Le fabbricazioni di Hadith

LE FABBRICAZIONI DI HADITH

Sulle fabbricazioni di hadith sono state scritte molte opere; studiosi come Ibn al-Jawzi, al-Suyuti, Mulla Ali Qari e al-Shawkani hanno scritto diverse pagine sull’argomento. Per un pubblico generale sono adatte opere come al-Mawdu’at Kabira di Mulla Ali Qari e al-Fawa’id al-Majmu’a di al-Shawkani.

Al fine di stabilire l’autenticità di una narrazione i primi studiosi hanno fatto spesso ricorso alle biografie di narratori. Tra i primi lavori a disposizione sull’argomento vengono annoverati il Tarikh di Yahya Ibn Ma’in (d. 233 H.), il Tabaqat di Khalifa Ibn Khayyat (d. 240 H.), il Tarikh di al-Bukhari (d. 256 H.), il Kitab al-Jarh wa al-Ta’dil di Ibn Abi Hatim (d. 327 H.) e il Tabaqat di Muhammad Ibn Sa’d (d. 320 H.). In ambito sciita si fa menzione anche del Rijal di Ahmad al-Barqi (d. 274 H.), del Rijal di Najashi (d. 264 H.), del Rijal e del Fihrist di Shaykh Tusi, e del Rijal di Muhammad Ibn Umar al-Kashi (perlomeno nella versione redatta da Shaykh Tusi).

Le biografie dei narratori possono però anche essere categorizzate in base allo studio di altre tipologie di scritti. Per esempio lo si può fare facendo riferimento ai libri di “storia delle grandi città”. Infatti molti opere storiche delle grandi città raccolgono di fatto informazioni biografiche su personaggi e personalità storiche di rilievo, ivi incluso i narratori di hadith. Khatib al-Baghdadi (d. 463 H.) scrisse il Tarikh al-Baghdad (“Storia di Bagdad”), pubblicato poi in quattordici volumi, il quale a sua volta venne commentato da molti storici in opere composte da un numero ancor più elevato di volumi. Il Tarikh al-Dimashq (“Storia di Damasco”) di Ibn Asakir (d. 571 H.) raggiunge addirittura ottanta volumi.

Un altro tipo di pubblicazioni si concentrano esclusivamente su “narratori affidabili” o “narratori deboli”. Del primo tipo fanno parte al-Thiqat di Ibn Habban, mentre nel secondo rientrano Kashf al-Iltibas bi man rumiya bil-ikhtilat di Ibn al-Ajami il quale si concentra su quei narratori deboli non per malafede ma per problemi di memoria causati dall’età avanzata. Tra le opere più note sui narratori deboli c’è il Mizan al-I’tidal di Muhammad Ibn Ahmad al-Dhahabi (d. 1348) già autore di varie opere sulle biografie dei narratori tra cui il Tahdhib al-Tahdhib e al-Kashif fi asma’ rijal al-kutub al-sittah (entrambi versioni abbreviate del Tahdhib al-Kamal del suo maestro Yusuf Ibn Abdul—Rahman al-Mizzi). Sui narratori sciiti ad Ahmad Ibn al-Husayn al-Ghadairi (d. 450 H.) è stato attribuito il Kitab al-Du’afa’.

 

MOTIVAZIONI DELLE FABBRICAZIONI DI HADITH

Tra le motivazioni che hanno spinto vari individui a fabbricare hadith ci sono quelle politiche, dottrinarie, settarie, religiose, sociali, economiche e personali.

Le ragioni politiche: secondo alcuni studiosi iniziarono durante il periodo del conflitto tra Ali e Muawiya onde favorire una fazione piuttosto che un’altra. In epoca Omayyade iniziarono a circolare narrazioni che esortavano al quietismo ed a concentrarsi sugli aspetti religiosi rituali piuttosto che manifestare dissenso politico in quanto “un governo musulmano corrotto sarebbe in ogni caso meglio di uno stato di disordine”.

Le ragioni dottrinarie: la necessità di approfondire il messaggio e le storie coraniche apportò la richiesta di conoscere in dettaglio le vicende del mondo e dei profeti antichi. Fu così che alcune personalità giudee, cristiane e zoroastriane convertitesi alla nuova religione iniziarono a narrare storie antiche basandosi sulla loro precedente tradizione e i loro vecchi libri. La diffusione di questo tipo di letteratura è nota come “diffusione delle israiliyyat” (1). In ambito sciita i ghulat (2), letteralmente gli “estremisti”, furono autori di un altro tipo di fabbricazioni in cui si emergeva un’esasperata esagerazione dottrinale nei confronti degli Imam dell’Ahl al-Bayt.

Le ragioni settarie: quando certi aderenti di una determinata scuola di pensiero hanno cercato di avere il sopravvento sugli altri si è assistito alla proliferazione di fabbricazioni che favorivano una data posizione teologica a discapito delle altre. Questo tipo di fabbricazioni sono comuni praticamente in tutte le scuole: mutaziliti, ashariti, le varie ramificazioni sciite, i kharijiti, eccetera. A volte le narrazioni si scagliavano direttamente contro certe personalità di rilievo onde denigrarne gli insegnamenti.

Le ragioni devozionali: il fenomeno anomalo della fabbricazione di hadith per promuovere la devozione religiosa venne promosso prevalentemente da gruppi che favoreggiavano l’ascetismo e la pratica assidua dell’adorazione personale. Spesso le loro narrazioni si concentravano sui meriti di determinati atti devozionali come preghiere speciali, invocazioni e lettura di sure coraniche. In una narrazione si riporta che fu chiesto ad Abu ‘Isma dove avesse udito la narrazione di Ikrima che cita Ibn Abbas sui meriti delle varie sure coraniche, al ché rispose dicendo: “Ho visto le genti abbandonare il Corano e preoccuparsi della giurisprudenza di Abu Hanifa e dei racconti epici di Muhammad Ibn Ishaq, quindi ho fabbricato questa narrazione per ricavarne qualche merito”. Al-Qurtubi invece riporta che fu chiesto ad una persona con tratti ascetici il motivo per cui avesse fabbricato una certa narrazione, e questi rispose dicendo: “Ho visto le genti abbandonare il Corano ed ho voluto risvegliare in loro il desiderio nei suoi confronti”. Quando gli fu detto di aver mentito sul Profeta rispose: “Non ho mentito sul Profeta ma per il Profeta”.

Le ragioni sociali: al fine di accrescere il proprio prestigio e la propria posizione sociale alcuni individui fabbricarono hadith in favore di “personalità potenti” o di “uomini della corte”. SI trattava dunque di un modo per fare carriera ed accrescere la propria fama.

Le ragioni economiche: analoghe sotto molti aspetti alle ragioni sociali, spesso alla base dei diffusori di israiliyyat che venivano propagate al cospetto dei ricchi e presso apparati governativi.

Le ragioni personali: a volte si è assiste alla proliferazione di fabbricazioni originatesi al solo scopo di alimentare la fama di chi le ha fabbricate onde apparire come un eruditi competenti ed appagare così il proprio ego.  

 

TRACCE, INDIZI E SOSPETTI

Esistono alcuni indizi iniziali che possono aiutare lo studioso ad identificare una fabbricazione, e ciò può avvenire sia attraverso l’analisi dell’isnad (la catena d i trasmissione) che quella del matn (il testo stesso della narrazione). Riguardo all’isnad si tratta di individuare una catena di trasmissione fabbricata o “preso in prestito” da qualche altra narrazione, individuare la presenza di narratori sconosciuti – in ispecie quelli potenzialmente inesistenti -, individuare la presenza di un fabbricatore o di un nome che seppur citato nei libri di storia non appare nelle biografie dei narratori, notare un’errata sequenza di trasmettitori e identificare un narratore che ammette in prima persona, anche altrove, di aver fabbricato hadith.

Per quanto concerne il matn, gli studiosi musulmani hanno tenuto in considerazione la comparazione con il Corano, la sunna, l’intelletto, la possibile influenza da parte delle israiliyyat e dell’estremismo dottrinale (ghulw), la menzione di miti e leggende che non sono state verificate e quella di popoli e aree geografiche di cui non è nota alcuna eccellenza particolare o i cui meriti vengono definiti in base a criteri areligiosi (come tribali, nazionali, culturali, eccetera).  

Altri detti che necessitano di conferma prima di giungere ad un giudizio definitivo sono le “tarde narrazioni” come, per esempio, narrare nel quindicesimo secolo che “Sanjar [selgiuchida] sarà l’ultimo sovrano non-arabo, vivrà ottanta anni e morirà di fame” in quanto l’evento avvenne nell’undicesimo secolo; oppure quando un hadith viene attribuito ad un proverbio popolare come “lo stomaco è il centro delle malattie e l’alimentazione è il suo rimedio”.

 

ISRAILIYYAT E GHULUW

Le cosiddette israelizzazioni (israiliyyat) e l’estremismo (ghuluw) sono stati probabilmente tra i temi più studiati durante l’analisi delle fabbricazioni. Le israiliyyat sono prevalentemente presenti nei testi esegetici, ma ciò non ne ha prevenuto l’inclusione nelle raccolte più canoniche sia in ambito sciita che sunnita. In genere si soffermano sulle informazioni concernenti i profeti antichi e le storie antecedenti alla nascita del Profeta Muhammad (S). In questa categoria vengono inclusi anche miti riguardanti le origini della creazione.

Alcuni studiosi hanno fornito un significato più generale per le israiliyyat, includendovi non soltanto le fabbricazioni ma anche le narrazioni accettabili sulle storie dei profeti e quelle che non sono state confermate o la cui verifica non può essere sostanziata. In generale nei circoli musulmani l’espressione porta con sé però un significato negativo.

Nei documenti storici si riporta che alcune personalità convertitesi all’Islam come Ka’b al-Ahbar e Abdullah Ibn Salam, entrambi ebrei in origine, furono trasmettitori di israiliyyat. Tra i tabi’un il nome di Wahb Ibn Munabbih è noto per aver riportato molte israiliyyat.

Le israiliyyat sono state riportate anche su autorità di Ibn Abbas, in ispecie per quanto concerne le tradizioni esegetiche riprese in seguito da molti interpreti del Corano. Ibn Abbas è assai noto per la sua esperienza e competenza in materie coraniche ed ha riportato molte informazioni utili a riguardo, ma è anche vero a gli sono stati attribuiti molti detti che non ebbe mai pronunciato. Questo perché attribuire un detto ad Ibn Abbas poteva essere considerata, a suo tempo, una prova a favore di una data opinione.

Il ghuluw è invece un fenomeno che si è sviluppato più specificatamente in ambito sciita. Secondo le parole degli Imam dell’Ahl al-Bayt l’estremista in questo senso è “colui che dice su di noi quello che noi stessi non diciamo”. Si tratta in breve di divinizzare gli imam ed attribuirgli qualità divine che non gli appartengono, come la divinità in sé stessa (uluhiyya) e la signoria esclusiva di Dio (rububiyya). Ciò avvenne in casi ben noti come quelli di Abu al-Khattab, Mughira Ibn Sa’id, Muhammad Ibn Nusayr e Muhammad Ibn Ali al-Shalmaghani.

Nell’opera “Kamal al-Din” Shaykh Saduq spiega che gli “anziani” sciiti erano persone rette e pie che non posero mai la propria opinione personale al di sopra di quella degli Imam. A volte però hanno accettato narrazioni da parte di individui che hanno diffuso false narrazioni sugli imam. Quando la situazione degenerò e venne resa nota agli Imam stessi, questi ordinarono ai loro sciiti di comparare sempre le narrazioni con il Corano.

 

NOTE

1) Sulle israiliyyat, cfr.: https://islamshia.org/lahl-al-bayt-e-le-israilyiat/?doing_wp_cron=1633685674.6001141071319580078125

2) Sul fenomeno del ghulat, cfr.: https://islamshia.org/il-fenomeno-del-ghulat-estremismo-e-la-posizione-degli-imam/. Sul rango e la funzione corretti degli Imam, invece cfr.: https://islamshia.org/il-fenomeno-del-ghulat-estremismo-e-la-posizione-degli-imam/

 

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Writer : shervin | 0 Comments | Category : Novità , Tradizioni

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