L’Islam come dottrina e prassi di liberazione dei popoli (R.Arcadi)

L’Islam come dottrina e prassi di liberazione dei popoli

Ruhollah Arcadi

 

Le lotte di liberazione dei popoli oppressi, delle quali si fa oggigiorno tanto grande parlare, non sono certo una novità nel corso delle vicende umane. Certo, oggigiorno più che mai l’esigenza se ne è fatta più palese e più urgente, al cospetto del tentativo, condotto su scala planetaria, d’assumere il controllo non solo dei corpi, e della compagine psicofisica, ma anche delle intelligenze, delle coscienze, e delle volontà degli uomini, e d’impedirne con mezzi svariati, dalla pura e semplice violenza corporea, alla corruttela morale, facente leva sui fondi dell’anima concupiscibile e passionale, l’impulso innato alla perfezione, sulla via del ricongiungimento con il suo Creatore.

Dicevamo che il fatto non è certo nuovo. Ma bisogna bene intendersi su quel che si vuole significare con un’espressione siffatta. Quello che vogliamo rilevare, è che, più che non ad una sequenza di vicende quali ci vengono presentate in ragione del mero accertamento d’ordine effettuale ed immediato dei fatti, delle vicende, della realtà dell’uomo e del mondo, quale purtroppo trionfa nell’atteggiamento preteso “positivo” proprio all’età contemporanea, quella a cui intendiamo rifarci è una prospettiva che, illuminandole invece nel loro significato ultimo, dà modo d’aprire gli occhi su squarci ampli e profondi delle medesime vicende sensibili, su altri aspetti, fondamentali, che andrebbero altrimenti completamente perduti ed ignorati.

La nostra prospettiva è quella illustrata dal Sacro Corano, che avendo a suo centro Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, e la sua Rivelazione, che non è peraltro se non il contenuto innato dell’intelligenza umana, nel suo stato normale, vale a dire nel suo stato di completezza originale, spiega in tali termini le vicende dell’uomo e dell’universo. Iddio Altissimo, sia magnificato e glorificato, ha creato ab origine l’uomo, e lo ha creato libero e perfetto, nella sua più eccelsa stazione (Sacro Corano, XCV, 4). Da allora, libertà e perfezione sono e restano la sua meta, il suo destino, la sua natura ultima.

Abbiamo detto libertà e perfezione. Sono questi due elementi inscindibili, se non a prezzo dell’annichilazione dell’una, e dello sviamento dell’altra. La libertà, in senso proprio, non potrà essere che la condizione dell’uomo nel suo stato perfetto, nelle stato di pienezza esistenziale proprio alla prossimità divina, prossimità che, da impropria e metaforica nei suoi gradi inferiori, assurge invece, nel suo grado d’intimità proprio ai Profeti ed a tutti i Purissimi, la pace su di loro, ad una sorta di contatto al limitare della stessa Sostanza infinitamente trascendente d’Iddio Altissimo, sia magnificato e glorificato.

Ed è proprio questo il culmine della libertà. L’Uomo Perfetto, estinto in Iddio, per ciò stesso da lui promana immediatamente, senza alcuna soluzione di continuità, senza stati intermedi reali o possibili. Questo è il culmine, questa è la meta. Ed è appunto a questa pietra di confronto che va riferito il contenuto della nozione di libertà. L’uomo estinto in Iddio, e che in lui sussiste, e che da lui persiste, è libero per ciò stesso da tutte le condizioni vincolanti, a prescindere da questa sua prima qualificazione. In tal senso egli è libero, e non certo da un punto di vista meramente negativo, ma nel senso che di tutti questi vincoli egli è, per Decreto Divino, padrone ed arbitro, sia pure nel suo stato d’assoluta indigenza che tutto deve, e sa di dovere, all’Essenza Trascendente ed Infinita, e d’assoluta sottomissione alla Sua Volontà.

Quel che vorremmo rilevare a questo proposito, per poter procedere oltre nel nostro discorso, è che una libertà così definita, positiva, e non negativa, o meramente formale, non come atto vuoto ed indifferente, comprende in sé, a questa stregua, le due dimensioni, proprie al nostro mondo della limitazione, della realtà individuale singola, e di quella collettiva. La separazione tra l’individuo ed il suo genere, tra singolare e collettivo, è qui superata, risolta ed attuata in una guisa eminente, nel suo contenuto perfettivo ultimo. E dal momento che ogni libertà d’ordine inferiore andrà riferita a questa pietra di confronto, ne conseguirà che in linea di diritto, se non di fatto, questi due aspetti della realtà dell’uomo e del mondo andranno di pari passo: la liberazione dell’uomo singolo dovrà essere liberazione di quello collettivo, e della stessa realtà complessiva del mondo e dell’universo creato.

In ogni altro modo, ogni altra pretesa d’attuare la libertà non avrà altro risultato che il suo scadimento, la sua mutilazione, la sua negazione, la sua inversione. Tutto questo, naturalmente, vale per l’uomo ordinario, perché l’Uomo Perfetto, per parte sua, anche se vive in questo basso mondo, tra le sue limitazioni, nondimeno non gli appartiene, ed è anzi, viceversa, l’intero universo creato ad appartenere alla sua esistenza onniesaustiva. L’Uomo Perfetto, anche se vive nel mondo, non ha certo bisogno di liberarsene, giacché la sua realtà  superiore già lo comprende e lo attua in sé.

Questo legame intimo tra le dimensioni esistenziali dell’uomo e del mondo, ed il loro procedere nel verso della perfezione suprema della stazione profetica ed imamica, che ne definisce anche, in senso proprio ed eminente, la libertà, come affrancamento, superamento, e risoluzione dei vincoli limitativi, va riferito alla Rivelazione Divina, al Messaggio Profetico, vale a dire, alla Missione dei Profeti d’Iddio Altissimo in questo basso mondo. La vicenda della liberazione dell’uomo altro non è, infatti, che la vicenda dei Profeti d’Iddio, e della loro Missione, come ci viene illustrata dal Sacro Corano.

Di là dagli eventi temporali d’ordine economico, politico, e sociale, il centro, la meta, ed il modello della tensione dell’uomo al superamento delle sue miserie e dei suoi limiti, dei suoi difetti e dei suoi condizionamenti, sono gli Inviati, che ne compendiano, in virtù della propria stazione e missione esistenziale, il fine ed il risultato. Sono le loro vicissitudini nel dominio del divenire, per usare, in una guisa forse alquanto inusitata, un’espressione oramai abusata, le vere lotte di liberazione dei singoli popoli, e dell’umanità intera.

E questa vicenda di libertà è assai differente da quella che ci viene di solito rappresentata e propinata. Sono i Profeti ad adoperarsi affinché, grazie alla loro guida d’origine divina, l’essere umano riassurga a quel rango ed a quella dignità alla quale è andato mano a mano rinunziando, riducendosi a poco a poco, dalle altezze sublimi in cui il suo Creatore lo aveva posto ab origine, nelle bassure del tralignamento, del difetto, della corruzione, tanto da finire, come recita il Sacro Corano, nell’infimo dell’abiezione (S.C., XCV, 5)).

E’ da questa caduta progressiva che i Profeti s’adoperano di volta in volta per riinnalzarlo, tra opposizioni e violenze d’ogni sorta. Ed è questa una lotta che, come viene rilevato sovente nel Libro Sacro e nella tradizioni, coinvolgendo il singolo e la comunità, proietta la lotta interna, radicale e fondamentale, dell’uomo contro la sua nafs, l’anima concupiscibile e passionale, nella lotta esterna contro l’oppressione economica, politica, e sociale.

Quel che abbiamo or ora sottolineato, che questi aspetti interiori sono il centro di gravità della liberazione del genere umano, non significa dunque affatto ch’essi siano separati dal dominio temporale ed effettuale, e che quest’ultimo non ne abbia parte alcuna, contro le pretese dei vari insulsi interiorismi incapacitanti. Tutt’altro. Questi aspetti esteriori sono sì accessori e correlati, ma pur sempre conseguenti, ed a loro modo, necessari. La vicenda della liberazione dell’uomo è, oltre che d’ordine eminentemente interiore e spirituale, anche d’indole comunitaria, vale a dire, politica, economica, sociale, e coinvolge pertanto, su questa via che mena alla completezza umana ed alla prossimità divina, i suoi aspetti più esterni, peraltro inscindibili dalla sua concreta esistenza.

Questo non soltanto significa che le realtà e gli eventi d’ordine esteriore e sensibile possono avere un loro rilievo, quando siano ben concepiti e ben diretti, o quando almeno non mirino ad un fine distorto e perverso, nella vicenda della liberazione dell’uomo, ma per di più questo nostro stesso livello rappresenta pur sempre il primo dei gradi dell’ascesa, infimo sì, ma preliminare ed imprescindibile, quello donde procedere innanzi.

Vale a dire, se per l’Uomo Perfetto tutto ciò che è compreso nella concretezza sensibile della sua esistenza esteriore, scaturisce e consegue dalla stazione sublime dell’Intimità Divina, dal suo stato d’estinzione e di permanenza, d’oscuramento e di trasparenza quanto all’universo creato, per l’uomo ordinario, di contro, questa dimensione, che comprende a suo modo anche l’orizzonte collettivo, sarà quella da cui egli dovrà procedere nella sua ascesa esistenziale, né gli sarà dato di fare altrimenti.

Questo non significa certo che vi sia una subordinazione necessaria dell’ascesa del singolo alla prossimità divina alle condizioni dell’esistenza collettiva, od anche, alle condizioni del mondo in cui si ritrova a vivere, in tutti i suoi aspetti. Ma il fatto è che, se la Rivelazione, e la servitù divina, l’adorazione d’Iddio Altissimo che essa prescrive, e che essa illustra, hanno dapprima un’indole sensibile, di cui il credente dovrà giungere a discernere e ad attuare in sé i livelli interiori, via via trascendenti, sarà pur vero che quel primo grado, di là da quelle fondamentali prescrizioni, sarà pur sempre connesso all’aura del suo ambiente collettivo, dal quale verrà in qualche modo influenzato, e sul quale finirà col riverberarsi, imprimendogli, nei limiti della sua ricettività, qualcosa della propria forma, delle proprie qualificazioni.

E questo non soltanto in un modo spontaneo e necessario, ma anche di là dalla percezione immediata, in una guisa la cui ampiezza varierà a seconda del livello di realizzazione spirituale, in una guisa cosciente ed intenzionale, in quanto fine, se non altro secondario, del suo volere e del suo agire. E’ a questa stregua che l’essere umano non potrà prescindere, e in conformità alle condizioni del suo presente stato esistenziale, ed in ottemperanza a quelle che sono le stesse prescrizioni del Messaggio Rivelato, dalla dimensione comunitaria della sua esistenza.

E se questa circostanza potrà ingannare malamente gli uni, facendo loro credere che soltanto, o principalmente a questo si riducano la dottrina e la prassi della liberazione dell’uomo, vi sarà altresì l’errore opposto di quanti, confondendo la distinzione con la separazione, si fissano sull’aspetto interiore fondante, separandolo dalla sua esteriorità, e falsandolo così nella sua natura, col privarlo d’un rapporto originale ed essenziale.

E’ questa invero la  duplice separazione e la duplice distorsione che ha luogo soprattutto al giorno d’oggi, per ragioni legate alla sua conformazione esistenziale, e che nel suo attuarsi concreto ha prodotto i risultati più aberranti e devastanti. Nel mondo moderno, la questione della libertà e della liberazione dell’uomo e del mondo, e la vicenda concreta ad essa connessa, si spezza in due tronconi separati, lasciati a sé stessi, e giammai ricomposti.

E se nel comunismo e nel fascismo la persona finisce col perdersi nelle strutture collettive, fatto salvo l’orientamento opposto, o piuttosto preteso tale, di queste due correnti ideologiche, e delle loro produzioni concrete, se nel primo si pretende di ridurre tutta la vicenda umana all’ordine economico e materiale, mentre nel secondo, quando se ne eccettui il nazismo, col suo materialismo biologico, si ha invece il prevalere di strutture politiche e comunitarie, che vengono qui assunte indebitamente in una prospettiva etica, e pseudospirituale; nel liberalismo, al contrario, ci si fa carico nel modo più completo della scissione suddetta, che assume qui una pretesa assolutamente totalizzante, vale a dire, la completa separazione e l’indifferente convivenza della dimensione intima, e di quella esteriore della natura umana, di là da ogni interazione che non sia contingente ed accidentale; onde la personalità interiore, menomata di volta in volta d’ogni sua reale consistenza, viene a ridursi alfine al vuoto assoluto della personalità priva di persona, e del suo mero atto privo di connotazioni, pensiero senza pensiero e volere senza volere, il preteso atto di libertà del liberalismo politico e filosofico, privo d’ogni qualsivoglia attuazione perfettiva, al vacuo soggetto dei famigerati “diritti dell’uomo”, ed al suo agire indifferente.

Ed è questa, a nostro avviso, contrariamente alla vulgata propagandistica della disinformazione corrente, la forma estrema del totalitarismo, o quella che prelude alla sua forma estrema, vale a dire, dell’indebita duplice assunzione ed indebita totalizzazione, nella dottrina e nell’azione, dell’uomo e del mondo. E non è certo un caso che questa sua variante si presenti oggigiorno, almeno temporanemente, come quella vincente. Tramontata nella vergogna e nella banalità la vicenda della pretesa liberazione dei popoli nella prospettiva del comunismo, ed estirpata con la forza dai totalitarismi più maturi e più completi, l’artigianale aberrazione fascista, è al dominio planetario delle liberaldemocrazie che ci stiamo avviando.

Fatto crollare, minandone dall’interno le basi, o fatto trasmutare, l’altro totalitarismo senza totalità, quello proprio al comunismo, oggi le lotte di liberazione dei popoli, secondo la disinformazione dell’Occidente modernista, avrebbero per fine, ed andrebbero condotte in nome della democrazia, del liberalismo, dei “diritti dell’uomo”, vale a dire, in nome della sua falsa “libertà”, in un quadro ideologico la cui realtà è quella da noi or ora descritta. Nulla di più aberrante. In una prospettiva siffatta, e nella sue conseguenti attuazioni, l’uomo è tutt’altro che libero, lo abbiamo visto, per quanto si abusi della parola libertà. Le parole, private di un contenuto coerente e reale, restano parole, e nulla più.

L’uomo, ridotto ad una personalità astratta, ed immerso in una dimensione esistenziale meramente sensibile, sarà preda delle sue pulsioni più basse, sino a tralignare, vittima della corruzione della sua stessa natura, a cui egli si sarà così estraniato. Al contrario, l’uomo che sappia almeno incominciare a sottomettersi al suo Creatore e Signore, mercè degli atti d’adorazione che Egli Stesso, nella Sua Misericordia Infinita, gli ha rivelato e prescritto, continuando a perseverare su questa via, e che voglia seguirla nella sua completezza, realizzandone, laddove ciò gli sia possibile, e nei limiti del possibile, anche gli aspetti più esterni, compresi nell’ambito comunitario, quand’anche non gli sia consentito, nella situazione presente, d’attuarli tutti, si procurerà le chiavi dell’ascesa lungo la via che mena alla sua natura originale, vera, perfetta, ed eminente, sarà in grado d’aprirsene le porte e di percorrerla, onde gli sia dato, anche dal punto di vista collettivo, d’essere un uomo vero e completo, per quanto gli è concesso a questo livello d’esistenza.

Solo percorrendo la via d’Iddio gli sarà consentito di pervenire alla sua completezza autentica, dalla via dell’ascesa che mena alle stazioni della prossimità, ma senza che vi sia soluzione di continuità, in questo suo procedere, tra i vari aspetti della sua esistenza e del suo agire, che egli comprenderà in un tutto mano a mano sempre più esaustivo. Questo contro ogni pretesa astrazione interiorista. Ed è appunto questo l’autentico messaggio dell’Islam, la Rivelazione finale, e definitiva d’Iddio Altissimo, sia magnificato e glorificato, che altro non è che il contenuto eminente e primordiale della conoscenza dell’Uomo Perfetto, resa esplicita, di fatto quanto a noi Musulmani, e di diritto, se non di fatto, quanto all’umanità intera, nella sua forma esaustiva  ultima, atta a dare una risposta completa e risolutiva a tutte le difficoltà poste da tutto l’insieme delle contingenze del divenire dell’uomo e del mondo.

E non è certo un caso che proprio l’Islam sia stato scelto, dalla prevaricazione antiumana delle liberaldemocrazie d’Occidente, a suo nemico principale e finale, e che l’oppressione dei poteri di questo basso mondo stia tentando di coalizzarne attorno a sé tutte le forze, nel tentativo di condurre a fondo la sua offensiva contro questo suo obiettivo primario.  Il compito di tutti noi Musulmani, in questo frangente, sarà quello d’invitare alla sottomissione ad Iddio Altissimo, ed all’azione ad essa conseguente, manifestando nel contempo tutta la nostra concreta solidarietà, di là da ogni prevenzione e discriminazione ideologica, con tutte quelle genti oppresse che, anche non Musulmane, ed anche se non in tutta chiarezza d’intenti, cercano di opporsi alla tirannide planetaria del liberalismo, sovente richiamandosi a modelli ideologici fallaci, superati ed invalidati dagli eventi.

Tutto questo, nell’attesa che Iddio Altissimo, sia magnificato e glorificato, abbia a rendere di nuovo palese la Sua Guida, l’Uomo Perfetto centro del mondo, che Egli voglia affrettarcene la gioia, erede e successore del Sigillo dei Profeti, del Profeta dell’Islam, Iddio benedica lui e la sua Famiglia, che gli ha trasmesso, per Suo Volere, le chiavi del Messaggio Divino, facendone così il depositario, ond’egli, in quanto sua ostensione vivente, garante della sua completezza e del suo significato, abbia ad attuarlo alfine compiutamente in questo nostro basso mondo, avvalendosi di tutte le facoltà che Iddio gli ha concesso; affinché la tenebrosa vicenda d’ingiustizia e d’oppressione che noi tutti stiamo oggigiorno vivendo, giunga al fine che le è destinato ab aeterno, al trionfo della luce sulle tenebre, dell’essere sul nulla, della giustizia sull’oppressione, della libertà sulla tirannide, della fede sull’empietà.

Sarà questo un dono gratuito d’Iddio Altissimo, sia magnificato e glorificato, ma senza che ciò significhi, a dispetto di tutte le circostanze più ostili, che noi non si debba essere preparati a tanto, quanto più possibile, sia nel nostro intimo, che nell’effettualità esteriore, adoperandoci non soltanto nella grande lotta per la rettificazione dell’anima concupiscibile e passionale, condizione primaria dell’ascesa ai gradi della prossimità divina, ma acciocché questo sforzo abbia a riverberasi nella lotta esteriore, nella “lotta minore”, come recita una celebre narrazione profetica, contro i nemici esterni della pietà e della giustizia, contro i prevaricatori, gli oppressori dell’uomo e del mondo, i nemici d’Iddio e della Sua Religione, vessilliferi di quest’età di tenebra, destinati a svanire alfine di fronte al trionfo finale della luce, alla vittoria dell’Islam.

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Writer : shervin | 0 Comments | Category : Attualità, politica e società , Il pensiero islamico

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