Una breve descrizione dell’Islam da parte dell’Imam ar-Rida
In risposta ad una richiesta fatta all’Imam ‘Alî ibn Mûsâ Ar-Ridâ’ (m. 203 AH) da Al-Ma’mûn, il Califfo Abbaside del suo tempo, affinché scrivesse una breve descrizione dell’essenza dell’Islam, l’Imam (as) affermò quanto segue:
“In verità l’essenza dell’Islam consiste in: Testimoniare che non vi è divinità ad eccezione d’Iddio, Uno, che non ha associati, una divinità che è Una, Unica e senza origine, Autosussistente, che tutto ascolta e tutto vede, Onnipotente, Sempiterna, Permanente, così Sapiente che nulla ignora, così Potente che nulla Gli è impossibile, così Ricca che di nulla necessita, e così Giusta che mai opprime, e certamente Egli è il Creatore di tutte le cose. Non vi è nulla che Gli assomigli. Non possiede simili, né opposti, né uguali: certamente Egli è l’oggetto dell’adorazione, della preghiera, della speranza e del timore.
E testimoniare che Muhammad – che le benedizioni di Dio siano su di lui e sulla sua Famiglia – è Suo Servo, Suo Messaggero, Suo Depositario di fiducia, Suo Eletto, il migliore della Sua creazione, il maestro dei Messaggeri, il Sigillo dei Profeti e la più eccellente delle creature. Non vi è profeta dopo di lui e non vi è alterazione nella sua religione, né cambiamento nella sua legge (sharî‘ah), e certamente tutto ciò che Muhammad ibn ‘Abdillâh ha portato costituisce l’inconfutabile verità…
E credere in lui e in tutti i Messaggeri, Profeti e Prove di Dio prima di lui, e credere nel suo Libro, il veridico, lo splendido, il quale «non lo tange la falsità in niuna delle sue parti; È una rivelazione da parte di un Saggio, Degno di lode» (41:42), e che è superiore a tutti i Libri ed è la Verità dall’inizio alla fine. Crediamo nei suoi versetti espliciti (muhkam) e in quelli impliciti (mutashâbih), nei suoi versetti particolari (khâss) e generali (‘âmm), nelle sue promesse e minacce, nei suoi versetti abroganti e abrogati, nelle sue narrazioni e racconti. Nessuna creatura è capace di presentare qualcosa di simile ad esso.
E credere che la Guida dopo di lui, la Prova sui credenti, l’incaricato degli affari dei musulmani, la voce del Corano e il conoscitore delle sue leggi, suo fratello, suo successore, esecutore della sua volontà, suo guardiano e colui che ebbe con lui la stessa relazione che Aronne ebbe con Mosè, è ‘Alî ibn Abî Tâlib – la pace sia con lui, il Comandante dei credenti e la Guida dei pii, il migliore dei successori ed erede della conoscenza dei Profeti e Messaggeri; e dopo di lui, al-Hasan e al-Husayn, i principi dei giovani del Paradiso, e poi ‘Alî ibn al-Husayn, l’ornamento dei devoti, poi Muhammad ibn ‘Alî al-Bâqir, colui che ha dischiuso la sapienza dei primi, poi Ja‘far ibn Muhammad as-Sâdiq [il veridico], l’erede della conoscenza dei successori; poi Mûsâ ibn Ja‘far al-Kâdhim; poi ‘Alî ibn Mûsâ ar-Ridâ; poi Muhammad ibn ‘Alî; poi ‘Alî ibn Muhammad; poi Hasan ibn ‘Alî; poi al-Hujjah (la Prova di Dio), colui che si solleverà, l’atteso, che la pace sia su tutti loro.
E testimoniare la loro Successione e Imamato e che la Terra mai sarà priva in alcuna epoca della presenza della Prova Divina (hujjah) sulla Sua gente, e che essi sono il sostegno più saldo, gli Imam della Guida e le Prove sulla gente in terra finché Dio la darà in eredità a coloro che si trovano in essa. (E testimoniare) che chiunque gli si oppone è deviato e deviante, e ha abbandonato la verità e la guida. Essi sono gli interpreti del Corano, e la voce del Messaggero – che le benedizioni di Dio siano su di lui e sulla sua Famiglia – che tutto chiariscono, e chiunque muore senza conoscerli sarà morto nell’ignoranza.
E testimoniare che è parte della religione la pietà e il pudore, la veridicità e la rettitudine, la perseveranza e lo sforzo, restituire quanto ricevuto in deposito con fiducia tanto ai probi quanto ai corrotti, le lunghe prosternazioni, digiunare durante il giorno, rimanere in preghiera durante la notte, astenersi da quanto proibito, vegliare fino all’alba (faraj) con pazienza, un nobile lutto e la nobiltà nella compagnia.”
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[Tratto da: Bihâr Al-Anwâr, v. 10, p. 352]
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