L’IMPORTANZA DEL CONOSCERE SE STESSI*
M.A. Shomali
Quando si analizza un argomento come questo, è forse meglio iniziare con la sua definizione e una valutazione della sua importanza. Iniziamo quindi col definire alcuni termini. In arabo la conoscenza di se stessi è definita ma’arifat an-nafs. Cos’è ma’rifat an-nafs? È la conoscenza di noi stessi, ma quale tipo di conoscenza? Ovviamente non ha a che fare con la conoscenza del proprio nome, o del nome di nostro padre, o del luogo e la data della nostra nascita. La conoscenza di sé stessi riguarda un altro aspetto del nostro essere. Non è relazionata ai nostri sensi fisici, bensì con la dimensione spirituale delle nostre vite.
Quando parliamo delle differenti dimensioni dello spirito e del nostro essere, non dobbiamo dimenticare che l’essere umano è fondamentalmente differente dalle altre creature. Sebbene siamo soggetti al mondo animale in molte maniere, qui desideriamo concentrare l’attenzione in ciò che ci differenzia dagli animali e non si trova in essi.
Per comprendere meglio perché questo tema è così importante, sarà di aiuto citare alcuni versetti del Glorioso Corano e ahadith al riguardo.
Ci sono molti versetti nel Glorioso Corano che forniscono dettagli sull’importanza della ma’rifat an-nafs. Uno di questi versetti si trova nella sura al-Hashr, dove Dio Onnipotente dice:
« وَلَا تَكُونُوا كَالَّذِينَ نَسُوا اللَّهَ فَأَنسَاهُمْ أَنفُسَهُمْ أُوْلَئِكَ هُمُ الْفَاسِقُونَ »
“Non siate come coloro che dimenticano Dio e cui Dio fece dimenticare se stessi. Questi sono i malvagi” (59:19)
Qui Dio sta dicendo che dimenticandoci di Lui a sua volta ci dimentichiamo di noi stessi, il che alla fine ci conduce a trasgredire i precetti divini.
C’è una tradizione o hadith che suggerisce qualcosa di simile a questo versetto, ma considera la questione da un’altra angolazione. Questa tradizione è molto famosa, ed è difficile trovare un libro sull’etica (Akhlaq) che non l’abbia citata:
« مَن عَرَفَ نَفسَهُ فَقَد عَرَفَ رَبَّهُ »
“Chi conosce se stesso, conosce il proprio Signore” (1)
Questa tradizione denota che la conoscenza di se stessi suppone anche la conoscenza di Dio. Avere conoscenza di sé stessi porta ad avere conoscenza del Signore. E, nella stessa maniera, chi non è cosciente di Dio, non è cosciente di sé stesso. Se qualcuno decide di conoscere il suo Signore, allora la migliore maniera di realizzare questo compito è conoscere sé stessi.
Un altro versetto che tratta sull’argomento si trova nella Sura al-Ma’idah, dove Iddio dice:
« يَا أَيُّهَا الَّذِينَ آمَنُواْ عَلَيْكُمْ أَنفُسَكُمْ لاَ يَضُرُّكُم مَّن ضَلَّ إِذَا اهْتَدَيْتُمْ »
“O voi che credete, preoccupatevi di voi stessi ! Se siete ben diretti, non potrà nulla contro di voi colui che si è allontanato” (5: 105)
In questo versetto Iddio ci sta dicendo di avere cura di noi stessi, di porre attenzione a noi stessi, di essere attenti al benessere del nostro spirito, coscienti delle malattie delle nostre anime e sul come curarle. Inoltre ci dice che dobbiamo prestare attenzione ai doveri che ci sono imposti in quanto musulmani. Poi conclude dicendo:
« لاَ يَضُرُّكُم مَّن ضَلَّ إِذَا اهْتَدَيْتُمْ »
“Se siete ben diretti, non potrà nulla contro di voi colui che si è allontanato.”
Ci dice quindi che se ci incamminiamo, e siamo fedeli e risoluti credenti, coloro che sono deviati non ci danneggeranno. Da questo si comprende che il nostro primo dovere è aver cura spiritualmente di noi stessi.
A volte può sorgere una domanda rispetto alla relazione tra il credente e la società. Forse il versetto precedente sostiene che dobbiamo concentrarci su noi stessi e non prestare attenzione alla società? Per rispondere a questa domanda vediamo ciò che Allamah Tabataba’i dice su questo argomento nella sua celebre opera esegetica, Al-Mizan.
Questo grande sapiente ed esegeta del Glorioso Corano spiega che qui il significato è che dobbiamo avere cura di noi stessi e familiarità con i nostri doveri sociali e privati, così da poter essere socialmente responsabili. Per esempio nell’Islam ci è stato raccomandato di consigliare alla gente di compiere atti buoni ed astenersi da quelli malvagi. Colui che non adempie a questo dovere non è considerato un musulmano devoto, e la ragione è che egli non sta aiutando la società a migliorare.
Pertanto, nell’Islam, aver cura di sè spiritualmente è intimamente connesso con la preoccupazione per il benessere della società. E’ importante ricordare quindi che la società può influenzare in grande misura una persona, indebolendo o rafforzando la sua fede.
Un’altra domanda che può sorgere è: “Siamo responsabili del guidare anche i non-musulmani?” La risposta è un inequivocabile si, sebbene la cosa più importante prima di fare questo sia condurre se stessi in una maniera così pia e corretta che gli altri siano capaci di osservare gli immensi benefici pratici dell’essere un musulmano credente. Nell’invitare i non-musulmani all’Islam stiamo continuando il compito richiesto al Nobile Profeta (S) durante la sua vita. È inoltre un dovere richiesto dal nostro amore per il prossimo. Se abbiamo incontrato il Cammino e la Luce, dovremmo invitare anche gli altri ad immergersi nella Luce e nelle sue benedizioni.
Dopo aver adempiuto ai nostri doveri personali e sociali, coloro che tuttavia sono miscredenti e coloro che insistono nello sviamento, non ci danneggeranno. Forse essi ti colpiranno, e potranno anche ucciderti, ma non potranno privarti della tua fede. Al contrario, queste pressioni la fortificheranno.
Tornando al nostro tema principale, il terzo versetto sull’importanza della conoscenza di se stessi si trova nella Sura Ha Min Sajdah:
« سَنُرِيهِمْ آيَاتِنَا فِي الْآفَاقِ وَفِي أَنفُسِهِمْ حَتَّى يَتَبَيَّنَ لَهُمْ أَنَّهُ الْحَقُّ »
“Mostreremo loro i Nostri segni nell’universo e nelle loro stesse persone, finché non sia loro chiaro che questa è la Verità”. (41:53)
Dio dice che “presto gli mostreremo i Nostri segni”, ma cosa sono questi segni e dove si trovano? Egli ci dice che questi segni si trovano in due luoghi: فِي الْآفَاقِ وَفِي أَنفُسِهِم, vale a dire “nel mondo esteriore e nelle loro stesse anime”. Questo versetto ci dice che, considerando questi segni che sono dentro noi stessi e nell’universo, diventerà completamente evidente che Dio esiste veramente (2). Secondo alcune interpretazioni questo fatto non solo è vero, ma sarà la verità stessa. È importante comprendere la distinzione tra queste due espressioni; si tratta di come quando diciamo che l’Imam ‘Ali (A) non solo è giusto, ma è la giustizia, volendo dire che la giustizia era incarnata dall’Imam ‘Ali (A).
Continuiamo esplorando le ragioni del perché l’argomento è vitale per la nostra condotta nella vita.
Una volta ancora ci riferiremo al Glorioso Corano come guida. Nella nostra vita quotidiana, quando acquistiamo un nuovo elettrodomestico o un congegno, immediatamente ci rivolgiamo all’apposito manuale affinché ci guidi nel suo corretto utilizzo, convinti che il suo fabbricante è la migliore fonte di guida. Per tanto appare piuttosto logico per un Musulmano rivolgersi al Glorioso Corano per ricevere istruzioni sulla corretta condotta da tenere nella vita, convinti che l’Agente ed il Creatore degli esseri umani è anche la migliore fonte di guida nell’apprendimento della natura immensamente complessa dell’essere umano.
Un altro versetto relativo al nostro argomento si trova nella Sura adh-Dhariat:
« وَفِي الْأَرْضِ آيَاتٌ لِّلْمُوقِنِينَ وَفِي أَنفُسِكُمْ أَفَلَا تُبْصِرُونَ »
“Sulla terra ci sono segni per coloro che credono fermamente, e anche in voi stessi. Non riflettete dunque?” (51: 20, 21)
Abbiamo appreso che Dio possiede due tipi di segni, uno nel mondo esterno, fisico, ed un altro dentro noi stessi. Il versetto 20 si riferisce a quei segni che hanno a che vedere con l’ambito fisico. Nello stesso, Iddio Onnipotente ci dice che ci sono segni sulla terra per coloro che credono.
Immediatamente sorge una domanda: perché coloro che già credono necessitano della garanzia di tali segni, e perché coloro che non credono in Dio rimangono incoscienti rispetto agli stessi, quando ne necessitano maggiormente?
La risposta fornita dai grandi sapienti dell’Islam è che coloro che non credono in un creatore come Signore e Sovrano dell’universo, tendono inoltre a non guardare o prestare attenzione a ciò che hanno davanti, rimanendo nella maggior parte dei casi incoscienti dei segni che sono facilmente percepiti dai credenti.
Nel successivo versetto, il 21 della Sura adh-Dhariat, Dio dice:
“e anche in voi stessi. Non riflettete dunque?”
Questo versetto richiama la nostra attenzione sulla necessità di cercare questi segni dentro noi stessi. Ci viene chiaramente e inequivocabilmente detto che ci sono segni anche nel mondo esterno, e sono fonte di guida per noi.
Da questi versetti ci appare chiaro che i Musulmani non sono incitati a concentrarsi sulle loro anime escludendo il mondo fisico e materiale; al contrario, neanche a pensare che le questioni materiali siano le uniche importanti.
In India, per esempio, ci sono persone che cercano di fortificare il potere delle loro anime al fine di poter realizzare certi atti normalmente impossibili. Ma nel fare questo, essi perdono contatto con la vita quotidiana del pianeta. Non è questo ciò che è ordinato di fare ai credenti musulmani. Ai musulmani viene detto che i due mondi (interno ed esterno) vanno mano nella mano e sono complementari tra loro.
Quando uno scienziato lavora a un progetto in laboratorio, o una persona realizza i più umili lavori per condurre una vita dignitosa, entrambi stanno adempiendo ad uno degli ordini di Dio.
D’altra parte, una delle caratteristiche distintive dell’Islam è che i due mondi non sono mai separati.
Nel mondo di oggi, nelle società occidentali in particolare, vediamo innumerevoli esempi di persone che sono totalmente aliene da loro stesse, cercando tutto nella vita materiale.
Nei casi più estremi, l’alienazione dal proprio sé ha raggiunto un tale livello che rimanere soli diventa penoso e indesiderabile. Perché? Perché quando una tale persona è sola, in un certo modo perde contatto con il mondo esterno, che è l’unica cosa che ha. Rimanendo sola con la sua anima e spirito, deve affrontare un mondo che per lui non ha senso, privo di importanza. Cercando di fuggire dall’inevitabile solitudine, molti ricorrono a droghe che alterano la mente, quali l’alcool e i narcotici.
Una persona che gode di uno spirito sano può esser sola ma non isolata. Chi ha abbandonato una parte di se, del suo spirito, della sua coscienza, quando si trova solo cerca di distruggersi, piuttosto che affrontare questa situazione che è estremamente dolorosa; in questa maniera ricorrere alle droghe diventa una facile via di fuga.
Questa è una delle ragioni per le quali alcune società utilizzano l’isolamento penale come un metodo di castigo per i criminali inveterati che sono già condannati al carcere a vita e non hanno nulla da perdere nel realizzare ulteriori atti di violenza.
Ma quando un musulmano credente è solo con se stesso non è isolato. Di fatto, rimanere soli è qualcosa di apprezzato dai musulmani credenti. È un’opportunità per riflettere, pregare, valutare i propri difetti e le proprie forze, e cercare la guida da parte del Signore.
C’è un hadith dall’Imam Sajjad (A) nel quale l’Imam dice:
« لَو ماتَ مَن بَینَ المَشرقِ و المَغرِبِ لَمَا استَوحَشتُ بَعدَ اَن یَکونَ القُرآنُ مَعی »
“Se tutto quanto si trova tra l’Oriente e l’Occidente perisse, io non mi sentirei solo fintanto che il Corano è con me.” (3)
Torneremo nuovamente agli ahadith per esaminare maggiormente questo argomento. Questa inestimabile eredità ci è giunta dai sapienti che istintivamente conoscevano il valore eterno dell’osservare le parole e gli atti del Nobile Profeta (S) e degli Imam (A), e che registrarono per i posteri questi vivi esempi del perfetto musulmano ed essere umano.
Prima abbiamo discusso una famosa tradizione che ci è giunta in due versioni simili. Non vi è comunque differenza nel significato:
« « مَن عَرَفَ نَفسَهُ فَقَد عَرَفَ رَبَّهُ »
“Colui che conosce se stesso (o la sua anima) conosce (o ha conosciuto) il suo Signore” (4).
Rispetto all’importanza della ma’rifat an-nas, anche l’Imam ‘Ali (A) viene citato nella seguente maniera:
« مَعرِفَةٌ النَفسِ أَنفَعُ المَعارِفِ »
“La conoscenza di se stessi è la più utile delle conoscenze”. (5)
Ci viene detto nuovamente che la conoscenza di se stessi conduce a conoscere il proprio Signore e tutto ciò che questo comporta.
Il secondo hadith dell’Imam ‘Ali (A) su questo argomento dice:
« عَجِبتُ لِمَن یُنشِدُ ضالَّتَهُ وَ قَد أَضَلَّ نَفسَهُ فَلاَ یَطلُبُهاَ »
“Mi sorprendo di chi cerca agitatamente qualcosa che ha perduto, mentre ha perduto la sua anima e non ne è alla ricerca”. (6)
Il terzo hadith dell’Imam ‘Ali (A) sulla conoscenza di se stessi è:
« عَجِبتُ لِمَن یَجهَلُ نَفسَهُ کَیفَ یَعرِفُ رَبَّهُ »
“Mi sorprendo di qualcuno che ignora se stesso. Come può conoscere il suo Signore?” (7)
Il quarto hadith dell’Imam ‘Ali (A) è:
« کُلَّماَ زادَ عِلمُ الرَّجُلِ زادَ عِنایَتُهُ بِنَفسِهِ وَ بَذَلَ في ریاضَتِها وَ صَلاحِها جُهدَهُ »
“Quanto più aumenta la conoscenza di un uomo, tanto più aumenta la sua attenzione verso la propria anima e realizza ogni sforzo per disciplinarla e purificarla”. (8)
Abbiamo qui un’altra tradizione dell’Imam ‘Ali (A) sull’argomento:
« غایَةُ المَعرِفَةِ أَن یَعرِفَ المرءُ نَفسَهُ »
“La conoscenza ultima è che l’uomo conosca sé stesso”. (9)
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NOTE
1) Mizan al-Hikmah, Muhammad Muhammadi ReyShahri, vol. 6, pag. 142, n. 11923, riportato da Ghurar al-Hikam.
2) Allamah Tabataba’i descrive due possibilità rispetto a questo versetto. Riguardo alla prima, egli dice che questo versetto riguarda (la verità de) il Glorioso Corano, e poi continua dicendo che è possibile considerare che si riferisca a Dio. Le stesse possibilità sono analizzate in Tafsir Nemuneh, con preferenza sulla seconda. Cfr. Al-Mizan, vol, 17, pp. 404, 405 e Tafsir Nemuneh, Naser Makarem Shirazi, Vol. 20, pp. 330-332.
3) Usul al-Kafi, Kitab Fadl al-Quran, Muhammad Ya’qub Kulayni, n. 13.
4) Mizan al-Hikmah, vol. 6, p. 142, n. 11923, riportato da Ghurar al-Hikam. Cfr. Anche Bihar al-Anwar, Muhammad Baqir Majlisi, vol. 2, p. 32, n. 22 e vol. 95, p. 456, n. 1.
5) Mizan al-Hikmah, vol. 6, p. 140, n. 11903, riportato da Ghurar al-Hikam.
6) Mizan al-Hikmah, vol. 6, p. 141, n. 11911, riportato da Ghurar al-Hikam.
7) Mizan al-Hikmah, vol. 6, p. 142, n. 11925, riportato da Ghurar al-Hikam.
8) Mustadrak al-Wasa’il, vol. 11, p. 323, n. 16.
9) Mizan al-Hikmah, vol. 6, p. 140, n. 11902, riportato da Ghurar al-Hikam.
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* Il presente articolo costituisce il primo capitolo dell’opera “Self-Knowledge” di M.A.Shomali
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Traduzione a cura di Islamshia.org © E’ autorizzata la riproduzione citando la fonte