloro che sono stati cacciati ingiustamente dalle loro case solo perché dicevano: ‘Dio è il nostro Signore’” (Sacro Corano, 22; 39-40).
“E combattete nel sentiero di Dio contro quelli che vi aggrediscono e non trasgredite. In verità, Dio non ama i trasgressori!” (Sacro Corano, 2:190).
Poiché l’Islam è una dottrina universale che deve portare il bene a tutti gli uomini, non può limitarsi alle frontiere geografiche di una regione. Esso deve salvare l’umanità dalle grinfie del politeismo e della degradazione dello spirito, nonché far pervenire il suo messaggio alle masse di diseredati del mondo intero.
All’inizio, una dottrina che voglia rovesciare i vecchi sistemi, le vecchie ideologie, per sostituirvi un nuovo ordine, deve combattere per il suo ideale. Ma la forza della penna non basta. Uno sguardo alla rivoluzione francese, indiana e russa o alla guerra d’indipendenza statunitense (1775-1782), ci permette di verificare che questi movimenti hanno nuotato tutti nel sangue.
L’Islam mira a rovesciare i cattivi costumi e le ideologie corrotte, nonché all’abolizione degli ingiusti privilegi. Per questo, ha dovuto fronteggiare l’ostilità di gruppi che vedevano minacciati i loro interessi.
A tale riguardo, il Profeta (S) dell’Islam afferma:
“A volte, il bene deve essere affermato con la forza della spada. Non sono pochi coloro che possono essere sottomessi alla Verità soltanto con la forza” (1)
Se le forze nemiche e le loro formazioni militari ostacolano l’affermazione della religione divina, impedendo la diffusione della Verità, esiste un’altra soluzione se non il ricorso alla forza? In queste condizioni, in cui le libertà e le scelte erano impedite alle genti, fu ordinato al santo Profeta (S) di ricorrere alla forza e di dichiarare la guerra. L’Islam, dunque, intraprenderà il combattimento armato per schiacciare gli oppressori.
La guerra intrapresa dall’Islam per la salvezza dell’umanità nel senso proprio del termine, ovvero per la liberazione della ragione dal giogo delle superstizioni, è un combattimento lontano da ogni passione, da ogni oppressione e da ogni condizionamento materiale, nonché condotto contro i malfattori che seminano la corruzione e il sudiciume sulla terra. L’Islam vuole il bene di tutti e cerca di cancellare tutto ciò che minaccia il bene comune.
Allorché, alla Mecca, i musulmani furono torturati per la loro adesione all’Islam, essi ricevettero l’ordine, in conformità della divina volontà, di ricorrere alle armi e di annientare ogni fattore di schiavitù e di colonialismo:
“Come potreste rifiutarvi di combattere nel sentiero di Dio allorché i deboli, siano essi uomini, donne o bambini, dicono: ‘Signore! Liberaci dalla prevaricazione e mandaci un salvatore’” (Sacro Corano, 4:74).
Agli occhi degli sprovveduti, la guerra non significa altro che massacro, crudeltà e distruzione del nemico. Ma, dal punto di vista dell’Islam la guerra è cancellazione dell’ingiustizia e della degradazione, affermazione della giustizia e della verità. In breve, è l’ultimo mezzo per annientare la decadenza e per diffondere la virtù.
L’obiettivo dell’Islam consiste nell’incoraggiare i popoli all’adorazione di Dio, affinché, al di fuori delle leggi e delle volontà divine, niente possa regnare sul pensiero e sul cuore degli uomini. E’ la più grande deviazione possibile della natura e della ragione umana, quella di inchinarsi di fronte a una pietra o a creature sprovviste di ogni intelligenza.
Il fatto che i musulmani, prima di dichiarare la guerra, invitino il nemico alla conversione all’Islam, chiarisce la funzione del contrasto bellico.
Quando le forze islamiche si scontrarono con l’armata iraniana, il comandante iraniano Rostam Farrokh Zad chiese a Saad Waghass, capo dell’esercito islamico, che gli inviasse un rappresentante che lo informasse dello scopo del Jihad islamico. L’inviato musulmano lo descrisse così:
“Noi siamo venuti a impedire che i popoli adorino gli idoli e per invitarli ad adorare solo il Dio unico e a seguire il messaggio del Profeta Muhammad (S). Noi siamo venuti per salvare i servitori di Dio dalla schiavitù nei confronti di altre creature, e affinché essi non servano altri se non Dio. Noi siamo venuti per invitarvi a credere nella Resurrezione e per liberarvi dalle catene della materia, nonché per sostituire ai futili costumi, all’ingiustizia e alla vanità, la giustizia e l’equità”. (2)
Per tre giorni, tre rappresentanti dell’esercito negozieranno con Rostam. Identiche saranno le loro parole; essi insisteranno tutti affinché il loro invito fosse raccolto quale condizione per lasciare il territorio.
Il sommo Profeta (S) disse ad Alì:
“Non combattere contro nessuno se prima non lo hai invitato ad abbracciare l’Islam. Io ti prometto che se qualcuno si avvicinerà al Signore per mano tua, ciò varrà più che se tutto ciò che è sotto il sole ti appartenesse”. (3)
I fondamenti dell’Islam, in guerra, si basano sulla lotta nel sentiero di Dio, sull’avvicinamento alla Verità e sull’acquisizione del bene eterno. Non è mai stato detto ai musulmani di combattere, di conquistare, di colonizzare e di ridurre in schiavitù gli altri popoli. Le loro guerre non sono compatibili con le conquiste imperialistiche, le quali, nel corso della storia, senza alcun movente divino, mirando alla conquista in se stessa, hanno soltanto cercato di soddisfare la propria cupidigia di potere.
Per i musulmani, la guerra è una forma di devozione e un grande dovere religioso. Essi si sono lanciati nella lotta senza quartiere affinché il Verbo Divino trionfasse e fosse glorificato. Essi credevano che l’ingiustizia sarebbe stata estirpata e che l’equità avrebbe regnato nel mondo intero allorché il nome di Dio si fosse affermato. Dio ama coloro che lottano e si sacrificano in questi combattimenti:
“Sì, Dio ama coloro che combattono nel suo sentiero in ranghi serrati, come se essi fossero una solida costruzione” (Sacro Corano, 61:1)
“Voi volete i beni materiali, mentre Dio vuole il bene spirituale” (Sacro Corano, 18:67)
E’ questo che rende superiore l’Islam sui campi di battaglia in cui gli uomini si scontrano per la Giustizia, l’onore e la libertà.
Il Dr. Majid Khoddouri scrive:
“Si può dire che nella dottrina legislativa islamica la guerra non è uno scopo in sé. Essa non è altro che lo strumento ultimo per stabilire e per garantire la pace.” (4)
Nelle leggi militari dell’Islam, la morale è totalmente rispettata. Nei campi di battaglia, la bontà e la grandezza d’animo dei musulmani si sono sempre manifestate. La struttura militare dell’Islam è sempre stata permeata dalla lealtà, dall’etica e dalla generosità come mai si è verificato nelle armate di alcun paese civilizzato contemporaneo.
L’Islam ha iniziato importanti imprese per impedire massacri e per proteggere la vita delle persone. Esso ha impedito, nella misura del possibile, che il sangue scorresse.
Nel Jihad islamico, l’interruzione delle ostilità e il cessate il fuoco non significano necessariamente che il nemico è vinto. Basta che i musulmani siano al riparo dalle aggressioni nemiche e che si impegnino ad astenersi da ogni attentato ai diritti e alla salute delle comunità islamiche e che essi abbandonino ogni ribellione e ogni corruzione.
Durante la guerra, se uno dei combattenti concludeva un accordo con il nemico o questi gli accordava la grazia, nemmeno la più alta autorità musulmana poteva violare questa convenzione.
Durante la battaglia, l’incendio e la distruzione dei campi erano vietati. Non era altresì permesso di sottrarre acqua e viveri al nemico; i bambini, i vecchi, le donne, i folli e i malati erano al riparo e il loro sangue era rispettato, poiché i musulmani non hanno il diritto di lordare le loro mani versando sangue innocente.
Essi non possono aggredire i rappresentati e gli ambasciatori del nemico.
Muhammad Hamidullah, professore all’università di Parigi, così scrive:
“Muhammad (S) regnava su più di un milione di miglia quadrate. Ciò equivale alla superficie dell’Europa meno la Russia, territorio che, senza alcun dubbio, aveva in quell’epoca, alcuni milioni di abitanti. Nell’epoca della conquista, il numero dei nemici che erano stati uccisi non superava i centocinquanta. Da parte musulmana, durante un periodo di dieci anni, soltanto una persona era stata uccisa, quale martire, ogni mese (in tutto, centoventi persone). Queste cifre provano un eccezionale rispetto del sangue umano in tutta la storia dell’umanità!” (5)
Ecco alcune recitazioni che esemplificano questa realtà. Il Messaggero di Dio, prima di inviare la sua armata al combattimento, raccomandava ai suoi guerrieri:
“Combattete nel nome di Dio, nel sentiero di Dio, con l’aiuto di Dio e alla maniera dell’inviato di Dio. Non tradite e non ingannate. Non tagliate le membra a nessuno. Non uccidete i vecchi né gli infermi né le donne né i bambini. Non abbattete nessun albero a meno che ciò non sia necessario. Se uno di voi, dal più nobile al più umile, ospita qualcuno, questi sarà protetto fino a quando non avrà inteso la parola della verità. Se vi seguirà, allora sarà vostro fratello, altrimenti, conducetelo in un luogo sicuro. Chiedete in ogni caso l’aiuto di Dio” (6)
Alì (che la pace di Dio sia su di lui), impartì ai suoi guerrieri il seguente ordine prima della battaglia di Siffin:
“Non uccideteli se essi non iniziano a combattervi. Per grazia di Dio, voi siete nel giusto e quindi lasciateli stare fino a che iniziare a combatterli non sia un altro punto a vostro favore contro di loro. Se, per volere di Dio, il nemico viene sconfitto, non uccidete chi si dà alla fuga, non colpite persone che non hanno aiuto, non finite i feriti e non infliggete dolore sulle donne, anche se queste aggrediscono il vostro onore con parole indegne”. (7)
Pur tuttavia, può verificarsi che il nemico agisca in maniera che il sentimento di vendetta sia suscitato nei musulmani. In questo caso, i musulmani non debbono dimenticare il loro principale dovere, costituito dalla difesa della verità e della virtù. Essi debbono controllare e domare i loro sentimenti. Noi conosciamo la seguente storia:
“Nel corso di un duro combattimento, il Principe dei Credenti inflisse un colpo decisivo al suo nemico. Una volta caduto a terra, Alì si sedette sul suo ventre. Allora, il nemico gli sputò in faccia. Il sommo Imam si alzò e lo lasciò andare. Gli chiesero perché avesse reagito così. Egli disse: ‘Ciò che egli ha fatto mi ha incollerito. Se io lo avessi ucciso in quel momento, lo avrei fatto impulsivamente. Io mi sono dunque trattenuto per non ucciderlo per vendetta, dato che, così facendo, la mia fede sarebbe stata macchiata’.”
L’Islam ha infuso nel cuore dei musulmani un sentimento di umanità nei confronti del prossimo. Esso non ha mai autorizzato l’iniquità, quali che fossero le circostanze. I musulmani che combattono nel sentiero di Dio, non possono oltrepassare i limiti del giusto né trasgredire. L’Islam consente di incalzare il nemico fino a quando questi non costituisca più una minaccia, ma non oltre. Ciò è precisato nel Sacro Corano:
“E combattete nel sentiero di Dio contro coloro che vi combattono, e non trasgredite. In verità, Dio non ama i trasgressori” (Sacro Corano, 2:141)
“E che l’odio di un popolo non vi spinga all’iniquità. Siate equi! Ciò è più prossimo alla pietà” (Sacro Corano, 5:11)
“E che l’odio di un popolo che vi ha impedito l’ingresso nella sacra Moschea non vi spinga a trasgredire” (Sacro Corano, 5:3)
L’Islam è venuto per stabilire la giustizia su tutta la terra; per instaurare, nella comunità umana, la giustizia sociale e universale. Così come se un gruppo di musulmani devia dal cammino di Dio e intraprende il cammino dell’ingiustizia e della trasgressione, l’Islam ordina agli altri di combattere contro i musulmani trasgressori.
“E se due gruppi di credenti si combattono, allora spingete entrambi alla pace. E se uno dei due si ribella contro l’altro, allora combattete contro colui che si ribella, fino a quando non si sarà inchinato davanti all’ordine divino. Quindi, se egli si inchina, allora concludete fra essi una pace giusta e pervenite a un punto di equilibrio. Dio ama coloro che giudicano con equilibrio” (Sacro Corano, Sura al-Hujurāt, 49:9)
Ciò che è degno di attenzione in questo versetto, è rappresentato dal fatto che i riconciliatori debbono regolare il conflitto fra i due belligeranti con giustizia, affinché ognuno benefici del suo legittimo diritto; infatti, quando il conflitto comincia con un’aggressione e con una violazione, se i riconciliatori cercano di risolvere il problema incoraggiando una delle parti a rinunciare ai propri diritti in favore dell’altra, lo spirito di aggressione e di violazione si rafforza in quest’ultima.
Benché l’indulgenza e la rinuncia ai propri diritti sia una buona azione, tuttavia, in questi casi, ciò ha una cattiva influenza sullo spirito dell’aggressore. Per questo, lo scopo dell’Islam consiste nell’estirpare dalla comunità islamica ogni sorta di oppressione e di ingiustizia, affinché le persone siano rassicurate circa il fatto che nessuno otterrà alcunché con la forza.
Il giusto comportamento dei musulmani nei confronti dei vinti, faceva sì che questi ultimi fossero accolti fra loro o che si arrendessero. Ovunque, il loro comportamento attirava le masse. Gli abitanti di Hams chiusero le porte della città davanti all’armata di Harghal; dall’altra parte, però, essi inviarono un messaggio ai musulmani, nel quale si diceva che avrebbero preferito la sovranità e la giustizia di questi ultimi alla tirannia dei Romani. Allorché l’armata dei musulmani, comandata da Abu Ubaidah, giunse in Giordania, i cristiani inviarono al condottiero la seguente lettera:
“O musulmani, noi vi preferiamo ai Romani; benché questi ultimi siano nostri correligionari, voi siete per noi più fidati, più equi, più buoni. I Romani si sono imposti a noi. Essi ci hanno saccheggiato”
Il celebre orientalista Philippe Hitti così scrisse con riferimento all’occupazione della Spagna da parte dei musulmani: “L’armata musulmana, ovunque andasse, era accolta a braccia aperte dalle genti. Essa metteva a disposizione di tutti sia l’acqua che i viveri, mentre le barricate venivano smobilitate l’una dopo l’altra. Le ragioni di questa attitudine sono chiare per coloro che hanno una piena conoscenza dei crimini e delle ingiustizie perpetrate dai Visigoti.” (8)
Nei paesi conquistati, i musulmani non obbligavano nessuno ad abbandonare la propria religione.
L’ordine sociale dell’Islam garantisce la totale libertà di culto alle minoranze religiose ufficiali, senza entrare minimamente in conflitto con i loro culti e con i loro costumi. In questo ordine, l’Islam e le altre religioni beneficiano degli stessi diritti.
Il prelievo della Zakat (imposta speciale per i musulmani) è anche un atto di devozione. Ma questa imposta non costituisce un obbligo per gli adepti delle altre religioni. Questi ultimi, in cambio, pagano la Jiziah, la quale non ha alcun rilievo religioso, affinché essi non siano obbligati a partecipare al culto musulmano. Essi pagano questa imposta per beneficiare della protezione assoluta del governo islamico e delle garanzie che questo governo pone a disposizione della società.
L’ordine islamico prende dunque in considerazione, non soltanto sul piano individuale, ma anche sul piano più vasto della legislazione, i minimi sentimenti degli adepti delle altre religioni celesti. Anche sul piano dei codici civili e penali del diritto commerciale, i principi di queste religioni sono integralmente rispettati, affinché queste minoranze possano beneficiare di una totale libertà per quanto riguarda le loro credenze.
Il Sacro Corano precisa come i musulmani debbano comportarsi nei confronti degli adepti di altre religioni. Esso incoraggia a comportarsi bene verso le masse non musulmane. La sola cosa interdetta è l’amicizia con i nemici dell’Islam:
“Iddio non vi proibisce di essere buoni e giusti nei confronti di coloro che non vi hanno combattuto per la vostra religione e che non vi hanno scacciato dalle vostre case, poiché Iddio ama coloro che si comportano con equità. Iddio vi proibisce soltanto di essere alleati di coloro che vi hanno combattuto per la vostra religione, che vi hanno scacciato dalle vostre case, o che hanno contribuito alla vostra espulsione. Coloro che li prendono per alleati, sono essi gli ingiusti”. (Sacro Corano, Sura al-Mumtaĥana, 60:8-9)
Nell’epoca del Profeta (S), l’attitudine dell’Islam nei confronti delle minoranze cristiane e giudaiche che vivevano nei territori musulmani, era fondata su accordi bilaterali di coesistenza pacifica, mentre, a dispetto della loro grande potenza, essi non li opprimevano mai.
Fin tanto che gli ebrei rispettavano gli accordi bilaterali, essi potevano vivere presso i musulmani senza che alcun male fosse fatto loro. Dopo il decesso del Messaggero ciò avverrà anche nell’epoca dei Califfi.
La somma guida dell’Islam diceva:
“Chiunque maltratti qualcun altro è come se maltrattasse me”
“Sappia che colui che è ingiusto verso un alleato non musulmano, o che lo obbliga a un compito spossante o che gli sottragga un bene senza che egli vi acconsenta, ebbene, nel Giorno del Giudizio, io sarò contro di lui”
Nel periodo del suo califfato, Alì (che la pace di Dio sia su di lui) incontrò un vecchio cieco e infermo. Egli gli chiese informazioni sul suo conto. I suoi compagni gli dissero che si trattava di un cristiano, il quale, in gioventù, era stato al servizio del governo. L’Imam dichiarò: “Voi lo avete fatto lavorare durante la sua gioventù e adesso che è anziano, voi lo private dei suoi diritti.” Egli convocò quindi il tesoriere e ordinò a quest’ultimo che fossero versate al vegliardo le spese di sussistenza. (9)
La Dr.ssa Vaglieri, professoressa all’Università di Napoli, dichiara: “La vita delle nazioni vinte, i loro diritti civili e i loro beni sono stati così ben protetti dal governo islamico, che si può ben affermare che i loro diritti sono pressoché pari a quelli dei musulmani. I conquistatori arabi erano sempre pronti a dire, anche all’apogeo delle loro vittorie e della loro potenza: ‘Cessate le ostilità e pagate un’imposta ragionevole; così beneficerete della nostra totale protezione. Voi avrete i nostri stessi diritti’.”
Se esaminiamo le dichiarazioni di Muhammad (S) o le sue conquiste, noi vedremmo chiaramente che le accuse lanciate contro i musulmani, secondo le quali essi avrebbero imposto l’Islam con la forza della spada, non sono altro che calunnie. Il Sacro Corano dichiara:+ “Non c’è costrizione nella religione” (Sura al-Baqara, 2:256)
La storia dell’Islam ci tramanda numerosi esempi riguardanti la pazienza e la moderazione di cui i musulmani hanno dato prova nei confronti dei fedeli delle altre religioni. Così come il Profeta (S) aveva personalmente garantito ai cristiani di Najran che le loro chiese sarebbero state protette e così come egli aveva ordinato al comandante del corpo di spedizione inviato nello Yemen di non toccare nessun ebreo, così pure i musulmani agivano allo stesso modo con gli adepti delle altre religioni, permettendo loro di praticare i loro culti in piena libertà. Pagando la Jiziah, il cui ammontare era inferiore all’imposta che pagavano i musulmani, essi potevano beneficiare del sostegno del governo islamico.
Adam Menz, celebre orientalista, scrive:
“Ciò che avvantaggia i paesi musulmani rispetto all’Europa cristiana, è il fatto che numerose minoranze religiose vivono in libertà nei territori musulmani, mentre, al contrario, ciò non avviene nell’Europa cristiana. Le sinagoghe e i templi delle altre religioni godono di una tale libertà in terra islamica, che si direbbe che essi sono estranei all’autorità del governo islamico. Questa libertà derivava dagli accordi e dai diritti che gli ebrei e i cristiani avevano rivendicato e ottenuto. Questa coesistenza era incomprensibile per l’Europa del Medio Evo” (10)
John Diven Porth, celebre scrittore e orientalista cristiano, scrive:
“L’Islam ha stabilito l’equità assoluta, non soltanto presso i musulmani, ma anche tra i popoli vinti che erano sottoposti al suo protettorato. I fedeli di altre religioni erano dispensati dalle imposte che si esigevano dalla chiesa o da tutti gli altri corpi religiosi, come pure da tutte le imposte che si dovevano pagare al governo” (11)
Il dottor Gustave Le Bon scrive:
“Nello spazio di qualche secolo, i musulmani hanno rinnovato completamente l’Andalusia, sia a livello scientifico sia finanziario. Essi ne avevano fatto la gloria dell’Europa. Anche i costumi erano stati cambiati. I musulmani cercavano di insegnare ai cristiani una delle caratteristiche più preziose ed elevate dell’umanità, ovvero la pacifica coesistenza con gli adepti delle altre religioni. Il loro comportamento con i popoli vinti era così aperto che essi permettevano ai vescovi di organizzare cerimonie religiose, in modo che a Siviglia, nell’anno 872 dell’era cristiana, e a Cordova, nell’anno 825, questi ultimi avevano organizzato conferenze religiose di studio e di ricerca. Le numerose chiese edificate durante il regno dei musulmani, dimostrano fino a che punto essi rispettassero le religioni dei popoli vinti. Numerosi cristiani si sono convertiti all’Islam senza alcuna costrizione. Sotto il regno dell’Islam, gli ebrei e i musulmani beneficiavano degli stessi diritti dei musulmani. Essi potevano ottenere non importa quale posto e rango nella Corte dei califfi.” (12)
Bisognerebbe comparare la generosità e la liberalità dei musulmani agli atti offensivi dei cristiani durante le Crociate, al fine di comprendere il significato della guerra dal punto di vista islamico. L’occupazione di Gerusalemme da parte dei cristiani fu molto crudele. Fu il più orribile massacro di quell’epoca. Gli abitanti furono trattati assai crudelmente. Cumuli di mani, di piedi e di teste mozzate erano state ammassate nelle strade di Gerusalemme. Diecimila persone furono preda della spada nella moschea di Umar, nella quale si erano rifugiate. Il sangue che era corso nel tempio di Salomone arrivava fino alle ginocchia dei cavalli. I cadaveri galleggiavano su questo sangue.
Lo scrittore europeo Clark scrive:
“E’ certo che il mondo della morale non ha visto di buon occhio le Crociate, dato che nessuno, nel corso della storia, è stato peggiore di costoro in dissolutezza e crudeltà, proprio quando essi pretendevano di condurre una guerra santa. Le Crociate hanno lasciato un’impronta eterna sull’esasperazione della vanità e sulle superstizioni in generale, e incoraggiato i più meschini e peggiori fanatismi. La guerra era divenuta un dovere religioso e invece di pregare e di fare il bene, il massacro dei musulmani guadagnava ai cristiani l’indulgenza plenaria.” (13)
Dopo gli ottantotto anni di regno crociato in Palestina, i musulmani scatenarono la guerra per riconquistare questo territorio. L’Europa, al fine di conquistare il suo dominio su Gerusalemme, inviò tutte le sue forze in Asia, ma invano. E infine, il regno della croce fu rovesciato dal grande comandante Salahuddin Ayubi, fino all’espulsione dei crociati.
Nell’ottobre 1187 (583 dell’Egira), quando Gerusalemme si arrese alle armate musulmane, aprendo le sue porte a questi intrepidi guerrieri, il saggio e coraggioso Sultano, invece di vendicare il massacro dei musulmani e le crudeltà commesse dai crociati, annunciò l’amnistia e impedì il massacro, la tortura e il saccheggio dei cristiani, aggiungendo così una pagina gloriosa alla storia delle conquiste islamiche. Nel corso di questa dura guerra, tutta l’armata musulmana era sottoposta all’influenza del potente spirito islamico e il suo comportamento era lungi dall’essere crudele.
Salahuddin annunciò che tutti, in città, erano al sicuro. Gli uomini, pagando dieci dinari, le donne cinque e i bambini due, solevano recarsi ove volevano, poiché Gerusalemme era la città che godeva di maggior sicurezza in tutto il paese, visto che i capi e i comandanti delle altre regioni vi custodivano le loro famiglie. Nel frattempo, il vescovo supremo voleva uscire dalla città con tutti i suoi beni e le sue considerevoli ricchezze. Alcuni proposero a Salahuddin di confiscargli i beni per distribuirli ai musulmani. Il Sultano dichiarò: “Non commetterei mai un tale errore e non gli toglierei nulla oltre a quanto stabilito”
John Diven Porth scrive:
“Quando Salahuddin, sultano di Siria, riprese Gerusalemme, in seguito alla resa della città, non fu uccisa una sola persona; i cristiani furono trattati con la massima benevolenza” (14)
La crudeltà dei cristiani in Occidente (Andalusia) non è risultata meno devastatrice dei colpi arrecati in Oriente dai crociati.
Dopo tutti i servigi resi dai musulmani in Spagna, i capi religiosi cristiani diedero l’ordine di massacrare tutti, vecchi e giovani, donne e uomini. Dietro l’ordine del Papa, Filippo II ordinò di espellere tutti i musulmani dalla Spagna. Ma prima che questi lasciasse il paese, su ordine della Chiesa, tre quarti di loro furono massacrati. I superstiti non riuscirono a fuggire, il tribunale dell’Inquisizione li condannò tutti alla pena di morte. Tre milioni di musulmani furono vittime del fanatismo cristiano.
J.D.Porthe scrive:
“Chi dunque non ha pianto le ultime tracce della generosità e della bravura, vale a dire la caduta dell’Impero Islamico di Spagna? Chi dunque non ha il cuore pieno di ammirazione nei riguardi di questo popolo buono e coraggioso? Questo stesso popolo che ha regnato in Spagna per ottocento anni, senza che alcun cronista, sebbene ostile, potesse loro attribuire un solo caso di ingiustizia. Ma al contrario, chi non ha risentito della vergogna delle istigazioni dei cristiani? Queste stesse istigazioni che hanno seminato il vero fanatismo e incoraggiato gli spiriti diabolici, contro i musulmani che tanto bene avevano apportato agli spagnoli?” (15)
Georgie Zeydan, celebre cronista, scrive:
“Dopo la vittoria in Andalusia, i cristiani hanno obbligato i musulmani a identificarsi con un emblema come gli ebrei e i malfattori, al fine di essere riconosciuti. Poi li hanno obbligati a scegliere tra la morte e la conversione al cristianesimo.” (16)
“I cristiani, dopo essersi impadroniti della Spagna hanno trasformato le moschee in chiese, hanno distrutto i cimiteri musulmani. Hanno loro vietato di lavarsi mentre ciò è una cosa necessaria. Hanno distrutto le loro sale da bagno. Al tempo di Enrico IV, l’ondata dei combattenti spagnoli sollevata contro gli abitanti del villaggio di Dolan si è avventata crudelmente su di loro. Essi hanno strangolato tutti i quattromila abitanti”. (17)
Ecco il significato del “pacifismo cristiano” nella storia.
Nel mondo contemporaneo, quando richiamano all’attenzione al comportamento dei colonialisti ‘civilizzati’ nei confronti delle nazioni dominate, ci si accorge come essi calpestano il loro amore e li privavano dei privilegi della loro civiltà. I loro metodi, i loro insegnamenti e le loro pratiche, segrete o no, mirano bonariamente a colonizzare gli spiriti, il pensiero e le anime. Per conservare i loro interessi, privano le masse della libertà e le mantengono in una situazione cui non possono nuocere questi interessi.
E quando un grido si alza per reclamare giustizia, viene subito soffocato.
Il pacifismo è un escamotage di cui i grandi governi hanno sempre approfittato. Ma questi partigiani della pace hanno forse abbandonato la guerra per regolare le loro controversie per vie diplomatiche? Possiamo accordare un valore alle loro manovre politiche? L’Islam fonda la pace sui fondamenti dell’educazione morale e del controllo degli impulsi. La pacatezza inizia all’interno dell’uomo per poi progredire verso la pace mondiale. Fino a quando l’individuo non è in pace, il mondo non potrà godere della pace. Fino a quando nel pensiero delle masse non regna un garante dell’esecuzione morale, tutte le teorie e le grandi organizzazioni saranno votate allo scacco e saranno incapaci di dirigere la comunità umana, in pace e coesistenza, come una grande famiglia.
A dire il vero, la persona è il fondamento della società. E’ per questo che l’Islam semina nella coscienza delle persone la calma, attraverso la fede e la dottrina, e sono questa fede e questa dottrina che si manifestano progressivamente nel suo comportamento e nella sua attitudine sotto forma di una chiara verità, perché il mondo della verità e della realizzazione è praticamente sinonimo del mondo della coscienza e dell’interiorità.
Inoltre, non lascia solo l’uomo tra le mani della fede interiore e spirituale, ma fissa garanzie e regolamenti rassicuranti, grazie ai quali ogni individuo prova la giustizia e la calma. Coloro che vivono in un ambiente islamico sentiranno perfettamente che la loro vita e i loro beni vengono protetti. Infatti i membri della comunità sono assicurati contro gli incidenti.
Quando alcune ideologie riconoscono i legami tra gli individui come importunità e urti e affermano che le relazioni di ogni classe sono basate sull’obbligo e la costituzione, l’Islam fonda invece i legami sulla cooperazione, la sicurezza e la pace, e grazie a una serie di costumi individuali e sociali e insegnamenti morali elevati, impedisce allo spirito di animosità e di rancore di risvegliarsi.
Quando il cuore degli uomini prende conoscenza di dolci e puri sentimenti, e nelle loro coscienze nasce il senso di fraternità, la luce della misericordia e della compassione calma i loro cuori. Poi, a poco a poco, si indeboliscono e scompaiono i principali fattori di diatribe, di ingiustizia e di guerra. Così, la pace e la serenità si instaurano nella società.
Nessun sistema né regime sulla terra può essere equiparabile ad alcun livello. La giustizia sociale, qualsiasi degrado raggiunga nel mondo, non potrà estirpare interamente l’ingiustizia.
L’applicazione della giustizia per tutti è cosa impossibile, anche con i differenti strumenti di cui l’umanità dispone, giacché vi sono casi di ingiustizia che sono al di fuori della comprensione della giustizia umana. Vi sono anche dei casi in cui i diritti di una persona vengono lesi senza che se ne renda conto.
Attualmente, vediamo cosa intende l’Islam per pace e ciò che ne pensa il mondo cosiddetto civilizzato. La pace che si augura l’Islam è assai differente dalla pace come la concepiscono i dirigenti dei grandi paesi e capi che detengono nelle loro mani la sorte delle nazioni potenti: per loro la pace è l’intesa tra i grandi governi colonialisti per dividersi le risorse e le ricchezze dei piccoli paesi e per far sì che il mondo sia sottomesso al loro colonialismo.
In altri termini, la pace rappresenta per loro “un’intesa reciproca per depredare gli altri”. E’ per questo motivo che non danno mai prova di buona volontà quando si tratta veramente di pace. Il loro chiasso, le loro conferenze e le loro negoziazioni non sono che formalità. I loro pretesi sforzi rimangono sempre senza risultati.
Ma l’Islam vuole una pace che sia basata sull’equità per tutte le nazioni, in maniera che tutti, deboli o potenti, ne possano usufruire. L’Islam cerca di stabilire una pace multilaterale e universale, lungi da ogni trasgressione e corruzione.
La Carta della Nazioni Unite ha apparentemente come scopo quello di instaurare una pace mondiale e mira ad annichilire qualsiasi fattore di guerra e di differenza. Ma la libertà della volontà e del pensiero viene assicurata per tutte le nazioni?
L’oppressione sul pensiero e il colonialismo esiste tra le nazioni, anche durante i periodi di pace. Il blocco dell’Est e il campo capitalista pretendono di stabilire un sistema mondiale, ma quale sistema mondiale può dunque rimanere al suo posto senza la libertà?
Nei blocchi dell’Est e dell’Ovest, coloro che si oppongono all’ideologia della classe al potere non hanno praticamente il diritto di esistere.
Ma l’Islam non riconosce la pace come sufficiente alla felicità degli uomini; riconosce come principio della vita sociale dei valori particolari e persegue uno scopo supremo. L’Islam vuole assicurare all’umanità la libertà di pensiero e di espressione, al fine che la comunità possa ritrovare il cammino della felicità.
Di conseguenza, considera la ragione e la purezza dello spirito come l’unico mezzo di progresso.
“Non c’è costrizione nella religione. La retta via ben si distingue dall’errore.” (Sacro Corano, 2:256).
“E dal vostro Signore vi son giunti i mezzi per la percezione del Vero. Chi è veggente l’è a suo vantaggio, chi è cieco lo è a suo danno: Io non sono il vostro custode” (Sacro Corano, 6:104)
“Ammonisci, ché un ammonitore tu sei, non sei stato nominato loro sovrano!” (Sacro Corano, 88: 21-22)
La credenza e la fede sono compito del cuore; non possono essere imposte con la forza quando non vi è alcuna inclinazione interiore. Numerosi fattori intervengono per formare un pensiero o un’ideologia nello spirito degli uomini; per cambiarli, occorre dunque fare ricorso a un’educazione corretta, alla logica e al ragionamento.
Quando l’Islam ha imposto la libertà con la forza delle armi, ed è scomparsa l’oppressione, le genti potevano convertirsi, senza alcuna paura, all’Islam o scegliere a loro piacere un’altra religione celeste.
I predicatori cristiani, vale a dire coloro che hanno dedotto, dopo aver giudicato superficialmente il Jihad, che l’Islam era progredito attraverso la forza della spada, sono senza alcun dubbio nell’errore.
“Se il loro ragionamento nei riguardi del Jihad e delle incursioni del Profeta (S) è errato, non vi è niente di sconvolgente in merito. Ciò che è scandaloso, è che i pianificatori di questa falsità non facciano nient’altro che guerreggiare tra loro, di schiacciarsi e opprimere. Anche i loro religiosi, i loro papi e i loro anacoreti hanno inflitto una tale pressione sui non cristiani e sui cristiani accusati d’eresia, al tempo dell’Inquisizione, che hanno lungamente sorpassato i Tartari e i Mongoli.” (18)
Il trattato di pace di Hudaybiyah che il Profeta (S) concluse con i politeisti Quraysh, mirava a stabilire la pace e la sicurezza nei territori arabi. Le clausole di questo trattato riflettono lo spirito dell’Islam e i suoi principi umani. Ecco uno degli articoli più importanti di questo trattato:
“Ogni membro della tribù Quraysh che fuggirà alla Mecca per congiungersi ai musulmani, senza l’autorizzazione dei più grandi, dovrà essere consegnato alla sua tribù dal Profeta (S). Ma se è un musulmano che sfugge verso i Quraysh, questi ultimi non dovranno consegnarlo”.
Alcuni musulmani, non contenti di quest’articolo, hanno chiesto al Profeta (S) perché aveva stabilito ciò. Rispose:
“Se un musulmano è pronto a rinunciare all’Islam e a prendere il cammino dell’empietà, e preferisce l’ambiente idolatra e i suoi riti inumani a quello dell’Islam e al Tawhid, allora, ciò vuol dire che egli non si è convertito con franchezza, e che la sua fede, che è debole, non ha potuto soddisfare la sua natura. Tale musulmano non ci serve a niente. Ma se noi consegniamo i rifugiati Quraysh, siamo sicuri che Dio si incaricherà della loro salvezza e della loro libertà.” (19)
Dopo le affermazioni del Messaggero, secondo cui Dio provvederà alla loro salvezza, bisogna dire che poco tempo dopo, i Quraysh chiesero l’abolizione di questa clausola.
Le guerre e i massacri, nei diversi punti del mondo, sono una prova evidente dell’impotenza della civilizzazione materialista per ricostruire il mondo sui valori umani e assicurare la pace mondiale.
Tenuto conto di questi principi a proposito della guerra e della pace, l’Islam condanna tutti i fattori che attualmente causano guerre. Sconfessa tutte le guerre che il mondo civilizzato ha sferrato contro l’umanità per i suoi interessi materiali e per ridurre alla schiavitù le altre nazioni.
Senza alcun dubbio, fino a quando i valori spirituali e umani e il rispetto dei diritti e la sottomissione alla verità e al giusto, non regneranno sul pensiero della società, sarà impossibile che il mondo gioisca della pace e della serenità. Non possiamo attendere il meglio in un mondo in cui i criteri morali e i principi umani sono stati distrutti.
Sappiamo bene che con l’evoluzione della tecnologia e della civilizzazione materialista, alcune nazioni, assumendo il pretesto che per mantenere la pace occorre essere sempre pronti alla guerra, si improntano a fabbricare le armi più pericolose. Su questo, l’umanità non ha che due soluzioni: la distruzione completa e la scomparsa delle nazioni nelle guerre, o la fede in Dio e il rispetto dei principi morali e umani che i profeti hanno apportato alla comunità umana. Così l’uomo, in luogo di sprecare le sue forze fisiche e mentali a sua distruzione, potrà impiegarle nella via della salvezza.
Crediamo che un giorno, l’uomo avrà il privilegio di conoscere tutti gli insegnamenti della grande Guida dell’Islam e potrà sfruttare questa immensa fonte per raggiungere la felicità. Egli non avrà finalmente altra soluzione che avvicinarsi all’Islam per essere salvato dallo smarrimento e dalla depravazione.
Come ha detto Tolstoi: “Il cammino di Muhammad, in accordo con la ragione e la saggezza, si estenderà in avvenire sul mondo intero”.
NOTE
1) “Wasail”, Kitab al-Jihad, parte I, tomo 15, pag. 5+
2) “Tarikh Tabari”, tomo 4, pag. 520.+
3) “Wasail”, Tomo 4, pag, 30.+
4) “La guerra e la pace nell’Islam”, pag. 214.+
5) “Il Profeta dell’Islam sul campo di battaglia”, pag. 9.+
6) “Wasail”, tomo 11, p. 43.+
7) “Storia araba”, tomo, 2, pag. 638.+
8) “Wasail”, tomo 11, pag. 49.+
9) Abdul Atif Tabbareh “Ruh al-din al-Islami”+
10) “Il pentimento presso Muhammad e il Corano”, pp. 105-106.+
11) “Civilizzazione islamica e araba”, pag. 345.+
12) “Il pentimento presso Muhammad e il Corano”, pag. 139+
13) Ibid.
14) Ibid., pag. 133.+
15) “Storia della civiltà islamica”, tomo 4, pag. 282.+
16) “La gloria dei musulmani in Spagna”, pag. 243.+
17) “Le Crociate”, tomo 1, pag. 47.+
18) “L’Islam dottrina di lotta”, pag. 9.+
19) “Bihar al-Anwar”, tomo 20, pag. 312.
*Tratto da “L’Islam e la civilizzazione occidentale”, Mousavi Lari Foundation, Qom.
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