Assange intervista Seyyed Nasrallah

Assange intervista Seyyed Nasrallah

A poco più di due settimane dal martirio di Seyyed Hassan Nasrallah, avvenuto in un criminale bombardamento israeliano nel sobborgo meridionale di Beirut, proponiamo l’intervista che il fondatore di Wikileaks realizzò con lui nel 2012. All’interno del programma “The World Tomorrow” che il giornalista australiano dirigeva sull’emittente televisiva Russia Today, Julian Assange scelse significativamente come suo primo ospite proprio il Segretario Generale di Hezbollah. Di seguito la trascrizione integrale della traduzione della videointervista.

 

Questa settimana ho come ospite un personaggio che si trova in un luogo segreto del Libano. E’ stato una delle figure più straordinarie del Medio Oriente, ha combattuto in molti conflitti armati contro Israele ed è ora coinvolto in un scontro internazionale che ha al centro la Siria. Voglio capire perché milioni di persone lo considerano un combattente per la libertà e allo stesso tempo milioni di altre lo bollano come terrorista. Questa è la prima intervista che rilascia ad un media occidentale dalla guerra tra Israele e Libano del 2006. Il suo partito, Hezbollah, è parte del governo libanese, e lui ne è il capo: Seyyed Hassan Nasrallah.

 

Assange: E’ pronto a rispondere?

Seyyed Nasrallah: Sono pronto.

 

Assange: Qual è la sua visione del futuro di Israele e della Palestina? Cosa significherebbe vincere per Hezbollah? E se vincesse, deporrebbe le armi?

Seyyed Nasrallah: Il governo di Israele è uno stato illegale, stabilito sulla base dell’occupazione di terre che appartengono ad altri popoli, usurpando i territori altrui, controllandoli mediante la forza e commettendo massacri dei palestinesi – musulmani e cristiani – che sono stati espulsi da quelle terre. Per questo la ragione rimane dalla loro parte: anche se passano dieci anni, il trascorrere del tempo non rende quelle azioni giuste. Se io vengo a casa sua e la occupo con la forza, questo non significa che dopo cinquanta o cento anni, soltanto perché io sono più forte di lei e in grado di impossessarmene, diventi di mia proprietà; ciò non mi da il diritto e non rende in alcun modo legale l’occupazione della sua casa. Questa almeno è la nostra visione ideologica e legale: noi crediamo che la Palestina appartenga al popolo palestinese. Se vogliamo però mettere insieme ideologia, legge e realtà politica e porli in relazione col crimine – noi non vogliamo uccidere nessuno, non vogliamo trattare nessuno in modo ingiusto e vogliamo che la giustizia sia ristabilita – l’unica soluzione in questo senso è creare un solo Stato sul territorio della Palestina in cui i musulmani, gli ebrei e i cristiani vivano in pace all’interno di uno Stato democratico. Ogni altra soluzione sarebbe semplicemente inattuabile e insostenibile.

 

Assange: Israele sostiene che Hezbollah abbia usato i razzi contro aree civili, è vero?

Seyyed Nasrallah: Nel corso degli ultimi anni, e addirittura fin dal 1948, quando Israele è stato creato sul territorio della Palestina, le forze israeliane hanno bombardato civili, città e villaggi libanesi. Dopo dieci anni di Resistenza, cioè nel periodo che va dal 1982 al 1992, abbiamo cominciato a reagire ma solo e semplicemente per fermare i bombardamenti di Israele contro i nostri civili. Così nel 1993 vi è stata un’intesa, seppure indiretta, tra la Resistenza e il Libano da una parte e Israele dall’altra, intesa che è stata riaffermata nel 1996. In essa si rende chiaro il fatto che entrambe le parti devono evitare di bombardare i civili. Abbiamo sempre detto: “Se voi non colpite i nostri villaggi e le nostre città, noi non avremo nulla a che fare contro i vostri”. Questo è il metodo a cui è ricorso Hezbollah dopo lunghi anni di aggressione contro i civili libanesi, e punta semplicemente a stabilire una sorta di equilibrio fondato sulla deterrenza per impedire che Israele uccida civili libanesi.

 

Assange: Secondo un cablo pubblicato da noi di WikiLeaks proveniente dall’ambasciata americana in Libano, lei ha detto di essere scioccato dal livello di corruzione dei membri di Hezbollah, che in alcuni casi guidavano SUV, vestivano abiti di seta e compravano cibo take away. E’ questa una conseguenza naturale del fatto che Hezbollah sia entrato nella scena politica elettorale libanese?

Seyyed Nasrallah: Prima di tutto, ciò che essi dicono a proposito di questa faccenda non è corretto. Fa parte delle voci incontrollate che volevano usare per screditare Hezbollah e distorcerne l’immagine e rientra nella guerra mediatica ingaggiata contro di noi. Sapete che dicono che operiamo come le organizzazioni mafiose e trafficando droga nel mondo, qualcosa di assolutamente proibito dalla nostra religione e dalla nostra etica e contro cui combattiamo strenuamente. Dicono un sacco di cose prive di fondamenti e ne approfitto ora con lei per smentire questa faccenda della corruzione, che non è corretta. Secondo, rispetto a quello che hanno affermato recentemente, ho detto che si tratta di un fenomeno molto limitato le cui ragioni vanno ricercate in alcune ricche famiglie che in passato non sostenevano Hezbollah, la sua linea, la sua dottrina o il suo programma. Deve capire che dopo il 2000, quando la Resistenza in Libano – ed Hezbollah costituiva la componente principale della Resistenza – è riuscita a liberarne la parte meridionale, ciò è stato visto come una sorta di miracolo e ha creato un grande shock nella società libanese. Come poteva un piccolo gruppo come il nostro riuscire a tenere testa per trentatré giorni all’esercito più grande e più potente della regione, senza uscirne sconfitto? Così vi sono stati gruppi all’interno della società che hanno iniziato a considerarsi pro-Hezbollah o sostenitori di Hezbollah: provenivano da realtà benestanti e che vivevano quindi secondo standard di vita corrispondenti alle loro possibilità finanziarie. Essi dicono così che questa tendenza sia stata poi trasmessa a Hezbollah, ma non è vero. Lo dico con certezza, sulla base di tutte le informazioni che ho. Non è un problema che esiste e a cui bisogna porre rimedio.

 

Assange: Perché lei ha sostenuto la primavera araba in Tunisia, Yemen, Egitto e in altri Paesi, ma non in Siria?

Seyyed Nasrallah: Per ovvie ragioni. Prima di tutto noi non vogliamo interferire con gli affari interni dei Paesi arabi e questa è sempre stata la nostra politica. Nel mondo arabo ci sono stati però certi sviluppi particolarmente seri ed importanti rispetto ai quali nessuno – partito o movimento che fosse – poteva esimersi dal prendere posizione. In Siria tutti sanno che il governo di Bashar al-Assad ha sostenuto la Resistenza in Libano e in Palestina e non si è piegato alle pressioni di Israele e dell’America: un governo che ha quindi servito davvero la causa palestinese. Quello che noi chiediamo per la Siria sono negoziati, dialogo e riforme, perché altrimenti l’alternativa, viste le diversità e la sensibilità della situazione interna, è spingere il Paese in una guerra civile e questo è esattamente quello che Stati Uniti e Israele vogliono.

 

Assange: Seyyed, durante il fine settimana oltre cento persone sono state uccise a Homs, inclusa una giornalista con cui avevo cenato un anno fa, Mary Colvin. Io posso capire la sua logica, quando dice che non dovremmo semplicemente distruggere un Paese senza un motivo e che è molto meglio riformarlo se è possibile. Ma dove pone la linea rossa Hezbollah? Se venissero uccise 100.000 persone o un milione, a quel punto Hezbollah direbbe basta?

Seyyed Nasrallah: Fin dall’inizio degli eventi in Siria, noi siamo stati in costante contatto con la dirigenza siriana e abbiamo parlato come amici, dandoci reciprocamente consigli sull’importanza di portare avanti riforme fin dal principio. Io personalmente credo che il Presidente Assad fosse particolarmente disposto a intraprendere riforme radicali e importanti, e questo ci rassicurava riguardo alla posizione da noi assunta sulla Siria. L’ho detto pubblicamente in più di un’occasione e l’ho ripetuto nei miei incontri con vari capi libanesi e arabi e altri capi politici, a cui riaffermavo la mia fiducia sul fatto che il Presidente Assad vuole le riforme e ne approverà di reali e autentiche, ma l’opposizione deve essere disponibile a dialogare. Dirò molto di più, e questa è la prima volta che lo faccio: noi abbiamo contattato anche elementi dell’opposizione per incoraggiare e facilitare il processo di dialogo con il governo, ma quei gruppi l’hanno rigettato a prescindere. Avevamo un governo disponibile a intraprendere riforme e preparato al dialogo, ma dall’altra parte c’è un’opposizione che non è pronta a dialogare e non è preparata ad accettare alcuna riforma: tutto quello che vuole è abbattere il governo. Questo è il problema. Un’altra cosa è che quello che sta accadendo in Siria deve essere osservato con due occhi e non con uno solo: i gruppi armati in Siria hanno ucciso moltissimi civili.


Assange: Dove pensa stia andando la Siria? Cosa dovremmo fare per fermare i massacri in Siria? Lei ha parlato di dialogo, ma è qualcosa di cui è molto facile parlare: esistono però misure pratiche per poter fermare il bagno di sangue in Siria?

Seyyed Nasrallah: Nella domanda precedente c’è una cosa che non ho citato, ma che voglio menzionare ora. Ci sono certi Stati, arabi e non arabi, che forniscono soldi, danno armi e fomentano scontri all’interno della Siria. Questo è un aspetto della situazione. Poi c’è un’altra questione grave, confermata: noi tutti abbiamo sentito che il dottor Ayman al-Zawahiri, il capo di al-Qaeda, ha fatto una chiamata alle armi in Siria, e ci troviamo con combattenti di questa organizzazione che sono giunti in Siria e altri che li stanno seguendo da vari Paesi, nel tentativo di trasformarla in un campo di battaglia. Gli Stati che forniscono soldi e armi sono in grado di fare in modo che i gruppi di opposizione al governo si siedano intorno ad un tavolo e risolvano la crisi in modo politico. Ho detto questo pochi giorni fa: alcuni Stati arabi sono disposti a impiegare dieci ininterrotti anni per intavolare un dialogo politico con Israele, nonostante tutto quello che Israele ha fatto nella regione, ma non sono disposti a concedere uno o due anni, o addirittura neanche qualche mese, per una soluzione politica in Siria, e questa è semplicemente una cosa insensata e ingiusta.

 

Assange: Lei sarebbe disposto a fare da mediatore tra questi gruppi dell’opposizione e il regime di Assad? La gente si fida del fatto che lei non agisce come agente degli Stati Uniti, dell’Arabia Saudita o di Israele, ma si fiderebbero del fatto che lei non agisce per conto del regime di Assad? Se fossero convinti che fosse così, lei accetterebbe di mediare per la pace?

Seyyed Nasrallah: L’esperienza di trenta anni di vita di Hezbollah dimostra che siamo amici della Siria ma non suoi agenti. Lei sa che ci sono stati periodi della vita politica libanese in cui le nostre relazioni con la Siria non erano buone. Vi erano problemi tra di noi, e quanti erano soliti beneficiare della politica e dell’influenza della Siria in Libano sono proprio quelli che ora si oppongono a noi, e che si opponevano a noi anche mentre ci trovavamo sotto pressione da parte siriana. Noi siamo amici, non agenti della Siria. Gli stessi settori dell’opposizione siriana lo sanno, come lo sanno anche le altre forze politiche della regione. Come prima cosa siamo quindi amici. Seconda cosa, quando diciamo che sosteniamo una soluzione politica, ovviamente siamo pronti ad esercitare qualsiasi sforzo o contributo per raggiungerla. In passato ho detto che abbiamo contattato alcuni gruppi ma questi hanno rifiutato di aprire un dialogo col governo. Ogni gruppo che vuole un dialogo con il governo e vorrebbe noi come mediatori dovrebbe pertanto sapere che da parte nostra siamo più che felici di farlo, ma chiediamo agli altri di compiere degli sforzi per creare le condizioni per una soluzione politica.

 

Assange: Io credo che questi gruppi troverebbero il ruolo di Hezbollah molto più credibile se lei dicesse al regime siriano di Assad che voi avete una linea rossa. Il regime siriano è libero di fare quello che vuole secondo il punto di vista di Hezbollah, oppure ci sono cose che Hezbollah non accetterà?

Seyyed Nasrallah: Si, certo. Credo ci sia una linea rossa sia per il presidente Bashar Assad che per i nostri fratelli in Siria. Noi abbiamo ribadito quella linea rossa che tutti dovrebbero rispettare, ma il problema sta nei combattimenti in corso e che, conseguentemente, quando una parte si ritira l’altra avanza. Finché si sbatteranno le porte in faccia alla soluzione politica questa situazione andrà avanti così, perché anche se una parte si ritira l’altra avanzerà.

 

Assange: La Tunisia ha dichiarato che non riconoscerà più il regime siriano. Perché la Tunisia ha preso un’iniziativa così forte per prendere le distanze dalla Siria?

Seyyed Nasrallah: Credo che la posizione presa da Tunisi o da altri Paesi sia basata su prove incomplete, non voglio dire sbagliate, ma piuttosto incomplete. Naturalmente vi è anche il problema delle informazioni errate e incomplete fornite ai governi arabi e occidentali, ai quali era stato detto che era solo questione di settimane e poi il governo sarebbe caduto. Molti di questi Paesi volevano così essere soci in questa vittoria anticipata. Non nascondo comunque la mia convinzione che forse la ragione dietro alcune di queste posizioni vada ricercata nel fatto che il nuovo giovane governo si sia trovato di fronte ad una dura prova, abbia pensato che non fosse questo il momento di cercare lo scontro con gli Stati Uniti e l’Occidente, e che sarebbe meglio accontentarli e stare dalla loro parte in molte di queste faccende.

 

Assange: Hezbollah ha creato una rete televisiva internazionale, al-Manar, che gli Stati Uniti bloccano e che quindi non può trasmettere negli Usa. Allo stesso tempo gli Stati Uniti dichiarano di essere un bastione della libertà di parola. Perché, secondo lei, il governo americano è così spaventato da al–Manar?

Seyyed Nasrallah: Vogliono poter dire alla gente che Hezbollah è un’organizzazione terroristica, che uccide e ammazza, ma non vogliono che la gente possa ascoltare la nostra voce. Per esempio, se almeno ci fosse un giusto processo, come minimo la persona accusata dovrebbe avere un’opportunità di difendersi, ma l’amministrazione Usa ci accusa privandoci però di quel diritto basilare all’autodifesa e di poter presentare le nostre ragioni al mondo. Per questo ci impediscono di far ascoltare la nostra voce.

 

Assange: Seyyed, come capo in una guerra, com’è stato in grado di mantenere la sua gente unita di fronte al fuoco nemico?

Seyyed Nasrallah: La cosa fondamentale, per quanto ci riguarda, è che noi avevamo un obiettivo, che abbiamo esplicitato: questo obiettivo è umano ed etico, basato sulla fede e sul patriottismo, qualcosa su quale non esiste discussione: liberare la nostra terra dall’occupazione. E’ la ragione primaria e vera per cui Hezbollah è stato creato, argomento che non è oggetto di discussione tra i libanesi. Noi non volevamo essere al governo né competere per il potere politico. La prima volta che siamo entrati nel governo libanese è stata nel 2005, e lo scopo non era di avere una fetta di potere ma di proteggere la Resistenza, affinché il governo che si era formato nel 2000 non commettesse errori a danno della stessa, poiché avevamo timori in tal senso. Quando si ha un obiettivo, un obiettivo corretto, diventa per noi la priorità ed evitiamo ogni altra rivalità onde poterlo raggiungere; cerchiamo di tenere tutti vicini e cooperare insieme per raggiungere l’obiettivo, e fino a questo momento abbiamo evitato per quanto possibile ogni coinvolgimento in polemiche interne. Lei può vedere come in Libano ci siano molte questioni su cui esistono grandi divergenze e differenze; a volte evitiamo perfino di esprimere le nostre opinioni o di prendere posizione per non essere coinvolti in dissidi interni. La nostra priorità continua ad essere la liberazione della nostra terra e la protezione del Libano dalla minaccia di Israele, perché crediamo che il Libano continui ad essere minacciato.

 

Assange: Voglio tornare indietro a quando lei era in un ragazzo. Da quel che so era figlio di un fruttivendolo. Quali sono i suoi primi ricordi, come giovane in quella casa in Libano? E quei primi ricordi influenzano il suo pensiero politico?

Seyyed Nasrallah: Sono nato e ho vissuto per quindici anni in una zona orientale di Beirut che aveva certe caratteristiche, e naturalmente l’ambiente in cui si vive influenza la propria personalità. Uno dei tratti caratteristici di quel luogo era la sua povertà. Vi vivevano musulmani sciiti e sunniti, cristiani, armeni, curdi, e ovviamente libanesi e palestinesi. Quindi sono nato e ho vissuto in questo ambiente molto vario e misto, e questa situazione mi ha reso consapevole e preoccupato per le condizioni della Palestina e per l’ingiustizia a cui il popolo palestinese era stato sottoposto; di conseguenza ho acquisito precocemente questa consapevolezza grazie ai palestinesi che vivevano nel nostro quartiere e che erano stati tutti espulsi dai loro villaggi: Haifa, Acre, Gerusalemme, Ramallah. Questo era l’ambiente in cui sono nato e cresciuto.

 

Assange: Ho letto un suo scherzo divertente a proposito dei sistemi israeliani di cifratura e decifrazione. Questa cosa mi interessa perché sono un esperto di crittografia e WikiLeaks si trova sotto un’estesa sorveglianza. Lei ricorda questo scherzo?

Seyyed Nasrallah: Si, parlavo di come la semplicità può sconfiggere la complessità. Le forze israeliane in Libano usano per esempio una tecnologia molto sofisticata sia in termini di armi che di comunicazioni, mentre la Resistenza è di tipo popolare e la maggior parte dei giovani uomini che ne fanno parte sono solo ragazzi ordinari che vivono nei villaggi. Provengono da fattorie, piccoli villaggi o comunità agricole e parlano attraverso banali walkie talkies, privi di sofisticazione; sono aggeggi molto semplici e quando vogliono parlare in codice usano un certo tipo di linguaggio, lo slang dei villaggi e delle loro famiglie. Così chi ascolta le conversazioni per sorvegliarle e utilizza il computer per cercare di decifrare quel linguaggio non ci riuscirà mai e non potrà farlo facilmente a meno che non abbia vissuto per anni in quei villaggi. Per esempio usano certe espressioni che si riferiscono alla vita del villaggio come “la casseruola”, “l’asino” o anche cose del tipo “il padre del pollo”. Nessun agente dell’intelligence israeliana o nessun analista dei computer capirà chi è “il padre del pollo” e perché lo chiamiamo così. Questa tecnica non servirà però a Wikileaks

 

Assange: Voglio farle una domanda molto provocatoria, che non è politica. Lei ha combattuto contro l’egemonia degli Stati Uniti. Ma non è Allah o la nozione di Dio la superpotenza per antonomasia? E come combattente per la libertà, lei non dovrebbe cercare di liberare la gente dal concetto totalitario di Dio monoteistico?

Seyyed Nasrallah: Noi crediamo che Dio Onnipotente sia il Creatore di questa vita, degli esseri umani e di tutte le creature. Quando ci ha creato, ci ha provvisto di queste facoltà, di questi corpi e di queste capacità sia psicologiche che spirituali, che chiamiamo istinto naturale. La gente tenuta lontana dagli insegnamenti religiosi ha semplicemente un istinto, l’istinto di dire la verità, e quell’istinto dice loro che la verità è cosa giusta, che la menzogna è male e la giustizia è bene. L’ingiustizia è male, aiutare i poveri e le persone maltrattate è cosa buona, mentre aggredire gli altri e spargere sangue è orribile. La questione di resistere all’egemonia americana, all’occupazione o agli attacchi contro di noi e contro il nostro popolo è una questione etica, innata e umana. Ora anche Dio ha voluto ciò e quindi, in questo senso, i principi umani e etici sono conformi agli insegnamenti religiosi, perché le religioni abramitiche non hanno presentato nulla che contraddica l’intelletto o la natura umana, giacché il Creatore della religione è lo stesso Creatore degli esseri umani, e pertanto le due cose sono totalmente in armonia. Ogni volta che in una nazione, ma anche in una casa, ci sono due capi, è la ricetta per il disastro. Come potrebbe allora l’universo durare per miliardi di anni in tale splendida armonia ed avere allo stesso tempo più di un Dio? Se ci fosse stato più di un Dio l’universo sarebbe andato a pezzi, e ne abbiamo quindi la prova. Noi non combattiamo per imporre un credo religioso a nessuno. Il profeta Abramo è sempre stato a favore del dialogo e del discutere mostrando prove, e noi siamo tutti seguaci di questo profeta.

Assange: Grazie, Seyyed Hassan.

 

Traduzione a cura di Islamshia.org © È autorizzata la riproduzione citando la fonte

Writer : shervin | 0 Comments | Category : Notizie , Novità

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